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Cippo funerario in travertino, notevolmente sbrecciato nell‘angolo superiore e

inferiore sinistro, sbozzato nella parte bassa destinata ad essere infissa nel terreno; presenta tracce evidenti di lavorazione a gradina sulla fronte; la porzione superiore del reperto reca, scolpito in una nicchia appositamente ribassata e modanata (che misura 22 cm in altezza), il rilievo di un cane rappresentato di profilo, stante, rivolto verso sinistra, con coda ritta forse nell‘atto di scodinzolare e corpo tornito, di cui è andato perduto interamente il muso a causa dell‘importante danneggiamento della pietra; al di sotto del bassorilievo è ben leggibile l‘iscrizione. 72 x 37 x 19; alt. lett. 5,591. - Le circostanze, così come il luogo esatto di ritrovamento sono ignote; tuttavia il rinvenimento dovette essere anteriore al 1902, anno della prima menzione del reperto nel Bullettino della Commissione Archeologica di Roma92. Pochi anni dopo, l‘epigrafe fu oggetto dell‘esame autoptico di M. Bang editore della pars IV.3 del CIL VI93. Attualmente l‘iscrizione si conserva sul Celio, a Roma, presso il giardino dell‘Antiquarium Comunale (NCE 4744) dove dovette aver trovato posto già all‘epoca dell‘autopsia di Bang94

. - Autopsia non effettuata. - CIL VI, 39093; AA.VV. 1902, p. 356; SupplIt Imagines, Roma 02, 3031; EDR 120333; cfr. AA.VV. 1987, p. 162, nt. 737; cfr. Gregori 2001, p. 42; cfr. Granino Cecere 1994, p. 416, nt.16.

91 Ringrazio Carla Martini, Curatore archeologo dell‘Antiquarium Comunale di Roma, per le

informazioni fornitemi.

92 AA.VV. 1902, p. 356, n. 5: ―Avanzi architettonici: frammento in travertino, forse antico pilastro,

portante in altorilievo un cane mancante di testa, al di sotto del quale è scolpito il nome Heuresis‖. Nello stesso anno, 1902, fu rinvenuta, in occasione dei lavori per la galleria sotto il Quirinale, un‘altra iscrizione, edita da Gatti nelle NSA 1902, p. 95 e riportata in CIL VI, 38446, recante anch‘essa il solo nome di Heuresis. Identificate in un primo momento come la medesima iscrizione, Bang in seguito ritiene che: ―cippus mutilatus supra n. 38446, cuius mesurae sunt m. 1,30 x 0,35 x 0,30, certe non est idem‖ (Apud CIL VI, 39093). I due cippi differiscono infatti per misure, per stato di conservazione e per apparato iconografico (in uno è presente nell‘altro no) e pertanto sembra di poter concordare con l‘osservazione del Bang sul fatto che si tratti di due reperti diversi seppur coincidenti nell‘elemento onomastico.

93 Apud CIL VI, 39093: ―Descripsit Bang a. 1913‖. 94 Apud CIL VI, 39093: ―In museo Caelimontano in horto‖.

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Heuresis.

―Heuresis‖.

Cravatta della E della stessa lunghezza dei bracci; occhiello della R chiuso, modulo leggermente verticalizzante, ductus regolare, solco poco profondo, modesta accuratezza nell‘incisione delle lettere. - Si tratta di un cippo pertinente alla sepoltura di un cane il cui nome è ricordato al di sotto del rilievo figurato. La semplicità del testo iscritto, l‘utilizzo della pietra locale, la lavorazione del supporto e le sue modeste proporzioni, potrebbero, ad una prima analisi, far pensare ad un monumentum nel complesso dimesso e di scarsa rilevanza (aspetto che sarebbe ancor più rilevante se il cippo fosse riferito alla sepoltura di un essere umano), tuttavia tali elementi sono indizi di un certo investimento economico che risulta ancor più interessante se si

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considera che è il risultato della libera scelta e volontà di un anonimo padrone che ha voluto in questo modo onorare il ricordo del proprio cane. La linearità del monumentum è inoltre ingentilita dalla presenza della raffigurazione dell‘animale destinatario della sepoltura: esso è rappresentato in modo realistico, curato e non stereotipato: pur essendo il cippo in tutto assimilabile a quello dedicato ad Aminnaracus (scheda 2), essi differiscono per la rappresentazione del cane che ora è accovacciato frontalmente, ora stante e di profilo. L‘animale dunque sembra essere colto in un momento di spontaneità fissato perennemente sulla pietra95. Quanto al ruolo svolto in vita, esso non è deducibile ma, come per Aminnaracus, è lecito ritenere che fosse un cagnolino di compagnia o utilizzato nelle battute di caccia o nella custodia della proprietà (funzioni che potevano tuttavia essere svolte contemporaneamente). L‘essenzialità del cippo sepolcrale, che non fa emergere né chiarisce in modo esplicito nulla di più di quanto sia evidente, tuttavia è portatore di numerosi quesiti e significati impliciti facilmente intuibili: il fatto stesso dell‘esistenza di un tale monumento evidenzia il ―background emotivo‖ che ha indotto a produrlo. Che si tratti di un tributo semplice nelle fattezze e nel contenuto non sminuisce il valore affettivo che il committente dovette provare per il proprio animale. Quanto all‘anonimato del padrone, ciò si può spiegare facendo ricorso ancora una volta al concetto di ―spazialità della sepoltura‖: qualora infatti l‘animale fosse ammesso nel medesimo locus sepulturae del padrone o fosse sepolto addirittura in contesto privato, per esempio nella domus, sembra superflua l‘esigenza di menzionare colui che era certamente ricordato in un'altra iscrizione apposta nelle vicinanze. Ciò induce a considerare un altro aspetto interessante ovvero quello della possibilità di accogliere nel proprio lotto sepolcrale un animale domestico considerato dunque alla stregua dei familiari a tal punto da ricevere l‘onore della memoria tramite la fissazione del

95 Sul protagonismo figurativo di Heuresis e sui significati impliciti della sua rappresentazione si veda

quanto detto a proposito del caso di Aminnaracus (scheda 2). Quanto alla raffigurazione dei cani sui monumenti funerari Caetani Lovatelli 1900, p. 218 annota brevemente che ―Spesso anche erano effiggiati sugli stessi sepolcri dei padroni; tant‘è vero che veggiamo Trimalcione ordinare agli eredi che sul sepolcro di lui, appiè della sua statua, gli venga posta l‘imagine della sua cagnoletta (si fa riferimento a Petron. 71). E nel marmo sepolcrale del gladiatore Urbico, egli vi è condotto di rilievo col fedele suo cane dappresso‖.

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suo ricordo sulla pietra. Quanto al nome dell‘animale (Heuresis), evidentemente grecanico, si richiamerebbe alla parola greca εὕξεζηο, ―scoperta‖. La scelta potrebbe essere stata causale o frutto della considerazione delle qualità dell‘animale: il nome infatti potrebbe in tal caso richiamare la capacità di scovare la preda facendo di Heuresis un abile compagno di caccia o un segugio. Mentre il nome Aminnaracus (scheda 2) non è altrove testimoniato né per uomini né per animali, Heuresis96 si trova ampiamente attestato nella forma semplice e nelle varianti Euresis /

Heuraesius / Euresius / Euresia / Heuresius / Heuresia / Euresinus / Euresina / Eyresius97. Il nome Heuresis e gli appellativi simili appartengono alla stessa

sfera semantica e sono attestati abbondantemente per personaggi, uomini e donne, di origine schiavile: si trattava perlopiù di schiavi o liberti (anche se non mancano alcuni casi in cui lo status rimane incerto)98. - Per quanto riguarda la datazione, sulla base degli indizi paleografici e dei confronti con reperti della medesima tipologia, si propende a datare l‘iscrizione alla seconda metà del I secolo a.C.

96 Da una rapida consultazione dei database epigrafici online si è potuto verificare come Heuresis sia

attestato 43 volte (Epigraphik Datebank Clauss, s.v. ―Heuresis‖).

97 Vd. Solin 1996, p. 559.

98 Si registra solamente un caso in cui un personaggio appartenente ad una famiglia di rango senatoriale di

III secolo d.C. ha portato tale nome: si tratta della figlia del consul suffectus Lucius Accius Iulianus

Asclepianus, Accia Heuresis (Solin 20032, p. 1315 e PIR2 A 30). Cfr. Solin 1996, p. 559 e Solin 20032, pp. 1314-1316; p. 1476.

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7. Coperchio timpanato di urna funeraria quadrangolare a cassetta in calcare di

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