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Il microcosmo dell'esilio in A sus plantas rendido un león

CAPITOLO 3. Colonia Vela ovvero l’Argentina

3.4. Il microcosmo dell'esilio in A sus plantas rendido un león

L'indagine sul “ser argentino”, che -come abbiamo visto- sustanzia Una sombra ya pronto serás, si era in realtà concretizzata già alcuni anni prima, ovvero con la pubblicazione nel

1986 del quarto romanzo di Osvaldo Soriano, A sus plantas rendido un león1

Ci sembra utile fare riferimento a questo romanzo -pur senza addentrarci in un'analisi puntuale del testo- perché anche qui Soriano costruisce un microcosmo: non si tratta più di Colonia Vela, ma di un altrettanto immaginario stato africano, il Bongwutsi, entro il quale viene riproposto, con tutte le sue contraddizioni, un episodio della realtà storica recente. La guerra per le Malvinas / Falkland diventa, nel testo, rivalità fra il sedicente console argentino, Faustino Bertoldi, e l'ambasciatore britannico, Mr. Alfred Burnett, che si contendono l'amore della moglie di questi, Daisy. L'affaire tra

Faustino e Daisy e i successivi contrasti diplomatici avvengono, inoltre, sullo sfondo di un Bongwutsi in piena agitazione per l'imminenza di una rivoluzione marxista-leninista che riporterà al governo il dittatore Quomo, di ritorno dall'esilio europeo.

. Ambientato nell'Africa nera durante gli anni della guerra fra Argentina e Gran Bretagna per il possesso delle isole Malvinas / Falkland, il romanzo torna a proporre un argentino all'estero (come già sperimentato in Triste, solitario y final), le sue difficoltà di adattamento

e di socializzazione e la sua nostalgia di casa.

Parlando di questo romanzo in un'intervista2, Soriano affermava:

Cuando salió acá A sus plantas rendido un león, fue considerada por algunos de los medios como una novela antiargentina, lo que a mí me complació. Me dejó muy complacido porque de hecho yo no soy alguien que tenga gran afecto por nosotros mismos, por lo nuestro, por lo que nos pasa todos los días. Entonces A sus plantas rendido un león es tal vez la primera novela evidentemente sobre ese tema, del argentino y el argentino frente al mundo […] o frente a los demás o frente al otro.

E riguardo all'ambientazione della vicenda:

1 Il romanzo venne pubblicato per conto della Editorial Sudamericana di Buenos Aires nel 1986. A questa edizione faremo riferimento nell'indicazione dei numeri di pagina.

2 Citazioni dall'intervista rilasciata a Marta Giacomino, pubblicata nel numero 89 della rivista Quimera (che ci è stato impossibile reperire) e citata in David Prieto Polo, La subversión de la historia (2006), op. cit., p. 297.

Creo que esto tiene mucho que ver con la idea que viví en el exilio durante siete años, pero yo era un argentino en medio... yo era el extranjero. Por primera vez en mi vida me sentí extranjero, que era una categoría que yo no tenía. […] De algún modo, volví a la Argentina, después de haber estado largo tiempo sin poder escribir en Francia, y necesité contar cómo había vivido la guerra de las Malvinas en el extranjero, porque parecía que había que justificar el ser argentino, el haber nacido en este país.

[…]

A nosotros nos pasan muchas cosas todo el tiempo –continua Soriano-, y cada cual más horrible y más disparatada. Todo el tiempo tenemos que estar demostrando que poseemos una singularidad que nos pertenece y que tenemos que explicar, o que es para los otros divertida o molesta y que para nosotros es incómoda y al mismo tiempo autocomplaciente, porque nos confirma que en el fondo somos buenos, aún en la cosa mala. Entonces, después de la guerra de las Malvinas, surgió la idea de escribir un tema, de hacer una novela que tuviera las Malvinas como fondo, pero al mismo tiempo que esto no ocurriera en la Argentina. Que ocurriera en algún lugar donde un argentino pudiese estar solo, es decir, el Africa está allí pintada como la vemos desde la Argentina, como el fin del mundo, cuando en realidad está más cerca de Europa.

Effettivamente non c'è in Soriano un tentativo di restituire la realtà africana, con le sue mille sfaccettature, ma anzi il Bongwutsi appare come un pretesto, un mondo caricaturesco di cui l'autore si serve appunto per creare un'ambientazione da fine del mondo, la più lontana possibile dalla quotidianità argentina. Analizzando il conflitto bellico da una prospettiva pressoché neutra, distante e per quanto possibile equidistante, per determinare le false motivazioni e l'orgoglio nazionale che l'hanno prodotto e sostenuto, Soriano centra l'obiettivo di caratterizzare l'argentino medio, generalmente lontano dalla politica, ma testardo e determinato nel difendere gli ideali cui è stato educato, per quanto vuoti di significato essi possano sembrare a un osservatore / lettore esterno.

Lo stesso titolo del romanzo cita un verso dell'inno nazionale argentino, datato 1813 e scritto da Vicente López y Planes sulla musica di Blas Parera:

Oid mortales el grito sagrado Libertad, Libertad, Libertad Oid el ruido de las rotas cadenas ved en trono a la noble igualdad. Se levanta en la faz de la tierra una nueva y gloriosa Nación

coronada su sien de laureles, y a sus plantas rendido un león.

Il leone cui fa riferimento il titolo rimanda al Regno Unito, dal quale Buenos Aires - abbandonata dal viceré spagnolo in fuga- si era difesa con successo durante la tentata invasione del 1806-18073. Come sempre avviene per i titoli delle opere di Soriano, però, entrambi i testi assumono un senso ulteriore in conseguenza della loro giustapposizione: con la storia raccontata in questo romanzo, infatti, l'autore intende parodiare i vuoti ideali nazionalistici che spinsero milioni di argentini a manifestare in strada a favore della Giunta Militare guidata dal generale Galtieri e ad esultare per la riconquista delle Malvinas (la stessa cosa era avvenuta quattro anni prima con la vittoria del “Mundial” di calcio, come evidenziato a proposito di Cuarteles de invierno), contemporaneamente

gettando nel dimenticatoio gli anni della dittatura, apparentemente cancellati in una grottesca e subitanea amnesia generale.

Il testo

L'opera ha una struttura assai elaborata: composta da 81 capitoli, ha una trama molto densa e un’impostazione narratologica sapientemente costruita. L'azione non avanza, infatti, in modo lineare, ma prevede punti di focalizzazione multipli, passando ripetutamente da un personaggio all'altro e creando una convergenza di tutte le storie in un'unica storia che si realizza soltanto nell'apocalittico finale del romanzo.

Faustino Bertoldi ricopre il ruolo di console argentino nell'immaginario stato africano del Bongwutsi, dove si era trasferito con la moglie -già morta per una grave malattia all'inizio del libro- in qualità di funzionario diplomatico, salvo poi ritrovarsi quasi casualmente nelle vesti consolari. Rimasto vedovo, ha intrattenuto una furtiva relazione amorosa con Mrs. Daisy Burnett, moglie dell'ambasciatore britannico. La trama si dipana a partire dal momento in cui Bertoldi riceve da Mr. Burnett una lettera minacciosa, che fa appello a una “salvaje agresión sufrida por la Corona británica” a

3 Peraltro, questo veniva esplicitato dallo stesso Soriano in una prefazione anteposta all'edizione italiana del romanzo (Osvaldo Soriano, La resa del leone, Milano, Rizzoli, 1988), dove lo scrittore sottolineava come “Con il tempo, quando la Gran Bretagna divenne il principale alleato economico dell'Argentina, con cui intratteneva rapporti quasi coloniali, quel brano del poema nazionale fu lasciato da parte (in seguito a un decreto del 30 marzo 1900, durante l'apogeo delle relazioni anglo-argentine). Ciò nonostante, fino a pochissimo tempo fa era ancora riprodotto nel libretto militare dei soldati argentini, e da lì l'ho tratto per dare il titolo al romanzo”.

seguito della quale “El señor Cónsul de la República Argentina deberá abstenerse en el futuro de todo acto que pudiera ser considerado sospechoso, pérfido o agresivo”; il console immagina che la sua storia d'amore con Daisy sia stata scoperta, dunque sarà per lui una sorpresa venire a sapere che il motivo della lettera -e della successiva convocazione da parte dell'imperatore del Bongwutsi- è stato l'avvio dell'Operación Rosario. Peraltro, questo permette anche di datare la vicenda, che prende le mosse a

partire dal 2 aprile del 1982, data dell'invasione argentina di Port Stanley. L'episodio, di cui lo mette al corrente l'imperatore, provoca in Bertoldi un'inattesa esplosione di orgoglio patriottico: anziché provare a distendere i rapporti con Mr. Burnett, infatti, il console argentino decide di fare di tutto per comportarsi dignitosamente, difendendo la sua argentinità e immaginando che -con l'apertura di un nuovo “fronte del conflitto” lì, in Bongwutsi- le forze britanniche avrebbero avuto maggiori difficoltà, garantendo quindi maggiori possibilità di successo all'esercito rioplatense.

Bertoldi non è, però, l'unico protagonista: stessa importanza nell'economia dell'opera può essere attribuita a Lauri, un esiliato politico argentino (il cui nome potrebbe rimandare a Stan Laurel o ai “laureles” citati nell'inno nazionale) che dalla Svizzera si reca in Bongwutsi al seguito di Michel Quomo, l'ex-dittatore del piccolo stato africano, deciso a far rivivere in patria la rivoluzione marxista-leninista che lo aveva portato al potere anni prima. Lauri è un personaggio antitetico rispetto a Bertoldi: quanto questi è codardo, mediocre, egoista e opportunista, tanto quegli si dimostra generoso, passionale, coraggioso e votato all'ideale rivoluzionario.

Attorno a loro, decine di altri personaggi prendono posizione fingendo interessi genericamente popolari e populisti, e lottando in realtà unicamente per il proprio personale tornaconto. Così è anche per Bertoldi, che ospita nel proprio palazzo l'irlandese O'Connell, membro dell'IRA che intende instaurare una Repubblica Socialista, e lo fa soltanto per guadagnarsi la possibilità di fuggire da quel luogo per tornare in Argentina.

La politica, in senso lato, è dunque la vera protagonista del romanzo, che non si ferma alla semplice parodia del nazionalismo di destra, o meglio del nazionalismo inculcato alle masse, all'argentino medio e mediocre, come vediamo nel caso di Bertoldi; va, invece, oltre, prendendo di mira anche “la izquierda y la utopía, y lo que más irrita es

hacerlo desde la izquierda”4. Si tratta senza dubbio di un romanzo parodico e iperbolico, il più fantasioso dell'intera opera di Soriano: qui tutto è smisurato, esagerato al punto da mantenere ogni evento ai confini tra realtà e immaginazione, e questo vale tanto per le peripezie vissute da Bertoldi quanto per la rivoluzione perpetrata da Quomo, che rientra in patria sostenuto da un esercito di gorilla.

Bongwutsi

La storia è ambientata in un tipico paese bananiero, appena uscito dall'epoca coloniale, nel quale i conservatori -i britannici- appoggiano come governante un imperatore fantoccio. Il Bongwutsi è uno stato tropicale, abbracciato dal sole, con un alto grado di umidità, nel quale gli occidentali continuano a detenere il potere, mentre la stragrande maggioranza della popolazione vive nella più assoluta povertà. L'unica zona ricca della capitale è il viale nel quale si trovano le ambasciate estere, fra cui anche quella argentina, e questo aumenta il livello comico nel momento in cui a Bertoldi è precluso l'attraversamento del boulevard a causa della tensione dei rapporti con Mr. Burnett.

Nella citata intervista con Marta Giacomino, Soriano affermava che uno dei propositi fatti al momento di scrivere A sus plantas rendido un león era quello di criticare il

marxismo e le rivoluzioni, però sempre da un'ottica interna, ovvero a partire dalla rivoluzione stessa. Nel microcosmo del Bongwutsi, infatti, quasi ogni avvenimento della finzione rimette a un reale fatto storico documentato, e non c'è dubbio che questo avvenga col principale intento di parodiarlo, insomma di riderne. È utile quindi fare alcuni esempi per illustrare in breve questo procedimento:

• parodia della presa di potere da parte di Lenin nel 1917: Quomo, in particolare, rappresenta il dittatore russo, difensore della rivoluzione del proletariato contro “una revolución blanca y civilizada”5

• parodia dell'esilio svizzero di Lenin e del suo successivo ingresso a Pietrogrado: da un lato, Lauri e Quomo si incontrano a Zurigo (e parecchi sono i (per la quale nel romanzo si batte il personaggio di Patik, strenuo avversario di Quomo), alfiere di un tipo di partito d'avanguardia, chiuso, clandestino, centralizzato e militarizzato, che guardi sempre alla presa del potere;

4 Sono parole dello stesso Soriano (citate in David Prieto Polo, La subversión de la historia (2006), op. cit., p. 298).

paralleli che lo stesso Lauri propone tra se stesso e Lenin6

• parodia della morte di Trotzki: Patik, che politicamente rappresenta la posizione della corrente menscevica guidata da Martov (favorevole a una rivoluzione, che però attraversasse prima una tappa di democrazia borghese, vista l'immaturità del popolo russo), muore assassinato a Parigi, come in esilio (in Messico) era morto l'altro grande protagonista della Rivoluzione d'Ottobre, Leon Trotzki;

); dall'altro, il dittatore entra nella capitale del Bongwutsi su un treno, così come Lenin arrivò nell'attuale San Pietroburgo, dopo aver attraversato la Germania col beneplacito del Kaiser Guglielmo II;

• caricatura dello zar Nicola II: l'imperatore del Bongwutsi sembra una brava persona, però assolutamente incapace di guidare il paese, e per di più sottomesso in tutto e per tutto alle potenze straniere, rappresentate dai vari ambasciatori;

• crudele parodia del regime castrista a Cuba: in riferimento al primo esperimento comunista di Quomo in Bongwutsi, Patik racconta a Lauri che “Para colmo hizo la reforma agraria en la estación de las lluvias y la cosecha de café se pudrió completa y el algodón llegó mojado a Europa”7.

Quella di Soriano è dunque una critica a tutto tondo, che investe il regime sovietico come quello castrista, la corruzione dei diplomatici come le crudeltà delle organizzazioni terroristiche, Gheddafi come la Socialdemocrazia. L'autore non si ferma neppure a un'accusa verso comportamenti politici sbagliati o situazioni mal gestite dai suddetti regimi, ma bersaglia l'intero armamentario ideologico della sinistra internazionale, causa primaria dei gravi errori che l'hanno screditata agli occhi del mondo.

In quest'ottica assume ancor più validità il contrasto, sotteso a tutto il romanzo e concretizzatosi solo nel finale, tra i due protagonisti argentini, l'internazionalista Lauri e il nazionalista Bertoldi. Il primo vaga nel suo esilio politico in cerca di una “giusta causa” da sostenere, e la trova infine nella rivoluzione di Quomo in Bongwutsi; Bertoldi, invece, ricopre in modo opportunistico un ruolo diplomatico che non era il suo, in un paese ai confini del mondo civilizzato dove si parla una lingua che lui non comprende; ha sofferto la morte della moglie Estela8

6 Ivi, capitolo 3 (p. 11 e seguenti).

, e ha tirato a campare grazie all'avallo di Mr.

7 Ivi, p. 28.

8 Non è un caso che la moglie di Bertoldi porti il nome dell'ultima moglie di Perón, María Estela Martínez, detta Isabelita: il suo allontanamento dal potere, dopo la morte del líder, è coinciso con l'avvento

Burnett, che intercedendo presso le banche gli ha permesso di incassare lo stipendio del vero console, il fuggiasco Santiago Acosta. Proprio sulla scorta di questa storica dipendenza dell'Argentina dalla Gran Bretagna, nel romanzo Bertoldi vede l'attacco alle Malvinas come un gesto di riscatto e gli sorge il dubbio che molte delle crudeltà attribuite alla Junta Militar siano menzogne, che in realtà i militari non devono essere poi

così male se hanno riconquistato le isole.

Riguardo al console, Soriano spiega che “La idea era introducir (en la novela) un argentino de los que más disgustos me causan, es decir, esos argentinos aparentemente ingenuos, nacionalistas a ultranza, ladrón, con todos los tics anticomunistas fervientes,

porque una cosa que distingue al argentino medio es su anticomunismo fervoroso y militante”; l'identità argentina, chimera cui Soriano -e non solo lui- ha corso dietro per tutta la vita, appare però, in questo romanzo, spaccata in due: soltanto così può esistere il personaggio di Lauri, perché “En contraposición, este país, como tremenda contraddición, es el que produce al Che Guevara que viene siendo la contracara de eso y la figura mítica más grande del mundo en cuanto a la Revolución. […] Lauri al mismo tiempo también tiene mucho del argentino medio, es decir, es un tipo que con un destornillador arregla cualquier cosa”9

Come detto, l'esplicitazione di questo dualismo argentino avviene nel finale del romanzo, quando Bertoldi e Lauri si incontrano nella foresta e intrattengono una conversazione nella quale vengono a galla da un lato le differenze politiche fra i due personaggi, che non erano altro che le divergenze che dividevano la stessa Argentina in quell'epoca, dall'altro la sensazione di solitudine provata dagli argentini all'estero, e sperimentata sulla propria pelle anche da Osvaldo Soriano:

.

—¿Así que usted es mi cónsul? —dijo.

—¿Con quién tengo el gusto? —respondió secamente Bertoldi y miró la bandera roja que el joven llevaba hacia el mástil.

Lauri le dijo su nombre y lo miró a los ojos. —¿Es el cónsul o no es el cónsul?

—No, qué voy a ser. . . Yo soy Bertoldi, el empleado.

dei militari, che hanno ridotto l'Argentina a un giardino inaridito, come inaridito e decrepito è il giardino dell'ambasciata argentina in Bongwutsi. Chiari anche i paralleli fra Estela ed Eva Perón: come Evita, “Estela mostraba ya las señales de su enfermedad y su cara bondadosa parecía estar despidiéndose del mundo con resignación” (ivi, p. 20).

9 Citazioni tratte anche in questo caso dall'intervista rilasciata a Marta Giacomino e citata in David Prieto Polo, La subversión de la historia (2006), op. cit., pp. 320-321.

—Me pareció escuchar. . .

—Entendió mal. El cónsul es Santiago Acosta y se borró hace tiempo. Oiga, ¿no pensará colgar esa cosa al lado de nuestra invicta bandera?

—Lamento informarle que ya ha dejado de ser invicta. —¿Qué me quiere decir?

—Que los militares se rindieron.

Bertoldi lo vio tirar de la cuerda y estuvo a punto de golpear a ese hombre que parecía un linyera, pero se dijo que el gesto sería inútil porque las fuerzas de los comunistas eran superiores.

—¿Usted es el que hizo el discurso por radio? — preguntó Lauri—. Le aseguro que tuvo momentos conmovedores.

—Dígalo si alguna vez vuelve a la patria. No agregue ni quite nada, cuéntelo nada más.

—¿Eso de que nunca pudo bailar en el Sheraton también?

—¿Dije eso? No, puede olvidar esa parte, estaba bastante alterado, imagínese. Lauri ató la bandera roja debajo de la celeste y blanca y las izó juntas. Bertoldi miró a los costados.

—Me está poniendo en un compromiso, che. Déjeme decirle que no es de buen argentino reverenciar otra bandera.

—¿Pero cómo? ¿Justo ahora se va de viaje? Bertoldi miró la valija y sonrió, incómodo. —Bueno, pensaba ir al frente.

—¿A las Malvinas?

—Iba a intentarlo. Ya van para diez años que falto. —Por ahí anda un oficial soviético tomándonos fotos.

—Si usted pudiera pedirle un juego… Dígale que es para un amigo.

—Me pareció que ese hombre venía con usted. ¿Es cierto que lo acusaron de cambiar plata falsa?

—¿De dónde sacó eso? —Lo dijo usted por la radio.

—No tenía con quién hablar, ¿sabe? A veces me sentía tan solo… Mi esposa murió aquí.

—Y la cancillería lo abandonó. También lo dijo. —Lo siento. No cuente nada, entonces; no vale la pena.

—No tenga miedo. Voy a decir que peleó solo contra todos los ingleses. —No le van a creer, a los comunistas no les cree nadie.

—Pensé que usted había participado del sublevamiento con O'Connell.

—Claro, pero a mí me estafó todo el mundo. Ese irlandés me dio plata falsa. Eso aclárelo si oye decir otra cosa.

—¿Le van a quitar el avión?

—¿Al Emperador? Le vamos a quitar todo, supongo. —¿Usted va a aprovechar el vuelo?

—A mí no me quieren en otro lado.

—No nos quiere nadie, eso es cierto. ¿De dónde sacó que perdimos las islas? —Me lo dijo Quomo.

—No le crea. Ese tipo expropió hasta los bancos de las escuelas. —Lo va a hacer otra vez.

—¿No ve?

—En una de esas se lo encuentra por allá. Dice que va a sublevar las Malvinas. —No le diga que me vio.

—Lástima. Me hubiera gustado tener con quien tomar unos mates de vez en cuando.

—Quédese con la casa, si quiere. Hay un par de sueldos a cobrar, también. Hable con Mister Burnett.

—Es posible que haya que fusilarlo. —Antes pídale que avise al banco.

—De acuerdo. Si llega a Buenos Aires llame a mis viejos y dígales que estoy bien.

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