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Il circuito di media sicurezza.

CAPITOLO SECONDO I CIRCUITI PENITENZIAR

4. I circuiti detentivi penitenziari: la classificazione nelle circolari DAP.

4.3 Il circuito di media sicurezza.

Le prime dissertazioni sui circuiti di sicurezza risalgono al 1993( ) quando viene creata una schematizzazione relativa a 16

diversi regimi carcerari in relazione alle varie esigenze detentive e organizzative: circuito di primo livello ossia alta sicurezza, destinato ai soggetti più pericolosi; circuito di secondo livello, denominato di media sicurezza, destinato alla maggioranza dei detenuti che non rientrano nel primo livello; circuito di terzo livello, la c.d custodia attenuta, destinato a soggetti tossicodipendenti non particolarmente pericolosi.

Emerge ictu oculi come il circuito di media sicurezza abbia un ruolo residuale rispetto al circuito di alta sicurezza e quello di custodia attenuata.

Esso presuppone un equilibrio fra le esigenze trattamentali e di sicurezza, tant’è che devono essere sì garantite la sicurezza, l’ordine e la disciplina all’interno degli istituti e sezioni, ma devono essere previsti idee e progetti idonei a sostenere attività scolastiche e/o istruttive, nonché lavorative e religiose oltre che culturali, ricreative e sportive.

Oltre alla indeterminatezza dei presupposti per l’inserimento in tale circuito, deve essere sottolineata la mancanza di una normativa di riferimento che precisasse le modalità custodia da

CIRCOLARE n° 3359/5809 del 21.04.1993, Regime penitenziario - 16

Impiego del personale di Polizia penitenziaria - Gestione decentrata democratica e partecipata dell’Amministrazione penitenziaria.

applicare in questo circuito, a differenza degli altri due circuiti, normativamente disciplinati già da tempo.

Questa lacuna, è stata da qualche anno colmata attraverso la circolare del 25.11.2011( ) della Direzione Generale dei Detenuti 17

e del trattamento con la quale l’Amministrazione è intervenuta sulla materia prefissandosi un duplice obiettivo: da un lato disciplinare le modalità di detenzione con riferimento alla media sicurezza, un’operazione ad oggi mai compiuta in modo organico, dall’altro combinare tutte le iniziative fino a quel momento avanzate intese a scandire la vita di reparto.

La norma in parola ha quindi ridefinito i parametri del circuito di media sicurezza e introdotto il c.d “regime aperto”, adottando una prospettiva differente rispetto a quella applicata fino ad oggi: si è sempre ravvisata, infatti, la necessità di prevedere un aumento di restrizioni per i detenuti che presentassero profili di accentuata pericolosità; non si è mai cercato di effettuare una “differenziazione verso il basso” in via generale( ), che 18

rappresenta quindi una novità assoluta del nostro sistema.

Nel disciplinare questo tipo di circuito, viene proposta una nuova filosofia nella complessiva gestione penitenziaria che deve

CIRCOLARE prot. n° GDAP-0445732 recante “modalità di esecuzione 17

della pena. Un nuovo modello di trattamento che comprenda sicurezza, accoglienza e rieducazione”.

Nel passato si è solo sperimentato una differenziazione per categorie 18

specifiche di detenuti - tossicodipendenti, giovani di prima esperienza detentiva.

prendere le mosse dalla necessità di introdurre un modello di sicurezza differenziato per i detenuti comuni.

La differenziazione dei detenuti dovrà realizzarsi per soggetti di scarsa pericolosità, attraverso il graduale superamento del criterio di perpetrazione della vita carceraria all’interno della cella. Quindi il perimetro della detenzione avrà un’estensione quanto meno ai confini della stessa sezione, includendo, dove possibile, anche gli spazi aperti esterni alla stessa. All’interno del nuovo perimetro dovrà concepirsi una vita penitenziaria connotata da libertà di movimento secondo precise regole comportamentali, quindi un movimento che va oltre quello stabilito in precedenza che faceva riferimento alla misura della sola cella.

L’amministrazione, ha precisato che per operare con gradualità il regime aperto e scegliere coloro che ne usufruiranno in maniere istantanea, occorre effettuare una valutazione dell’idoneità dei singoli detenuti escludendo in primis coloro per i quali sussistono concreti pericoli di evasione e che potrebbero usare la maggior possibilità di movimento come mezzo di compromissione verso l’ordine e la sicurezza dell’istituto.

Ancora una volta strumento alla base della valutazione della meritevolezza del detenuto è la cartella personale, che funge da

schedario di ogni singolo comportamento tenuto dal soggetto, oltre all’osservazione scientifica.

Va precisato che vi è la possibilità che tra i soggetti ristretti per fattispecie che denotano scarsa pericolosità, vi siano potenziali autori di gravissimi reati.

Quindi oltre all’attenzione della ragione dell’ingresso in carcere (il titolo detentivo), deve essere oggetto di specifica valutazione la condotta intramuraria e tutti i possibili indici da cui è possibile desumere le caratteristiche relazionali dei soggetti: assumeranno quindi rilievo, ad esempio, l’adesione alle attività organizzate dall’istituto, il miglioramento negli atteggiamenti dissociali, il rapporto con gli stessi agenti all’interno dell’istituto. Ovviamente una particolare attenzione dovrà ricevere la buona condotta del detenuto con riferimento ai momenti difficili della vita detentiva - il comportamento conseguente al non accoglimento di eventuali richieste, il modo di relazionarsi con gli altri ristretti, l’atteggiamento nelle situazioni di tensioni fra terzi ristretti.

Nella circolare emerge, peraltro, la considerazione che un parametro talvolta fuorviante può essere il breve fine pena: l’esperienza ha infatti dimostrato come a ridosso del fine pena i soggetti, anche fortemente determinati e motivati, pongano in essere piani di evasione o altri comportamenti pregiudizievoli.

Si porta quindi l’attenzione al fatto che il breve fine pena possa essere valutato come elemento accessorio solamente per rafforzare una prognosi positiva.

La normativa in commento ha altresì previsto le competenze procedimentali per l’applicazione del regime aperto: il potere di proporre l’applicazione spetta al Comandante di reparto della Polizia Penitenziaria, dietro il costante coordinamento del direttore dell’istituto penitenziario, cui spetta la decisione finale. Ai fini di una concreta valutazione della pericolosità di ciascun ristretto all’interno del circuito di media sicurezza, dovrà essere attribuito un “codice” che misuri il concreto rischio di evasione e di episodi di turbamento dell’ordine e della sicurezza interna del carcere, una valutazione che frutta dopo un certo periodo di tempo in detenzione sufficiente a ponderare la sussistenza di alcuni elementi.

Si attribuisce un “codice bianco” ai detenuti che: siano ristretti per reati che non hanno comportato violenza o minaccia alle persone; non risultino appartenere ad associazioni per delinquere, ovvero comunque gravitanti in contesti di criminalità mafiosa; abbiano tenuto una buona condotta intramuraria, con ciò intendendosi sia l’assenza di violazioni disciplinari rilevanti, sia l’atteggiamento nei confronti del personale penitenziario e degli altri reclusi; rispondano alla

proposta rieducativa, partecipando al trattamento in modo attivo e non formalistico. I detenuti con questi elementi dovranno essere destinati al regime aperto, senza necessità di valutazioni ulteriori in quanto gli elementi sopradescritti compendiano tutta tale attività.

Il “codice verde” invece ospita detenuti che, non appartenendo ad associazioni per delinquere finalizzate a reati violenti né gravitando in alcun modo attorno ad organizzazioni di tipo mafioso, hanno tutte le precedenti caratteristiche del codice bianco, tranne l’esclusione della detenzione per reati di violenza personale. Per questi soggetti l’ammissibilità al regime aperto dovrà essere subordinata ad una valutazione del comportamento intramurario e al percorso di responsabilizzazione degli stessi. Nel “codice giallo”, invece, vi sono detenuti ristetti per reati di violenza che, pur non avendo tenuto comportamenti intramurari violenti, né condotte pericolose per l’ordine e la sicurezza, hanno mantenuto atteggiamenti di tipo dissociale, ovvero siano incorsi in violazioni disciplinari.

Per questi soggetti l’ammissione al regime aperto avviene solo dopo una prima ragionata scelta che tenga conto di altri fattori che siano in grado di escludere il pericolo di evasione o di turbamento dell’ordine e della sicurezza. Se ci sono dei precedenti comportamenti di rilievo disciplinare, occorre che il

soggetto passi un determinato lasso di tempo in una situazione di buona condotta su cui fondare la prognosi favorevole.

Ultimo codice è quello “rosso”, riferito a soggetti che sono stati autori di fatti di violenza in carcere o di tentavi di evasione dall’istituto penitenziario o che sono stati sottoposti al regime di sorveglianza particolare ex art. 14 bis o.p. o che appartengano ad associazioni per delinquere finalizzate a reati violenti oppure comunque collegati ad associazioni di stampo mafioso,pur non essendo sottoposti all’alta sicurezza.

Per tali soggetti, il regime aperto dovrà essere escluso, salvo il manifestarsi di specifiche evidenze in senso contrario, talmente rilevanti da far escludere il carattere di pericolosità, sempre facendo riferimento ad un determinato lasso di tempo che consenta all’equipe di decidere, secondo il metodo dell’unanimità, motivando adeguatamente circa la non sussistenza dei pregiudizi. In sostanza, in tale ultimo caso, il regime può essere applicato solo in casi eccezionali.

L’Amministrazione tiene a precisare che queste disposizioni non modificano in alcun modo l’attuale distribuzione della popolazione carceraria nei circuiti penitenziari, cioè sta a significare che l’attribuzione a ciascun detenuto di un codice non incide sulla classificazione del medesimo, né implica divieti di codetenzione tra individui assegnatari di codici diversi né,

tantomeno, implica l’allestimento di nuove sezioni destinate in via esclusive ad ogni singolo codice. L’unica differenza è quella tra regime aperto e regime chiuso, ma all’interno di essi potranno esserci detenuti appartenenti a codici diversi.

Altra precisazione operata nella medesima circolare consiste nel fatto che l’ammissione alla detenzione aperta non costituisce un diritto acquisito del detenuto, tant’è che l’inserimento in sezione aperta costituisce una valutazione amministrativa, incentrata sulla pericolosità del detenuto. Infatti tale inserimento può essere oggetto di revoca nel momento in cui il detenuto tenga condotte che ne dimostrino la pericolosità, e quindi l’inidoneità al regime aperto.