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Colonia Vela ovvero l'Argentina. Analisi della narrativa di Osvaldo Soriano.

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Academic year: 2021

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“Meditate che questo è stato:

tutti coloro che dimenticano il loro passato

sono condannati a riviverlo”

(2)

INDICE

INTRODUZIONE. Osvaldo Soriano: un mito argentino ... III

CAPITOLO 1. Biografia letteraria di Osvaldo Soriano ... 1

1.1. Il paese di Perón ... 1

1.2. L’esordio letterario ... 7

1.3. Gli anni di piombo ... 9

1.4. La primavera della democrazia ... 12

1.5. Il cerchio si chiude ... 14

1.6. Historia y ficción ... 16

1.7. La scrittura di Soriano ... 20

CAPITOLO 2. La storia semplificata ... 22

2.1. Il solco della tradizione ... 23

2.2 El Matadero ... 24

2.3. Comala ... 277 2.4. Macondo ... 34

2.5. La Storia, vivida come non mai ... 40

2.6. Colonia Vela ... 41

CAPITOLO 3. Colonia Vela ovvero l’Argentina ... 44

3.1. Colonia Vela in No habrá más penas ni olvido ... 44

Il paratesto ... 44

Il testo ... 46

Il sistema dei personaggi ... 50

Il Peronismo ... 60

La violenza di una tragicommedia ... 64

3.2. Colonia Vela in Cuarteles de invierno ... 73

Il paratesto ... 73

Il testo ... 75

Il sistema dei personaggi ... 80

Il Proceso de Reorganización Nacional ... 91

3.3. Colonia Vela in Una sombra ya pronto serás...103

Il paratesto ... 103

Il testo ... 106

(3)

Un paese senza certezze ... 117

Un viaggio verso la salvezza ... 127

3.4. Il microcosmo dell'esilio in A sus plantas rendido un león ...132

Il testo ... 134

Bongwutsi ... 136

3.5. Tirando le somme ...140

CONCLUSIONI ... 145

(4)

INTRODUZIONE

Osvaldo Soriano: un mito argentino

“La crisi politica dell'Argentina ha gettato ombre sul mondo. Questo paese, di oltre 36 milioni di abitanti, era considerato uno di quelli socialmente più equilibrati dell'America Latina, con l'indice di analfabetismo più basso di tutta l'area, un forte ceto medio, la maggioranza della popolazione concentrata nelle città, un livello di tutto rilievo nella formazione e, fino al 1976, una partecipazione dei lavoratori al PIL che superava il 40 per cento. L'Argentina, oggi devastata dalla fame all'interno, produce cibo a sufficienza per sfamare una popolazione dodici volte più grande della propria, ossia quasi la metà della popolazione della Cina e quasi l'intera popolazione dell'Europa, a parte la Russia. Il mondo fatica a capire come mai un paese con un territorio così vasto, ricco di risorse naturali e umane, […] sia potuto precipitare in una crisi così profonda”1

Comincia con queste parole Argentina. Paese dei paradossi, il saggio di María Seoane

che indaga le cause della decadenza argentina nel corso del ventesimo secolo. Non compete a noi rinverdire le riflessioni storiche su un processo negativo che ha trasformato il paese da “granero del mundo”, fra i massimi esportatori mondiali di cereali e carne

.

2

1 María Seoane, Argentina. Paese dei paradossi, Roma-Bari, Laterza, 2004, p. IX.

, considerato la punta avanzata dell'Europa nell'America Latina, a terzomondista cronico, incapace di rendersi indipendente dai centri del potere -soprattutto economico- straniero e di esprimere una forma di potere politico equilibrato e adeguato alle circostanze storiche. Un paese sconfinato, in continuo pellegrinaggio fra crisi politiche ed economiche, dal primo colpo di stato militare, guidato nel 1930 dal generale Uriburu, agli ultimi fallimenti delle crudeli democrazie neoliberali di Menem e

2 “Tra il 1890 e il 1914 i principali prodotti esportati provenivano dall'agricoltura e dalla pastorizia: grano, mais, lino, cuoio, lana e carne bovina. A partire dal 1890 l'Argentina arrivò a esportare ogni anno fino a 10 milioni di tonnellate di cereali. Dopo il 1900, con l'introduzione di navi dotate di celle frigorifere, l'esportazione dei diversi tipi di carni raggiunse una media annua di 350.000 tonnellate” (ivi, pp. 3-4).

(5)

De la Rúa.

In meno di cento anni l'Argentina ha tradito e forse perduto per sempre tutte le proprie potenzialità, sacrificando i suoi cittadini. Come sottolinea amaramente il giornalista Martín Caparrós, “L'Argentina è un paese in cui non funziona praticamente nulla, che non sa esportare praticamente nulla, tranne i miti”: Gardel, Borges, Evita, “Che” Guevara, Maradona. “Paesi come la Germania, l'Italia o la Spagna sono molto più efficienti in tante cose ma non riescono a creare miti. Questa è la nostra specialità”3

Fra questi miti argentini “da maglietta”

. 4

Secondo José Luís Solís, Soriano è “insieme a Manuel Puig l'autore argentino attuale più riconosciuto e tradotto nel mondo”

c'è Osvaldo Soriano.

5

In un paese da sempre diviso fra un’élite colta ed europeizzante e gli scrittori più popolari e autodidatti, non stona lo scarso interesse destato da Soriano nella critica accademica. Egli è, infatti, ignorato da molti critici ancora oggi, a quasi tre lustri dalla sua morte, avvenuta nel 1997, mentre il riconoscimento da parte del pubblico è stato immediato e costante a partire dalla pubblicazione del suo primo romanzo, Triste, solitario y final, datato 1973.

. Raro “best seller” rioplatense, egli è stato il simbolo della classe intellettuale del suo paese dell'ultimo quarto del Novecento,

engagée e quindi protagonista sul piano delle vicende storiche oltre che su quello

letterario. Su di lui si è dibattuto a lungo nei salotti della critica, privilegio che investe i più grandi scrittori della modernità, mentre il pubblico tributava ai suoi scritti gli onori maggiori e più apprezzati. La sua carriera letteraria cominciò durante i difficili anni di piombo che descrissero la parabola morente del peronismo e l'ascesa della destra, e vivido sulla pagina è il riflesso degli avvenimenti che hanno segnato indelebilmente l'Argentina. Anche per questo, Osvaldo Soriano è un mito, ma un mito esclusivamente argentino, impossibile da contestualizzare al di fuori di quel mondo e lontano da quelle coordinate storiche, politiche, culturali.

Soriano è stato un grande affabulatore, “un narratore nato”, come testimonia tra gli altri anche il suo collega e amico Tito Cossa6

3 Eduardo Montes-Bradley, Osvaldo Soriano. Un ritratto, Milano, Sperling & Kupfer, 2001, p. 33. . Gli veniva imputato uno stile

4 Ibidem.

5 Hugo Hortiguera, Literatura cambalachesca: la heterogeneidad discursiva en la novelística de Osvaldo Soriano, Tesi Dottorale presso l'Universitá di New South Wales, Sidney, 1999, p. 20.

6 Cossa aggiunge: “Ti sedevi a parlare con il Gordo e potevi starci ore a sentirlo parlare, perché aveva quella capacità di raccontare con umorismo, con grande fantasia.” (Eduardo Montes-Bradley, Osvaldo Soriano. Un ritratto (2001), op. cit., p. 111).

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eccessivamente “giornalistico”, che rischiava di farlo apparire semplicistico, mentre è chissà proprio questa una delle grandi virtù dello scrittore: riuscire a trattare con leggerezza, spesso con ironia, ma mai con distacco, gli avvenimenti più tremendi della realtà storica contemporanea, giungendo, in questo modo, direttamente ai lettori, che ne hanno infatti riconosciuto pienamente i meriti.

Il presente lavoro propone una riflessione sulla figura di Osvaldo Soriano e sulla sua produzione narrativa, interamente tradotta eppure ancora scarsamente conosciuta in Italia, nonché sulla qualità della sua scrittura, affinata di romanzo in romanzo ed espressione di uno stile personale e moderno. Nello specifico, ciò che maggiormente interessa è il procedimento letterario che caratterizza i suoi romanzi più rappresentativi, ovvero la riduzione della realtà storica a un microcosmo creato ad hoc per evidenziare, in

piccolo, ciò che su più larga scala ha determinato il destino dell'Argentina contemporanea. Un procedimento non inconsueto, anzi ereditato da una lunga tradizione sudamericana che cercheremo di illustrare attraverso alcuni esempi fondamentali.

L'intento ultimo è quello di analizzare criticamente l’opera di Osvaldo Soriano, prescindendo dalle frettolose etichette approntate dagli accademici e valorizzando, invece, le virtù di una prosa incredibilmente accattivante, perfettamente in linea con i tempi, la personalità dell'autore, le aspettative dei lettori.

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CAPITOLO 1

Biografia letteraria di Osvaldo Soriano

Data l'innegabile, stretta correlazione che c'è fra la produzione di Osvaldo Soriano e le vicende storiche a lui contemporanee, non pare possibile comporre una biografia letteraria dell'autore senza tenere conto, allo stesso tempo, del contesto storico, sociale e culturale argentino. Nel presente capitolo cercheremo di descrivere gli eventi che portarono all'affermazione del peronismo nel panorama politico del paese, ai successivi colpi di stato culminati nella dittatura militare del generale Videla, infine alle nuove democrazie liberali di fine secolo; seguiremo di pari passo la vita e la carriera di Soriano, inscrivendola nel panorama letterario sudamericano della seconda metà del Novecento.

1.1. Il paese di Perón

Osvaldo Soriano nacque a Mar del Plata il 6 gennaio 1943. Si trattava di un momento storico problematico anche per l'Argentina, non tanto per la guerra, che infuriava a migliaia di chilometri di distanza, quanto per le diatribe politiche interne. Nonostante la crescita economica avesse continuato la propria marcia incontrastata, elevando l'Argentina a potenza mondiale per produzione ed esportazione di generi alimentari e spianandole la strada verso la piena industrializzazione, gli anni Trenta avevano fatto piombare il paese in una crisi nerissima, tanto da meritarsi l'appellativo di “década infame”. I due principali protagonisti di quella che fu a tutti gli effetti una restaurazione conservatrice dopo le aperture del precedente governo, guidato dal radicale Yrigoyen, furono i generali Uriburu (al governo dal 1930 al 1932) e Justo (1932'38). “Il primo -spiega María Seoane- fece da nesso tra il vecchio esercito stile prussiano e quello che più tardi sarebbe diventato l'attore politico di fondamentale sostegno a quell'élite, liberale in economia e conservatrice in politica, che arrivò al potere con manovre elettorali poco chiare e che sarebbe ricorsa più volte ai colpi di Stato”1

Durante il “decennio infame”, dunque, “non solo fu covato l'uovo di serpente . Oltre alle frodi elettorali e alla violenza politica, Justo è invece ricordato per il trattato di Roca-Runciman, che nel 1933 inaugurava la cronica dipendenza dell'economia argentina dall'impero britannico.

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del golpismo ma furono anche gettate le basi di un nuovo movimento politico e sociale che influirà enormemente sulla formazione dell'Argentina moderna a partire dall'avvento del peronismo”2

Perón fu senza dubbio il politico più intelligente e lungimirante della sua generazione, tanto da meritare il titolo di “uomo dell'anno” 1944 e venire ben presto additato come la figura più forte e popolare del governo. Comprese la congiuntura storica e la volse a proprio favore, cercando l'appoggio degli imprenditori e dei lavoratori delle nascenti industrie, che arrivarono perfino a manifestare per lui occupando -per la prima volta nella storia- la Plaza de Mayo di Buenos Aires. Alle elezioni del 1946 Perón stravinse, con una differenza di 260.000 voti, che ne fece il presidente più votato di tutta la storia argentina.

. Dalla pancia del GOU (“Grupo de Oficiales Unidos”), protagonista della vita politica argentina negli anni della Seconda Guerra Mondiale, emerse infatti la figura del generale Juan Domingo Perón. Egli fu prima messo a capo della Direzione Nazionale del Lavoro -poi trasformata in Segreteria del Lavoro e della Previdenza-, quindi, nel 1944, assunse anche le cariche di ministro della Guerra e vicepresidente del governo militare del generale Farrell.

Questa era l'Argentina in cui nacque Osvaldo Soriano, figlio di José Vicente Soriano, un modesto ispettore delle “Obras Sanitarias” di origine catalana3. I molti spostamenti dovuti al lavoro del padre influirono pesantemente sull'infanzia del piccolo Osvaldo: la famiglia si trasferiva di continuo, passando da Mar del Plata a San Luís, da Río Cuarto (Córdoba) a Tandil, da Cipolletti (nel sud) ancora a Tandil. In un'intervista con Cristina Mucci4, lo stesso Osvaldo Soriano confessò con amarezza “uno no puede estar sin ningún lugar de origen”. Il padre aveva una grande influenza sul figlio, tanto che molti episodi dei primi anni di Soriano torneranno vividamente nei suoi scritti brevi della maturità; fra questi episodi, alcuni riguardano il rapporto con la politica e quindi, inevitabilmente, con Perón: come si racconta in Aquel peronismo de juguete, José Vicente

“odiaba a Perón y a su régimen como se aborrecen las peras o ciertos pecados tardíos”5 A Tandil Soriano si unì a una compagnia di teatro sperimentale e cominciò le

.

2 Ivi, p. 47.

3 Anche la madre Eugenia era spagnola ed era giunta in Argentina dalla Navarra negli anni '20. 4 Citata in David Prieto Polo, La subversión de la historia: parodía, humor, cine y música en las novelas de Osvaldo Soriano, Tesi Dottorale presso l'Universitá Complutense di Madrid, 2006, p. 19.

5 Non a caso, Soriano dedicò al padre No habrá más penas ni olvido, vera e propria resa dei conti con la figura di Perón e con le dinamiche del peronismo. Si veda, in proposito, la sezione Paratesto del capitolo 3.1.

(9)

prime prove sul terreno letterario, pur senza grande successo, mentre faceva parte, come giornalista sportivo, dei quotidiani «El Eco de Tandil» e «Actividades». Nel 1969 si

spostò a Buenos Aires e cominciò a collaborare con vari periodici: le riviste Primera Plana, Panorama, La Opinión e Semana Gráfica, accanto a rinomati giornalisti e scrittori

come Tomás Eloy Martínez, Osiris Troiani, Roberto “Tito” Cossa, Juan Gelman, Pasquini Durán e Rodolfo Walsh, fra gli altri.

Il volto dell'Argentina, nel frattempo, era ancora radicalmente cambiato. Perón aveva esaurito il primo mandato con una netta perdita di consensi, dovuta ad alcuni fattori: dopo anni di crescita ininterrotta, il paese entrava in una fase di recessione, accentuata dallo scarso sostegno internazionale di cui godeva il populismo peronista, ed entrava nella cappa egemonica degli Stati Uniti; i contrasti con le opposizioni, in particolare con i settori della cultura, si accentuarono, e il líder dovette mettere a tacere diversi organi di

stampa; Eva Duarte, meglio conosciuta come “Evita”, moglie del generale e principale anello di collegamento fra il governo e le classi meno abbienti della popolazione, si era gravemente ammalata (morì il 26 luglio 1952).

Le elezioni del 1952 -cui Perón poté partecipare grazie a una revisione della Costituzione liberale del 1853, che permetteva ora la rielezione del presidente- lo videro comunque vincente con buon margine, eppure le contingenze lo costrinsero ben presto a lasciare il governo: prima la morte di Evita, poi la presa di posizione della Chiesa Cattolica -fin lì neutrale, su indicazioni del Vaticano decise di schierarsi contro il líder,

anche a seguito dell'approvazione di leggi che la sfavorivano-, infine, e soprattutto, l'accordo con la società californiana Standard Oil -una soluzione intelligente per permettere l'ingresso di capitale straniero e risollevare la situazione economica argentina, senza impedire la crescita dell'industria nazionale- osteggiato fin da subito dalle opposizioni conservatrici-liberali. Dopo violenti scontri di piazza, Perón fu destituito da un colpo di Stato militare il 16 settembre 1955, quindi costretto a un esilio lungo diciassette anni, trascorso per lo più nella Madrid di Francisco Franco.

“Con la sconfitta di Perón crollava definitivamente quel modello di paese che aveva impostato una distribuzione popolare del prodotto e delle ricchezze nazionali quale non si era mai vista nella storia argentina; crollava la partecipazione delle masse dei lavoratori alla vita politica e crollava il proposito di raggiungere l'indipendenza politica ed economica dalle potenze internazionali. Demolire quel modello di paese, mettere fine

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all'utopia di distribuzione delle ricchezze del peronismo fu, come dimostra la storia, il vero motivo della cospirazione delle grandi imprese e dei proprietari terrieri, strenuamente uniti, in questo proposito, con gli Stati Uniti. L'abbattimento della censura imposta dalla polizia e dai propagandisti del regime fu l'obiettivo che unì liberali, comunisti, socialisti e radicali con i grandi latifondisti e con l'Esercito”6

La “Revolución Libertadora”, che depose Perón, cercò di cancellare ogni traccia

del peronismo: con il líder lontano dall'Argentina e dagli argentini, i governi di Lonardi e

Aramburu intendevano estirpare completamente i semi del populismo giustizialista, prima di tutto dal punto di vista sociale e culturale: “Sarà considerato violazione di questa disposizione usare fotografie, ritratti o sculture dei funzionari peronisti o dei loro parenti; lo scudo e la bandiera peronista; il nome del presidente deposto e quelli dei suoi parenti; i termini 'peronismo', 'peronista', 'giustizialismo', 'giustizialista', 'terza posizione'; celebrare le date festeggiate dal regime deposto; eseguire le composizioni musicali allusive (come la marcia peronista) […]”

.

7

Messo alle strette, Aramburu non poté che indire per il 1958 nuove elezioni, nelle quali, grazie all'appoggio di Perón dall'Europa, trionfò il radicale Arturo Frondizi. Nonostante le premesse positive, però, il neo-presidente decise di non revocare la proscrizione, costringendo molti peronisti a schierarsi all'opposizione. A ogni modo, le misure economiche del desarrollista Frondizi sembrarono rimettere in piedi l'economia

argentina, che fece segnare una netta ripresa dell'industria. Un nuovo colpo di stato depose, però, il governo, convocando i cittadini a nuove elezioni, che videro l'affermazione del radicale Arturo Illia.

. La proscrizione del peronismo investì anche l'aspetto economico: il “Piano Prebich” prevedeva un ritorno alla produzione agricola e zootecnica, ignorando i progressi in campo industriale e provocando così svalutazione, disoccupazione, apertura senza freni al capitale straniero. In pochi anni, l'Argentina regredì drasticamente, alimentando i primi focolai di ribellione, la famosa “resistencia peronista”, fatta di scioperi, sabotaggi e attentati.

Dall'ambito strettamente argentino, intanto, le discussioni politiche si allargavano a tutto il Sud America. L'ingresso trionfale di Fidel Castro a Cuba mostrava l'efficacia della violenza organizzata come via alternativa a quella riformista. Proliferarono, quindi, in tutto il continente i gruppi terroristici e guerriglieri, che negli anni '70 avranno il

6 María Seoane, Argentina. Paese dei paradossi (2004), op. cit., p. 84. 7 Ivi, p. 86.

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centro della scena. Anche l'arresto in Brasile di Perón, mentre cercava di rientrare in Argentina, venne accolto negativamente dalla sinistra del peronismo, ormai convinta che la via politica fosse insufficiente a modificare la situazione. Il guevarismo ebbe dunque

un'influenza decisiva, anche perché trovò un terreno decisamente fertile: “La classe media abbandonò a poco a poco le sue tradizioni antiperoniste. I figli degli operai o dei ceti medi erano nati durante il peronismo. La così lunga proscrizione di quella corrente politica non fece che infiammare il fuoco rivoluzionario nelle loro file. A questo movimento politico si sarebbe sommato il movimento culturale. […] Il rinnovamento nelle forme e nel contenuto della cultura -spiega ancora María Seoane nel suo saggio

Argentina paese dei paradossi- raggiunse il giornalismo e l'industria editoriale. Il nuovo stile

era diffuso dalle pagine della rivista Primera Plana, diretta e fondata nel 1962 dal

giornalista Jacobo Timerman, che rivoluzionò il modo di fare giornalismo, contribuì alla divulgazione della sociologia e della psicoanalisi, diffuse le attività dell'Instituto Di Tella, si aprì al cinema europeo -che raccomandava con le sue recensioni- e, soprattutto, pubblicò e fece conoscere i grandi scrittori latinoamericani, anticipando in qualche modo quello che sarebbe stato poi il boom della letteratura del continente”8

Come anticipato, a partire dal 1969 collaborò con Primera Plana anche Osvaldo

Soriano, che seguì Timerman a La Opinión, dove inizialmente si occupava dell'ambito

sportivo, per passare poi al supplemento culturale e infine alla sezione politica, nella quale arrivò a scrivere della morte di Juan Domingo Perón.

.

Intanto la situazione politica argentina si deteriorava in maniera allarmante. Nel 1966, indeciso se inviare o meno le truppe che gli USA richiedevano per il loro intervento nella Repubblica Dominicana, Illia subì un nuovo colpo di Stato, che portò al potere il generale Onganía9

8 Ivi, pp. 105-107.

. Per la prima volta, i vertici militari annunciarono che il loro governo

de facto aveva “obiettivi ma non limiti”, manifestando così il proposito di perpetuarsi nel

potere. Gli obiettivi, peraltro, erano dichiarati: ordine e lotta al pericolo marxista. Il dissenso delle opposizioni sfociò nell'aperta ribellione, incarnata dai gruppi di guerriglia. Su tutti, l'ELN (“Ejército de Liberación Nacional”) raccoglieva socialisti e comunisti che si preparavano per unirsi al Che in Bolivia ed estendere la Rivoluzione; l'ERP (“Ejército

9 Fu lo stesso Onganía ad annunciare indirettamente l'entrata in campo dell'esercito, quando dal Brasile definì la teoria delle “frontiere ideologiche”: l'allineamento con gli Stati Uniti nella lotta contro quelli che insorgevano in tutto il territorio latinoamericano.

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Revolucionario del Pueblo”) era il braccio armato del Partido Revolucionario de los Trabajadores, rappresentante delle idee radicali di stampo marxista. La prima riunione della OLAS (“Organización Latinoamericana de Solidaridad”, presieduta da Salvador Allende), all'Avana, fece il resto, decidendo che la lotta rivoluzionaria armata costituiva la linea fondamentale della rivoluzione nell'America Latina. Infine, il Che morto (in Bolivia, nel 1967) infiammò gli animi ancor più del Che vivo, e fare o non fare guerriglia divenne la linea di demarcazione tra i “rivoluzionari” e i “riformisti”.

Il celeberrimo Cordobazo (l'uccisione di uno studente da parte delle forze militari

nella provincia di Corrientes) segnò poi la fine del governo Onganía e la nascita del gruppo guerrigliero urbano peronista dei Montoneros. I cambiamenti al vertice del governo -la sostituzione di Onganía con Levingston e la decisione di accettare la legalità del peronismo per calmare le acque- avevano un solo obiettivo: “cercare una via d'uscita politica per impedire che l'esplosione del vulcano seppellisse di lava il sistema”10

Prima a La Opinión e poi a «El Cronista Comercial», Soriano fu diretto testimone

dell'evolversi degli eventi nella Buenos Aires degli anni di piombo. Nel 1971, ad esempio, redasse e firmò, inseme ad altri artisti e intellettuali preoccupati per l'escalation di violenza che si viveva nel paese, una “Carta abierta al señor presidente de la Nación”: la lettera costituiva una pesante presa di posizione contro il governo, al cui rappresentante massimo si chiedeva “cuáles son los métodos de la guerra que la parcialidad que usted representa considera válidos y legítimos y si entre ellos se encuentra la ejecución sin proceso de cualquier opositor”

.

11

Alla fine, Lanusse fu costretto a permettere il ritorno di Perón in Argentina. Si decise però per un'esclusione del líder dalla competizione elettorale allora alle porte, nella

quale i peronisti presentarono un fedelissimo del generale, Héctor Cámpora. L'11 marzo 1973 il Partito Giustizialista tornò al potere con il 49% dei consensi, sulla scorta del motto “Cámpora al governo, Perón al potere”, slogan di una campagna elettorale

. Il presidente cui era rivolta la “Carta” era il generale Alejandro Lanusse, chiamato a succedere a Levingston con il compito di cercare una via d'uscita politica a quella che si delineava ormai come una guerra civile. L'unico modo era negoziare questa uscita con lo stesso Perón, inviso alla sinistra tradizionale, ma invocato a gran voce dal blocco storico, formato da un'alleanza di lavoratori, ceti medi e borghesia nazionale.

10 Ivi, p. 121.

11 La lettera è riportata da Fernando Varea in El cine argentino en la historia argentina, citato in David Prieto Polo, La subversión de la historia (2006), op. cit., p. 22.

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sostenuta dalla Juventud Peronista, che riuniva la sinistra armata e non armata del peronismo nella comune volontà di realizzare una “patria socialista” e che militava o simpatizzava con i Montoneros.

1.2. L’esordio letterario

Proprio in questo contesto di quotidiana violenza, verbale e fisica, Soriano diede avvio alla propria carriera di romanziere. Come detto, all'epoca era un giornalista alle prime armi, da poco inurbato, e si occupava soprattutto dell'ambito sportivo. Dei suoi passaggi per le redazioni bonaerensi rimarranno testimonianze in un testo pubblicato anni dopo,

Artistas, locos y criminales, dove saranno raccolti articoli pubblicati nei primi anni a Buenos

Aires. Fra gli altri “pezzi”, spicca una serie di quattro articoli intitolata Laurel y Hardy. El error de hacer reír, che costituisce la forma embrionale del suo primo romanzo, Triste, solitario y final12

Triste, solitario y final è un piccolo capolavoro. Per quanto formalmente rientri nel

genere poliziesco, sulla scorta della letteratura hard-boiled nordamericana di Raymond

Chandler (che ha ispirato il titolo -una frase tratta da The long goodbye- ed è fortemente

presente all'interno del romanzo, dove uno dei protagonisti

. Vera e propria rivelazione nel panorama della letteratura argentina, l'opera ottenne recensioni molto positive e venne perfino presentata al premio Casa de las Américas dell'Avana, incoraggiando Soriano a proseguire la propria attività letteraria.

13

Altra componente importante è l'esotismo di un romanzo ambientato fuori dall'Argentina: Soriano aveva cominciato a scrivere parti della storia senza esser mai è lo stesso Philip Marlowe eroe di molti episodi di Chandler), l'opera ha in sé significati ben più profondi. La riscoperta di una Hollywood gettata nel dimenticatoio, quella del Gordo e del Flaco,

acclamati dal pubblico, ma accantonati e a volte addirittura danneggiati dai loro stessi colleghi, che li hanno relegati ai margini dell'industria cinematografica; dopo la morte di Ollie, Stan Laurel si rivolge a Marlowe proprio per capire il perché di un ostracismo che l'ha ridotto alla miseria. L'omaggio a Stanlio e Ollio si accompagna alla forte stroncatura della grande Hollywood, e in particolare di Charlie Chaplin e di John Wayne

12 Il romanzo uscì nel 1973 per conto dell'editrice Corregidor di Buenos Aires. Come faremo presente poco oltre, nonostante le convenzioni di genere e l'ambientazione “esotica”, già questo romanzo offre chiari riferimenti alla realtà argentina del momento.

13 L'altro è lo stesso Osvaldo Soriano, che rappresenta se stesso all'interno del romanzo: un giornalista argentino che si reca a Los Angeles per indagare sulla morte di Stan Laurel. L'incontro con Marlowe (investigatore privato, l'ultima persona ad aver avuto a che fare con Stan), al cimitero di Forest Lawn, è casuale e costituisce la chiave di volta dell'intreccio.

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stato negli USA (lo farà soltanto in un viaggio del 1972 per conto de La Opinión, viaggio

di cui si ha testimonianza in Tribulaciones de un argentino en Los Angeles14

Da non sottovalutare, poi, anche nell'ottica di un successivo sviluppo stilistico della scrittura di Soriano, la commistione dei toni su cui si regge tutta l'opera. Il poliziesco domina la trama, ma non mancano inserti comici, per non parlare degli scorci cinematografici offerti da molte pagine del libro. Molte scene si aprono, infatti, con vedute delle città nordamericane (pensiamo all'incipit del romanzo, che descrive l'arrivo in nave di Charlie Chaplin e Stan Laurel a New York), come se un'immaginaria macchina da presa le mostrasse al lettore svelandole gradualmente, attraverso una nebbia densa che si dirada con l'approssimarsi del porto. Inoltre, le dinamiche del poliziesco lasciano spesso spazio a inserti giocosi, che rimandano direttamente alle comiche di Stanlio e Ollio, costituendo simbolicamente un omaggio ai due comici e concretamente un cambio di ritmo nell'economia del romanzo, che -grazie alle risse provocate dai protagonisti e al riso che esse provocano nel lettore- risulta ancor più frizzante e godibile.

), perciò si ha spesso l'impressione di trovarsi in qualche vecchio film noir e la sceneggiatura è

fortemente in debito con gli ambienti creati da Chandler o da Dashiell Hammett.

Se il romanzo rappresenta in qualche modo una via di fuga dalla realtà complicata dell'Argentina dei primi anni '70, esso fornisce comunque almeno un paio di spunti che meritano di essere approfonditi. Nelle prime pagine del libro, il Gordo e il Flaco ricordano i tempi in cui si erano esibiti a Buenos Aires:

Ollie sonríe. Recuerda aquellos rosedales de Palermo, los mateos y los bares de la estación Retiro. Buenos Aires era una linda ciudad en 1915. […] No sabe por qué, pero otra vez recuerda los rosedales, las mujeres tímidas y los hombres impecables que las toman del brazo. Los compases del tango le traen a la memoria a aquel hombre, el bandoneonista -Pacho lo llamaban-, que siempre estaba haciéndole chistes por su barriga y su lamentable español. Pacho sospechaba que Ollie comprendía el español, pero hablaba en inglés para no meterse en líos. El tango ha dejado de oírse y el Gordo sonríe frente al flaco y le hace un gesto cómplice. El flaco entiende y sonríe también. Ahora recuerda su viaje a Argentina en 1914, sus acrobacias de payaso en un teatro céntrico (el Casino, cree recordar), la esperanza que tenía de ser alguna vez actor de cine o director. Quizá ha recordado aquellos corralones donde podía escucharse el tango y compartir un vaso de vino con hombre de pañuelo al

14 Si tratta di una serie di quattro articoli (“To Los Angeles”, “Cara de alquitrán”, Mi sexo y el tuyo” e “Hollywood adiós”) apparsi su La Opinión nel 1974 e poi raccolti in Artistas, locos y criminales).

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cuello y mirada sobradora.15

Il ricordo di episodi della giovinezza dei due personaggi permette a Soriano di rinverdire i nostalgici fasti dell'Argentina del primo Novecento, ricca e cosmopolita, così lontana dalle circostanze a lui contemporanee. Circostanze che emergono, invece, nel finale del romanzo: Marlowe e Soriano salgono su un treno per sfuggire alla polizia (che li insegue dopo la rissa scatenata durante la cerimonia di consegna degli Oscar16

Sembra pienamente condivisibile l'interpretazione di Raul Soumerou, secondo il quale “la opción por una pareja argentina y por una pareja de edad parece circunstancial e intrascendente pero no lo es”. Il critico sottolinea almeno due aspetti rilevanti dell'episodio: la facilità con la quale l'uomo denuncia i profughi prima di chiunque altro suggerisce una familiarità con la delazione che non sorprende

), ma a bordo Soriano si trova di fronte due compatrioti, più anziani, che in lui riconoscono il ricercato e lo denunciano alle autorità ferroviarie.

17; l'età dei personaggi argentini che si trovano sul treno (due vecchi -che denunciano; un giovane -che trasgredisce) delinea un aspetto dello scontro politico degli anni '70: “[…] quienes más que nadie desafiaron de manera violenta la violencia del poder y sus apoyaduras (policial, militar, para-policial, para-militar) fueron los militantes de menos de cuarenta años, algunos a través de los grupos guerrilleros; otros a través de estructuras sindacales; otros aún por la vía de las juventudes partidarias”18

Nonostante la distanza sul piano tematico, dunque, perfino in Triste, solitario y final affiora la realtà immediata della Repubblica Argentina anni '70, perché i personaggi

(in particolare, i personaggi argentini) l'hanno inevitabilmente interiorizzata. .

1.3. Gli anni di piombo

Intanto nel panorama culturale argentino si mantenevano enormi le difficoltà

15 Osvaldo Soriano, Triste, solitario y final, Buenos Aires, Editorial Sudamericana, 1986, p. 24. 16 Si tratta della consegna degli Academy Awards 1972: in quell'occasione, infatti, l'ottantacinquenne Chaplin ottenne l'Oscar alla carriera. Per la cronaca, anche Stan Laurel vinse nel 1960 un Oscar alla carriera, che intendeva premiare la parabola cinematografica sua e contemporaneamente quella del defunto Oliver Hardy.

17 Durante i periodi dittatoriali argentini l'invito alla delazione degli oppositori fu, infatti, una spiacevole costante.

18 Citazioni da Raul Soumerou, “Crónica de la derrota con honra: tres novelas de Osvaldo Soriano: Triste, solitario y final, No habrá más penas ni olvidos, Cuarteles de invierno”, in Cahiers d'Etudes Romanes, Parigi, 1990, pp. 82-83.

(16)

“ambientali”, soprattutto per uno scrittore che si professava “izquierdista”19

Con Perón gravemente ammalato e poi morto, a 78 anni, il 1° luglio 1974, sarà proprio la destra peronista, la cui mente era il Ministro del Benessere Sociale, el Brujo

José López Rega, e il cui braccio armato era la “Triple A” (“Alianza Anticomunista Argentina”, un gruppo terrorista di ultradestra formato da poliziotti e militari), a prendere in mano le redini della Nazione, conducendola inevitabilmente verso un nuovo

golpe. Difatti, con l'inflazione alle stelle e una vera e propria guerra civile in atto in tutta

l'Argentina, nel marzo 1976 una Junta Militar, guidata dal Generale Jorge Rafael Videla,

comandante dell'Esercito, e composta inoltre dall'Ammiraglio Emilio Massera, capo della Marina, e dal Brigadiere Generale Orlando Ramón Agosti, capo dell'Aeronautica, realizzò un ennesimo colpo di stato, dando avvio al Proceso de Reorganización Nacional e

allineando l'Argentina agli altri paesi del Cono Sud (Bolivia, Uruguay, Cile), tutti quanti soggetti a dittature di stampo militare.

. La vittoria, nelle elezioni del '73, del “Frente Justicialista de Liberación Nacional”, che portò al governo Cámpora, facilitò il ritorno in patria di Perón, che infatti sbarcò all'aeroporto di Ezeiza il 20 giugno dello stesso anno. Mentre attendevano l'arrivo dell'aereo, però, peronisti di destra e peronisti di sinistra si scontrarono violentemente, provocando centinaia di morti e feriti. L'episodio muterà anche l'atteggiamento dello stesso líder che,

di nuovo al potere dopo ulteriori elezioni celebrate il 23 settembre, già nel discorso di insediamento alla Casa Rosada dichiarò di voler scovare e neutralizzare gli “infiltrati” marxisti che minacciavano di erodere il movimento giustizialista dall'interno, e ciò coincise con un maggior potere attribuito all'ala di estrema destra del partito.

19 Tito Cossa ha definito Soriano “un socialista indipendente, ma all'interno di un socialismo più vicino alla sinistra, più trotzkista”; Gianni Minà, altro suo grande amico, ha detto di lui: “Credo sia stato un sincero libertario, un progressista, un uomo di sinistra che aveva ben presenti i diritti di tutti, che aveva il culto della solidarietà, un profondo rispetto per chiunque”. Altrettanto importante risulta essere il rapporto fra Soriano e il peronismo: egli era molto critico con tutti i gruppi che orbitavano intorno al movimento e li considerava causa del dramma che stava vivendo l'Argentina in quegli anni. Comunque, per quanto lo scrittore disprezzasse la componente “fascista” di Perón e del Partito Giustizialista in generale, simpatizzava con alcuni esponenti politici di quel gruppo e nutriva una vera e propria venerazione per il mito di Evita. “Osvaldo -spiega Pasquini Durán- ha avuto con il peronismo il rapporto conflittuale che ha avuto tutta la sinistra. In certi momenti se n'è sentito attratto, in altri disgustato”. Come attesta Félix Samoilovich, suo compagno di esilio a Parigi: “Una volta disse: «Ho smesso di essere peronista durante l'adolescenza e non sono mai riuscito a diventare antiperonista»”. La chiosa spetta allo scrittore uruguayano Eduardo Galeano, che con grande lucidità afferma: “Non direi che il Gordo era peronista, probabilmente non è possibile appiccicargli nessuna etichetta: né comunista, né socialista. Il Gordo era un uomo di sinistra, indipendente. E penso che credesse nella libertà e nella giustizia […].” (Citazioni da Eduardo Montes-Bradley, Osvaldo Soriano. Un ritratto, (2001), op. cit., pp. 49-54).

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La narrativa prodotta dalla penna di Osvaldo Soriano in questi anni tormentati -non a caso definiti “de plomo”- della storia della nazione non poteva che riflettere le circostanze politiche e sociali coeve. Non soltanto attraverso il giornalismo, dunque, egli avrebbe seguito passo passo i mutamenti in atto nel paese, le atrocità vissute dagli argentini e la crisi abissale che li attendeva; la narrativa, e il romanzo in particolare, costituivano per lui un altro canale di testimonianza e commento di quelle vicende storiche, nonché di trasmissione degli stessi avvenimenti ai posteri.

Le lotte armate interne al peronismo degli anni '73-'76 ispirarono, come vedremo, il secondo romanzo di Osvaldo Soriano, No habrá más penas ni olvido20. Quindi, lo scrittore decise di lasciare il paese. Due mesi dopo il golpe, nel giugno del 1976, col

pretesto di un'intervista al mito del pugilato argentino Carlos Monzón, che avrebbe combattuto per il titolo di Campione Mondiale dei Pesi Medi a Monaco contro Jean-Claude Boutier, Soriano prese un aereo per l'Europa21. Prima si stabilì in Belgio, dove conobbe Catherine Brucher, che in seguito sarebbe diventata sua moglie e gli avrebbe dato l'unico figlio, Manuel; poi si trasferì definitivamente a Parigi. Nella capitale francese co-editò, insieme a Julio Cortázar, la rivista Sin censura,22 continuando a occuparsi delle cose argentine; l'uscita del suo terzo romanzo, Cuarteles de invierno23

Intanto il Proceso si era rivelato un fiasco totale: costretto alla feroce repressione

di ogni dissidente, odiato in patria e all'estero per le negazioni dei diritti umani perpetrate, il governo giocò le sue ultime carte prima con l'organizzazione del Campionato Mondiale di Calcio del 1978 -vinto, forse non a caso, proprio dall'Argentina-; poi, quando il potere era già passato nelle mani del generale Leopoldo Fortunato Galtieri, con l'attacco alle postazioni britanniche sulle Isole Malvinas / Falkland -concluso col massacro dei soldati argentini e con una netta riaffermazione della sovranità inglese-. Manovre politiche dal respiro incredibilmente breve, né l'una né l'altra riuscirono ad allungare la vita al regime: le nuove elezioni si svolsero il 30 ottobre , contribuì a far conoscere al mondo le atrocità del regime di Videla.

20 Scritto quando Soriano era ancora in patria, il romanzo fu pubblicato durante l'esilio europeo dello scrittore e prima in traduzione italiana da Einaudi, nel 1979; in Argentina uscì soltanto dopo la fine della dittatura. Si veda in proposito il capitolo 3.1.

21 In realtà, il nome di Soriano figurava in due liste di persone da far sparire, dopo che un oscuro personaggio, che in passato era stato suo collega e amico, lo aveva denunciato pubblicamente in televisione, affermando che “la sovversione culturale è l'altra faccia della guerriglia”.

22 Si trattava di un mensile destinato “al análisis democrático y crítico de la situación en la Argentina y en los otros países sometidos a dictaduras fascistas”.

23 Anche quest'opera uscì prima in traduzione italiana per conto di Einaudi, nel 1981, mentre fu pubblicato in Argentina soltanto l'anno successivo. Si veda in proposito il capitolo 3.2.

(18)

1982 e videro il trionfo di Raúl Alfonsín, candidato della “Unión Cívica Radical”.

Nei primi mesi del 1984 Soriano fece ritorno in patria. Una volta lì, pubblicò una serie di libri riunendo gli articoli scritti per i diversi media nazionali (El Periodista, Página 12) e stranieri (Le Monde, Libération y Le Canard Echainé in Francia; L’Unita, Música e Dossier e Il Manifesto in Italia; la rivista Merian dell'ex-Germania Federale) per i quali aveva

lavorato. Al già menzionato Artistas, locos y criminales (del 1983) si aggiunse quindi, nel

1988, Rebeldes, soñadores y fugitivos, una raccolta di biografie. Intanto il cineasta argentino

Héctor Olivera aveva realizzato, nel 1983, un film tratto da No habrá más penas ni olvido

che vinse l'Orso d'Oro al Festival di Berlino dell'anno successivo.

La caduta del regime di Videla non cancellò, comunque, i problemi dell'Argentina. Problemi politici ed economici, causa di gravissimi difficoltà in campo sociale. E per l'ennesima volta fu la narrativa di Soriano, ancor prima e ancor più del suo giornalismo, a testimoniare l'evolversi della situazione storica. Nel 1986 lo scrittore pubblicò il suo quarto romanzo, A sus plantas rendido un león, satira della sinistra politica

sullo sfondo del conflitto delle Malvinas24. Nel 1990 uscì invece il quinto romanzo, Una

sombra ya pronto serás, vera e propria road novel sul modello americano25 che prende la Pampa desolata come metafora della desolazione e della disperazione dell'Argentina e degli argentini negli anni che seguirono la restaurazione della democrazia.

1.4. La primavera della democrazia

Il governo democratico di Alfonsín si insediò il 10 dicembre 1983. La sua prima decisione fu di ordinare il processo a tutti i vertici militari della dittatura e ai capi della guerriglia: colpendo nelle due direzioni e simultaneamente, si intendeva riscattare e difendere una società “sprovveduta” e “neutrale” che per quindici anni “era stata aggredita, a partire da due estremismi ideologici, da terroristi armati in certo qual modo a essa estranei (estranei alla sua ideologia, al suo sentire e alla sua tradizione pacifica). Questa concezione non tardò a essere battezzata, a livello popolare e in senso peggiorativo, come «la teoria dei due demoni», e sul piano sostanziale era un'idea sbagliata sui gravi scontri verificatisi in Argentina”26

24 Si veda in proposito il capitolo 3.4.

.

25 I modelli di riferimento sono le opere della beat generation, quindi in particolare Sulla strada di Jack Kerouac, e i film del tedesco di Hollywood Wim Wenders. A proposito di questo romanzo, si veda il cap. 3.3.

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La politica della punizione trovò ampi consensi, soprattutto nelle associazioni giovanili e nei partiti politici; intanto proliferavano le organizzazioni per i diritti civili, su tutte il CONADEP (“Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas”), che aveva il compito di ritrovare i desaparecidos: la relazione di fine lavoro, nota come il Nunca Más (Mai più), rimarrà un documento storico nella lotta internazionale per i diritti

umani. I processi alle giunte militari -che si ispiravano al giudizio di Norimberga o a quello contro i responsabili della “dittatura dei colonnelli” in Grecia- iniziarono nell'aprile del 1985: seguendo un'impostazione estremamente garantista, si giunse alla condanna dei cinque esponenti principali del Proceso de Reorganización Nacional, Jorge

Rafael Videla (ergastolo), Emilio Eduardo Massera (ergastolo), Orlando Ramón Agosti (quattro anni e sei mesi di reclusione), Roberto Eduardo Viola (diciassette anni di reclusione) e Armando Lambruschini (otto anni di reclusione).

La rinascita democratica del paese fu, però, tutt'altro che lineare: durante la Settimana Santa del 1987 una sommossa militare guidata dal tenente colonnello Aldo Rico (e dominata da ufficiali di rango medio che si tinsero la faccia di bitume e per questo passarono alla storia come i carapintadas)27 mise a dura prova il governo di Alfonsín, mentre centinaia di migliaia di persone si riversavano in strada in tutta l'Argentina per difendere la democrazia. La resa dei militari ebbe un prezzo eticamente altissimo: l'approvazione delle leggi del Punto Final e di Obedencia Debida, conosciute

come le “leggi di impunità”28

Condannato da una situazione economica quasi irreversibile, in cui l'inflazione aumentava vertiginosamente di anno in anno, e dalla colpa di aver fatto prevalere la Ragion di Stato, negoziando l'impunità dei crimini della dittatura, Alfonsín si dimise in anticipo, nel 1989, lasciando il posto al caudillo di provincia Carlos Saúl Menem che,

eletto al grido “Siganme!” (Seguitemi!) e grazie alle promesse di una “rivoluzione produttiva” e di salariazo (aumento generalizzato dei salari), inaugurò il cosiddetto

“decennio canaglia”, in cui “illusionisti e tecnocrati avrebbero incominciato a dominare . Ci pensò il successivo governo Menem a chiudere il cerchio, concedendo l'indulto ai comandanti in carcere che avevano fatto il lavoro “sporco”.

27 Non si trattava di un vero colpo di stato: i rivoltosi chiedevano l'interruzione dei processi (che, sulla scorta dell'opinione pubblica, si stavano moltiplicando giorno dopo giorno) e rivendicavano l'onestà del loro operato.

28 I due provvedimenti mettevano fine all'esclation processuale contro i militari protagonisti della dittatura e liberavano da ogni responsabilità coloro che avevano commesso crimini di lesa umanità eseguendo ordini dei superiori.

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la scena politica”29.

1.5. Il cerchio si chiude

Altri due romanzi (El ojo de la pátria, del 1992, e La hora sin sombra, del 1995, oltre al

romanzo per bambini El negro de París, pubblicato originariamente nel 1985 e in una

nuova edizione nel '96) e due volumi di racconti e articoli vari (Cuentos de los años felices,

1993, e Piratas, fantasmas y dinosaurios, 1996) videro la luce prima della morte di Osvaldo

Soriano, avvenuta il 29 gennaio 1997, nella città di Buenos Aires, a causa di un cancro ai polmoni.

Con El ojo de la pátria Soriano torna alla parodia dei romanzi di genere,

riprendendo un filo interrotto dopo la pubblicazione di Triste, solitario y final. L'opera è,

infatti, ricca di spunti divertenti che intendono prendere a modello e contemporaneamente ridicolizzare i personaggi alla James Bond, ai quali è accostato il protagonista, “el agente confidencial” Julio Carré. Ma anche nella figura del “prócer”, l'eroe dell'indipendenza di cui Carré deve riportare in patria la salma, gioca un po' sulle storie in qualche modo simili di Juan Manuel de Rosas e di Eva Perón. Il primo, fuggito in Europa dopo la sconfitta di Caseros che aveva posto fine al suo governo, era morto in Inghilterra nel 1877, ma il suo cadavere non fu fatto rientrare in Argentina fino al 199030

Il romanzo è anche un modo per sancire la fine di un'epoca storica: quella della Guerra Fredda, più o meno terminata dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989. La visione del mondo dello spionaggio internazionale, che tanta importanza aveva rivestito ; la salma imbalsamata di Evita -morta nel 1952- era, invece, stata sottratta dalla sede della CGT (il sindacato peronista) nel 1955, quando i militari protagonisti del colpo di stato che aveva destituito Perón -e il presidente Aramburu in primis- decisero che il corpo dovesse giacere lontano dall'Argentina. Le rocambolesche vicende vissute dalla salma di Evita -raccontate nel romanzo Santa Evita di Tomás Eloy Martínez e nel

racconto Esa mujer di Rodolfo Walsh- ne fecero perdere le tracce: sepolta per alcuni anni

in un cimitero di Milano, venne dissotterrata e spedita a Perón a Madrid nel 1971, per poi venir rimpatriata tre anni dopo e sepolta nel cimitero di La Recoleta.

29 Ivi, p. 193.

30 Soriano aveva dedicato a Rosas un articolo incluso in Piratas, fantasmas y dinosaurios. Nell'articolo lo definisce “el hombre más temido y detestado de toda nuestra historia” e lo prende a pretesto per criticare l'operato del governo Menem: incapace di risolvere i gravi problemi del paese, Menem aveva pensato di rimpatriare la salma di Rosas per creare una cortina di fumo e deviare l'attenzione dalla politica governativa.

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nella seconda metà del secolo, è adesso totalmente demistificatrice31, e il personaggio di Julio Carré è probabilmente l'esatto opposto del mito James Bond. Come nel primo romanzo di Soriano, però, nonostante le dinamiche di genere, emerge anche qui il riferimento costante alla realtà storica argentina. La critica ai “nuovi regimi” sudamericani che, saliti al governo dopo la fine delle dittature, si sono mascherati dietro una falsificazione del sistema democratico e hanno continuato a gestire in maniera univoca il potere32. D'altra parte, il debito estero con la Banca Mondiale ha pregiudicato, in molti casi, il progresso dei paesi del Cono Sud, la cui politica economica è stata dettata inevitabilmente dall'esterno. La chiosa finale di Carré è apparentemente senza speranza: l'unica cosa che rimane sono gli eroi dell'infanzia (gli stessi eroi di Soriano); non sopravvivono illusioni e, in effetti, l'unico mondo che si mantiene in piedi è quello delle grandi multinazionali, come Walt Disney, Coca-Cola, MacDonald's. Nel sogno conclusivo assistiamo a una sfilata di Carnevale in piena regola, per un mondo onirico che non è altro che pura maschera:

Los disfraces caían con el apuro y el sueño. Carré caminaba al azar empujando el coche de María Antonieta con el prócer desparramado entre almohadones y estrellitas de cotillón. Un flaco bajito que se había quitado la cabeza de Pluto comía una hamburguesa y le hablaba con la boca llena a una pecosa con plumas de piel roja. Clark Kent se limpiaba los anteojos y Pete se quitaba la pata de palo. Carré sentía un gusto amargo, como si otro chico le hubiera robado las figuritas. Qué le importaba estar vivo o muerto. Sus héroes parecían los mismos pero los gestos habían cambiado. Todos llevaban una máscara encima de otra. Caretas de vencedores que lo habían perdido todo por el camino.33

L'ultimo romanzo di Soriano, La hora sin sombra, sancisce nel 1995 la fine di una carriera

letteraria, e in questo senso non c'è da stupirsi che esso assuma la struttura e i toni dell'autobiografia. Il protagonista, uno scrittore che percorre tutta la geografia argentina in cerca di suo padre, malato terminale di cancro “evaso” dall'ospedale, è lo stesso

31 I primi spunti parodici relativi al mondo delle spie e ai romanzi di spionaggio si ritrovano in A sus plantas rendido un león, nella “guerra fredda” combattuta fra le potenze internazionali attirate dal predominio sulle colonie africane e favorevoli o contrarie alla rivoluzione marxista di Quomo. Per un approfondimento del romanzo, rimandiamo al capitolo dedicato.

32 In questo caso il rimando non è soltanto all'Argentina, ma anche al Guatemala o a El Salvador, dove i gruppi di ultradestra hanno mantenuto le redini dello stato, oppure al Cile, dove per molti anni è rimasta la minaccia di un nuovo colpo di stato militare. La fine del Comunismo si è poi sommata al male peggiore dei governi sudamericani: il caudillismo, emerso nuovamente in Venezuela, in Messico, in Bolivia e nella stessa Argentina (il caso di Menem).

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Soriano (non a caso l'autore utilizza la narrazione in prima persona): egli realizza, al contempo, una ricerca interiore e, con il romanzo nel romanzo ispirato alla vita dei suoi genitori, anche una riflessione sulla scrittura e sul mondo letterario.

Per quanto sia possibile, anche in questo caso, una lettura diciamo “politica” dell'opera, che attraverso la rilettura del passato intende conoscere e spiegare la decadenza e la corruzione del presente dell'Argentina34, prevale un'interpretazione psicologica di questo romanzo, soprattutto per quel che riguarda la resa dei conti con i genitori e in particolare con la figura del padre. In questo, La hora sin sombra costituisce

un binomio inscindibile con la sezione “En el nombre del padre” di Cuentos de los años felices, la raccolta di articoli pubblicata l'anno precedente. Quei racconti e questo

romanzo hanno un importante punto di contatto: uniscono elementi o aneddoti realmente accaduti (a Soriano, ai suoi genitori o a qualche suo parente) a eventi creati dall'immaginazione dello scrittore, rendendo in tal modo la narrazione accattivante e mantenendola costantemente ai limiti tra realtà e finzione.

1.6. Historia y ficción

La stretta correlazione tra realtà e fiction che sostanzia la narrativa di Soriano non

significa, comunque, che lo scrittore fosse interessato a una ricostruzione storica strictu sensu, ma piuttosto a una riflessione riguardante le forme in cui quel passato era stato

fino ad allora letto e scritto. Questo processo di appropriazione implicava un atto di risemantizzazione della memoria, vale a dire una reinterpretazione del discorso storico, uno smantellamento di quel sistema operato a partire dall'universo della finzione. Esso apriva allora uno spazio in cui poter esplorare, riscrivere, leggere l'identità nazionale e i problemi sociali di un'Argentina contemporanea che ancora si dibatteva con i fantasmi del suo recente passato.

I presupposti alla base dei romanzi non erano molto diversi da quelli che avevano mosso l'indagine compiuta nella sezione Otra historia dei suoi Cuentos de los años felices. Nella breve prefazione, Soriano ne spiega la genesi:

Durante un año pasé largas noches alterándome de muchas cosas que los colegios no me

34 Il protagonista del romanzo commenta: “De pronto la historia se había vuelto una pasión de todos. Queríamos saber de dónde venían los males de la pátria y qué íbamos a hacer con ella después de la victoria. Necesitábamos encontrar un pasado orgulloso que gobernara el porvenir” (Osvaldo Soriano, La hora sin sombra, Barcelona, Editorial Seix Barral, 2004, pp. 35-36).

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habían enseñado. Pensé, entonces, que yo no era el único en ignorarlas y me puse a armar pequeños rompecabezas de datos y fechas que a veces se contradicen de una a otra fuente. Me gustó hacerlo porque me pareció que en el pasado encontraba algunas claves para comprender el país de hoy y adivinar al que tendremos mañana.35

Nei romanzi che andremo ad analizzare non c'è nessun passato da svelare o da valutare, ma semmai un futuro da costruire correggendo gli errori del presente; anche qui, però, l'autore cerca di offrire una visione differente dei fatti che si stanno verificando: non cerca, come vedremo, di indottrinare o impiantare l'utopia di un mondo diverso, ma semplicemente vuole mostrare la contemporaneità dall'ottica di chi è rimasto relegato fuori dai resoconti ufficiali dei fatti, e quindi dalla prospettiva degli emarginati, degli sconfitti, ai quali pochissime volte la storia ha dato voce.

I testi di Soriano non rientrano propriamente nel genere del romanzo storico, almeno sulla base del paradigma stilato da György Lukács intorno alla metà del secolo scorso36. I romanzi di cui ci occuperemo nei prossimi capitoli rientrano, semmai, in quell'insieme variegato che fu la letteratura prodotta dentro e fuori dall'Argentina durante gli anni di piombo, gli anni della dittatura militare, gli anni della ricostruzione democratica. Gli scritti dell'epoca nacquero come alternativa al discorso monolitico del potere, nel quale gli obiettivi della società non erano rappresentati37

35 Osvaldo Soriano, Cuentos de los años felices, Buenos Aires, Editorial Sudamericana, 1993, p. 59. .

36 Il riferimento è a György Lukács, Il romanzo storico, Torino, Einaudi, 1965. Esistono comunque elementi che ci permettono di accostare questi testi a certi postulati di cui Lukács si è servito per la delimitazione del genere letterario: egli sostiene che il romanzo storico debba coprire quegli spazi vuoti che gli storici ignorano e che corrispondono al riscatto delle persone comuni che parteciparono agli eventi. Secondo Lukács, questo si raggiunge attraverso un'umanizzazione dei personaggi, ottenuta però in modo che essi non abbiano altre caratteristiche che non siano quelle che li definiscono come “individui storici”; ciò significa che essi non devono agire come individui in se stessi, con tratti che li identifichino come tali, ma che ogni personaggio deve esser visto come il rappresentante di un partito, di un settore sociale o di una classe. Contemporaneamente devono essere persone “comuni”, vale a dire uomini non eccessivamente brillanti, attraverso i quali scoprire le cause che provocarono gli avvenimenti storici, e la loro stessa vicenda deve mostrarsi come storicamente condizionata da tali avvenimenti.

In un certo senso, dunque, si può dire che nei romanzi di Soriano vi sia un'eco delle premesse di Lukács: i personaggi risaltano rappresentando questo “cittadino medio”, riconoscibile per la sua umanità, con i suoi difetti e le sue virtù, ma senza caratteristiche tali da distinguerlo nella sua individualità; attraverso di loro non riusciamo, però, a scoprire le cause dei fatti storici, anzi semmai quei fatti si impongono repentinamente e inspiegabilmente, in maniera si direbbe kafkiana, sui personaggi che, molte volte senza capire bene ciò che succede, con dubbi e insicurezze e sempre con grande sconcerto, devono dare risposta alle situazioni che gli si presentano.

37 Nei propri studi critici, Beatriz Sarlo è giunta a una divisione dei testi prodotti durante quegli anni in base alla strategia narrativa che essi seguono: a) quelli che tornano al passato per trovare la chiave del presente, come Respiración Artificial (1980) di Ricardo Piglia o Cuerpo a Cuerpo (1979) di David Viñas; b) le biografie classiche, incentrate sulla piccola borghesia urbana di sinistra, che con l'arrivo dei militari si trova a fronteggiare la perdita delle proprie illusioni, come in Flores robadas en los jardines de Quilmes (1980) di Jorge Asís; c) quelli di deriva o semplicemente di viaggio, come El pasajero (1984) di Rodolfo Rabanal; d)

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Esiste un romanzo storico latinoamericano, sorto nel XIX secolo come tentativo di riaffermazione delle singole identità nazionali e come necessità di autolegittimazione degli stati del “Cono Sur” come nazioni indipendenti rispetto al contesto europeo. Il genere continua a esistere, dimostrando originalità e brillantezza ma mantenendosi sostanzialmente uguale a se stesso, fino alla metà del secolo scorso, quando il fallimento dei vari progetti socioeconomici, politici e ideologici sudamericani provoca un'immediata proliferazione di romanzi che mettono in discussione la storia ufficiale. I critici hanno individuato in questo scarto il passaggio a un nuovo modo di guardare alla storia da una prospettiva letteraria, e hanno definito questo rinnovato entusiasmo “nueva novela histórica latinoamericana”.

Secondo Seymour Menton, principale teorico della “nueva novela histórica”, questo ritorno al passato può significare una ricerca di ingredienti nazionali o continentali di fronte alla nuova cruda realtà. I romanzi storici si spingono ora verso una rilettura critica del passato, dando poco credito alle versioni ufficiali della storia e recuperando figure ed eventi marginali ignorati dagli storici tradizionali; giungono fino all'accumulazione di documenti ufficiali inventati dall'autore, per contestare non solo la storicità ma perfino la validità degli stessi documenti storici. L'ironia, la parodia e il

burlesque sono figure discorsive ricorrenti di questo rinnovato genere narrativo.

Molte delle caratteristiche menzionate escludono i testi di Soriano dal genere romanzo storico. Manca, anzitutto, la “distanza storica” fra chi scrive e gli eventi rappresentati, il più delle volte contemporanei o molto recenti38

quelli dell'esilio, come Composición de lugar (1984) di Juan Carlos Martini; e) quelli di potere e violenza, come No habrá más penas ni olvido (1979) e Cuarteles de invierno (1981) di Osvaldo Soriano, o La vida entera (1981) di Juan Carlos Martini; infine f) quelli che utilizzano la strategia del linguaggio cifrato e degli spazi simbolici, come Hay cenizas en el viento (1982) di Carlos Dámaso Martínez e Nadie Nada Nunca (1980) di Juan José Saer.

; mancano i documenti storici (in senso stretto: documenti catalogati come tali e chiaramente utilizzati nel testo); manca un personaggio storico riconosciuto come tale (se si eccettua il Perón di No habrá más penas ni olvido); i luoghi in cui si svolgono le vicende narrate sono fittizi, creati dalla

penna dell'autore. Per tutti questi motivi, i romanzi di Soriano sono stati da sempre

38 A questo proposito, non tutti i critici sono d'accordo: secondo Alexis Márquez Rodríguez, “Lo que le da un carácter histórico a una novela es la presencia de personajes y episodios históricos, tratados de un modo tal que sufran un proceso de ficcionamento. Y no que relate hechos de un tiempo que ya era pasado para el autor. […] Lo que hace históricos a ciertos hechos es que hayan tenido una determinada transcendencia, que hayan influido en el desarrollo posterior de los acontecimientos.” (Alexis Márquez Rodríguez, “Raíces de la novela histórica”, in Cuadernos Americanos, n.28 (1991), pp. 32-49, citato in Adriana Spahr, La sonrisa de la amargura, Buenos Aires, Corregidor, 2006, p. 43). Anche Noé Jitrik parla di romanzi storici contemporanei alla vita degli scrittori, prodotti perché gli autori devono risolvere un problema immediato, cui essi stessi partecipano.

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catalogati come “politici”: testi la cui funzione era quella di indagare e rappresentare il conflitto in atto nel paese39

Come verrà evidenziato dai prossimi capitoli, dunque, il presente lavoro guarda ai romanzi di Soriano come a esponenti del genere romanzo storico, pur con le loro peculiarità, perché essi, per quanto siano fiction, rispondono a vicissitudini reali che

avvennero in Argentina fra il 1973 e il 1990; narrate da una prospettiva differente rispetto a quella della storia ufficiale, tali vicende costituiscono un'ulteriore voce, complementare a quella dello storico, e presuppongono un doppio processo narrativo: “There is the unfolding of events and action by characters in a plot, but there is also another process unfolding: the remaking of the implicit historical past which stands alongside the narration of the reader's configuration of the plot”

. Tuttavia questa sub-classificazione pare riduttiva e anche inutile: un romanzo etichettato come “politico” perde forse la qualità di essere allo stesso tempo storico (dal momento che i fatti narrati lo sono)? Concordiamo, in questo, col giudizio di Adriana Spahr, che afferma: “la caracterización de novela política bien podría reforzar el sentido histórico de una novela”.

40. Il testo è dunque un primo gradino nel processo di messa in discussione della realtà: a un certo punto smettiamo di discutere personaggi e situazioni all'interno del testo, per rivolgerci invece ai valori sui quali è stabilita la società argentina. Commenta il critico Stephan Nowotnick:

la realidad argentina contemporánea aparece reflejada críticamente a diferentes niveles de expresión en sus novelas. Este reflejo es el núcleo del sentido en algunos textos, en otros aparece en forma más velada. Sin embargo, no falta en ninguna de sus obras de ficción […]. El gran éxito de la obra de Soriano se debe no en último lugar al hecho de que muchos de los problemas y temas tratados por el autor se circunscriben al ámbito de la conciencia argentina colectiva y, parcialmente, de los traumas colectivos del pasado inmediato argentino. […] El potencial identificativo, o […] provocativo que obliga a la reflexión propia es para el lector argentino de la obra novelística de Soriano extraordinariamente grande.41

39 Noé Jitrik ha definito No habrá más penas ni olvido “una novela de denuncia política”; l'ha seguito a ruota Beatriz Sarlo, nella sua analisi di questo romanzo e di Cuarteles de invierno; mentre María Cristina Pons ha usato il termine “politico” per riferirsi ai romanzi in cui entra la storia, ma che non rientrano nella definizione classica di “romanzo storico”, come le “novelas testimoniales”.

40 Mario J. Valdés, “Answering Foucault: Notes on Modes of Order in the Cultural World and the Making of History”, in Arcadia 1 (1998), citato in Adriana Spahr, La sonrisa de la amargura (2006), op. cit., p. 48.

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1.7. La scrittura di Soriano

Chiunque legga per la prima volta Osvaldo Soriano resta folgorato dalla sua capacità di scrivere e di raccontare: lo stile ironico e “moderno” di questo autore è stato messo in luce da molti critici, che ne hanno lodato l'originalità, la brillantezza, la capacità di far convivere linguaggi diversi e dar loro una significazione nuova.

Secondo Hugo Hortiguera, “la narrativa de este autor parecería, a primera vista, caracterizarse por la jibarización42 de otras voces”, ovvero l'appropriazione di modi del discorso appartenenti ad altri generi, ad altri testi, ad altre voci; una “mezcla caótica y anacrónica en donde se confunden y entrechocan diversas modalidades discursivas (discurso cinematográfico, periodístico, publicitario, político, histórico) y géneros 'paraliterarios' (como la novela policial, el folletín o manifestaciones de la llamada 'música popular')”43.

Llama la atención, en un primer acercamiento, la insistencia por titular sus obras con frases bastantes conocidas para el lector argentino. Este hecho -continua Hortiguera- pareciera no hacer más que establecer una especie de “guiño” desde los umbrales mismos, al cargarse tales sintagmas con nuevas connotaciones dadas por el contexto en que sus novelas salen a la luz. […]

Cada narración se inaugurará -y se organizará-, entonces, apelando a un doble sistema referencial: por un lado, el campo de la realidad, su contexto histórico; por el otro, el espacio de otra ficción o modelo genérico trabajado especialmente en cada caso. Esta dinámica permitiría incorporar ciertos códigos y temas considerados tradicionalmente marginales o de dudoso prestigio literario: la narrativa policial norteamericana de línea “dura”, la novela de espías, la novela de aventuras, ciertas letras de tangos famosos.

Sus novelas parecen casi siempre abrir un espacio de cuestionamiento a la perspectiva que sobre la Historia se intenta dar desde el poder oficial. Con el uso del material histórico en conjunción con diversos elementos (para)literarios, el autor argentino logra violentar, muchas veces, las voces del poder y la tradición por medio de un acto irreverente en el que intervendrán el humor, la ironía, la parodia y la sátira.

Al desarmar, rearmar y reformular el material canónico se terminaría por de Osvaldo Soriano”, in Literaturas del Río de la Plata hoy: de las utopías al desencanto, ed. Karl Kohut, Madrid, Iberoamericana, 1996, p. 49.

42 I Jívaro (Jíbaros o Xébaros: termini dispregiativi che significano "barbari"; essi si autodefiniscono Shuar) sono un popolo nativo sudamericano che vive nella regione dell'Ecuador detta Montaña, nelle aree confinanti con il Perú settentrionale, sui pendii delle Ande sudorientali e nel bacino dei fiumi Marañón, Santiago e alto Pastaza. I Jívaro non sono mai stati sottomessi: per secoli sono rimasti indipendenti, resistendo prima ai tentativi di conquista degli Inca e poi ai missionari spagnoli del XVI secolo. Attualmente sono circa 100.000 individui (Antonino Colajanni, I Jívaro dell’Amazzonia Occidentale, in AA.VV., Uomini e Re, Roma-Bari, Laterza, 1982).

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establecer un juego paradójico que consistiría en escapar de la exclusión reutilizando sus componentes y revelando, al mismo tiempo, la compleja heterogeneidad de la sociedad y cultura argentinas.44

L'interessante lavoro realizzato dal professor Hortiguera come memoria di laurea, intitolato Literatura Cambalachesca, indaga appunto il modo in cui Soriano introduce

queste modificazioni interpretative e quali manipolazioni l'autore metta in atto per contrastare quelle prodotte dal potere politico, preoccupato sempre di rappresentare una verità che rifletta un solo punto di vista. Quella chiamata in causa da Soriano è, secondo Hortiguera, una “contra-memoria”, che propone una lettura differente, una risemantizzazione della Storia attraverso “textos anacrónicos”, che operano nella direzione di una destabilizzazione dei limiti fra presente e passato, fra centro e periferia, fra repertorio canonico e voci marginali, così da ricapitolare, rivelarsi e attaccare il vecchio codice interpretativo della Storia che è divenuto obsoleto e che ha tirannizzato le relazioni sociali e culturali.

È a questo proposito che Hortiguera parla di “literatura cambalachesca”45, la quale “recurrirá a procesos de canibalización y rearticulación de una tradición canónica por medio de la apropiación, la suplementación y la incorporación en el espacio discursivo de todoaquello que ha sido excluido, dejado de lado, subvalorado. […] Esta situación nos conducirá a estudiar de qué manera el llamado “modelo cambalachesco” reformula y articula una nueva relación con la tradición, asumiéndola antes que rechazándola de plano. Terreno de lucha en donde batallan distintas versiones interpretativas que se interrogan, problematizan, subvierten y reelaboran un discurso oficial canónico (artístico e histórico), las narraciones de Soriano parecen evidenciar una situación conflictiva alrededor de la cuestión de la polifonía”46.

44 Ivi, pp. 22-23.

45 Nello spagnolo rioplatense, il “cambalache” designa un negozio in cui si vendono oggetti di seconda mano, dalle più diverse forme, origini, provenienza. Simbolicamente, per Hortiguera esso indica “un espacio cerrado, delimitado por tres paredes y un escaparate […] en cuyo ámbito se concentran, instituyen y “leen” la diferencia y la heterogeneidad”.

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