CAPITOLO 3. Colonia Vela ovvero l’Argentina
3.2. Colonia Vela in Cuarteles de invierno
Anche il terzo romanzo di Osvaldo Soriano, Cuarteles de invierno1, è interamente ambientato nel pueblo di Colonia Vela. La storia si apre, infatti, con l'arrivo dei due
protagonisti, Galván e Rocha, alla stazione del paese e termina con la loro definitiva ripartenza in treno alla volta di Buenos Aires: al centro dell'azione si trova dunque il forestiero, il cittadino metropolitano generalmente estraneo alla politica, che viene in contatto con una realtà pueblerina soffocante e ossessiva che finisce per asfissiarlo al
punto dall'individuare in un allontanamento momentaneo o duraturo (che può configurarsi come ritorno alla metropoli -nel testo- o esilio all'estero -nella realtà storica) l'unica via d'uscita percorribile. Si tratta dunque, anche nel caso di questo romanzo, di “un modello di scrittura convenzionale basato sulla riduzione di un macrocosmo, nella fattispecie l'Argentina, al microcosmo di Colonia Vela, per presentare in scala ridotta conflitti nazionali”2.
Il paratesto
Il titolo rimanda a un modo di dire della lingua spagnola, “retirarse a los cuarteles de invierno”, che significa cessare le proprie attività, chiamarsi fuori da qualcosa, farsi da parte per un po' o per sempre; l'espressione, di origine militare, si riferisce all'acquartieramento di un esercito in piena campagna bellica, quando il maltempo lo obbliga a sospendere le operazioni in movimento. Questo modo di dire si adatta bene al senso del romanzo: i due personaggi principali, in particolare il cantante di tango Andrés Galván, capiscono come vanno le cose, ma non si sentono in grado di intervenire per modificarle; il “maltempo” (il clima di terrore che avvolge il villaggio) impedisce loro di
1 Come il precedente, esso venne pubblicato, prima che in originale, in traduzione italiana, nel 1981, da Einaudi; il titolo era Quartieri d'inverno, e venne ritenuto il miglior romanzo straniero di quell'anno. All'epoca Soriano era in stretto contatto con il nostro paese: aveva, infatti, già cominciato a collaborare con il quotidiano Il Manifesto di Roma, al quale sarebbe poi rimasto legato fino alla morte; scriveva inoltre su Le Monde, di Parigi, e su El país, di Madrid. Nel 1982 apparve la prima edizione in castigliano di Cuarteles de invierno, pubblicata a Barcellona da Bruguera. Infine, nel novembre 1982 il libro uscì anche in Argentina, unitamente a No habrá más penas ni olvido, sempre per conto di Bruguera (ma, come già accennato, senza l'autorizzazione di Soriano).
D’ora in avanti tutte le citazioni faranno riferimento all’edizione Seix Barral del 2004 menzionata in bibliografia.
2 Susanna Regazzoni, Osvaldo Soriano. La nostalgia dell'avventura (1996), op. cit., p. 70. Dello stesso avviso anche gli altri critici, su tutti Adriana Spahr che afferma: “En conclusión, en Cuarteles de invierno, el pueblo de Colonia Vela que conocimos en No habrá y que sirvió de reflejo de la sociedad argentina durante el último gobierno peronista, continúa siendo la representación microscópica de lo ocurrido en el país con la asunción de los militares al poder y la concentración en sus manos del poder absoluto sobre el Estado.” (Adriana Spahr, La sonrisa de la amargura (2006), op. cit., p. 129).
agire, per renderli innocui come tutti gli anonimi abitanti di Colonia Vela, che per avere salva la vita devono “acquartierarsi” e aspettare il sereno. Scontato estendere questo atteggiamento alla popolazione argentina in generale, o almeno alla maggior parte di essa -e questa pare essere la principale accusa mossa da Soriano3
Il libro è costituito da sedici capitoli numerati. Non vi sono ulteriori divisioni interne alla materia narrativa, anche se è ipotizzabile un'ideale frattura dopo il capitolo cinque (non a caso il più lungo del romanzo): le tre “ribellioni” di Galván rappresentano, infatti, una svolta nell'economia della vicenda, perché si configurano da un lato come la prima presa di posizione da parte del protagonista contro il regime vigente nel villaggio, dall'altro come l'inizio dell'ostracismo nei suoi confronti, che lo porterà all'aperta contrapposizione con le autorità del pueblo. Il testo si chiude con
un'epigrafe che reca l'indicazione dei luoghi dove verosimilmente Soriano portò a compimento l'opera: “Bruselas-Estrasburgo, 1977” e “Paris, 1978-1979”. Soriano si trovava, infatti, in esilio volontario durante la dittatura di Videla. Abitò dal 1975 in Belgio, a Bruxelles, al 65 di Rue de la Pacificacion
- che a partire dall'insediamento del terzo governo Perón ha lasciato campo libero all'avvento dell'esercito e alla successiva instaurazione di un regime dittatoriale, direi terroristico nel senso originario del termine, che è durato poi fino al 1983.
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3 In un'intervista, egli ha definito il romanzo “un enjuiciamento implícito a toda la sociedad argentina de aquellos tiempos, cuando cerraban los ojos al genocidio. En el final de la novela, cuando Rocha lleva a Galván en la camilla hacia la estación, todas las ventanas del pueblo están cerradas, no hay un solo gesto de solidaridad” (Intervista con Inés Pardal, apparsa sul «Buenos Aires Herald» nel gennaio del 1989).
, dove condivideva un appartamento con Félix Samoilovich, Graciela Clementoni, Christine Brucher e alcuni rifugiati cileni; nell'aprile del 1976 si trasferì insieme a Samoilovich nella cosiddetta “casa dei vitreaux” in
avenue Palmerston, dove avevano vissuto Victor Hugo e François Copé. A Bruxelles conobbe anche la sorella di Christine Brucher, nonché sua futura moglie, Catherine. Successivamente, insieme a Catherine, si trasferì a Parigi, perché lì era più facile pubblicare, e andò ad abitare vicino al cimitero di Père Lachaise. Nella capitale francese viveva anche Julio Cortázar, intorno al quale si coagulaba l'opposizione alla dittatura militare: proprio insieme a Cortázar e a Carlos Gabetta, Soriano fondò e co-diresse Sin Censura, un mensile che si proponeva “el análisis democrático y crítico de la situación en
4 “Estaba en Bélgica en marzo del '76 y vi el golpe por televisión, en medio de las risotadas generales, porque cuando apareció en pantalla la cara de Videla, para los europeos era el típico general bananero: flaco, de bigotes, rodeado de gente con anteojos negros. Después volví a la Argentina un tiempo, pero tuve que escapar a los pocos meses de vuelta a Bélgica” (Génesis y escritura de Cuarteles de invierno, in Cuarteles, p. 183)
la Argentina y en los otros países sometidos a dictaduras fascistas”5. Nel 1981, su iniziativa di Osvaldo Bayer, gli esuli europei giunsero addirittura a progettare un rientro in massa in Argentina con un charter finanziato dalla chiesa evangelica tedesca (capeggiata dal vescovo protagonista della resistenza contro Hitler); non sarebbero stati soli, perché li avrebbero accompagnati intellettuali europei e latino-americani e giornalisti delle maggiori agenzie del vecchio continente. L'idea era quella di giungere a Buenos Aires il giorno del passaggio di consegne da Videla a Viola, quando sarebbero state presenti tutte le delegazioni straniere. Il progetto, sposato immediatamente da Soriano, Juan Rulfo, Günther Grass e altri, aveva però bisogno dell'appoggio incondizionato di Cortázar, il più famoso tra gli scrittori argentini in Europa. “Io non voglio prendermi una pallottola in testa”6, rispose Cortázar, aggiungendo che già stava facendo molto per l'America Latina, e così l'iniziativa non si concretizzò mai.
Il testo
L'azione si svolge negli anni del Proceso de Reorganización Nacional, la dittatura militare che
ha governato l'Argentina dal 1976 al 1983. Nel villaggio di Colonia Vela le Forze Armate hanno organizzato un “aniversario del pueblo”, invitando Andrés Galván, un cantante di tango sulla via del tramonto, e Tony Rocha, un pugile prossimo ad appendere i guantoni al chiodo, a esibirsi durante la kermesse per rafforzare l'amicizia fra civili e militari e consolidare l'armonia in un paese ormai sottomesso al nuovo ordine. Aiutato da Mingo, “el loco del pueblo”, l'emarginato, nemico del sistema, Galván acquista progressivamente consapevolezza del clima che si respira nel paese e, intuendo che ribellarsi è ormai divenuto impensabile7
L'opera si costruisce su uno stato di tensione crescente, che passa attraverso , decide di fare ritorno a Buenos Aires. Come vedremo, l'evolversi della vicenda lo farà tornare sui suoi passi.
5 Citazione dalle lettere di Cortázar riportata da David Prieto Polo. Più avanti si fa menzione di una lettera a Juan Bosch, nella quale Cortázar lo invitava a partecipare a un “Comité de Patrocinio” per dare appoggio morale alla rivista, e del comitato avrebbero fatto parte, fra gli altri: Régis Debray, Gabriel García Márquez, Ernesto Cardenal, Noam Chomsky e Günther Grass. In una lettera a García Márquez, Cortázar si dice convinto che “cada uno de esos nombres significa una bofetada en la cara de Videla y de Pinochet, inter alia” (David Prieto Polo, La subversión de la historia (2006), op. cit., pp. 24-25).
6 Eduardo Montes-Bradley, Osvaldo Soriano. Un retrato (2001), op. cit., pp. 65-67.
7 Rosalba Campra illustra così il passaggio fra le prime opere di Soriano e Cuarteles de invierno: “In quest'ultimo romanzo, nella derisione che subiscono un cantante di tango e un pugile convocati a Colonia Vela per animare una festa organizzata dall'esercito, si iscrive in tono minore l'orrore di una repressione cui nessuno si ribella più perché ormai fa parte della realtà quotidiana. La ribellione non è soltanto impossibile, come negli altri due romanzi: è diventata anche impensabile” (Rosalba Campra, America Latina. L'identità e la maschera (1982), op. cit., p. 88).
momenti chiave dell'esperienza dei due personaggi principali, fino a raggiungere la
spannung nell'episodio dell'incontro di pugilato fra Rocha e il candidato locale Sepúlveda.
In tutto questo, gioca un ruolo fondamentale la voce del narratore, lo stesso Andrés Galván, che racconta gli eventi in prima persona, filtrando ogni avvenimento con uno sguardo che non riesce a smettere di essere, anche nei passaggi di maggior pathos, ironico e sprezzante8. E fortemente argentino: l'uso dello spagnolo rioplatense all'interno del romanzo è incredibilmente ampio e variegato, include modi di dire9, argentinismi e una vasta gamma di insulti, e permette ai personaggi di uscire dalla penna dell'autore per arrivare diretti e vivi agli occhi del lettore10
“La idea era poner en un mundo autoritario y dictatorial a dos personas que, por su oficio, están aparentemente afuera de la política”, spiega Soriano circa la genesi del romanzo
.
11. Poi, riferendosi ancora ai due protagonisti:
El boxeador y el cantor de tangos de Cuarteles de invierno son dos soledades que se encuentran, que vienen a una fiesta chiquita en un pueblo de provincia. Su plan es irse al
8 I molti inserti dialogici permettono ovviamente di conoscere parti della storia o antefatti (grazie a frequenti flashbacks) attraverso la prospettiva di altri personaggi o dell'intera comunità pueblerina, ma per ciò che concerne la vicenda rappresentata (dall'arrivo in treno fino alla ripartenza con la barella) ogni evento è testimoniato dalla voce del narratore (omodiegetico, cioè “presente come personaggio dell'azione”, secondo la definizione di Gerard Genette; Wayne Booth parla, invece, di narratore rappresentato; Norman Friedman di narratore testimone o protagonista).
9 Due di essi colpiscono particolarmente: durante la chiacchierata a casa di Ávila Gallo, il dottore spiega ai due protagonisti che “En estos tiempos tan difíciles para la nación conseguir que una fiesta sea fiesta hasta el final no es moco'e pavo” (Cuarteles, p. 30), cioè non è una cosa da niente; l'espressione è familiare e popolaresca, tanto che Gallo si scusa subito (“perdonen la expresión”). Nel gergo malavitoso della Spagna barocca, “moco” era il pezzo di catena che restava dopo aver rubato l'orologio dal taschino della vittima, conosciuto come “pavo”. Ancora Ávila Gallo, riferendosi alla “rivoluzione peronista” tentata negli anni precedenti al golpe dalle forze di estrema sinistra, dice “Se creían que era soplar y hacer botellas” (ivi, p. 70), esprimendo lo stesso concetto (una cosa che non è facile come sembra) con una locuzione diversa, ma altrettanto popolare.
10 Via via che otteneva successo in Europa, Soriano pensò bene di utilizzare un linguaggio più neutro, vicino semmai al castigliano. La caratterizzazione dei personaggi, però, continua fortunatamente a esigere una commistione di toni e di codici linguistici che concorre a conferire grande vitalità al romanzo. In quest'ottica, non ci si stupisce che la provenienza geografica o sociale determini in parte il modo d'esprimersi dei protagonisti: Galván, che viene da Buenos Aires e si suppone sia un uomo colto, usa sporadicamente il voseo, tratto che marca invece il provincialismo degli abitanti di Colonia Vela. Rocha ha origini sociali umili e non pare aver ricevuto una grande educazione: concorre a comprovarlo l'uso marcato di argentinismi ed espressioni forti (“¡Hijo de puta!” o “¡Campeón de mis pelotas!”). Il personaggio più caratterizzato dal punto di vista linguistico è però Mingo, che utilizza uno spagnolo fortemente antiquato e dialettale, forse a causa del suo isolamento dal resto della comunità e magari come tacito tentativo di difesa e ribellione verso i gruppi dominanti. Vale a dire i vertici militari, che -come i poliziotti- si sforzano di osservare la massima disciplina e il massimo contegno, anche nel linguaggio; salvo far emergere tutta la loro argentinità nel momento in cui perdono le staffe, come avviene al Gordo e a Gary Cooper quando Galván nega loro l'autografo (il passaggio a uno sprezzante voseo è allora rapido e doloroso, segno del mutato atteggiamento, che ha messo da parte il rispetto per la figura del cantante).
11 Intervista con Sergio Kiernan, apparsa su La semana nel settembre 1987 (Génesis y escritura de Cuarteles de invierno, in Cuarteles, p. 183).
día siguiente a Buenos Aires: no tienen en cuenta que hay una dictadura, son personajes grises, comunes, de los que podrían haber dicho que no sabían lo que pasaba. El problema es que una vez que están en el pueblo toman conciencia de que la fiesta la dan los milicos.12 Nella coppia si possono rintracciare echi di Stanlio e Ollio (uno è furbo e l'altro sciocco, uno è grande e grosso e l'altro magro, uno è elegante e l'altro rozzo e grossolano, e comunque entrambi sono irrimediabilmente bersagliati dalla sfortuna), ma anche di Don Chisciotte e Sancho Panza (uno è acculturato e l'altro ignorante, uno è socialmente di rango elevato e l'altro umile13
Sorge spontanea, allora, una riflessione più ad ampio raggio sulle coppie nei romanzi di Osvaldo Soriano: Marlowe e Soriano in Triste, solitario y final; Juan e García,
Suprino e Llanos, García e Comini in No habrá más penas ni olvido; i due soldati alla
stazione, Galván e Rocha, i due poliziotti -il gordo e Gary Cooper- in Cuarteles de invierno;
Coluccini e Zárate, Zárate e Lem in Una sombra ya pronto serás. Tutti questi personaggi
hanno un proprio statuto individuale, ovviamente pensano, parlano e agiscono anche separati dal loro “doppio”; eppure, dall'unione in coppia ricevono una nuova significazione, spesso decisiva ai fini dello sviluppo narrativo della vicenda. Inoltre, quasi sempre uno dei due componenti della pareja è identificato come “gordo” (il che fa
automaticamente immaginare che l'altro non lo sia), a rievocare in tal modo la coppia “primordiale”, che per Soriano è quella composta da Stanlio e Ollio, il Gordo e il Flaco.
).
Su Stan Laurel e Oliver Hardy Soriano aveva condotto ricerche accurate, dedicando loro anche alcuni racconti, che poi andarono a costituire le bozze originarie del suo primo romanzo14
12 Intervista con Luis Bruschtein, apparsa su «Página/12» nell'ottobre del 1995 (ivi, p. 185). . Il rapporto di reciproca significazione che, agli occhi di Osvaldo Soriano, legava il Gordo e il Flaco viene riproposto interamente qui in un sapiente gioco di echi e rimandi che coinvolge Galván e Rocha: due personaggi che “danno corpo al codice dell'amicizia, a una nuova solidarietà, all'interno dell'ideologia
13 Si veda anche come Ávila Gallo marchi la differenza fra i due preannunciando il diverso tipo di pubblico che assisterà alle loro esibizioni: il dottore spiega infatti a Galván che canterà nel teatro Avenida “para gente selecta, intachable”, che ci saranno anche i militari e -“si promete no cantar alguna pieza subida de tono”- anche tre membri della Chiesa. Rocha, invece, combatterà nel Club Unión y Progreso, per quello che sarà indubbiamente uno spettacolo “más popular”.
14 Quasi tutti raccolti in “Laurel y Hardy. El error de hacer reir”, contenuto in Artistas, locos y criminales. Possono essere considerate variazioni sul tema: “Tribolaciones de un argentino en Los Angeles”, facente parte della stessa silloge, e “La ingenuidad de El Gordo y El Flaco y el traje gris y gastado de mi padre”, della raccolta Rebeldes, soñadores y fugitivos.
della solitudine”15
Ciò che muta le carte in tavola, in una vicenda che, come detto, a metà del libro - quando, grazie a Mingo, Galván ha a portata di mano una via di fuga per tornare a Buenos Aires- sembra già arrivata a un punto morto, è, infatti, “un astratto senso morale”
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16, quello che in passato aveva fatto schierare il cantante fra gli oppositori al regime, e che ora lo costringe a tornare per avvertire il compagno del pericolo che lo aspetta nell'incontro pugilistico con un avversario potente, scelto e protetto dall'esercito. Si tratta dello stesso sentimento di solidarietà umana che aveva spinto Marlowe ad aiutare Soriano e che aveva convinto Cerviño a scendere in campo al fianco di Ignacio Fuentes: ora questo slancio umanitario stringe Galván, Rocha e Mingo17 in un reciproco legame di amicizia decisivo per lo sviluppo narrativo e per la preparazione della catarsi finale, di quella frase -”Entonces me preguntó qué le había pasado a mi amigo”- che rappresenta il modo migliore di usare la scrittura per non dimenticare la tragedia consumatasi nel paese.
Escribí Cuarteles de invierno –racconta Soriano- entre 1977 y 1979 tratando de exorcizar lo que estaba pasando en la Argentina después del golpe”18. “La idéa, sin duda, era acercarme al país a través de esos personajes y de ese pueblito de Colonia Vela, en la medida que yo me encuentro a diez mil kilómetros de distancia.19
Dall'iniziale ingenuità che contraddistingue i personaggi principali (Galván e Rocha non riescono abbastanza in fretta a mettere a fuoco ciò che sta accadendo nel villaggio), si passa a una progressiva presa di coscienza da parte del cantante (che come sottolinea Soriano “tiene algún rasgo de dignidad”). La volontà di entrambi è quella di difendere il proprio status, ergendosi sopra il compromettente anonimato pueblerino, senza mai
riconoscere l'autorità militare.
15 Susanna Regazzoni, Osvaldo Soriano. La nostalgia dell'avventura (1996), op. cit., p. 71. 16 Ivi, p. 70.
17 Mingo entra nel “cerchio” della solidarietà attraverso due canali: da un lato, egli si fa portatore del passato “nascosto” di Colonia Vela, raccontando a Galván gli accadimenti degli ultimi anni; dall'altro, egli stesso è oggetto di solidarietà quando, ucciso dalla crudeltà della polizia, viene vegliato e sepolto da Galván e Rocha. Nella circostanza, le parole del pugile sembrano veicolare l'intera poetica sorianesca: “Era su amigo, ¿no? -dijo-. Lo menos que puede hacer un amigo por otro amigo es prenderle una vela y echarle una palada de tierra encima cuando llega la hora”, vale a dire essere presente nel momento del bisogno e non tirarsi mai indietro nascondendosi dietro una vile omertà.
18 Intervista telefonica con Mona Moncalvillo da Parigi, apparsa su Humor nel febbraio del 1983 (Génesis y escritura de Cuarteles de invierno, in Cuarteles, p. 186).
È dunque Andrés Galván a rendersi conto della situazione invivibile del pueblo
nel quale i due protagonisti sono capitati. Ne ha un primo sentore appena scendono alla stazione, e i timori sono confermati dalle parole pronunciate da Ávila Gallo nel suo studio. A quel punto, anche l'atmosfera che si respira a Colonia Vela diventa opprimente, tanto che il cantante sente un bisogno pressante di uscire dagli schemi, di dimostrare al resto del mondo, vale a dire ai taciturni abitanti del paese, come una forma di protesta sia comunque possibile.
La ribellione di Galván si articola in tre momenti decisivi, raccontati nel capitolo 5 che, come accennavo prima, rappresenta il punto di svolta (o forse sarebbe meglio dire “di non ritorno”) del romanzo. Dapprima egli si rifiuta di accompagnare l'establishment del potere a Messa20: mentre Rocha accetta di presenziare in chiesa, infatti, Galván rimane nel bar, e per questo si attira le prime antipatie da parte del governo pueblerino21
Mentre fa colazione, poi, viene avvicinato da un “croto”, un vagabondo, al quale offre la colazione; in cambio ne ottiene rivelazioni decisive riguardo la vera realtà del regime vigente a Colonia Vela. Si tratta di un comportamento disdicevole per un artista del suo rango sociale, e gli altri clienti del bar non nascondono certo il loro disappunto
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22 Soltanto con il terzo episodio di ribellione la vicenda giunge a un punto di svolta: