Il buon affido
4.3 I cinque elementi per una buona prassi dell'affidamento familiare
Nei casi di affidamento sine die lo scontro appare inevitabile pertanto è necessario cercare di prevenire queste situazioni seguendo cinque regole per un buon affido:
1. Lavorare in ambito consensuale.
Se si potesse scegliere, è facile immaginare che tutti i professionisti opterebbero di lavorare in ambito consensuale ma purtroppo non è un elemento soggetto alla volontà degli operatori. Nonostante ciò i servizi possono adottare dei comportamenti volti a favorire lo sviluppo dell'affidamento verso questa direzione.
Gli operatori devono cercare di relazionarsi con la coppia genitoriale in modo non giudicante, cercando di ascoltare e comprendere le loro difficoltà. Inoltre si dovrà introdurre lo strumento dell'affidamento come un aiuto e un supporto verso la famiglia e il minore e non come una punizione. La famiglia alla quale viene allontanato il minore per un certo periodo non è una famiglia cattiva ma una famiglia in difficoltà che ha bisogno di essere supportata in un cammino di ripristino delle proprie competenze genitoriali per poter riavere il minore con sé.
La famiglia deve essere seguita in questo processo di presa di conoscenza delle proprie difficoltà, rassicurata e sostenuta dai giudizi della comunità e della famiglia
estesa.
Lavorare in un contesto consensuale consente di evitare i casi di famiglie conflittuali che portano avanti ricorsi giudiziari che durano anni e che pongono il minore in una situazione precaria e burrascosa in quanto gli attori del progetto sono in disaccordo e in costante contrasto.
L'ambito consensuale consentirebbe inoltre di lavorare con quelle famiglie che altrimenti si porrebbero in maniera diffidente, oppositiva, rifiutante e non collaborativa verso i servizi, allungando cosi in maniera insensata l'allontanamento del minore della propria famiglia.
2. Informazioni chiare e trasparenti
Questo elemento potrebbe e dovrebbe far parte del primo punto ma riveste un'importanza tale che è bene approfondirlo in uno spazio ad esso dedicato.
Molto spesso i servizi evitano di essere chiari e trasparenti con la famiglia d'origine e non informarla sul progetto di affidamento per timore, per scarse risorse o volontà. Spesso si preferisce farsi forza dietro le prescrizioni del giudice minorile evitando di esporsi e di coinvolgere il nucleo naturale in una vicenda che li riguarda direttamente. Il timore di apparire cattivi o insensibili può portare un operatore ad evitare un certo tipo di confronto e a lasciarsi sfuggire una possibilità di “agganciare” quella famiglia.
La chiarezza è la forza di un servizio che appare, in questo modo, giusto e vicino alle problematiche personali della coppia, che può sentirsi finalmente capita. La chiarezza deve riguardare anche il minore al quale deve essere spiegato cosa gli sta
capitando e cosa lo aspetta.
Un servizio che interagisce in maniera trasparente con la famiglia d'origine ha più possibilità di far passare il messaggio dell'importanza, in certi casi, dell'affidamento familiare.
3. Condivisione di responsabilità
Nei casi in cui è impossibile lavorare in contesti consensuali è necessaria una condivisione di responsabilità per perseguire obiettivi difficili e delicati.
La condivisione di responsabilità consente di portare avanti decisioni che da soli difficilmente si realizzerebbero per paura delle conseguenze o per scarsa fiducia. Un progetto di adozione o di affido sine die non dev'essere mai semplice ma da soli lo è, senza dubbio, di più. Pertanto è necessario assumere tra i diversi servizi e i diversi operatori una linea comune e condivisa che ponga al centro l'interesse esclusivo del minore.
4. Capacità progettuale
L'affidamento è un intervento che richiede un progetto pensato e strutturato in fasi che, innanzitutto, ponga il minore in una situazione di tutela e la famiglia d'origine soggetta a un percorso di recupero.
L'aspetto triadico dell'affidamento necessità il consenso da parte degli attori che ne fanno parte: i servizi, la famiglia d'origine e la famiglia affidataria.
grave e urgente: l'affidamento necessita di un progetto che abbia a monte una valutazione della situazione genitoriale e una valutazione del recupero delle competenze genitoriali. La famiglia affidataria dev'essere scelta con attenzione cercando di abbinare i bisogni del minore con le risorse e le particolarità degli affidatari. In caso di affido sine die, per esempio, è necessario abbinare il minore a una coppia disponibile per un affidamento lungo.
Pertanto si può capire la complessità dell'affidamento e le variabili che possono entrare in scena.
Per concludere è necessario ribadire che un affidamento familiare può funzionare solo se alla base c'è un preciso progetto che deve essere da tutti gli attori seguito e rispettato.
5. Lavoro di equipe e lavoro di rete
Quest'ultimo punto è certamente legato ai precedenti soprattutto alla condivisione di responsabilità e alla capacità progettuale.
E' chiaro che il lavoro di equipe faciliti l'assunzione di una responsabilità comune e di come il lavoro di rete consente una progettazione sicuramente più efficacie.
La possibilità di lavorare in ambito multiprofessionale e multidisciplinare ha numerosi risvolti positivi che si possono cogliere chiaramente in una migliore valutazione delle competenze e della recuperabilità genitoriale e, in generale, in una lettura più completa e più approfondita della realtà entro cui i servizi stanno operando.
interventi più efficaci che portano ad una percentuale di successo maggiore.
Per esempio la famiglia disimpegnata può essere presa in carico in maniera più completa, l'integrazione può portare ad una lettura del bisogno più approfondita e lo strumento messo in atto può risultare più idoneo nel soddisfare un determinato bisogno.
Il lavoro di equipe e il lavoro di rete sono i due elementi che non devono mai venir meno in quanto rappresentano il principio per una buona programmazione, per un buon intervento e, infine, per un buon affido.
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