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Gli agenti citoprotettori hanno la potenzialità di ridurre i processi necrotico-infiammatori che risultano dall’eccessiva steatosi epatica (Bayless et al. 2005). I principali agenti citoprotettori, che sono saggiati in vari studi, sono la vitamina E e la betaina.

3.4.1 Vitamina E

C’è un interesse crescente sul ruolo del supplemento di vitamina E, una vitamina liposolubile, nel trattamento e/o nella prevenzione nella NAFLD. La maggior parte degli studi di valutazione dell’impatto della vitamina E sulla NAFLD sono stati progettati per

59 valutare i pazienti con NASH con anomalie biochimiche e istologiche documentate. Questi studi (Perumpail et al. 2018) hanno dimostrato un miglioramento nei profili biochimici, con un calo o con la normalizzazione degli enzimi epatici. Inoltre, la valutazione istologica ha mostrato risultati favorevoli per quanto riguarda l’infiammazione lobulare e la steatosi epatica in seguito a trattamento con la vitamina E. Le linee guida attuali per quanto riguarda l’uso della vitamina E nel contesto della NAFLD consigliano di limitare il trattamento a base di vitamina E ai pazienti non diabetici con NASH comprovata dalla biopsia. E’ riconosciuto che le vitamine con proprietà antiossidanti apportano benefici alla salute. Hanno la capacità di agire attraverso vari meccanismi per diminuire i livelli di ROS nell’organismo e così prevenire il danno ossidativo nella cellula che può portare a senescenza ed apoptosi. Queste proprietà possono ritardare la progressione di lesioni epatiche e possono anche facilitare l’inversione della fibrosi epatica nei pazienti con NAFLD che sono a rischio di sviluppare NASH, dato che lo stress ossidativo è stato implicato come una delle vie principali nella patogenesi di NASH. Lo stress ossidativo viene creato quando la produzione di ROS travolge vie antiossidanti. La vitamina E è uno dei più potenti antiossidanti di interruzione della catena ossidativa dell’organismo umano. Ne esistono varie forme, che includono -, -, e -tocoferoli e tocotrienoli; tuttavia, l’- tocoferolo è la forma più prevalente ed attiva nei tessuti e nel plasma umano. Ha una intrinseca attività antiossidante in quanto può donare uno ione idrogeno dal suo anello cromanolico per eliminare i radicali perossilici dei lipidi. Questa capacità di scavenging radicalica della vitamina E non è limitata alle ROS, in quanto è anche attiva contro le RNS. Inoltre, la vitamina E interagisce con altri componenti cellulari e può aiutare a promuovere l'ambiente antiossidante. La superossido dismutasi (SOD), un enzima antiossidante cruciale per gli organismi, può scindere i radicali superossido in ossigeno o perossido di idrogeno e la sua attività aumenta a seguito della somministrazione di vitamina E. La vitamina E causa anche un incremento delle azioni di altri enzimi antiossidanti come la catalasi e la glutatione perossidasi. Attraverso la modulazione dell'espressione genica, la vitamina E introdotta con la dieta può ridurre l’espressione di c-myc e del fattore di crescita- trasformante, portando così alla diminuzione dell'ossido nitrico sintasi (iNOS) e della forma ridotta della nicotinammide adenina dinucleotide

60 fosfato (NADPH) ossidasi che sono i principali fattori che contribuiscono allo stress ossidativo. Inoltre, la vitamina E ha la capacità di reprimere la perossidazione ed inibire l'espressione del fattore di crescita trasformante  che è stato associato alla fibrosi epatica e all'apoptosi degli epatociti attraverso l’attivazione delle cellule stellate epatiche.

Oltre alle sue capacità antiossidanti, la vitamina E ha altri effetti terapeutici che possono ritardare la fibrosi epatica e prevenire la cirrosi mediante la modulazione della risposta infiammatoria, del danno cellulare, della segnalazione cellulare e della proliferazione cellulare. Alcuni studi (Nan et al. 2009; Mohseni et al. 2017) hanno collegato l’integrazione di vitamina E con aumento dei livelli dell’adiponectina sia a livello dell’mRNA che della proteina. L'adiponectina è una molecola importante e agisce sopprimendo la sintesi degli acidi grassi epatici e riducendo l'infiammazione ne i pazienti con NASH. La vitamina E è anche un potente attore nella morte cellulare e nelle vie dell'apoptosi.

Diversi studi (Perumpail et al. 2018) sono stati condotti per esplorare il potenziale ruolo della terapia a base di vitamina E in pazienti con NASH. Sono state utilizzate vari tipi di misurazioni per valutare l'effetto della vitamina E sui parametri biochimici quali i livelli degli enzimi epatici ed il quadro istologico epatico (steatosi, infiammazione lobulare, degenerazione balloniforme e fibrosi). Questi studi clinici (Hasegawa et al. 2001; Lavine et al. 2000; Sato et al. 2015) hanno esplorato l'efficacia sia della monoterapia con vitamina E, che la duplice terapia in associazione con altri potenziali agenti terapeutici in pazienti con NASH. Le attuali metriche sui dati sono promettenti e supportano l'uso della vitamina E in pazienti non diabetici con NASH. Tuttavia, è importante riconoscere che la vitamina E non deve essere considerata come l'approccio di trattamento di prima linea. Gli effetti benefici della vitamina E in questa popolazione di pazienti sono paragonabili, ma non più efficaci, agli interventi sullo stile di vita, come la modificazione della dieta e l'esercizio fisico. Le proprietà antiossidanti, antinfiammatorie ed anti-apoptotiche della vitamina E, accompagnate dal suo profilo clinico favorevole, hanno reso la vitamina E una scelta terapeutica pragmatica nei pazienti non diabetici con evidenza istologica della NASH se la dieta e le modifiche

61 dello stile di vita non riescono ad apportare alcuna variazione nell’andamento clinico della patologia.

Ciò nonostante, sono state sollevate alcune preoccupazioni sull'uso della vitamina E per l’osservazione di un aumento della mortalità generale e del rischio di cancro alla prostata negli uomini (Jiang et al. 2014; Abner et al. 2011; Gerss et al. 2009; Miller et al. 2005). Le evidenze che emergono da questi studi sono comunque inconcludenti e non supportate da ulteriori osservazioni (Oliver et al. 2017; Ledesma et al. 2011). Pertanto, secondo Oseini et al. (2017) al momento di prendere una decisione riguardo alla scelta del trattamento, questi rischi potenziali devono essere considerati in relazione all'entità dell'attività della malattia (NASH) ed allo stato di salute del paziente.

3.4.2 Betaina

Alcuni studi sull’uso della betaina nella NAFLD (Bayless et al. 2005) hanno mostrato che questo agente è promettente. La betaina, o dimetil-glicina, è una fonte alternativa di gruppi metile, e come tale può rimpiazzare le funzioni essenziali della metionina e della colina nella sintesi della lecitina, un acido grasso essenziale per l’eliminazione del grasso dal fegato. Può inoltre servire come antiossidante aumentando la capacità di sintesi del glutatione intracellulare. Sebbene i meccanismi della sua azione nella NAFLD debbano ancora essere completamente chiariti, la betaina potrebbe essere promettente per il trattamento dei pazienti con NASH. Sfortunatamente, le dosi utilizzate negli studi clinici in cui ha funzionato sono state piuttosto elevate e la compliance per alcuni pazienti è stata un problema.

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