CAPITOLO 2. La storia semplificata
2.3. Comala 27
Il romanzo Pedro Páramo di Juan Rulfo rappresenta il culmine di un processo di
rinnovamento che ha investito la narrativa, e più in generale la letteratura messicana nella prima metà del Novecento. Una letteratura giunta a un punto morto, come testimoniava nel 1948 lo scrittore José Luis Martínez: “...pueden encontrarse […] señales de un estado letárgico. Los impulsos y tendencias que animaron a la literatura mexicana en los años anteriores a 1940 han sido agotados y su vigencia ha concluido; ningún otro camino, ninguna otra empresa suficientemente incitantes han tomado su lugar; no han surgido personalidades literarias de fuerza creadora y, frente a esa escena cada vez más vacía, todos los elementos exteriores parecen confabulados cuando su actitud no es más que una consecuencia de aquella inercia...”12. La pubblicazione nel 1955 dell'opera di Rulfo ha, invece, restituito vigore, freschezza e nuovo slancio non soltanto in una dimensione nazionale, ma anche in un'ottica genericamente latino-americana, diventando uno spartiacque e un riferimento obbligato per moltissimi autori contemporanei e successivi13
Gli “impulsi” cui si riferiva Martínez scaturirono dalla forza della Rivoluzione Messicana, che sconvolse le strutture politiche, economiche e sociali del regime dittatoriale del generale Porfirio Díaz per creare un nuovo ordine, e al contempo spinse molti scrittori a parlarne nelle loro opere. I germi di ribellione contro la dittatura di Díaz, al governo ormai da vent'anni, sfociarono nello scontro armato nel 1910, quando
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Mentre nella metonimia la contiguità è di tipo spaziale, temporale o causale, nella sineddoche la relazione è di maggiore o minore estensione” (Angelo Marchese, Dizionario di retorica e di stilistica, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1991, p. 297). Fra i moduli più ricorrenti si ha quello in cui la sineddoche rappresenta “la parte per il tutto”, che pare essere esattamente il caso che si verifica nella costruzione dei microcosmi letterari che abbiamo preso in esame.
12 Barbara Barbisotti, Rielaborazione letteraria della storia. Il rapporto tra utopia rivoluzionaria e narrazione in Pedro Páramo e Yo el Supremo, Tesi di dottorato presso l'Università degli Studi di Bergamo, Scuola di Dottorato in Culture Umanistiche e Visive, Dottorato di Letterature Euroamericane, 2010, p. 7.
13 Lo stesso Gabriel García Márquez, di cui parleremo nel paragrafo successivo, considerò la scoperta del Pedro Páramo determinante per lo sviluppo della propria opera. Nel 1961, con “cinco libros clandestinos” già scritti, l'autore colombiano si sentiva “en un callejón sin salida, y estaba buscando por todos lados una brecha para escapar”. Fu proprio la lettura del romanzo di Rulfo a offrirgli quella via d'uscita, “el camino que buscaba” per continuare a scrivere.(Gabriel García Márquez, “Breves nostalgias sobre Juan Rulfo”, contenuto in Federico Campbell, La ficción de la memoria. Juan Rulfo ante la crítica, e citato in Barbara Barbisotti, Rielaborazione letteraria della storia (2010), op. cit., p. 8).
Francisco I. Madero, candidato presidenziale sconfitto alle recenti elezioni, si fece portavoce delle proteste e delle rivendicazioni della classe intellettuale, dichiarando nulla la tornata elettorale e invitando la popolazione a prendere le armi contro il dittatore. Tuttavia, anziché la media borghesia urbana, base originale del movimento maderista,
risposero i settori popolari, soprattutto rurali, che da quel momento divennero determinanti. In pochi mesi i rivoluzionari, che si riconoscevano politicamente nella figura di Madero e seguivano militarmente uomini come Pancho Villa ed Emiliano Zapata, rovesciarono il regime di Porfirio Díaz. I contrasti interni ne minarono, però, le fondamenta14, cosicché in meno di tre anni il nuovo presidente Madero si ritrovò senza alleati e venne infine assassinato insieme al suo vicepresidente. Dopo una sanguinosa guerra civile, si giunse nel 1917 alla formazione di un esercito nazionale messicano e alla stesura di una nuova costituzione, che sancirono la fine dell'avventura rivoluzionaria15
Non c'è dubbio che la Rivoluzione Messicana abbia avuto un'eco internazionale straordinaria. Prima rivoluzione del XX secolo di ispirazione sociale, antecedente di quella Russa, essa si contraddistingueva per l'assoluta naturalezza e ineluttabilità, nonché per l'assenza dei connotati colti e borghesi (come la Rivoluzione Francese o quella Americana) o di connotati culturali (come quella Russa): nata da contadini poverissimi, essa creò un universo socio-politico nuovo, approvando una riforma agraria che espropriava i latifondisti e garantiva un futuro ai campesinos messicani e dando origine a
un partito di governo, il Partido Nacional Revolucionario, (ribattenzzato nel 1946 PRI, Partido Revolucionario Istitucional), che avrebbe retto le sorti del paese fino al 2000.
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Un evento di tale portata non poteva non restituire vigore e slancio anche alla classe intellettuale messicana. Anzi, sulla scorta dell'idealismo che l'aveva prodotta e del pessimismo che ne aveva seguito i vari fallimenti, tutta una schiera di narratori pensò di rappresentarne la realtà drammatica. Alfiere del nuovo filone narrativo fu Mariano Azuela, che nel 1925 pubblicò Los de abajo: “È il romanzo della rivoluzione per
eccellenza, vivo per episodi di barbarie e di sangue, tragicamente epico nell'impeto disperato di tutto un popolo che si lancia alla guerra mosso da grandi ideali”. Un
14 Al nuovo governo veniva imputato soprattutto il ritardo col quale si stava affrontando il problema della riforma agraria.
15 La Rivoluzione ebbe in verità un corollario assai lungo e tormentato: una seconda tappa del faticoso processo di rinnovamento permise un più pacifico consolidamento delle nuove strutture repubblicane, in particolare sotto il governo di Álvaro Obregón (1920-1924). La messa in pratica di una legge esplicitamente avversa alla Chiesa Cattolica (la legge Calles, dal nome del presidente Plutarco Elías Calles, che la approvò nel 1926) provocò però nuove ondate di protesta (in particolare negli stati di Jalisco e Colima), che si tradussero nella cosiddetta guerra de los Cristeros, cui accenneremo poco oltre.
romanzo che ha quel “sapore amaro di protesta nei confronti di una rivoluzione che, svuotati gli ideali, diviene delusione profonda per un popolo che si lascia trascinare nella lotta ormai per fatalismo”16
Il merito di aver tratto la letteratura messicana fuori da questo letargo è tutto di Juan Rulfo. Pur di fronte all'esaurirsi del filone della novela de la revolución, egli non cercò
nuovo materiale narrativo, ma ripropose personaggi, temi e situazioni attraverso uno sguardo differente. In Rulfo, la sperimentazione formale non è affatto fine a se stessa, ma rappresenta il modo attraverso il quale lo scrittore dialoga con la realtà, cercando nuovi linguaggi che sappiano rappresentarla nel suo divenire storico. La rivoluzione della forma assume, dunque, il centro della scena, e diviene elemento decisivo per raccontare la storia di una rivoluzione.
. Molti altri narratori si cimentarono con le scritture della rivoluzione (su tutti Martín Luis Guzmán, Gregorio López y Fuentes e José Rubén Romero), affrontando lateralmente anche il tema “indigenista” dell'indio e del meticcio (privati di ogni diritto, mantenuti nella più assoluta ignoranza e sfruttati dai proprietari terrieri e dalle grandi compagnie minerarie), ma in breve tempo si verificò un esaurimento dei moduli narrativi, che provocarono una perdita di valore delle tematiche stesse, fino a giungere a quell'“estado letárgico” di cui parlava José Luis Martínez.
Gli avvenimenti che fanno da sfondo al romanzo sono quelli della guerra de los Cristeros, i ceti rurali che negli anni 1926-29 si ribellarono al governo di Plutarco Elías
Calles al grido di “Viva Cristo Rey”. La legge Calles, promulgata dal presidente nel 1926, prevedeva l'applicazione delle misure anticlericali contenute nella Costituzione del '17, ma mai messe in pratica fino a quel momento: tra esse vi erano la chiusura delle scuole cattoliche e dei seminari, l'esproprio delle chiese, lo scioglimento di tutti gli ordini religiosi, l'espulsione dei sacerdoti stranieri e l'imposizione di un "numero chiuso" per quelli messicani, che avevano l'obbligo di obbedire alle autorità civili, il divieto di utilizzare espressioni come «Se Dio vuole», «a Dio piacendo», il divieto per i presbiteri di portare l'abito talare. In alcuni stati si tentò perfino di costringerli a prendere moglie. Considerata da Calles “la sola causa di tutte le sventure del Messico”, la Chiesa Cattolica divenne clandestina nel giro di pochi anni, cosicché i suoi seguaci, di concerto col
16 Citazioni da Giuseppe Bellini, Storia della letteratura ispanoamericana, Milano, LED, 1997, p. 425. Il pessimismo è una caratteristica saliente del romanzo rivoluzionario messicano del primo Novecento, determinato dal disincanto di fronte all'atteggiamento assunto dai protagonisti della Rivoluzione una volta saliti al potere.
Vaticano17, organizzarono una resistenza militare (in particolare negli stati di Colima, Jalisco, Michoacán, Nayalit, Zacatecas e Guanajuato) con bande di guerriglieri armati capitanati dal generale Enrique Gorostieta y Velarde, definiti appunto con disprezzo
cristeros dai membri dell'élite governativa. La Chiesa messicana e la Santa Sede, tuttavia,
non si schierarono mai ufficialmente a sostegno dei ribelli, anzi spinsero per arrivare a tutti i costi a un accordo, raggiunto infine il 21 giugno 1929: gli Arreglos prevedevano
l'immediato cessate il fuoco, il disarmo e l'immunità (che non fu rispettata) per gli insorti; tutte le leggi anticattoliche restavano però in vigore18.
Il più alto esempio di trasposizione in chiave letteraria della storia del Messico di quegli anni è appunto il Pedro Páramo di Juan Rulfo. Nato a Sayula, nello stato di Jalisco, nel
1917, Rulfo ebbe esperienza fin da bambino degli avvenimenti legati alla Rivoluzione: i suoi genitori perirono -a quanto egli testimonia- in circostanze legate ai moti contadini; ogni sollevazione aveva avuto origine nei luoghi a lui più cari e conosciuti, e i luoghi dei suoi scritti ne rispecchiano fedelmente il paesaggio naturale e umano; come sostiene Barbara Barbisotti, “La rivoluzione è il rumore di fondo della narrativa di Juan Rulfo, il
campo il suo scenario, la terra l‘ossessione dei suoi personaggi”19
Pedro Páramo nasce dal “deseo de hacer vivir de nuevo un pueblo muerto”,
ovvero il villaggio di Comala, nello stato di Colima, all'epoca (1955) ormai completamente abbandonato per motivi di emigrazione. Nel romanzo, il protagonista Juan Preciado promette alla madre morente di recarsi a Comala, suo paese natale, dove avrebbe potuto conoscere suo padre, Pedro Páramo. Il viaggio che Juan Preciado inizia non è solo nello spazio, ma anche nel tempo. Il paese è abbandonato alla polvere e alla miseria, Juan viene accolto prima da una donna poi da un’altra, entrambe dimostrano misteriosamente di conoscerlo e gli raccontano la storia della cittadina e di suo padre: un uomo che è riuscito, attraverso corruzione e violenza, a divenire il signore di Comala, ottenendo potere e impunità. Juan Preciado rimane smarrito dai racconti e dagli
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17 Il 18 novembre 1926 Papa Pio XI denunciò la persecuzione dei cattolici messicani con l'enciclica Iniquis Afflictisque. Tornò poi sull'argomento anni dopo con le encicliche Acerba Animi (29 settembre 1932) e Firmissimam Constantiam (28 marzo 1937).
18 Al proliferare di romanzi messicani incentrati sul tema rivoluzionario, controrivoluzionario, indigenista o anche solo vagamente socio-politico, si aggiunga l'ampia risonanza ottenuta all'estero da questi avvenimenti. Una prova dell'interesse suscitato negli ambienti culturali dell'epoca è certamente il romanzo dell'inglese Graham Greene, Il potere e la gloria (1940), dove lo scrittore non racconta direttamente la rivolta, ma si pone nel periodo immediatamente successivo, descrivendo le peripezie di un presbitero che esercita il suo ministero in clandestinità, in fuga dai soldati che lo cercano per fucilarlo.
incontri, poiché le persone con cui ha a che fare svaniscono e restano solo gli echi delle loro voci. L’uomo realizza così che Comala è un paese fantasma, abitato solo da spettri, e che nessuna vita è più possibile lì, tanto che anch’egli dovrà ammettere di essere già sotto terra (“Me mataron los murmullos”20
In questa dimensione perennemente al confine tra realtà storica e soprannaturale letterario
). La parabola di Pedro Páramo è legata a quella di Comala, il rapporto tra la popolazione e il ricco proprietario terriero non può essere che ostile: egli decide di lasciar morire di fame il paese, ma la rovina di Comala sarà la causa dell’omicidio dello stesso Pedro Páramo.
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Commenta il Bellini:
, assume un ruolo centrale il pueblo di Comala, teatro della vicenda: Juan Rulfo
stesso dichiarò che il toponimo derivava da “Comal”, il cui significato è “recipiente di argilla che si mette sopra la brace”; ecco simboleggiata già dal nome l’atmosfera asfissiante e la condizione di castigo di vivere sopra le fiamme. Nel romanzo compaiono diverse descrizioni del villaggio: la Comala che emerge dai racconti della madre è un luogo in cui la natura è rigogliosa e la speranza è ancora viva; è un luogo mitico, perduto e lontano. Comala descritta dalle donne a Juan Preciado, quella del passato prossimo, è invece dominata dalla sensazione di decadenza e d’oppressione, e il destino della cittadina è indissolubilmente legato a quello di Pedro Paramo: per entrambi la fine sarà di abbandono e di distruzione. Infine, la Comala che trova il protagonista è spettrale, con costruzioni in rovina, un paese esanime, abitato solo da voci desolate che rievocano il passato, un luogo intermedio tra la vita e la morte, senza nessuna possibilità di futuro.
Comala, villaggio morto, già residenza e dominio di Pedro Páramo e di quanti fantasmi circolano nel romanzo, è un mondo sul quale sembra essersi abbattuta la maledizione biblica. Luogo del peccato, microcosmo perduto, è posto «en la mera boca del infierno». Sullo sfondo la rivoluzione dei Cristeros, violenta, fallita in seguito all'egoismo e all'arrivismo dei politici22.
Non c'è dubbio che Comala sia un microcosmo, nel senso che a questa parola abbiamo
20 Juan Rulfo, Pedro Páramo, Barcelona, Bibliotex, 2001, p. 34.
21 Non a caso si è indicato proprio in Juan Rulfo il padre del realismo mágico latinoamericano, ancor più e ancor prima che in Miguel Ángel Asturias o nello stesso Gabriel García Márquez: in Pedro Páramo, suo unico romanzo, realtà e atmosfere magico-oniriche si corrispondono senza soluzione di continuità, mescolandosi l'una nelle altre con una naturalezza che da oltre mezzo secolo confonde e insieme ammalia i lettori.
voluto conferire in questo nostro studio. In primo luogo, il pueblo è una sintesi dei molti
villaggi del Messico di Rulfo che venivano abbandonati e dove -secondo le sue parole- “los vivos están rodeados de muertos”. Esso racchiude anche una sintesi della storia messicana,
incentrata su una società rurale arcaica e di tipo feudale. Però il suo significato non si esaurisce in questi riferimenti più o meno diretti; le dimensioni di Comala sono molteplici e se ne individuano almeno tre: c'è una Comala sognata o ideale (quella della madre di Juan Preciado), una Comala “reale” (quella di Pedro Páramo, raccontata dalla voce delle donne del villaggio), e una Comala morta o “infernale” (quella riconosciuta e fatta propria nel finale da Juan Preciado)23
Pedro Páramo è l’incarnazione del cacique, figura tipica del potere locale: turpe,
autoritario, violento, vero padre padrone di un’intera comunità; padre anche biologico, poiché numerosi sono i figli non riconosciuti avuti da donne che ha impunemente violentato; crudele con Comala e con i suoi abitanti, al tempo stesso vive un'ossessione amorosa per Susana e riversa un affetto profondo su uno dei figli avuti fuori dal matrimonio, Miguel. La figura del signorotto è centrale e necessaria per riportare alla memoria la condizione in cui è nato lo stato messicano, attraverso i soprusi dei ricchi colonizzatori sugli indigeni e sui poveri. Il potere è un tema cardine del romanzo: l’autorità di Pedro Páramo è basata su un matrimonio di convenienza, su omicidi di rivali, su corruzioni, su sfruttamenti. Non solo il potere politico è preso di mira, ma anche la chiesa, rappresentata da Padre Rentería, è accusata di essere asservita al dominio economico di Pedro Páramo e di negare persino il sostegno spirituale. E un'indagine particolare investe la condizione della donna: sia la madre di Juan Preciado, sia le donne che lo accolgono a Comala sono tutte vittime della violenza di Pedro Páramo e conservano tra di loro una forte solidarietà, che si trasmette sull’affetto rivolto all’ignaro Juan Preciado, che diventa così figlio di tutta Comala.
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“In Pedro Páramo -spiega Bellini- ha luogo una vera rivoluzione nella struttura del
romanzo e nell'uso del tempo. Il libro si costruisce su una serie di tessere, come un mosaico, che il lettore è chiamato a riordinare. Il tempo è per la prima parte cronologico,
23 Alcuni studiosi hanno intravisto in questa tripartizione dell'esperienza un possibile rimando “dantesco” operato da Rulfo: alla Comala “paradisiaca” della madre farebbe seguito la Comala “terrena” del padre, che infine lascerebbe il posto alla discesa nella Comala infernale effettuata -sulla scorta di molti eroi mitici precedenti- da Juan Preciado. Fra i critici che hanno dato quest'interpretazione del romanzo, Carlos José Boixo González (Juan Rulfo: Pedro Paramo, Madrid, Cátedra, 1997) e Manuel Chivite Ferrer (El Laberinto Mexicano de Juan Rulfo, México, Editorial Navarro, 1972).
apparentemente reale, ma superata la prima metà del romanzo il lettore si rende immediatamente conto che si tratta di un tempo ormai trascorso, poiché il protagonista è morto e racconta dall'aldilà, un aldilà situato a fior di terra, nel quale i defunti prendono ancora parte alle vicende del mondo in cui sono vissuti, Comala, villaggio reale e irreale al tempo stesso, come lo sono i personaggi”. Anche la costruzione narrativa, che alterna due punti di vista opposti -quello ancorato all'esperienza di Juan Preciado e quello del narratore onnisciente Pedro Páramo-, concorre allo straniamento che è la più grande ricchezza del romanzo.
En contraposición a la complejidad estructural y formal de Pedro Páramo -sottolinea Said Sabia in un articolo dedicato al romanzo- el argumento es sencillo e incluso relativamente frecuente en la literatura hispanoamericana de la primera mitad del siglo XX. Pedro Páramo es un personaje que parte de una situación de pobreza prácticamente extrema y con muchas deudas, para acabar adueñándose de Comala y convirtiéndose en uno de los caciques más poderosos de la región. Los medios utilizados por él para la realización de sus ambiciones de riqueza y poder, no difieren mucho de los típicos y característicos que aparecen en la novela indigenista, no sólo mexicana sino latinoamericana en general: el matrimonio de intereses, la astucia, el engaño, la fuerza y la eliminación física de sus adversarios o enemigos. Primero se casa con Dolores Preciado para despojarla de sus tierras y de su fortuna antes de abandonarla. Luego viene el robo de las tierras de Toribio Aldrete y su ahorcamiento, como eslabón de una larga cadena de abusos y terrores que alzan a Pedro Páramo a la categoría de cacique todopoderoso, temido y odiado por todos. Su poder -conclude Sabia- es tal que, al final de su vida, cuando decide "cruzarse de brazos" para vengarse de Comala y dejar que ésta se muera, efectivamente la comarca queda sumida en la más absoluta desolación.24
Ciò che realmente interessa Juan Rulfo non è la Storia, ma il rovescio della medaglia, il volto degli uomini che vivono ai margini degli eventi, fra la vita e la morte, fra “memoria” e “olvido”. Su questo piano si esplicita anche la critica rulfiana alla Rivoluzione messicana: “la continuidad de la muerte y la desolación y la imposibilidad de los personajes de ingresar en el tiempo”25
Nel romanzo sono rintracciabili molte corrispondenze fra elementi propri della storia narrata e altri appartenenti alla Storia messicana, ed è questo uno dei motivi che ci
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24 Said Sabia, “Pedro Páramo: una idolopeya para conceptualizar la Historia”, in Espéculo. Revista de Estudios Literarios, Universidad Comlutense de Madrid, n. 35 (2007), p. 2.
spingono ad accostare il microcosmo costruito da Rulfo con Comala agli altri universi in piccola scala citati nel presente lavoro. La vicenda abbraccia più o meno un secolo (dalla nascita di Pedro Páramo alla morte di Juan Preciado) ed è localizzabile fra il 1870 e gli anni Cinquanta circa. Non è, dunque, un caso se l'epoca in cui Pedro Páramo assume il potere coincide con quella che vide l'apparizione del porfirismo in Messico (Porfirio Díaz conquistò il potere nel 1876); e non è un caso che i primi problemi per il cacique di