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Il ciclo del cemento illegale in Toscana

3. L’ABUSIVISMO EDILIZIO IN CONCRETO: LEGAMBIENTE ED “ECOMAFIE 2013”

3.4 Il ciclo del cemento illegale in Toscana

“Con una lungimiranza e una profondità che politici,

imprenditori, istituzioni e cittadini spesso non hanno o fanno finta di non avere, le mafie sono riuscite a fare sistema penetrando in tutti i settori della nostra esistenza in maniera globale e totalitaria”185.

La Toscana sale, in negativo, nella classifica nazionale

dell'illegalità ambientale, figurando tra le regioni maggiormente colpite dalla criminalità ambientale, dopo le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia) ed il Lazio. E' questa la fotografia dell'ecomafia nella nostra Regione, che emerge dai dati ufficiali forniti dalle forze dell’ordine ed elaborati da Legambiente.

Secondo Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana, non si combatte, e tanto meno si sconfigge, l’ecomafia con la sola repressione; servono buona politica e buone pratiche. Così come necessaria è anche una cittadinanza attiva, sempre attenta ed informata, vero argine allo strapotere della criminalità ambientale, in Toscana come altrove.

E tanto più informata dovrebbe essere la popolazione alla luce dei dati che Legambiente ha fornito, così da non poter restare indifferenti di fronte all’enorme quantità di scempi che vengono compiuti sul nostro territorio ogni anno.

Come risulta da “Ecomafia 2013”, rapporto a cui faremo

riferimento in questo capitolo, l’incidenza dell’edilizia illegale nel mercato delle costruzioni sta aumentando ogni anno di più; è passata dal 9% del 2006 al 16,9% per il 2013, mentre le costruzioni legali sono crollate da 305.000 a 122.000186. Generalmente, poi, fino al 2006, gli alloggi realizzati venivano acquisiti ed occupati nel giro di pochi mesi mentre oggi, oltre ad essersi ridotta a meno della metà la produzione edilizia,

abbiamo larga parte di tale patrimonio inabitato, con i conseguenti costi finanziari, economici, di rattrappimento imprenditoriale per l’impresa e di mancata qualità sociale. Ma com’è possibile che chi produce illegalmente riesca a mantenere in positivo la sua salda impresa? E’ presto detto. In approssimazione, sempre su base dati messi a disposizione dall’istituto CRESME, il valore medio di produzione per l’alloggio nel 2012 è stato di 155.000 Euro, e ciò dipende dal taglio, dalla posizione, dalle finiture del bene. Ma se a tale costo di

produzione legale, l’imprenditore criminale sottrae oneri                                                                                                                

184 Dati ottenuti da Il ciclo del cemento in Toscana. Rapporto Ecomafia 2013,

Legambiente, Edizioni Ambiente.

185 LUCARELLI, Prefazione al Rapporto Ecomafia 2013, le storie e i numeri della criminalità ambientale, Legambiente, Edizioni ambiente.

186 Dati raccolti e riportati in Ecomafia 2013 da Mostacci e Polci di CRESME

concessori e tutta la filiera dei costi di complemento all’atto costruttivo, tale costo cade vertiginosamente ad uno, stimato, di 66.000 Euro per ogni alloggio. Ecco, quindi, che le cause che spingono a costruire abusivamente e che, nonostante il passare degli anni riescono ad essere sempre valide, sono molteplici. Prima di tutto, come visto qualche riga più sopra, l’abusivismo edilizio costa circa un terzo rispetto all’intervento regolare, e quindi risente meno della crisi. Inoltre, tale fenomeno, è flessibile e sa interpretare la comunicazione secondo le

tendenze e le esigenze del momento; non ha regole precise e da rispettare e, essendone totalmente avulso, può adattarsi facilmente alle richieste di mercato riuscendo a soddisfare ogni tipo di esigenza.

Il fenomeno dell’abusivismo edilizio, autentica piaga del nostro Paese è, quindi una ferita ancora aperta ed un altro “incentivo” micidiale che continua a tenerla vive è la quasi matematica certezza che l’immobile abusivo non verrà abbattuto. Le ordinanze di demolizione effettivamente eseguite, anche quando sono previste da sentenze della magistratura diventate definitive, sono l’eccezione, non la regola. E il mattone

fuorilegge continua a prosperare, devastando il paesaggio, alimentando una vera e propria filiera del cemento illegale, arricchendo in molti territori le casse dei clan.

Da non sottovalutare è, perciò, il fatto che le ordinanze di demolizione, una volta riscontrata l’esistenza di un abuso,

vengono difficilmente emesse ed eseguite; basti pensare che tra il 2000 ed il 2011, a fronte delle 46.760 ordinanze di

demolizione emesse dai tribunali, ne sono state eseguite appena il 10,6%187.

Accanto al “buco nero” delle demolizioni, i risultati della ricerca evidenziano l’esistenza di una vera e propria eredità avvelenata dei precedenti condoni edilizi, rappresentata da centinaia di migliaia di richieste inevase, presentate in occasione delle leggi 47/1985, 724/1994 e 326/2003. Complessivamente le domande presentate sono state 2.040.544, quelle respinte 27.859, quelle ancora in attesa di una risposta ben 844.097 pari al 41,37% del totale, il grosso delle quali risale addirittura al primo condono, quello del 1985.

In perenne attesa che queste domande vengano esaminate, molti immobili restano nella disponibilità dei loro proprietari in virtù di una anomala classificazione, quella di case “sanabili”, per il solo fatto che è stata presentata la richiesta di condono, indifferentemente dal fatto che sia accoglibile o meno. In questo modo sono proposte sul mercato immobiliare, per essere

                                                                                                               

187 Fonte: Ecosistema urbano 2012, Legambiente. Indagine condotta tra i

affittate o, addirittura, vendute case che potrebbero, invece, essere destinate all’abbattimento.

E’ quanto rischia di accadere anche con un altro “fronte”, quello delle cosiddette “case fantasma”. Nel 2010 l’allora governo Berlusconi inserì nella Finanziaria bis una norma sull’emersione degli immobili sconosciuti al catasto, incaricando l’Agenzia del territorio di censire il patrimonio edilizio “fantasma”. Si tratta di oltre 1.200.000 immobili censiti. Il governo Monti nel marzo del 2012 ha dato alla stampa cifre significative circa le somme che tutte queste proprietà immobiliari porteranno nelle casse

pubbliche: tra Stato e Comuni dovrebbero entrare quasi 500 milioni di euro.

Il mattone abusivo, insomma, è stato da sempre capace di offrire scorciatoie ad un mercato immobiliare in piena crisi assestando l’ennesimo colpo alla bellezza del nostro Paese ed alle attività regolari. Niente di nuovo rispetto a quello detto poco sopra, ma quello che deve meravigliarci è che la nostra Regione ha raggiunto un incremento degli illeciti pari al 15,4%,

raggiungendo, nel 2014, il sesto posto della classifica nazionale. Come portato in evidenza dal rapporto, nel 2013, le infrazioni accertate in Toscana sono state 474, pari al 7,5% sul totale nazionale. Ciò che deve spaventare di più è, però, che a fronte delle 472 persone denunciate responsabili di abusi, nessuna di esse è stata arrestata e solo 90 sono stati i sequestri

effettuati188.

Legambiente ha raccolto su provvedimenti adottati dalle forze dell’ordine della nostra Regione in seguito alla scoperta di abusi189

Nella tabella sottostante è possibile confrontare quello che è risultato dall’accertamento svolto dalle forze dell’ordine in relazione alle attività costruttive abusive in territorio toscano.

Il ciclo del cemento in Toscana, accertato dalle forze dell’ordine locali: Gdf Cdp Cfs Totale Infrazioni accertate 34 127 311 472 Persone denunciate 55 127 437 619 Persone arrestate 0 0 0 0                                                                                                                

188 Tali dati sono stati elaborati da Legambiente su numeri forniti dalle forze

dell’ordine, Capitanerie di porto e Polizie provinciali resi pubblici nel Gennaio 2013.

189 Fonte: elaborazione Legambiente su dati delle forze dell’ordine quali

Guardia di Finanza, Corpo forestale dello Stato, Capitanerie di Porto ottenuti nell’anno 2012.  

Sequestri effettuati 34 21 35 90

In ugual modo l’attività accertativa si è svolta nelle province, portando alla luce dati non troppo rassicuranti che sono esposti nella tabella seguente.

Il ciclo del cemento illegale nelle aree provinciali toscane:

Provincia Infrazioni accertate Percentuale sul totale nazionale Persone denunciate Persone arrestate Sequestri effettuati Livorno 128 2% 155 0 19 Firenze 79 1,3% 110 0 9 Lucca 60 1% 68 0 6 Arezzo 46 0,7% 55 0 2 Siena 44 0,7% 45 0 2 Prato 37 0,6% 59 0 32 Massa Carrara 31 0,5% 50 0 17 Grosseto 26 0,4% 42 0 1 Pisa 13 0,2% 18 0 0 Pistoia 10 0,2% 20 0 2 Totale 474 7,5% 622 0 90

I dati riportati, che sono frutto di un attento lavoro da parte delle autorità locali quali Guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato e Capitanerie di Porto, mostrano chiaramente l’immagine di una Toscana in cui non sempre, o forse quasi mai, l’abuso viene sanzionato. E’ uno spaccato di ciò che succede in Italia, di ciò che vorremmo contrastare ma che invece continua a

manifestarsi rimanendo impunito anche di fronte all’abuso che si concretizza.

In Toscana, come nelle altre Regioni, non bisogna mai dimenticare che ad alimentare il fenomeno dell’abusivismo edilizio è anche la connivenza delle pubbliche amministrazioni con la criminalità organizzata, anche se nello specifico la nostra terra non è terra di mafia, creando un impasto di complicità tra clan e compiacenza di costruttori, uffici tecnici e politici.

Il nucleo di ricerca di Legambiente lo chiama “delocalizzazione” e da noi è diventata triste realtà: le mafie scelgono territori poco sospettabili e in essi fanno affari, ripuliscono capitali, gestiscono imprese da prestanome.

Secondo la Direzione nazionale antimafia, i clan in Toscana sono molto piccoli e non stabiliti né gerarchici; possono costituire anelli distinti di una catena complessa di entità,

spesso interconnessi, ma indipendenti l’uno dall’altro: trattasi di quello che viene definito come concetto fluido di crimine

organizzato.

Quanto affermato in Ecomafie 2013 porta alla luce l’esistenza, pur se ancora minimale, di movimenti di natura mafiosa

all’interno della Toscana, tant’è che le più recenti indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze si stanno

concentrando proprio sulla presenza di cosche campane nel triangolo Prato/Pistoia/Lucca. Secondo la procura a buttare l’occhio sul territorio Toscano sarebbe, in principal modo, la camorra: risulta da varie indagini che il clan dei Casalesi

avrebbe “condizionato” il rilascio di concessioni e autorizzazioni amministrative, di acquisizione d’appalti e servizi pubblici, influenzando i diritti politici dei cittadini. Ma non è solo la camorra, purtroppo, ad aver messo “occhi e mani” sulla Toscana. Secondo gli investigatori della Direzione Nazionale Antimafia, anche la ‘ndrangheta ha scelto la nostra regione per tentare il riciclaggio di denaro di provenienza illecita; così come la minaccia arriva anche dalle organizzazioni criminali straniere, come le mafie russe che operano soprattutto nella zona costiera della Versilia con cospicui investimenti immobiliari.

E’ ormai risaputo che molti clan s’impadroniscono delle attività commerciali, e nel nostro caso della costruzione di immobili abusivi, attraverso la pratica dell’usura: quando l’imprenditore non riesce più a far fronte ai tassi imposti sui prestiti, i boss mafiosi entrano direttamente in possesso delle aziende ed attraverso l’investimento nelle imprese ripuliscono il denaro sporco.

Le mafie, però, non sono ovviamente l’unico problema di legalità in Toscana. Lo dimostrano le ultime “pesanti” indagini sul

sistema degli appalti, anche da queste parti messo in cattiva luce da ipotesi di corruzione e malaffare. Nel mese di giugno del 2012 a Pistoia il Gip Roberto Tredici, su richiesta della Procura della Repubblica, ha emesso 23 ordinanze di custodia cautelare per reati che riguardano, tra gli altri, lavori edili e stradali che sarebbero stati assegnati a un ristretto numero di imprese: 18 i capi di imputazione contestati, tra cui associazione per

delinquere, turbativa d’asta, corruzione e concussione. È

l’estrema sintesi dell’inchiesta “Untouchables”. In particolare, tra imprenditori e funzionari pubblici, ci sarebbe stato un rapporto stretto, che avrebbe consentito di assegnare allo stesso gruppo di impresari i lavori.

E’ chiaro che non conosce sosta l’aggressione ambientale in Italia, e la nostra regione non fa eccezione poiché si trova a

fronteggiare un’aggressione ambientale che continua a manifestarsi sempre più prepotentemente. Le varie famiglie mafiose, soprattutto di origine campana e calabrese, provano a esercitare, spesso riuscendoci, un forte condizionamento nel ciclo del cemento tenendo sempre in ballo una tessera importante del futuro sano e sostenibile della nostra regione. Come uscirne? Con una politica migliore a tutti i livelli, con più controlli, uniti ad una maggiore consapevolezza e informazione. Ecco, dunque, che l’Italia degli abusi non si arrende. E’ questo il dato più evidente nello scorrere un anno di notizie tra sequestri, processi, scontri politici e denunce dei media locali che

raccontano questa devastante piaga sociale. E se da un lato la popolarità sociale si è fatta più forte, dall’altro i segnali che arrivano dal lavoro delle forze dell’ordine e delle procure, che sopra abbiamo riassunto in relazione alla sola attività illegale della Regione Toscana, non sono incoraggianti: l’abusivismo edilizio nel nostro paese prospera e gode di ottima salute. Nasce proprio dalle considerazioni raccolte in paragrafo la campagna “Abbatti l’abuso”190 lanciata da Legambiente, a cui ha aderito “Avviso pubblico”, l’associazione che raccoglie Comuni, Regioni ed enti locali impegnati contro la corruzione, le mafie e per la legalità. Una campagna che ha un obiettivo concreto: dare il via alla demolizione degli immobili costruiti

abusivamente, affrontando alla radice i problemi che finora hanno impedito l’affermazione della legalità.

Ecco che Legambiente chiede a noi cittadini di porre attenzione ai problemi che l’abusivismo genera e può generare sul lungo o breve periodo, suggerendoci tre condizioni essenziali191.

La prima è il fare rispettare le leggi, perché le regole della convivenza, il rispetto per ciò che è pubblico, sono principi che vanno riaffermati se si vuole davvero provare a riscattare le sorti economiche, etiche e sociali del nostro Paese. Reprimere il reato di abusivismo edilizio è un passo indispensabile per evitare nuove colate di cemento fuori controllo e scongiurare nuovi condoni.

Altra condizione necessaria è liberare il paesaggio, naturale o urbanizzato che sia, dalla piaga del brutto, dalle speculazioni della criminalità o di chi semplicemente pensa di poter deturpare un patrimonio comune a proprio piacimento e interesse.

Eliminare manufatti illegali significa aggiungere valore al nostro patrimonio.

Infine è necessario mettere in sicurezza il territorio e la

popolazione che lo abita: quando l’Italia frana e i corsi d’acqua                                                                                                                

190 “Abbatti l’abuso”, il manuale d’azione di Legambiente, su

www.legambiente.it.

esondano, ormai con puntualità drammatica e con un sempre più pesante carico di danni e di vittime, la questione del “costruito dove non si doveva” torna alla ribalta. E sono tutti d’accordo, politici, media, cittadini sul fatto che una casa non vale la vita delle persone. Poi, passata la tragedia, ecco che tutto torna come prima e ci si dimentica, come in un

incantesimo, che costruire nel letto di un fiume, sopra o sotto una collina a rischio, è pericoloso.

La campagna nasce anche dalla considerazione che tra il dire (la contrarietà al fenomeno dell’abusivismo) e il fare (il ripristino dei luoghi e della legalità) c’è di mezzo la realtà, ovvero l’inerzia delle istituzioni. Basti pensare al bassissimo rapporto tra

sequestri e demolizioni a cui abbiamo accennato poco sopra, tanto che i casi di procedimento avviato, molto spesso più per via giudiziaria che amministrativa, che si concludono con l’intervento delle ruspe si contano ogni anno sulle dita di una mano.

Per risanare il paese dalla piaga dell’abusivismo, accanto all’attività di denuncia, è indispensabile allargare il fronte dell’antiabusivismo dando man forte a chi demolisce. Occorre promuovere e moltiplicare le esperienze positive, impegnarsi a trovare soluzioni, ma è soprattutto necessario rendere

socialmente popolare la pratica delle demolizioni, il cui

censimento è piuttosto rapido, per innescare un meccanismo culturale che riscatti gli italiani dall’inciviltà con cui siamo, ormai, abituati a convivere.