4. LA TRASFORMAZIONE DELLA BOLOGNINA 81
4.8 I COSTI SOCIALI DEL CAMBIAMENTO URBANO E LE FORME DI RESISTENZA ABITATIVA 162
4.8.3 La produzione di commons urbani 175
manifestazioni e mi sento anche umanamente molto vicino a queste situazioni.” (12BG_m_28anni)
Possiamo quindi notare come tra i residenti della Bolognina esistano varie concezioni e differenti modalità di rapportarsi all’abitazione e ai problemi abitativi del quartiere, che travalicano la classica dicotomia tra gentrifiers e residenti di lungo corso. Assistiamo, infatti, a interpretazioni e pratiche che non si basano su una rigida suddivisione dei residenti in questi due insiemi, ma si addentrano tra le loro sottocategorie. In particolare, troviamo una parte dei pionieri e dei residenti di lungo corso porsi attivamente al fianco delle mobilitazioni sociali che ruotano attorno al tema della casa, nell’intento di far prevalere quella visione dell’abitazione quale diritto sociale sulle logiche di valorizzazione economica del bene. Queste mobilitazioni vedono coinvolti in prima persona alcuni soggetti intervistati che per ragioni economiche rischiano di perdere la propria abitazione. Si tratta di un fenomeno di centrale interesse per la ricerca, poiché riguarda quelle forme di mobilitazione che possono ascriversi alle forme di resistenza alla gentrification.
4.8.3 La produzione di commons urbani
Le lotte in campo abitativo hanno una lunga tradizione in Italia e sono un fenomeno che trova le sue radici nelle forme di organizzazione sociale e politica che si sono diffuse dagli anni Settanta (Bosi & Zamponi, 2015; Mudu, 2004). Sebbene non esista una mappatura dell'attuale distribuzione di questo fenomeno, è possibile riscontrare nella cronaca, nel dibattito pubblico e nel recente sviluppo di vari network una rinnovata enfasi per le lotte abitative nelle principali città italiane (Bosi & Zamponi, 2015). Questo fenomeno viene a connettersi a un crescente disagio abitativo nel nostro paese (Pittini et al., 2015), correlato alla congiunta azione della crisi economica e dal presentarsi di politiche urbane influenzate dall’ideologia neoliberale (Bazzoli, 2016).
La Bolognina appare come un contesto nel quale si rinvengono forti ripercussioni sociali in campo abitativo, legate a un mix di fattori di varia natura: ristrutturazione dei settori economici, crescita disoccupazione, offerta di abitazioni sociali inadatta alla domanda, politiche di valorizzazione del quartiere, crescita generalizzata dei bisogni sociali. In questo quartiere si assiste a difficoltà abitative diffuse, che vedono nell’incremento degli sfratti conosciuto nel corso degli ultimi dieci anni una fonte sostanziale di criticità sociale. Le richieste di rilascio degli immobili, infatti, rappresentano una minaccia alla capacità dei gruppi sociali meno abbienti di permanere in questo contesto insediativo e costituiscono uno dei mezzi attraverso i quali si sta manifestando il ricambio sociale dell’area. L’incapacità e l’impossibilità da parte del sistema di welfare locale di far fronte a un aumento considerevole dei bisogni abitativi ha quindi favorito il diffondersi di forme di
attivismo sociale attorno a questo tema. Nella Bolognina, infatti, assistiamo a una recente crescita di organizzazioni che si occupano di questa tematica sia di carattere formale (e.g. sindacati di base, associazioni riconosciute di inquilini) sia di carattere informale (e.g. movimenti sociali, associazioni informali). L’esperienza di Social Log appare come quella più significativa: un movimento sociale che nasce nel 2013 il cui obiettivo è quello di contrastare la situazione di emergenza abitativa in cui versano alcune zone della città e, in particolare, il quartiere Bolognina126. Questa organizzazione incentra gran parte della sua attività all’interno del quartiere di nostro interesse e si qualifica come una forma collettiva di resistenza alle problematiche abitative e ai processi di valorizzazione immobiliare del contesto.
Social Log struttura il proprio intervento attraverso tre modalità: l'assistenza, la negoziazione e la riappropriazione. I bisogni abitativi della popolazione sono intercettati tramite uno sportello informativo che fornisce servizi gratuiti di assistenza legale a persone che versano in uno stato di insicurezza abitativa dovuta a ragioni economiche. Chi si presenta allo sportello viene quindi aiutato nell'espletamento delle procedure burocratiche per la richiesta di un'abitazione sociale e nella contrattazione con il proprietario dell'immobile per il mantenimento della propria dimora. Qualora non si riesca a raggiungere un accordo con la proprietà gli attivisti di Social Log tentano di garantire la permanenza dell'inquilino nell'abitazione tramite la negoziazione con l'ufficiale giudiziario che ha in carico la procedura di rilascio dell'immobile. Questa modalità di intervento viene attuata per mezzo dei cosiddetti picchetti anti-sfratto: nel giorno in cui è previsto l'arrivo dell'ufficiale giudiziario si organizza un presidio presso l'immobile dell'interessato, al fine di impedire l'attuazione del procedimento. In questo caso, la negoziazione non assume i connotati di un accordo tra privati, ma si incentra sui rapporti di forza tra le parti e sull'abilità degli attivisti nello spiegare la situazione all'ufficiale giudiziario o, nelle situazioni in cui intervengono le forze dell'ordine, nell'ostacolare fisicamente il rilascio dell'immobile. Questo strumento permette di procrastinare la perdita dell'abitazione, in attesa che le condizioni economiche dell'inquilino migliorino o che i servizi sociali del Comune di Bologna riescano a farsi carico della situazione. Sebbene queste azioni aiutino a procrastinare il completamento della procedura di rilascio va comunque notato che in diversi casi gli sfratti vengono eseguiti senza che vi siano interventi istituzionali in grado di fornire soluzioni abitative adeguate.
Un ulteriore strumento messo in campo da questa organizzazione al fine di rispondere a quelle situazioni di emergenza che non riescono a trovare risposte rapide e incisive nel sistema di welfare locale è quello dell’occupazione di immobili inutilizzati. Questa pratica radicale ha recentemente conosciuto una certa diffusione in Bolognina. Nel corso del 2014, infatti, Social Log si è resa
126 La partecipazione a Social Log vede una forte presenza degli stranieri del quartiere, che oggi costituiscono in larga misura la parte di popolazione residente più soggetta a forme di deprivazione sociale e materiale.
protagonista di due occupazioni di edifici in disuso dalle considerevoli dimensioni (Fig.49). All'interno di questi stabili occupati hanno trovato alloggio circa 350 persone di origine prevalentemente straniera, ma residenti a Bologna da diversi anni. Tra di esse, circa 90 persone hanno vissuto nella Bolognina per un periodo di tempo che va dai 4 ai 20 anni e sono state interessate da sfratto esecutivo dovuto a morosità incolpevole. Per queste persone l'occupazione di un edificio diviene una soluzione a uno stato di necessità e, al tempo stesso, un meccanismo attraverso il quale mantenere la rete di legami sociali costruita durante gli anni di permanenza nel quartiere.
Fig.49 – Edificio Ex Telecom, una delle due occupazioni abitative effettuate nel quartiere Bolognina dal collettivo Social Log nel 2014. L'edificio è stato sgomberato il 20.10.2015 con una massiccia operazione di polizia
Fonte: fotografia scattata dall'autore in date 10.12.2014
I soggetti che prendono parte ai picchetti anti-sfratto e alle occupazioni abitative sono le stesse persone che versano in stato di necessità e che sono entrate in contatto con Social Log nel corso del tempo. Una caratteristica rilevante di questo movimento è infatti legata ai percorsi di responsabilizzazione e di coinvolgimento nelle attività che vengono costruiti assieme ai soggetti destinatari degli interventi. Chi si rivolge allo sportello informativo non usufruisce di un semplice servizio ma diviene un membro attivo dell’organizzazione, contribuendo al suo sviluppo in base alle proprie disponibilità e competenze. Questa forma di coinvolgimento ha permesso a Social Log di arricchirsi costantemente di nuovi attivisti, arrivando a contare circa 500 attivisti. Alcuni di essi coordinano le iniziative, i percorsi di responsabilizzazione attiva e i servizi offerti, altri vivono negli immobili occupati e gestiscono gli stabili preoccupandosi del loro mantenimento e delle attività sociali che prendono vita al loro interno, altri ancora collaborano nell'organizzazione dei volantinaggi informativi, delle manifestazioni e dei dibattiti pubblici.
Pur occupandosi di una vasta serie di attività nessun membro di Social Log viene retribuito. Gli introiti ricavati dalle cene, dagli eventi e dagli aperitivi allestiti nelle case occupate costituiscono l'unica fonte di finanziamento e sono principalmente utilizzati per la ristrutturazione degli immobili occupati e per altre voci di spesa imputabili al sostentamento dell'organizzazione127. Questa forma di lavoro collettivo, che in molti casi costituisce un forte impegno personale, assume quindi i connotati di un atto volontaristico di adesione agli scopi e alle finalità dell'organizzazione che non conosce un ritorno in termini economici. Alla base di tale modus operandi, infatti, si colloca l’idea della cooperazione sociale.
“Per noi la collaborazione orizzontale tra persone affette da problemi abitativi è fondamentale. La nostra idea è che la cooperazione sociale tra persone accomunate dalla povertà e dall’insicurezza abitativa sia un mezzo necessario per combattere le difficoltà generate dalla crisi economica e dallo smantellamento delle politiche sociali” (25BR_m_28anni)
Il lavoro in comune tra persone che fanno esperienza di simili condizioni materiali di vita diviene quindi uno strumento per costruire legami sociali all'interno del gruppo e per rapportarsi con il più ampio ambiente sociale del quartiere. Il fruttivendolo pakistano della Bolognina che regala la frutta a chi vive nelle occupazioni abitative, la signora cinese che cucina durante le iniziative di finanziamento, l'insegnante italiana che impartisce lezioni gratuite ai bambini residenti negli stabili occupati, l'idraulico e l'elettricista magrebini che ristrutturano gli spazi occupati senza chiedere denaro in cambio costituiscono degli esempi materiali di cooperazione sociale che il sottoscritto ha potuto osservare nel corso della conduzione della ricerca.
Queste forme di solidarietà orizzontale risultano orientate verso uno scopo comune che non riguarda il semplice accesso al bene casa attraverso le occupazioni abitative, ma fa riferimento ad un benessere prodotto collettivamente che non viene mediato da relazioni di mercato. La crisi abitativa diviene quindi il contesto in cui si aprono nuove forme relazionali e persone fino a quel momento estranee cominciano a cooperare per il miglioramento della propria condizione esistenziale (Huron, 2015). In questo senso appare possibile parlare di commoning, ovvero di quell’insieme di pratiche sociali orientate alla produzione e al mantenimento di beni collettivi che non risultano assoggettati a controllo pubblico o privato (Linebaugh, 2008; Bresnihan & Byrne, 2015). La casa occupata diviene quindi un mezzo di sussistenza il cui accesso e la cui regolamentazione non risultano mediati dal mercato, bensì da una logica di appartenenza e
127 Tra di esse, le spese legali associate ai procedimenti giudiziari a carico degli attivisti e delle attiviste che occupano immobili in disuso costituiscono uno dei principali costi da sostenere.
condivisione valoriale ai principi dell’organizzazione. Viene quindi prodotto un commons urbano (si veda, Gidwani & Baviskar, 2011; Foster, 2011; Harvey, 2012).
La lotta portata avanti da Social Log si basa su un'interpretazione dell'abitazione come “un diritto che deve essere garantito e universalmente riconosciuto” (15BLT_m_29anni). Di fronte a politiche abitative che vengono percepite come inadeguate vengono create forme alternative di abitare lo spazio urbano, fornendo mezzi di sussistenza ad un segmento di popolazione che rifiuta la condizione sociale in cui si ritrova e si attiva attraverso forme di resistenza per migliorarla.
L'azione di Social Log, tuttavia, non si esaurisce nelle forme di un intervento sociale animato da pratiche radicali, ma mira a modificare anche i processi di valorizzazione urbana che interessano la Bolognina. Appropriandosi del bene casa attraverso le occupazioni abitative e organizzando iniziative comunicative nel quartiere i membri di questa organizzazione rendono spazialmente percepibile una problematica sociale strettamente connessa alla povertà materiale, facendola divenire un mezzo per contrastare anche il processo di gentrification del quartiere (Fig.50).
Fig.50 – Manifestazione per il diritto all’abitare organizzata nel quartiere Bolognina il 6.6.2015. Lo striscione che apre il corteo critica le direzioni assunte dal processo di rigenerazione del quartiere
Fonte: fotografia a cura di Michele Lapini Ph
Da una parte, gli edifici occupati forniscono una soluzione abitativa a chi è minacciato dal displacement, influendo quindi sull’intensità del ricambio sociale in corso nel quartiere. Dall'altra parte, la visibilità data alle problematiche sociali rischia di scoraggiare sia l'arrivo di nuovi residenti dai redditi elevati sia quello di potenziali investitori immobiliari. In questo senso, dunque, l’azione di Social Log si pone in contrasto a una forma trasformazione urbana che viene percepita inadatta alle esigenze sociali della Bolognina. Assistiamo infatti alla traduzione di un bisogno sociale in questione politica che passa attraverso una decisa critica delle modalità di gestione e distribuzione
dei fondi pubblici. Non a caso, uno dei temi centrali portati avanti dall’organizzazione è la necessità di incrementare la spesa pubblica per la protezione sociale e di limitare gli investimenti comunali nei grandi progetti di riqualificazione e valorizzazione immobiliare della Bolognina. Il tema del welfare appare quindi centrale e viene individuato come un capitolo di spesa pubblica che necessita di maggiori risorse.
“In assenza di un investimento nelle politiche abitative le opere di riqualificazione avvantaggiano esclusivamente chi sarà in grado di affrontare la lievitazione dei costi abitativi che stiamo cominciando a vedere. […] Vogliamo tutti un quartiere migliore, ma che sia migliore per tutti e non solo per i ricchi.” (25BT_m_28anni)
4.8.4 La dimensione costituente della lotta per la casa
Le forme di reciprocità che prendono vita all'interno di Social Log tendono a stimolare delle modalità di agire sociale collettivo che trovano fondamento nella condivisione di uno specifico sistema di valori. L'inclusione dei soggetti, infatti, avviene attraverso l'assimilazione di una “visione del mondo” basata su una lettura (neo)marxista della società, che si incentra sull'accettazione della cooperazione sociale, del mutualismo e dell'equità quali substrati relazionali predominanti tra i membri. Tale assunzione valoriale plasma l’agire sociale individuale e collettivo, soggettivando gli appartenenti al gruppo a forme identitarie che differiscono sostanzialmente dalla soggettività capitalista. In questo modo prende forma una specifica comunità, all'interno della quale si definiscono norme che regolano sia l'agire sociale del gruppo, i rapporti tra i suoi componenti ed i codici comportamentali a cui attenersi, sia le modalità di accesso e gestione degli spazi occupati. Questa forma di regolazione interna permette di stabilire la permanenza e la partecipazione nella comunità e si caratterizza per un riconoscimento dell'uguaglianza formale tra gli individui che arriva ad assegnare parità di accesso nel piano decisionale. Ogni scelta che riguarda l'organizzazione interna della comunità e il suo modo di rapportarsi con l'esterno viene dunque presa in assemblee aperte a tutti gli appartenenti del gruppo. La diffusione del potere decisionale tende a stimolare pratiche orizzontali e favorisce un senso di appartenenza alla comunità che per alcuni diviene un legame talmente stringente da poter essere paragonato a quello familiare.
“Per me Social Log è come un’isola felice che ho trovato qui in Italia. Una grande famiglia che mi ha aiutato quando ne avevo bisogno mentre il Comune non faceva niente per me e i miei figli.” (21BLT_f_40anni)