7. L’interpretazione epistemica delle leggi di natura
7.3 Spohn Vacillamento, persistenza, induzione enumerativa
7.3.1 TRF e clausole ceteris paribus
Consideriamo ancora una volta, più da vicino, la persistenza che caratterizza le leggi. Che cosa succede quando una legge è creduta in modo persistente e con certezza e il ricercatore incappa in una istanza negativa? E, in modo complementare, quando una legge è impiegata per sostenere delle aspettative riguardanti il futuro, come se ne concepisce l’applicazione? O, in altre parole, come sono trattate le eccezioni ad una legge?
Il punto ha a che vedere con le cosiddette condizioni ceteris paribus. Ceteris paribus è un ablativo assoluto latino che significa “se, posto che, con tutte le cose restanti uguali”. È diventato in realtà nella letteratura una sorta di espressione-ombrello che copre un’idea generale (forse nemmeno distinta con precisione) secondo cui le leggi devono essere concepite come implicitamente e costantemente accompagnate dalla specificazione “a parità di condizioni” al fine sia (a) di spiegare eccezioni ad esse che potrebbero essere / che sono state incontrate, sia (b) di poter sfruttare il comportamento descritto da una legge nota.
Se facciamo perno sull’(implicita) specificazione di una clausola ceteris paribus un’eccezione è spiegata invocando un qualche tipo di normalità [normalcy] che è stata violata. Nel secondo caso (quello in cui si progetta una applicazione) si cerca di evitare che le circostanze siano perturbate al fine di approfittare del fenomeno descritto dalla legge. Il punto può ben essere illustrato attraverso il famoso esempio del cerino. Prendiamo la generalizzazione “tutti i cerini, sfregati, si accendono” (anche se non è propriamente una legge di natura). Se abbiamo sfregato un cerino e la sua capocchia non ha prodotto fiamme, invece di perdere automaticamente fiducia nella generalizzazione, andiamo alla ricerca di qualche fattore di disturbo che ha invalidato il fatto – per esempio l’umidità del cerino o l’assenza di ossigeno. Parallelamente, se abbiamo intenzione, guidati dalla fiducia in quella stessa generalizzazione, di sfregare un cerino per accendere un fuoco, la condizione ceteris paribus funge come una sorta di avvertimento: “il cerino sfregato si accenderà solo in condizioni simili a quelle in cui abbiamo osservato che gli altri, sfregati, si accendevano (la “normalità”); quindi, se è umido e/o se manca ossigeno, non si accenderà.”
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La specificazione ceteris paribus in realtà è piuttosto ambigua. Questa ambiguità non dipende dalla sottile confusione, che ho precedentemente menzionato, sorta nella letteratura, la quale può pur sempre essere risolta con un’analisi paziente. Piuttosto, è l’invocare il concetto stesso di
“normalità” che può indurre a sfiducia nei confronti del ragionamento basato su leggi. Vediamolo
con un esempio, ancora una volta prendendo in considerazione un ipotetico sostenitore della “perfezione” della superficie lunare. Se qualcuno crede in modo persistente “tutti i corpi al di sopra della Terra sono perfetti (e quindi lisci)” e giustifica le macchie attualmente visibili facendo riferimento all’interposizione, tra l’occhio e la luna, di nubi o comunque di enti gassosi (perfettamente credibili secondo le leggi di natura), non sta costui invocando una violazione di quella che suppone essere una normalità? Il riferimento ad una normalità, dunque, può avere come risultato una persistenza che non è affatto scientifica, e che dovrebbe essere piuttosto bollata come testardaggine epistemica (cfr. anche LCPC p. 384).
Riferirsi alle clausole ceteris paribus può anche invalidare in un altro modo il ruolo delle leggi considerate come “rotaie” o “guide per il futuro” secondo l’impostazione generale che abbiamo seguito fin qui. Ora: se concepiamo la possibilità di un fattore perturbante possiamo sempre individuare un contro-fattore che lo invalidi. Per esempio, il cerino si accenderà posto che non lo si strofini in un ambiente in cui manca ossigeno, ma potrebbe essere umido e quindi la presenza di ossigeno potrebbe non essere sufficiente ad assicurare la produzione di fiamma. Se si comincia a speculare su fattori e contro-fattori (ce ne può sempre essere in effetti uno che non si è ancora incontrato), la legge diviene inservibile al fine della predizione. Dal punto di vista logico, questo è il fenomeno noto come non-monotonicità, tipico del ragionamento fattuale: aggiungere nuove premesse può cambiare la conclusione.
Il linguaggio delle ranking functions permette di rappresentare con grande esattezza l’aspetto epistemico dell’intera questione. La legge in cui si crede è Px → Qx “tutti i cerini se sfregati si accendono”. Si ha poi che, secondo la ranking function k, si crede che P sia istanziato in un determinato a: k(Pa) = 0; in altre parole, si crede che uno specifico cerino sia sfregato (P). C’è ancora spazio, però, per credere che, posto P, non si verifichi Q (l’accensione): k (non-Q | P) = r > 0. Q è negato perché, ricordiamolo, stiamo parlando di non-credenza.
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menzionate: per es. l’assenza di ossigeno) che si verifica congiuntamente a P quando Q non si verifica. In altre parole: è una condizione eccezionale e inaspettata per cui assumiamo che la legge non valga.
k (non-Qa | Pa & Ea) = 0 È certo che non ci sia l’accensione di a, quando Pa ha luogo contemporaneamente a E (assenza di ossigeno). Tuttavia, che E possa verificarsi è creduto secondo k (Ea | Pa) ≥ r. La non-credenza condizionale in E, dato P, è maggiore o uguale a quella in non-Q dato P. In altre parole: credo con grado almeno uguale sia che, dato lo sfregamento, il cerino non si accenda, sia che, dato lo sfregamento, non manchi ossigeno. La mancanza di ossigeno, insomma, è qualcosa di credibile, ma a livello uguale o maggiore del verificarsi di un’eccezione alla legge, con la quale va di conserva, posto che abbia luogo. Esiste poi la possibilità che vi sia una contro-condizione eccezionale che può contrastare la condizione eccezionale medesima: k (non-Qa | Pa & Ea & E’a) > 0 (cfr. LCPC pp. 384 – 385).