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CAPITOLO 2. La storia semplificata

2.2 El Matadero

Nella Buenos Aires di Juan Manuel de Rosas5, un gruppo di intellettuali che si identificavano nel movimento “unitario”6

Molti oppositori del governo, nonché quasi tutti i membri dell'Associazione, vennero esiliati

trovò il coraggio e i modi di opporsi alle iniquità del governo federale. Agitatore e mentore di quel gruppo fu Esteban Echeverría, un porteño che aveva conosciuto a Parigi le idee illuministe europee e

condiviso i primi fermenti del socialismo di Saint-Simon. Al suo ritorno in Argentina, Echeverría si scontrò con l'arretratezza culturale e politica del suo paese e con le limitazioni alla libertà imposte dalla Federación rosina. Insieme ad altri giovani menti del

panorama bonaerense fondò, quindi, la “Asociación de Mayo o de la Joven Argentina”, una società segreta sul modello mazziniano, che seguendo un deciso programma d'azione si proponeva di contrastare Rosas e di lottare per una nuova costituzione.

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indicare la rappresentazione in miniatura di una cosa più grande, concreta o astratta.

, e lo stesso Echeverría riparò in Uruguay, da dove era libero di scrivere e polemizzare con l'establishment federale argentino. Qui, tra il 1839 e il 1840, scrisse El Matadero, che può essere considerato il primo racconto ispano-americano. Pamphlet

audace e sapientemente costruito, saldamente ancorato alla storia contemporanea nonostante la veste di fiction, questo testo narrativo trae ispirazione e cerca di tracciare un

5 Abile caudillo di provincia, figlio di proprietari terrieri, Rosas dimostrò la propria astuzia politica approfittando dell'esasperazione degli scontri fra “federali” e “unitari” e ottenne nel 1829 poteri militari straordinari per ristabilire l'ordine nella capitale (da qui l'appellativo di Restaurador). Simbolo di conservatorismo e assolutismo, governò l'Argentina tra violenza e corruzione dal 1829 al 1834 e nuovamente dal 1837 al 1852.

6 Negli anni successivi alla Rivoluzione del Maggio 1810 -che guadagnò all'Argentina l'indipendenza dalla Spagna- si delinearono due fazioni politiche contrapposte: gli “unitari”, politicamente liberali ed economicamente liberisti, lottavano per un governo centralizzato su Buenos Aires, per un'apertura alle influenze europee e per un generale progresso scientifico e tecnologico; i “federali”, appoggiati dal popolo e dai proprietari terrieri, sostenevano invece la necessità di decentrare il potere nelle province ed erano fortemente conservatori in campo politico e protezionisti in campo economico.

7 Domingo Sarmiento e José Marmol, ad esempio, simpatizzarono con il movimento e furono costretti a rifugiarsi in Cile; fra i membri effettivi della “Asociación de Mayo”, invece, dovettero fuggire all'estero -la maggior parte in Uruguay- Miguel Cané, Juan María Gutiérrez e Juan Bautista Alberdi.

quadro preciso della società argentina degli anni di Rosas. La censura e gli ovvi rischi per l'incolumità dell'autore sconsigliarono, perciò, la pubblicazione immediata del racconto, che venne edito soltanto postumo nel 18718

Pur con un consistente apparato simbolico e a tratti metaforico, infatti, il

Matadero è un grande documento di protesta contro le crudeltà perpetrate dalla Federación

ai danni della popolazione di Buenos Aires e degli ambienti più miseri dell'Argentina rurale, ma in particolare ai danni degli “unitari”, che vennero perseguitati e costretti al silenzio o all'esilio dagli accoliti di Rosas. Il clima di terrore instaurato dai “federalisti” è, dunque, al centro dell'intreccio, dove molti elementi della finzione narrativa -si potrebbe dire ogni elemento- rimandano a un aspetto della concreta realtà nazionale della prima metà dell'Ottocento.

.

L'anno è il 18389

La prima scena descrive la fuga di un toro, che riesce a sciogliere i lacci che lo legavano e scappa per gli intricati vicoli che circondano il mattatoio. Lungo questa sua corsa sfrenata e senza meta, uno dei lacci colpisce un ragazzino tanto bruscamente da decapitarlo, ma la folla non sembra prestare la minima attenzione. La bestia finisce, però, in un vicolo cieco, dove viene braccata e quindi sgozzata dal capo del matadero,

Matasiete.

, lo scenario il mattatoio di Convalescencia, detto anche “del Alto”, che si trova “en las quintas al sur de la ciudad”. Un diluvio interrompe il trasporto di animali al mattatoio, così Rosas (mai nominato direttamente, a lui si fa sempre riferimento con termini indiretti, quali ad esempio “el Restaurador”) invia 50 capi di bestiame. È chiaramente un'operazione populista, che serve per calmare gli animi in periodo di Quaresima, quando già scarseggiava la carne per via del digiuno imposto dalla Chiesa. Dopo un'introduzione che prende a modello e insieme contesta la tradizione storiografica spagnola, il racconto si apre secondo i clichés del quadro di costume, offrendo a fiammanti pennellate un crudo spaccato della società civile di quegli anni.

La sequenza successiva vede l'ingresso in scena di un “unitario”, che ha l'ardire di rispondere per le rime ai “federali” che lo apostrofavano in malo modo; catturato, viene condotto di fronte al giudice, nella casilla del mattatoio; rasato e torturato, con

8 Il merito è dello stesso Juan María Gutiérrez, romanziere e grande amico di Echeverría. Egli ritrovò il Matadero abbandonato in mezzo alle carte dell'autore e si incaricò di farlo pubblicare sulla Revista del Río de la Plata in occasione dell'edizione delle Obras Completas di Echeverría.

9 Il testo fa riferimento al periodo di lutto nazionale seguito alla morte di Encarnación Ezcurra, moglie di Rosas, avvenuta appunto in quell'anno.

grande fierezza sceglie di morire di rabbia piuttosto che farsi uccidere dalla ciurmaglia. Impossibile non rintracciare, all'interno della struttura narrativa, i riferimenti -a volte espliciti, altre volte simbolici- alla simbologia della Federación costruita negli anni dal

governo di Rosas: il matadero è l'Argentina; la casilla è Buenos Aires, circondata

dall'intricato labirinto di vicoli del potere; il juez è Rosas o la personificazione del suo

potere assoluto; la ciurmaglia del mattatoio rappresenta tutti i “federali”, mentre il joven unitario rappresenta tutti gli “unitari”. Senza poi trascurare i rimandi ironici al potere

della Chiesa Cattolica e alle sue connivenze con i vertici politici; agli immigrati stranieri (l'ingresso in scena di un gringo, ovvero un inglese, prefigura l'arrivo dell'unitario); alla

degradazione della società argentina, tra cani randagi, urbanizzazione degli indios e dei gauchos, fame, miseria e assoluta indifferenza verso la violenza e gli abusi del potere.

Chi parla è indubbiamente un “unitario”, e alla sanguinosa contrapposizione con i “federali” è dedicato il centro della scena. Non poca importanza riveste, però, la lotta per la sopravvivenza: l'immagine della popolazione inferocita, descritta come un insieme di bestie deformi, ne fa emergere l'assoluta barbarie; la competizione fra le achuradoras, le

negre che si contendevano le interiora scartate dalla mattanza, simboleggia l'estrema miseria in cui versavano le classi povere della capitale; la decapitazione del ragazzino, che avviene nell'indifferenza collettiva, costituisce un pesante atto di accusa verso la violenza gratuita esercitata sugli esseri umani.

Sullo sfondo di ogni descrizione e di ogni avvenimento c'è però lui, el Restaurador,

Juan Manuel de Rosas, che può essere anche identificato col giudice che risiede nella “casetta” del mattatoio. Si dice infatti:

En la casilla se hace la recaudación del impuesto de corrales, se cobran las multas por violación de reglamentos y se sienta el juez del matadero, personaje importante, caudillo de los carniceros y que ejerce la suma del poder en aquella pequeña república por delegación del Restaurador.10

La “pequeña república” installata nel matadero intrattiene, dunque, una relazione

metaforica11

10 Esteban Echeverría, La cautiva. El matadero, Buenos Aires, Kapelusz, 1994, p. 6.

con la Buenos Aires dell'epoca. Si tratta, cioè, del primo esempio ispano-

11 In particolare, questa relazione sembra rimandare alla figura retorica della sineddoche., considerata una sottoclasse della metafora. Stando alla definizione che ne dà Angelo Marchese nel suo Dizionario di retorica e di stilistica, infatti, “la sineddoche, come la metonimia, è una figura semantica che verte sul trasferimento di significato da una parola a un’altra […], in base a una relazione di contiguità.

americano di microcosmo letterario, che attraverso centocinquant'anni di storia giungerà -con le dovute differenze, che proveremo a mettere in luce a chiusura di questo lavoro- fino al nostro Osvaldo Soriano.

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