Capitolo 2 I presupposti che supportano città e letteratura come filo conduttore di un ipermedia nella glottodidattica
2.2 Letteratura motivazionale ed esperienziale
2.2.3 Letteratura come evento linguistico
Cerchiamo di delineare chi siano gli attanti della comunicazione letteraria in un contesto come l’insegnamento
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della lingua italiana con ipermedia avvalendoci della teoria40
di Roman Jakobson. Alla “Conferenza sullo stile” organizzata presso l’Indiana University nel 1958, il linguista russo, ampliando le ricerche compiute in precedenza dallo psicologo austriaco Karl Bühler, propose un “modello di evento linguistico” formato da “sei fattori costitutivi”, ciascuno dei quali dà origine a una funzione linguistica.
Se il mittente invia un messaggio al destinatario, per essere operante il messaggio richiede prima di tutto il riferimento a un contesto che possa essere afferrato dal destinatario e che sia verbale o suscettibile di verbalizzazione; in secondo luogo esige un codice interamente, o almeno parzialmente, comune al mittente e al destinatario; infine un contatto, un canale fisico e una connessione psicologica fra il mittente e il destinatario, che consenta loro di stabilire e mantenere la comunicazione. Dunque nella didattica dell’italiano come L2 che utilizza testi letterari e Internet come “utensili” all’apprendimento, così si potrebbe contestualizzare la teoria di Jakobson:
• il mittente è lo scrittore;
• il destinatario in questo caso lo studente della lingua italiana come L2 o LS;
• il messaggio è ciò che vi è scritto nel testo letterario, nel libro;
• il contatto è il libro, nella sua forma cartacea e ipermediale;
40 Un’applicazione di questa teoria alla mediazione culturale e linguistica è
rintracciabile in: Anna Toscano, 2009, “Mediatori linguistico culturali e l’italiano L2: un’esperienza tra lingua e interculturalità”.
154 • il codice è la lingua italiana;
• il contesto la lezione ipermediale fatta di letteratura e città.
Possiamo sottolineare che ciò che avviene in una classe, l’atto didattico, è incardinato su tre poli: insegnante, allievo, obiettivo. Analizzare la lezione di lingua, l’obiettivo, secondo il modello Jakobson crea delle forzature, come analizza Matteo Santipolo (2006: 18)
Il modello tradizionale, la lezione, è focalizzato sul docente. In termini jakobsoniani potremmo affermare che l’insegnante si trova sempre nella posizione del mittente, lo studente del destinatario e la lingua in quella del messaggio (per quanto la lingua sia da un lato oggetto del messaggio e dall’altro veicolo della sua trasmissione, ossia contatto e codice allo stesso tempo. Il focus si sposta, al massimo, sul destinatario, funzione fàtica) quando gli si chiede di (ri)produrre la lingua secondo le indicazioni ricevute. Risulta chiaro che si tratta, nel suo insieme, di una forzatura che poco o nulla ha a che fare con la realtà della comunicazione.
Se nel contesto lezione di italiano invece applichiamo il modello di evento linguistico all’Unità Didattica, nella situazione in cui la comunicazione viene distribuita diversamente nei ruoli e dunque mittente e destinatario variano a seconda delle situazioni. Come Santipolo suggerisce (2006: 18-19):
Con l’espressione ridistribuzione dinamica dei ruoli intendiamo sottolineare come, all’interno dello schema, i ruoli non vengono assegnati una volta per tutte, ma possono continuamente essere modificati a seconda delle diverse situazioni. […] così l’insegnante potrà essere il destinatario allorché lo studente, diventato mittente, gli fornisca un feedback o presenti
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attività o ricerche personali di approfondimento su aspetti trattati. Il focus sarà sul codice durante la frase di riflessione sulla lingua. Quando poi oggetto della comunicazione non è più la lingua di per se stessa, ma della lingua ci si serve per trasmettere informazioni (uso veicolare) relative all’ambito culturale in cui viene parlata, il focus si sposterà sul contesto. La funzione referenziale sarà quella prevalente quando si vorranno mettere in luce gli aspetti sociolinguistici della lingua che si sta insegnando.
Soffermandoci sul contesto indicato da Jakobson, negli approfondimenti successivi sono tre i tipi di contesto elencati dai linguisti: il contesto testuale, il contesto situazionale e quello culturale. Nel nostro caso dovremmo indicare come macrocontesto il contesto interculturale, in quanto il contesto culturale diviene di per sé non sufficiente.
In ambito letterario già Federico Orlando (1973) sottolineava la necessità di una mediazione per comprendere la differenza culturale tra un autore (mittente) lontano anagraficamente o culturalmente dal lettore (destinatario)41; anche se la scelta di
testi letterari selezionati per l’ipermedia può essere tra quelli di autori contemporanei, è necessario sempre tenere a mente che lo studente a cui ci stiamo riferendo è di un altro paese, di un’altra cultura. Dunque se il contesto che mettiamo in atto nella didattica della lingua italiana, come L2 o LS, è la classe di lingua italiana e nello stesso tempo l’ipermedia con letteratura e città come argomento, dobbiamo anche tenere
41 Federico Orlando (1973) sottolinea come sia necessaria una attività di
mediazione per comprendere il contesto culturale in letteratura, ovvero come non possa essere attuabile la piena comprensione di un testo (ad esempio un lettore di oggi che legga la “Divina Commedia” o un romanzo di un autore giapponese) se il contesto culturale è molto differente. In questo caso si parla di necessità di mediazione e molte informazioni.
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presente un macrocontesto di cui necessitiamo che è quello interculturale, e di un ipercontesto iperculturale.
Alla luce di tutto ciò l’adattamento della teoria di Jakobson all’insegnamento della lingua italiana con ipermedia con letteratura e città come argomento, avrebbe questa strutturazione:
In un contesto glottodidattico di lingua italiana, come L2 o LS, abbiamo un mittente e un destinatario, dunque di un “dialogo” attivo, un contesto ovvero la classe di lingua, un messaggio cioè di quanto il mittente comunica al destinatario, di un contatto cioè di un canale fisico, la voce, la scrittura, di un codice ovvero della lingua in cui avviene il messaggio. Se consideriamo la classe di lingua in cui avviene la forma di comunicazione, dovremmo fare delle piccole integrazioni sul concetto di contesto. Infatti i linguisti elencano tre diversi tipi di contesto: testuale, situazionale, culturale. Al giorno d’oggi
IPERCONTESTO (iperculturale) MACROCONTESTO (interculturale) CONTESTO (TESTUALE lezione/classe) (SITUAZIONALE città-web) (CULTURALE letteratura) MITTENTE IMPLICITO (docente L2) MITTENTE ESPLICITO (autore del libro)
MESSAGGIO (ciò che vi è scritto nel testo letterario)
DESTINATARIO (studente L2) CONTATTO (libro e web) CODICE (lingua italiana, L2)
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è utile aggiungere il macrocontesto “interculturale”, in quanto il contesto culturale diviene di per sé non sufficiente.
Nell’ambito classe di lingua il contesto culturale nella comunicazione diviene infinitamente restrittivo, è necessario così ricorrere a un contesto interculturale: vero terreno per ogni mediazione. Possiamo tentare di aggiungere, oltre al contesto e al macrocontesto, un ipercontesto iperculturale laddove si lavori nella didattica dell’italiano con un ipermedia. L’ipercontesto iperculturale ha caratteristiche che si rifanno al quell’elemento di unione di più media in una struttura di ipertesto e connessione al Web: non più un esistere e un riconoscersi reciprocamente di cultura, come il concetto di intercultura rimanda, ma un coesistere di culture nella vita reale e nel Web con quegli scambi ipermediali che la crossmedialità internazionale agevola (come dettaglieremo ampiamente nella terza parte di questo lavoro nel quinto capitolo).