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Lastra di colombario in marmo, in buono stato di conservazione; nella porzione

centrale del pannello, all‘interno di un‘area quadrangolare appositamente ribassata e levigata, è scolpito il bassorilievo di un cane raffigurato di profilo, gradiente verso destra, con la zampa anteriore sinistra sollevata, le orecchie ritte e la coda colta nell‘atto di scodinzolare. 10 x 30 x (non det.); alt. lett. 2,7-1,9. - La lastra fu rinvenuta nel Colombario di Vigna Codini, a sud di Roma, lungo la Via Appia, sotto una nicchia, durante gli scavi dell‘area archeologica tra 1840 e 1852. L‘epigrafe è conservata presso il Museo Nazionale Romano nel quale confluì la quasi totalità del materiale proveniente dai tre colombarii situati presso la Via Appia216. - Autopsia non effettuata. - CIL VI, 5292; Prosperi Valenti 2000, vol. II, p. 777, nt. 17; cfr. Caetani Lovatelli 1900, p. 218; cfr. Toynbee 1948, p. 34, tav. X, fig. 17; cfr. Toynbee 1973, p. 110; p. 120; cfr. Koch 1984, p. 70; cfr. Slater 2010, p. 143; cfr. Marengo 2013, p. 12.

Synoris

Clycon(is) deliciu[m].

―Synoris, delizia di Glycon‖.

216 Sugli scavi relativi all‘area archeologica e ai colombari della Via Appia e sul materiale ad essa

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1 Y sormontante; modulo verticalizzante, di dimensioni maggiori nella prima riga per enfatizzare il nome del destinatario della sepoltura, ductus decrescente,

ordinatio buona e centrata, lettere ben incise, solco profondo, segni di

interpunzione assenti. - Si tratta di un‘iscrizione funebre il cui destinatario non è immediatamente intuibile: i problemi legati alla traduzione stessa del testo iscritto ne condizionano in parte infatti la comprensione. Sulla base della combinazione incrociata delle parole e della loro possibile interpretazione sono formulabili quattro ipotesi caratterizzate da un grado di verosimiglianza differente: la prima, meno probabile, interpreta Synoris come caso genitivo e legge clycon (equivalente di glycon, termine greco per ―dolce, gradevole, delizioso‖ derivante da γιπθύο,εῖα,ύ)217

e delicium (termine neutro da ―delicium,ii‖, che significa ―delizia, piacere, amore, gioia‖) rispettivamente come un aggettivo e un sostantivo. Ne deriverebbe dunque che la ―dolce gioia di

Synoris‖ sia l‘animale raffigurato e Synoris ne sia pertanto la padrona: in tal caso

la sepoltura afferirebbe al cane il cui nome però rimane in questo modo omesso. Tale ipotesi sembra dunque passibile di esclusione sulla base di motivazioni di ordine grammaticale e concettuale: primariamente, il genitivo di Synoris non è

Synoris bensì Synoridis; in secondo luogo pare insolito l‘accostamento di un

sostantivo latino e un aggettivo greco (non altrimenti attestato), sebbene traslitterato in latino; infine la mancanza del nome dell‘animale defunto, che sarebbe compendiato pertanto solo dalla raffigurazione, sembra un fatto singolare e anomalo in quanto in un‘iscrizione funeraria l‘attenzione viene richiamata necessariamente dal nome di colui che è scomparso.

La seconda ipotesi prevede che l‘iscrizione sia riferibile a ―Synoris, la delicata‖.

Synoris, in caso nominativo, sarebbe pertanto il nome proprio di una fanciulla

qui sepolta, qualificata come delicata. Il termine delicium, alternativo a

delicatus218, di cui clycon sarebbe la traduzione greca (il nome stesso della

217 Γλφκων, ωνοσ è il derivato nominale dell‘aggettivo γιπθύο,εῖα,ύ ed assume il significato di ―dolce

creatura, dolcezza‖. Lo stesso termine è attestato in Aristofane nella commedia ―Le donne in assemblea‖(Chantraine 1968, p. 228, s.v. γλσκύς). Ar. ec. 985: "Ἐπί ηῆο πξνηὲξαο ἀξϰῆο γε ηαῦη'ἦλ, ὦ

γιύϰσλ”. ―Così era sotto il vecchio regime, dolcezza mia‖ (traduzione di Cantarella R.). Per le altre

attestazioni del vocabolo nella letteratura greca si veda TLG, p. 658.

218 La Monaca 2006, pp. 211-218: la studiosa evidenzia come nella zona dell‘Italia del nord, nelle

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titolare è di origine graecanica)219, si riferisce a un qualsiasi oggetto di predilezione, in modo particolare a schiavi, giovanissimi fanciulli o animali domestici, i quali fornivano la loro compagnia ai domini Romani della buona società a partire dalla fine della Repubblica sino a tutto il periodo imperiale. Tra padroni e delicia/delicata intercorreva un rapporto di intimità, affetto e compagnia, pervaso da grazia, vivacità e gioco220. De Ruggero evidenzia come le raffigurazioni che accompagnano i tituli funerari di questi delicia, rappresentino spesso fanciulle e ragazzi in attitudine giuliva con attributi vari come la palla, il grappolo d‘uva, l‘uccellino, il cane. Egli mette in luce inoltre il caso frequente in cui tali iscrizioni dedicate al delicium, siano accompagnate dalla figura scolpita di un cane che indicherebbe o l‘animale preferito o piuttosto una rappresentazione simbolica di attaccamento e fedeltà di questi delicati nei confronti dei patroni221.

Una terza ipotesi si basa sulla considerazione del protagonismo figurativo del cane: la raffigurazione occupa prepotentemente lo spazio centrale del titulus e dunque induce a ritenere che Synoris sia il nome del cane (il che è plausibile tenendo conto anche del modulo maggiore delle lettere che visivamente cattura l‘attenzione su tale primo elemento) mentre clycon delicium la rispettiva apposizione nel significato di ―dolce gioia‖ (supponendo ancora che le due parole siano la traduzione greca e latina del medesimo concetto)222.Nonostante le tre ipotesi sopra menzionate siano state variamente sostenute tuttavia ve n‘è una quarta che sembra risultare maggiormente coerente: basandosi anch‘essa sulla considerazione del protagonismo iconografico dell‘animale e del nome personale ad esso attribuito (Synoris), è sufficiente valutare deliciu(m) nel

deliciae, -arum (a volte usato anche al singolare, delicia, -ae) e a delicium, -i (talvolta anche al maschile delicius, -i), invece più ricorrenti a Roma, nel Lazio e nell‘Italia meridionale. Insiste inoltre

sull‘accoglienza a pieno diritto nella familia di questi fanciulli, per la maggior parte di giovanissima età; afferma inoltre che era invalso l‘uso di includere nella tomba di famiglia i delicati; in alternativa a ciò, gli stessi patroni si preoccupavano di predisporre il sepolcro a loro destinato.

219 La duplice traduzione, in lingua greca e latina (ma in alfabeto latino), potrebbe trovare un possibile

argomento a favore nell‘impaginazione del testo: i due termini infatti sono disposti rispettivamente a sinistra e destra della raffigurazione centrale. Sugli aspetti relativi all‘impaginazione delle iscrizioni si veda il contributo di Massaro 2012, pp. 365-414.

220

Per una dettagliata trattazione del tema si veda Zampieri 2000.

221 DE 1910, pp. 1594-1603.

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significato di ―delizia, amore‖ e C/Glycon come un genitivo di nome proprio maschile da completarsi con la desinenza del genitivo –is (lo scioglimento risulta pertanto Glycon(is)). Il testo risulta dunque il seguente: “Synoris Glycon(is)

deliciu(m)” (―Synoris, amore di Glycone‖)223. Inoltre, a sostegno di tale ipotesi, vi è il fatto che Glycon in latino non avrebbe alcun significato se non come nome proprio224 e che il vocabolo neutro di seconda declinazione delicium (delizia, amore, gioia, piacere) si trova perlopiù attestato in combinazione ad un genitivo ad esso riferito225. Il nome proprio Synoris (calco dal greco ζπλσξὶο, ὶδνο), etimologicamente, fa riferimento alla parola greca che significa ―coppia, paio, pariglia di cavalli, biga‖. Esso è attestato in Grecia come nome personale226

di un‘etera che ha dato il titolo a una commedia di Diphilus, di una cortigiana, di una schiava affrancata e di una nave. Il fatto che questo nome fosse stato attribuito ad un‘imbarcazione suggerisce come esso fosse di buon auspicio e ben augurale227. In ambito latino il nome Synoris è frequentemente attestato per donne di umile estrazione, perlopiù schiave o liberte228. Nonostante le modeste dimensioni della lastra funeraria, tuttavia, il messaggio iscritto è disposto sulla pietra seguendo un‘accorta strategia di distribuzione spaziale all‘interno dell‘economia del supporto senza impedire la fissazione, oltreché per scripta, anche per imagines, del destinatario della sepoltura: la cagnolina Synoris. Se la rappresentazione di un cane su un monumento funebre può da una parte veicolare determinati significati all‘interno della semantica del simbolismo

223 Tale ipotesi è sostenuta anche da Caetani Lovatelli 1900, p. 218 (―Synoris, delizia di Glyconis‖);

Slater 2010, p. 143 (―Synoris, the delight of Glyco‖).

224

Cluco = Glyco(n) è un nome maschile utilizzato soprattutto per schiavi, liberti o persone di umile estrazione sociale. (Solin 1996, p. 454; Solin 2003, pp. 945-946).

225 Si veda a titolo di esempio: Mart. 1,7,1: ―Stellae delicium mei columba‖; CLE 403: ―Deliciumque fuit

domini, spes grata parentum‖; CLE 1075: ―Delicium domini, spes expectata parentu[m]”; AE 1971, 44:

―Delicium populi, circi quoque nuntiu(s) ampli‖. Sul termine ―delicium‖ si veda anche Bodson 2005, p. 35 la quale afferma, a suffragio dell‘ipotesi supra formulata: ―Expressed by many references to daily life, such pleasure was further underlined by the use of words as athurma and deliciae. […] The latin deliciae,

also in current use to qualify persons one was fond of – for example children, sweetheart – defined the animal as one’s enjoyment, delight, or favourite. Pleasure was obviously a major motivation of

ancient pet-keeping. […] The joy or delight they brought to their owners had an emotional dimension involving both partners and was explicity stated in chosen terms‖.

226 Osborne - Byrne 1994, pp. 410-411. 227

Masson 2000, p. 281.

228 Solin 2003, p. 1239. L‘ ―Epigraphik Datenbank Clauss‖ testimonia 11 attestazioni del nome Synoris

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funerario (fedeltà, custodia della sepoltura)229, dall‘altro può rivelarsi la rappresentazione, l‘istantanea dell‘animale ricordato suggerendo una suggestiva connessione tra il nome e la raffigurazione230. Non sembra trattarsi infatti dello stereotipato cagnolino accovacciato sulla sommità del coperchio di un‘urna cinerarie che veicola un‘ideologia piuttosto che una realtà effettiva (tant‘è che il più delle volte la sepoltura è destinata ad esseri umani): l‘animale rappresentato riveste uno spazio di primo piano, centrale (normalmente occupato dal busto o dal ritratto del defunto231) uscendo così dall‘anonimato e rivivendo, in maniera compendiata, nel testo e nell‘immagine scolpita. - La datazione dell‘iscrizione, in base alle caratteristiche del supporto, alla paleografia delle lettere paleografiche, è ascrivibile all‘età giulio-claudia.

229 Si veda su questo tema Cumont 19662, pp. 402- 406. 230

Tale sembra essere anche il caso di Aminnaracus (scheda 2) o di Heuresis (scheda 6).

231 Sull‘idea di ―protagonismo ritrattistico‖ declinato nei monumenti funerari altinati si veda Cresci

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