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Città come luogo motivazionale ed esperienziale

Capitolo 2 I presupposti che supportano città e letteratura come filo conduttore di un ipermedia nella glottodidattica

2.1 Città come luogo motivazionale ed esperienziale

La funzione di uno strumento ipermediale nella classe di lingua è anche quella di raccordare il reale e il virtuale. Utilizzando la città, insieme alla letteratura che a quella città è legata, come argomento guida di un ipermedia, la città “virtualizzata” a fini glottodidattici e la città reale fuori dell’aula ci conduce e una analisi del concetto “città che educano”.

Le nuove domande della formazione del mondo contemporaneo si riferiscono a molte questioni tra cui il tema del lifelong learning, apprendimento continuo in tutto l’arco della vita, e il tema della società della conoscenza legato al concetto di comunità di apprendimento diffuso.

La società che si fa conoscenza e le comunità che si formano attraverso l’apprendimento rimandano ai luoghi in cui conoscenza e apprendimento avvengono. “Learning cities” e “learning communities” sono concetti approfonditi da Norman Longworth (2007: 12) che focalizzano sull’apprendere la condivisione e la strutturazione di una città.

Le città di appartenenza sociale di piccole o grandi dimensioni, contengono in sé inimmaginabili potenzialità per costruire sapere, renderlo disponibile, diffonderlo.

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Questa riflessione sulle città e sui luoghi di appartenenza come “città che educano” innesca un procedimento che produce apprendimento autoalimentandosi: le città che educano sono città che imparano in uno scambio reciproco tra persone e luoghi. In ottica glottodidattica imparare una città attraverso la lingua e una lingua attraverso la città apre a potenzialità di contaminazione tra colui che impara, la sua identità, e la città in cui apprende.

La città come argomento si presta secondo noi come luogo di esperienza del bello e dell’arte: una città da guardare e attraversare, sia realmente che virtualmente, è un luogo che si presta a una esperienza soggettiva e, usando le parole di Lumer e Zeki (2011: 25)

l’intensità dell’attivazione corticale che è associata alla percezione del bello è direttamente proporzionale alla sensazione di bellezza che noi proviamo soggettivamente e dichiariamo di provare quando guardiamo qualcosa.

La scelta di una città come luogo reale e letterario su cui far nascere la nostra proposta di ipermedia è avvenuta perché la città che abbiamo scelto, Venezia, per sua formazione – assenza di strade normalmente caratterizzate e di veicoli su strada, stratificazione della storia in luoghi da secoli immutati e molto altro ancora - si presta a una didattica esperienziale: potendo camminare in tutti i suoi luoghi si ha la possibilità di entrare nella sua storia fisicamente. Inoltre la sua storia è fatta di una moltitudine di discipline che si completano e interagiscono da sempre.

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Queste sono le caratteristiche della città lagunare, ma ogni città ha le sue caratteristiche su cui puntare per una didattica ipermediale.

Nelle loro dissertazione Lumer e Zeki (2011) precisano come il processo visivo possa prescindere da ogni spiegazione linguistica. Ed è proprio a ciò che la scelta di una città come tema conduttore di un ipermedia conduce: la riflessione necessaria di fronte a un oggetto che stimoli la percezione. La conseguente produzione orale o scritta, derivante dal processo visivo, possiamo azzardare paragonarla a una esperienza creativa in cui il soggetto esce da sé stesso, dalla propria lingua e identità e affronta ciò che ha davanti in un’altra lingua. È quello che George Bataille definisce “lo strappo”: “Esporsi è uno strappo inevitabile, in quanto mostra che ciascuno di noi sia costitutivamente non una sostanza autosufficiente” (1943: 24).

Il processo visivo del bello e la sua organizzazione soggettiva vanno a formare una matrice esperienziale da cui nasceranno poi i pensieri verbalizzati e ogni esperienza creativa perché, con Vygotsky (1966: 150)

Il significato della parola si rivela così, fenomeno a un tempo linguistico e intellettuale, senza che con questo si voglia peraltro affermare che esso appartiene formalmente a due sfere della vita psichica. Il significato della parola è un fenomeno di pensiero solo in quanto il pensiero è incorporato nella parola; viceversa, esso è un fenomeno di linguaggio solo in quanto il linguaggio è collegato con il pensiero ed è da esso illuminato. Esso è un fenomeno di pensiero semantizzato o di linguaggio concettualizzato; è unità di parola e pensiero.

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La trattazione che Vygotsky (1934) fa, riprendendo Paulhan, sulla supremazia del senso sul significato ha una stretta attinenza con la nostra intenzione di usare la città come argomento di ipermedia. Infatti il senso della parola, secondo i due studiosi, è l’insieme degli eventi psicologici stimolati nella nostra coscienza dalla parola stessa e costituisce una formazione “dinamica e complessa, con molte zone di ineguale stabilità.” Tra queste zone quella più stabile e precisa è rappresentata dal significato.

Dunque il nostro obiettivo, in prospettiva glottodidattica umanistica, nella scelta dei luoghi di una città è dare cose da osservare in modo che lo studente acquisisca conoscenza proprio tramite l’osservazione.

Il punto di partenza è il concetto di percezione che è un concetto non passivo ma attivo, in quanto è il cervello che attribuisce significato ai segnali che riceve per consentire di acquisire nuove esperienze e nuove conoscenze.

Guidare e strutturare gli oggetti dell’osservazione, in un ipermedia dedicato alla didattica della lingua italiana, affinché lo studente attraverso la percezione giunga alla produzione orale o scritta è un motivazione all’apprendimento.

Scegliere i punti della città nello strutturare l’ipermedia è scegliere cosa far vedere allo studente: la parte della città che corrisponde a un’opera d’arte in senso generico e artistico costringe lo studente a una sorta di fruizione dell’opera d’arte guardando la città. Guardare l’arte è molto di più della contemplazione di una immagine perché l’arte è esperienza cognitiva, ma anche esperienza estetica ed emotiva.

L’arte, nella sua accezione più vasta che comprende architettura, pittura, scultura, musica e quant’altro, rimanda a

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un concetto che va oltre il dato materiale, rinvia a forme, immagini, emozioni che schiudono mondi e possibilità diverse.

La scoperta dei neuroni specchio apre una serie infinita di riflessioni sull’arte, qui solo faremo riferimento al concetto di “osservatore”, che è il nostro studente di lingua di fronte a un ipermedia che tratta la città o di fronte a luoghi della città stessa, nel ruolo di partecipazione attiva di spettatore.

Se tramite i neuroni specchio abbiamo la percezione dell’altro, la percezione si allarga all’opera dell’altro: le cellule nervose dei neuroni specchio sono coinvolte nel processamento delle proprie emozioni, azioni ed emozioni ma si attivano anche quando le emozioni sensazioni e azioni sono state compiute da altri su un’opera d’arte.

In questo caso la città come opera d’arte e la lingua in apprendimento possono diventare esperienza e possono esser vissute in tempo reale attraverso ipermedia costruito con materiale autentico, motivante frammisto all’esperienza reale37.

37 Il materiale autentico, il rapporto con gli oggetti della realtà (la città nei

suoi aspetti) sia direttamente che mediati dallo strumento ipermedia, hanno a che fare con la questione del vedere e intravvedere. Questo spazio di associazione tra oggetto e parola, parola in apprendimento attraverso le attività didattiche, sollecita il concetto di “fantasia” che “costituisce un fattore ineliminabile del nostro rapporto con le cose. […] in quanto essa accompagna l’incessante variare delle nostre proiezioni sul mondo e rielabora i molteplici significati che la nostra specie ha seminato sulle cose” (Bodei, 2009: 11). La questione dell’apporto della “fantasia” è utile in una fase di apprendimento o in una fase di interlingua in quanto permette la comprensione del senso delle cose prima che l’abitudine a chiamarle prenda il sopravvento. Questo accade negli spazi che l’interlingua concede, quando lo studente di lingua si sta costruendo un vocabolario appropriato improntato a svelare significati simbolici, cognitivi e affettivi delle cose che osserva.

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Venezia racchiude tutto questo e al contempo apre a tutto questo: è per eccellenza luogo di incontro, in cui arte letteratura cinema teatro cucina storia chimica architettura economia danno adito a motivazione, apprendimento, lingua e cultura. Per questo il luogo fisico che è la città apre a una didattica attraverso ipermedia in quanto tutte le discipline elencate danno un ancoraggio reale per l’apprendimento linguistico. Si cerca in tal senso, attraverso varie tecniche glottodidattiche, modelli operativi e tecnologie, di entrare in contatto con una città, e dunque con un paese: l’insegnamento linguistico attraverso ipermedia diviene così non solo applicazione alla lingua, ma anche tramite di interculturalità e formatore di identità.

I luoghi, virtuali o reali, inoltre, riguardano anche il concetto di comunità: tutti noi facciamo parte di molte comunità reali o virtuali, per nascita o per scelta. L’importanza di creare comunità di apprendimento della lingua italiana, comunità in cui, come suggerisce Cecchini (2001: 307)

le interazioni e le azioni che in essa si producono generino conoscenza e informazioni e producano risultati [...]. Lo spazio (ambiente) di comunicazione che si costituisce conta per il processo di apprendimento ed è uno dei punti che ci interessano.

In questo ambito di insegnamento linguistico è importante il luogo, il dove reale o virtuale o entrambi al contempo, in cui creare una forte comunità di apprendimento della lingua italiana e pensiamo lo possa essere l’ipermedia abbinato alla città di Venezia: un luogo virtuale ma al contempo reale, fatto di lingua e di cultura apprese attraverso letteratura e scienze e arti varie.

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I luoghi di appartenenza oggi, non sono più, come l’identità, scolpiti dentro di noi, non sono più immutabili per tutta la vita, anzi sono negoziabili e revocabili. Sono i temi cari a Zigmunt Bauman questi ed evidenziano quanto il luogo oggi sia una scelta, una decisione in base ai passi che si intraprendono nella vita.

In sede di apprendimento linguistico va evidenziato che il luogo è e deve essere anche il luogo di apprendimento a cui legare una comunità di apprendimento perché al luogo viene affidato il sentimento di appartenenza. Se una città in quanto luogo di apprendimento di una comunità di apprendimento offre, attraverso una Rete di possibilità formate da strutture, docenti, ipermedia, luoghi eccetera, una affidabilità scientifica e umana – come si conviene alla didattica umanistico-affettiva – allora può divenire uno dei luoghi di formazione e di identità del discente: un luogo motivazionale. Come in parte la città lagunare lo è già data la grande comunità di apprendenti di italiano L2 che ha vissuto e sta vivendo Venezia come un luogo motivazionale in contesto glottodidattico, come dimostrano le esperienze già fatte nel campo (Toscano, 2012).