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Le sanzioni amministrative, civili e la decadenza di agevolazioni fiscali cosi come

previsto dal D.P.R. 380/2001

Per concludere il nostro excursus relativo al sistema

sanzionatorio è necessario porre l’attenzione ai reati minori che sono sanzionati in maniera totalmente differente rispetto ai reati penali fino ad adesso analizzati.

Iniziamo subito con le sanzioni di natura amministrativa.

La dottrina definisce sanzione amministrativa la comminazione di una misura svantaggiosa per l’amministrato, il quale, violando il contenuto di un precetto normativo, ostacoli il soddisfacimento dell’interesse dell’Amministrazione garantito dal precetto violato. Tale sanzione, pertanto, è diretta a garantire l’osservanza di doveri imposti dall’ordinamento ed a rimuovere repressivamente gli effetti conseguenti all’offesa arrecata dalla condotta

dell’amministrato all’interesse pubblico. Non è richiesto, invece, il verificarsi di un danno, poiché la sanzione amministrativa non è finalizzata alla restaurazione di un diritto altrui, ma si

riconnette alla presenza di un illecito amministrativo, cioè alla violazione di un dovere di condotta imposto ai cittadini.

Proprio nell’ambito dei principi generali anzidetti vanno inquadrate le sanzioni amministrative che la legislazione

prevede a tutela dell’interesse pubblico offeso dall’inosservanza di precetti urbanistici o edilizi.

Controverso è, in dottrina, se possano definirsi sanzioni amministrative vere e proprie quelle misure essenzialmente rivolte a ripristinare la situazione anteriore all’illecito che viene perseguito, quali ad esempio la demolizione.

In proposito, infatti, è stata affermata la configurabilità di sanzioni amministrative in senso stretto soltanto nei casi in cui l’ordinamento privilegi la tutela dell’interesse alla repressione della violazione della norma o del provvedimento, prescindendo

dagli effetti lesivi86, mentre, qualora il fine di restaurazione

dell’interesse pubblico violato prevalga su quello rivolto alla repressione della violazione in quanto tale, si configurerebbe

una sanzione impropria o indiretta di tipo risarcitorio87 .

Mentre, come detto nei paragrafi precedenti, l’autorità penale applicherà le sanzioni di sua competenza, quella amministrativa è tenuta ad applicare le sanzioni amministrative e possiamo affermare senza dubbio che, in materia di abusi edilizi, il nostro                                                                                                                

86 VIGNERI, Profili generali della sanzione amministrativa, in Le nuove leggi

civili commentate n. 5, 1983.

87 DE ROBERTO, Le sanzioni amministrative non pecuniarie, in AA.VV., Le sanzioni amministrative, Atti del XXVI Convegno di Studi di Scienza

dell’Amministrazione (Varenna 18-20 settembre 1980), Milano, 1982, 125 ss.

sistema genera una sovrapposizione tra gli illeciti penali che sono anche illeciti amministrativi, mentre non è sempre vero il contrario.

Il regime sanzionatorio è regolato al Titolo IV del recente Testo unico dell’edilizia, rubricato “Vigilanza sull’attività urbanistico edilizia, responsabilità e sanzioni”. Non emergono rilevanti innovazioni rispetto al precedente regime sanzionatorio previsto dalla legge 47/1985; anzi le disposizioni in esso contenute sono in gran parte riproduttive di quelle precedentemente previste, salvo il riferimento al permesso di costruire, sostitutivo della concessione edilizia, e alla competenza del dirigente dell’ufficio tecnico comunale o del responsabile. Se in un primo momento la vigilanza e l’intervento repressivo sull’attività urbanistico- edilizia, nell’ambito del territorio comunale, era demandata al Sindaco, dopo le innovazioni introdotte dal D.P.R. 380/2001, tale potere-dovere è attribuito al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale.

Al riguardo l’articolo 27 comma 1 del T.U.E. stabilisce che “il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente, la vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli

strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi”; perciò, qualora si accerti l’inizio di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate a vincolo di in edificabilità o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica, il dirigente o il responsabile competente deve provvedere alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Se, invece, si tratta di aree assoggettate alla tutela di cui al R.D. 30 dicembre 1923 n. 3267

(“Riordinamento e riforma in materia di boschi e di terreni montani”) o appartenenti alle aree di cui al D.lgs n. 42 del 2004 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”), il dirigente deve provvedere alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della

demolizione, anche di propria iniziativa; per le opere

abusivamente realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale o su beni di interesse archeologico, nonché per le opere abusivamente realizzate su immobili soggetti a vincolo di in edificabilità assoluta, il soprintendente, su richiesta della Regione, del Comune o delle autorità preposte alla tutela o decorsi centottanta giorni dall’accertamento dell’illecito, provvede alla demolizione.

L’attività di vigilanza costituisce lo strumento indispensabile per giungere all’individuazione degli illeciti edilizi ed attraverso la

stessa può essere accertata l’esistenza dei presupposti per l’esercizio del potere repressivo vero e proprio; ecco perché le Amministrazioni comunali devono predisporre accurati sistemi di controllo finalizzati all’accertamento degli abusi, mentre gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, nelle ipotesi di mancata esibizione del permesso di costruire o di omessa apposizione del cartello di cantiere prescritto dai regolamenti edilizi ovvero in tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, devono darne immediata comunicazione all’autorità giudiziaria,

al competente organo regionale ed al dirigente del competente ufficio comunale, il quale verifica entro 30 giorni la regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti.

La legislazione urbanistica impone all’amministrazione

comunale l’obbligo di intervenire a tutela del territorio, al fine di prevenire e di reprimere gli episodi di abusivismo; a seguito dell’accertamento di irregolarità edilizie, è obbligata ad adottare gli idonei provvedimenti repressivi previsti dall’ordinamento e, per l’esercizio dei poteri sanzionatori, non è necessario che ricorrano particolari ragioni di pubblico interesse88.

Proprio in virtù dell’importanza dell’attività degli uffici comunali competenti al controllo degli eventuali abusi, il segretario comunale, ai sensi dell’art. 31 del Testo Unico, redige e pubblica mensilmente mediante affissione all’albo comunale, l’elenco dei rapporti comunicati dagli ufficiali e agenti della polizia giudiziaria riguardanti opere, lottizzazioni abusive o le relative ordinanze di sospensione; lo trasmette all’autorità giudiziaria competente, al Presidente della Giunta Regionale ed al Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti.

Il Presidente della giunta regionale, poi, ha potere di intervento sostitutivo che viene esercitato in caso di inerzia da parte del dirigente nel prendere provvedimenti per oltre quindici giorni dalla constatazione delle violazioni; nonchè nell’ipotesi di

mancata adozione dei provvedimenti definitivi da adottarsi entro il termine di quarantacinque giorni dalla disposta sospensione dei lavori.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti viene informato insieme alla Regione e dal dirigente o il responsabile dell’ufficio comunale, per le opere eseguite da amministrazioni statali. A tale Ministero compete, d’intesa con il Presidente della Giunta regionale, l’adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 27, quali la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi.

Giova rammentare che il dirigente competente ex lege all’adozione delle misure repressive è condizionato nel suo                                                                                                                

88 C. Stato, sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2529, in Riv. giur. edilizia, 2004, I,

operato nel caso in cui il Consiglio comunale dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici che consiglino il mantenimento dell’opera abusiva, e a condizione che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali, secondo quanto previsto dall’art. 31 comma 5 T.U.E. In tal caso l’ordinario procedimento di acquisizione-demolizione previsto in caso di opere eseguite in assenza del permesso di costruire o in totale difformità o con variazioni essenziali, viene interrotto dopo la confisca e il manufatto abusivo non viene demolito ma utilizzato dal Comune.

Com’è evidente, la vigilanza sulla tutela del territorio necessita di un’interazione tra soggetti ma ciò è univoco è che, una volta accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità o in variazione essenziale, deve essere ordinata al proprietario o al responsabile dell’abuso, la rimozione o la demolizione dell’opera89. Constatata la violazione, infatti, il dirigente o il responsabile dell’ufficio ordina l’immediata

sospensione dei lavori che ha effetto fino alla adozione definitiva dei provvedimenti da ordinare e notificare entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori.

La sospensione dei lavori è la prima forma d’intervento che l’autorità comunale può esercitare per la repressione degli abusi edilizi, ovvero la misura che serve a rendere ancora più incisiva l’azione repressiva.

Nella normativa precedente, la stessa era disciplinata dall’art.32 della legge Urbanistica e costituiva un rimedio di carattere generale, volto a tutelare l’interesse pubblico con l’arresto delle opere in corso che apparivano irregolari, per valutare meglio la situazione e prendere gli opportuni provvedimenti.

La sospensione si poteva disporre in due casi: nel primo, l’accertamento dei lavori in difformità dalla licenza, poi denominata concessione, comportava la sospensione degli stessi con riserva dei provvedimenti definitivi necessari per la rimessione in pristino, da adottarsi entro trenta giorni, in difetto di che l’ordine di sospensione cessava di avere efficacia; nel secondo caso, ovvero nell’ipotesi di lavori iniziati senza concessione la sospensione non era prevista dalla legge ma dalla giurisprudenza, la quale ne ammetteva l’adozione così come riteneva che l’ordine di sospensione per l’abuso totale non fosse soggetto al termine di decadenza di trenta giorni,

derivando tale potere non già da una norma di legge, bensì dai poteri generali della P.A90.

La legge n.47/1985 prima e il T.U. dopo, hanno previsto tipi                                                                                                                

89 Per approfondimenti si veda VATTANI, La vigilanza sull’attività urbanistico- edilizia, in www.dirittoambiente.com.

specifici di sospensione dei lavori in determinati casi. Innanzi tutto bisogna guardare all’inversione di marcia che c’è stata; la sospensione dei lavori da essere un rimedio di carattere

generale è stata ridisegnata dalla dottrina maggioritaria, ed anche dalla giurisprudenza, come un provvedimento di natura cautelare in quanto destinato ad evitare che la prosecuzione dei lavori determini un aggravarsi del danno urbanistico91. Il

provvedimento emanato ha la caratteristica della provvisorietà, fino all'adozione dei provvedimenti definitivi. Ne discende che, a seguito dello spirare del termine di quarantacinque giorni, ove

l'amministrazione non abbia emanato alcun provvedimento sanzionatorio definitivo, l'ordine in questione perde ogni efficacia.

La sospensione dei lavori diventa, pertanto, una misura

utilizzabile per tutti quegli abusi ancora in fase di commissione non essendo applicabile ad un abuso già perfezionato.  

Un tema oggetto di discussione è se i provvedimenti sanzionatori debbano essere preceduti o meno dalla

comunicazione al trasgressore dell’”avvio” del procedimento, secondo quanto previsto dalla legge 241/1990. Le opinioni sono contrastanti: secondo un orientamento giurisprudenziale

condiviso dal Collegio, l’ordine di sospensione dei lavori,

assume valenza sostanzialmente equivalente all’avviso di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 L. 241/9092. Secondo tale interpretazione, il provvedimento di sospensione adottato dal dirigente, dimostrerebbe la conoscenza sostanziale da parte di una persona di ordinaria diligenza, dell’attivazione del

procedimento che lo riguarda; ecco perché la sospensione dei lavori può considerarsi equivalente alla comunicazione di avvio del procedimento in maniera tale che questo provvedimento possa costituire il primo atto ufficiale cosi che il destinatario sia edotto dell’avvio del procedimento ed abbia, quindi, tutto il tempo ed il modo di intervenire e sostenere le proprie ragioni. Altre misure menzionate dagli articoli del T.U.E sono la

demolizione e la rimessa in pristino.

Nel caso in cui il dirigente o responsabile del competente ufficio comunale accerti l’effettuazione di interventi in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi con

l'avvertenza che, nell’ipotesi dell’inottemperanza, l’area sarà acquisita di diritto e gratuitamente in favore del patrimonio comunale.

Ai sensi dell’art. 31, commi 1 e 4 del D.P.R. 380/2001,

l’accertamento dell’inottemperanza del soggetto e il trascorrere                                                                                                                

91 Tar Emilia Romagna, Parma, 6 novembre 2003 n. 581. 92 TAR Liguria 9 febbraio 2004, n. 140.

inutilmente dei novanta giorni dall’ingiunzione, costituisce titolo per l’immissione in possesso nel patrimonio del Comune e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari. L’opera così acquisita è demolita su ordinanza del dirigente o responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso edilizio, salvo che con deliberazione del Consiglio comunale non venga dichiarata l’esistenza di prevalenti interessi pubblici in assenza, però, di rilevanti interessi urbanistici o

ambientali.

Qualora gli interventi abusivi siano stati realizzati su aree tutelate da leggi statali e regionali con vincolo di in edificabilità, l’acquisizione gratuita in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione e riduzione in pristino, si verifica in favore delle amministrazioni pubbliche preposte alla tutela dei medesimi vincoli, che provvedono alla demolizione degli abusi ed al ripristino ambientale; tuttavia in caso di concorso di vincoli l’acquisizione opera in favore del Comune. In caso di inerzia dei competenti organi comunali protrattasi per quindici giorni

dall’accertamento dell’abuso o per quarantacinque giorni dalla sospensione dei lavori, deve intervenire il competente

Assessorato regionale in via sostitutiva, adottando i provvedimenti eventualmente necessari ed informandone l’Autorità giudiziaria ai fini dell’esercizio dell’azione penale. Per tali opere abusive la sentenza penale di condanna deve

ordinarne la demolizione, se non altrimenti eseguita. Analoghi procedimenti devono essere posti in essere dal

dirigente o responsabile del competente ufficio comunale anche in caso di interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità, cosi come previsto dall’art.33 del T.U.E.. Qualora il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, i soggetti sopra elencati, irrogano una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore dell’immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato con riferimento alla data di ultimazione dei lavori. L’impossibilità del ripristino, detta anche indemolibilità, deve essere dichiarata all’esito di un apposito accertamento effettuato dall’ufficio tecnico comunale e che richiede necessariamente una motivazione. Al riguardo occorre ricordare che

l’accertamento non esige motivazioni di interesse pubblico93, né di natura esclusivamente tecnica, per cui la sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione può essere disposta anche solo per ragioni economiche o giuridiche.

Quando, poi, l’intervento abusivo sia realizzato da soggetto privato in assenza o in parziale o totale difformità dal permesso di costruire su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o                                                                                                                

di enti pubblici, il dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ordina la demolizione e la riduzione in pristino a cura del Comune ed a spese del responsabile dell’abuso, dandone comunicazione all’ente proprietario dell’area: naturalmente gli Enti titolari possono provvedere direttamente, restando fermi i poteri di autotutela dello Stato, degli altri enti pubblici territoriali e degli altri enti pubblici previsti dalla normativa vigente.

Fino all’irrogazione delle prescritte sanzioni amministrative il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario dell’immobile possono, in caso di interventi realizzati in assenza del permesso di costruire o in difformità, conseguire il permesso in sanatoria, o cosiddetto accertamento di conformità.

Tale procedimento è di natura amministrativa finalizzato a verificare che un intervento edilizio abusivo sia rispettoso delle norme sostanziali previste delle leggi, dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti edilizi. La conseguenza dell’esito positivo di questo procedimento è la possibilità di acquistare la sanatoria dell’intervento abusivo94. La conseguenza negativa è, a

contrario, il rifiuto della sanatoria da cui discende l’applicazione delle sanzioni repressive.

L’introduzione nel nostro ordinamento dell’accertamento di conformità è avvenuta con l’art. 13 della legge sul primo condono edilizio ed ha mantenuto l’impianto originario ad esclusione dell’apporto di alcune migliorie.

La legittimazione alla presentazione della domanda di sanatoria spetta anche all’attuale proprietario dell’immobile oltre che, secondo quanto previsto dall’art. 29 del D.P.R. 380/2001, il titolare del permesso di costruire, il committente, il costruttore ed il direttore dei lavori. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 345/1991, ha dichiarato la netta separazione, anche sotto il profilo amministrativo, tra responsabile dell’abuso e proprietario qualora quest’ultimo non abbia avuto alcuna partecipazione alla realizzazione dell’opera illecita.

Rispetto all’art. 13 della l. 47/1985, il T.U.E non esige più che l’opera eseguita sia conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda. Questo principio è definito di “doppia conformità”: dopo il pagamento della prevista

oblazione si pronuncia entro 60 giorni il dirigente o responsabile del competente ufficio comunale. Se il termine trascorre

inutilmente, la richiesta s’intende respinta.

Altro caso da analizzare è quello relativo al caso di annullamento del permesso di costruire; qualora non sia possibile la rimozione dei relativi vizi del procedimento o la                                                                                                                

riduzione in pristino, il dirigente o responsabile del competente ufficio comunale provvede ad irrogare una sanzione pecuniaria pari al valore venale dell’intervento abusivo indicato dall’Agenzia del territorio, anche in base ad accordi con il Comune: il

pagamento integrale della sanzione pecuniaria produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria. in tutti i casi in cui la demolizione degli abusi edilizi e la

riduzione in pristino devono avvenire a cura del Comune, sono disposte dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, previa valutazione tecnico-economica approvata dalla Giunta municipale e su esecuzione di imprese

economicamente e tecnicamente idonee mediante affidamento dei lavori, se ne ricorrono i presupposti di legge, anche a

trattativa privata. Quando sia impossibile l’affidamento dei lavori, deve esserne informato l’Ufficio territoriale del Governo, il quale provvede alle necessarie operazioni mediante i mezzi a

disposizione della pubblica amministrazione ovvero, se i lavori non sono eseguibili direttamente, mediante idonea impresa privata individuata anche con procedure negoziali aperte per l’aggiudicazione di contratti d’appalto per demolizioni da eseguirsi all’occorrenza.

In relazione alle sanzioni civili, invece, dobbiamo analizzare l’art. 46 T.U.E. che sancisce la regola della “nullità degli atti tra vivi aventi per oggetto il trasferimento, la costituzione o lo

scioglimento della comunione di diritti reali relativi ad edifici privi di permesso di costruire o in contrasto con esso, la cui

costruzione abbia avuto inizio dopo il 17 marzo 1985”, giorno in cui è entrata in vigore la legge n. 47/1985. Gli atti tra vivi

possono essere stipulati sia in forma pubblica che in forma privata, e per rafforzare la certezza dell’esistenza del titolo abilitativo è necessaria una dichiarazione del soggetto

alienante, attestante gli estremi del permesso di costruire o di quello in sanatoria (in questo caso bisognerà attestare

l’avvenuto pagamento della sanzione medesima). Detta dichiarazione dovrà risultare dall’atto o anche da una

dichiarazione unilaterale successiva, che servirà a confermare l’atto medesimo impedendone la nullità95.

Ulteriore misura repressiva hanno le sanzioni accessorie: per le opere contra jus, infatti, è prevista la perdita delle agevolazioni fiscali, dei contributi ed in genere di altre provvidenze statali o di enti pubblici. La decadenza di tali benefici si applica tuttavia, solo nel caso in cui l’infrazione sia di una certa entità o nel caso di mancato rispetto delle destinazioni e degli allineamenti

indicati nel programma di fabbricazione, nel piano regolatore                                                                                                                

95 RICCARDI, Sulla natura istantanea o permanente dell’illecito urbanistico,

generale e nei piani particolareggiati d’esecuzione. E’ fatto obbligo, a tal proposito, al Comune di segnalare all’intendenza di finanza entro due mesi dall’ultimazioni dei lavori o dalla richiesta di abilitabilità o agibilità, le infrazioni perpetrate. Dopo aver analizzato quelle che sono le misure sanzionatorie previste dal nostro sistema, non si può non affermare che tra le sanzioni penali ed amministrative ci sia una commistione. Più precisamente, come detto all’inizio della nostra trattazione, l’illecito penale è anche amministrativo, ma così non è per in caso contrario.

Proseguendo ancora la nostra analisi, mantenendo costante lo sguardo sulle misure repressive, è opportuno guardare a quelle che sono le modalità e le norme applicate nei Paesi a noi più vicini. E’ possibile rinvenire qualche affinità tra il nostro modo di reprime gli abusi e quello appartenente ad alcuni Stati europei?