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4.   LA TRASFORMAZIONE DELLA BOLOGNINA 81

4.7   I L CAMBIAMENTO SOCIALE DEL QUARTIERE 153

4.7.2   Disposizioni di capitale e appartenenza territoriale 158

sociale.

4.7.2 Disposizioni di capitale e appartenenza territoriale  

Un tema che da molto tempo occupa una posizione centrale negli studi sulla gentrification concerne le appartenenze sociali dei gentrifiers (Lees et al., 2008; Semi, 2015). Diversi autori hanno esaminato la formazione identitaria di questi attori della trasformazione, prendendone in considerazione le reti sociali (Butler, 2003; 2007), il rapporto con il quartiere (Simon, 2005; Brown- Saracino, 2009; 2010) e con processi di scala globale (Rofe, 2003; Davidson, 2007), le scelte di consumo (Ward, 1991; Bridge & Dowling, 2001) e le disposizioni di capitale in relazione al posizionamento di classe (Butler & Robson, 2001).

Oltre tre decenni di studi sui concetti di gentrification e classe sociale hanno ben posto in evidenza come nell’epoca postfordista i processi di ristrutturazione ed espansione della classe media abbiano significativamente modificato i meccanismi di costruzione delle appartenenze sociali (Butler & Watt, 2007; Watt, 2008). Nella loro formazione, infatti, le condizioni socio-economiche e le posizioni dei singoli nel mercato del lavoro si coniugano ad altri elementi, legati ai gusti e ai consumi individuali (Butler & Savage, 1995), alle disposizioni culturali (Bridge, 2001, 2006; Ley, 2003) e allo specifico rapporto che si instaura con il luogo in cui si risiede (Herzfeld, 2009; Soytemel, 2015). Vivere in un certo quartiere, relazionarsi con esso in un determinato modo o scegliere specifiche tipologie di prodotti e luoghi di consumo possono quindi divenire dei fattori di distinzione sociale, capaci di caratterizzare e di fornire una peculiare identità agli individui.

Indagando i profili dei gentrifiers della Bolognina è possibile riscontrare una spiccata dotazione di capitale culturale che tuttavia fa da contraltare a una disponibilità di risorse economiche non sempre altrettanto elevata, specialmente all’interno di quelli che abbiamo definito pionieri. Mentre gli established gentrifiers possono contare su posizioni lavorative di un certo livello, la maggior parte dei nuovi abitanti con i quali si è entrato in contatto risulta impiegata in lavori mediamente retribuiti e con scarse garanzie. Tali differenze risultano centrali nelle scelte abitative e trovano una stringente relazione con il titolo di godimento dell’abitazione. Nella conduzione della ricerca sono tuttavia emersi vari modi con i quali questi soggetti si rapportano al quartiere in cui vivono, utilizzando la sua identità simbolica, i suoi spazi e la sua caratterizzazione sociale come strumenti per definire la propria appartenenza.

Prendendo in considerazione i tipi culturali di gentrifiers (Schlichtman et al., 2017) emerge sin da subito come tutti i nuovi abitanti intervistati siano dei consumatori che tendono a costruire una parte significativa della propria appartenenza sociale attraverso le scelte e i luoghi di consumo. La maggioranza di questo gruppo è significativamente orientata verso un consumo cosmopolita e al

tempo stesso ricercato, che si avvantaggia del variegato tessuto commerciale offerto dal quartiere. Questi soggetti inglobano nelle proprie abitudini cibi provenienti da varie parti del mondo e condividono una propensione verso i prodotti di qualità, abbracciando più o meno consciamente l’idea che il consumo alimentare rappresenti uno strumento in grado di caratterizzare la propria identità.

“Mi piace sperimentare continuamente piatti e prodotti nuovi e i tanti negozietti etnici qua del quartiere mi permettono di farlo ogni giorno. […] Però non è che mangio solo cose non italiane, prendo anche prodotti tipici dai calabresi o dai pugliesi e vado una volta a settimana ai mercatini biologici dei produttori locali. Quello che mangi e dove lo compri alla fine è importante, ti permette anche di conoscere gente con cui puoi pure condividere qualcosa e alla fine è anche indicativo di che tipo di persona sei.” (9BG_f_30anni)

Tale funzione assegnata al cibo appare piuttosto importante poiché non riguarda solo i prodotti ma anche i luoghi di consumo. Abbiamo infatti visto come i nuovi abitanti della Bolognina tendano a frequentare gli esercizi commerciali di recente apertura, individuando in queste attività degli ambienti nei quali incontrare persone affini (cfr. 4.4.2). Le barriere di accesso economico e culturale che presentano questi spazi commerciali assicurano un contesto esclusivo in cui tessere relazioni e permettono di ancorare l'appartenenza sociale alle forme di consumo. Va tuttavia evidenziato che l’importanza assegnata ai prodotti e ai luoghi di consumo alimentare appare direttamente proporzionale al capitale culturale degli intervistati e trovan una forte correlazione con il livello di istruzione. Infatti, indipendentemente dalla suddivisione gentrifiers/residenti di lungo corso, gli abitanti della Bolognina in possesso di un diploma universitario sembrano utilizzare il consumo alimentare come un mezzo attraverso cui definire una parte più o meno consistente della propria identità. Diversamente, quanti presentano livelli formativi più bassi sembrano assegnare una minore importanza al consumo alimentare e non riconoscono in esso una tale capacità.

In tale situazione occorre sottolineare che all’interno dei gentrifiers anche quanti non presentano particolari disponibilità reddituali investono significativamente nel consumo alimentare e, soprattutto, nei luoghi in cui viene effettuato. Diversi spazi commerciali di nuova apertura sono infatti accreditati come ambienti piacevoli in cui recarsi sia per la loro offerta di prodotti e di servizi sia in virtù delle persone che li attraversano. Andare regolarmente in questi esercizi diviene un’attività che fornisce degli elementi di riconoscimento condivisi tra i frequentatori.

“Noi siamo quelli di Fermento (birreria artigianale di nuova apertura). È un po’ un marchio e anche se non posso permettermi di andarci tutti i giorni ci vado comunque spesso perché è un bel posto in cui ci sono tanti amici vecchi e nuovi.” (12BG_m_28anni)

La funzione simbolica riconosciuta al consumo riguarda anche altri aspetti come quello dell’autenticità (Brown-Saracino, 2010). I gentrifiers della Bolognina, infatti, apprezzano la caratterizzazione e la vita sociale del quartiere. Se il consumo di questa autenticità appare condiviso e informa le scelte insediative, il rapporto che si instaura con essa e, più in generale, con il quartiere, è invece sottoposto a notevoli differenziazioni.

I gentrifiers più giovani, single e con scarse risorse economiche, si pongono innanzitutto come dei “curatori” (Schlichtman et al., 2017) del tessuto socio-culturale del quartiere, adottando una prospettiva “preservazionista” (Brown-Saracino, 2009) che li porta ad adattarsi ai caratteri del luogo e a stringere relazioni sia con i nuovi abitanti sia con quelli di lunga data. Questo gruppo combacia in parte con i pionieri, mostra un deciso coinvolgimento nelle reti associazionistiche locali ed è consapevole del suo impatto nello stravolgimento socio-culturale del contesto. Consci di questo aspetto, generalmente valutato come negativo per il benessere della comunità locale, i suoi componenti tendono ad impegnarsi nel tessuto sociale, sviluppando progetti in grado di portare benefici a tutte le fasce di residenti.

“L’idea è quella di costruire un territorio accogliente che sappia parlare delle proprie opportunità e potenzialità […], con i nostri progetti assieme alle tante comunità del quartiere vogliamo al tempo stesso costruire uno spazio vivibile per tutti” (12BG_m_28anni)

Non si tratta quindi di dogmatici “preservazionisti” che intendono mantenere il quartiere allo stesso modo di come lo hanno trovato, bensì di soggetti altamente istruiti che grazie alle competenze e alle reti di contatti in loro possesso si pongono anche in una posizione di “connettori” (Schlichtman et al., 2017) tra quella che è comunemente percepita come un’area socialmente, economicamente e culturalmente separata della città e il resto della città. Questi gentrifiers, quindi, aiutano la Bolognina a “rilocarsi sulla mappa”, favorendo con quelle che Jane Jacobs definisce “hop-and-skip relationships” (1961), ovvero linee di connessione tra la comunità locale e il suo esterno, un cambiamento che possa portare giovamento diffuso tra gli abitanti.

Ci sono però anche gentrifiers che si rapportano in diversamente con il quartiere, ponendosi nel ruolo del “colonizzatore” (Schlichtman et al., 2017). Per questi soggetti, solitamente in possesso di maggiori risorse economiche rispetto ai precedenti ma pur sempre accomunati dalla giovane età, la gentrification rappresenta un processo in grado di favorire il miglioramento della Bolognina.

Condivisa in questo gruppo, nel quale ricadono alcuni pionieri e gli early gentrifiers (Blasius et al., 2016), è la percezione che i residenti di lungo corso non siano in grado di sfruttare le potenzialità del quartiere. In tale visione l’attenzione alla distribuzione dei benefici della trasformazione a tutta la popolazione residente e l’ascolto delle varie istanze che emergono dai diversi tipi di abitanti risultano importanti ma non preponderanti. Si assiste, piuttosto, al tentativo di stabilire sul quartiere una visione dominante, prodotta all’interno di questo gruppo e incentrata sul miglioramento funzionale, dei servizi e della sicurezza. I “colonizzatori”, d’altronde, intrattengono sporadici rapporti con i residenti di lungo corso e sviluppano principalmente contatti con i nuovi abitanti. Mostrano, inoltre, il desiderio che gli altri residenti si conformino ai propri valori.

“L’impressione che ho è che il quartiere sia un po’ abbandonato a sé stesso. […] Alla fine è normale, qua c’è tanta immigrazione, il quartiere si è formato con l’immigrazione, siamo tutti immigrati in un certo senso e non sempre ci sentiamo parte di un posto. Quello che spero è che le nuove persone che stanno arrivando possano cominciare a prendersi cura del posto, ne ha proprio bisogno, e che di conseguenza lo faccia anche chi già sta qui da un pezzo.” (11BG_f_32anni)

Ad abbracciare in maniera più decisa l’idea di trasformazione complessiva del quartiere sono invece i “conquistatori” (ibidem). Questi soggetti auspicano la formazione di una nuova comunità locale con dei connotati sociali, economici e culturali differenti da quelli che caratterizzano – e hanno caratterizzato – la Bolognina. In questo gruppo vi è una comune percezione che la vecchia comunità del quartiere possa in qualche modo rappresentare un ostacolo alla via del progresso favorita dalla gentrification. Per tale ragione, questa categoria di gentrifiers appare più incline di altre a sostenere una sorta di stigmatizzazione dei residenti di lungo corso e, in particolare, della componente straniera, alla quale vengono addossate – direttamente e indirettamente – le colpe di diversi problemi di vivibilità del contesto.

“Io sento sempre nell’aria questa sorta di distanza culturale con lo straniero. […] io effettivamente nel negozio del pakistano non ci vado, magari perché mi sta scomodo con la macchina, magari perché non ci voglio andare. Tutto sommato può anche farmi piacere la compresenza di cose, ma contemporaneamente non voglio che diventi tutto il quartiere dello spacciatore quindi mi viene più che altro da aiutare gli italiani. Non so se vuol dire essere razzisti ma è chiaro come certi problemi derivino da certi personaggi e dalla concentrazione di problematiche che si portano dietro.” (14BG_f_34anni)

Questo tentativo di stigmatizzazione va letto alla luce dell’aspirazione a tramutare il proprio capitale culturale in capitale economico (Bridge, 2001) e, dunque, all’interno dei timori associati alla capitalizzazione dei benefici derivanti dal processo di gentrification. I conquistatori, infatti, combaciano con gli established gentrifiers: proprietari immobiliari con famiglia formata o in corso di formazione, portatori di interessi economici relativi alla trasformazione del quartiere.

“Sinceramente sono molto preoccupata dell’investimento che abbiamo fatto. La casa oggi ha un valore più basso di quando l’abbiamo comprata a causa della lentezza del comparto edilizio e delle mancate promesse sulla trasformazione del quartiere. Se le cose non cambiano sarà un vero disastro economico.” (8BG_f_48anni)

L’impiego di una certa quantità di risorse nell’acquisto della casa e, congiuntamente, la sua percezione quale possibile fonte di rendita immobiliare favorisce preoccupazioni relative all’investimento effettuato. Un ragionamento incentrato su una logica di mercato che tende a sostenere quelle forme di cambiamento del quartiere in grado di avvantaggiare gli interessi dei proprietari immobiliari. Non sorprende, dunque, che i conquistatori si pongano in una posizione di competizione con altri gruppi sociali, la cui presenza viene spesso interpretata come una possibile minaccia sia alla qualità della vita sia alla rendita economica dell’investimento immobiliare. Tale approccio pone in risalto un aspetto centrale negli studi sulla gentrification: la competizione per le risorse territoriali. Un tema che tocca da vicino i possibili impatti del cambiamento urbano relativamente all’esclusione di alcuni gruppi sociali dai suoi benefici. La casa, come vedremo nella prossima sezione, si colloca al centro della questione.