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1.1 Rischio di credito

1.2.1 Il comitato di Basilea e gli accordi sul capitale: Basilea I e Basilea II

Fondato nel 1974 dai governatori delle banche centrali del cosiddetto G106, ai quali si

aggiunsero successivamente la Svizzera e il Lussemburgo7, il Comitato di Basilea per la

vigilanza bancaria costituisce un organismo, operante all'interno della Banca dei Regola- menti Internazionali, la cui nalità principale è quella di raorzare la stabilità del sistema bancario internazionale attraverso lo scambio di ussi informativi e la ssazione di regole prudenziali e di condotta, sia per le autorità di vigilanza, sia per gli istituti di credito. Il suddetto comitato, nato con una funzione meramente consultiva, conobbe negli anni successivi un processo di sviluppo e di trasformazione che portò nel 1988 alla stesura del primo Accordo sul Capitale (Basilea I). Quest'ultimo promosse lo sviluppo di un sistema di misurazione standard, con riguardo all'adeguatezza patrimoniale delle aziende bancarie, attraverso la previsione di una serie di requisiti minimi di capitale8, ssati nella misura

dell'8%, volti a far fronte, in particolare, al rischio di credito. Lo schema di assorbimen- to patrimoniale minimo cui fa riferimento il primo accordo presentava però una serie di limitazioni [6]:

• nell'ottica di misurazione del capitale assorbito ci si concentrava esclusivamente sul rischio di credito9;

• nel denire le regole quantitative si consideravano diversi coecienti di ponderazione in base alla tipologia di clientela considerata (0%, 20%, 50%, 100%, 200%). Tuttavia all'interno della stessa classe non si attuava alcuna dierenziazione delle misure di rischio: le imprese private ad esempio, indipendentemente dal loro merito creditizio, erano tutte assoggettate ad un coeciente di ponderazione pari al 100%. Pertanto: se da un lato tutte le banche, a prescindere dalla solidità del richiedente do, erano tenute ad accantonare almeno l'8%, dall'altro le imprese, benché dotate di dierenti capacità di rimborso, si vedevano applicate lo stesso tasso di interesse;

• non si teneva conto della rischiosità insita nella vita residua del prestito erogato. Tradotto signica che una esposizione, la cui scadenza risultava nettamente inferiore rispetto ad un'altra, assorbiva risorse patrimoniali nella stessa misura;

• ai ni dell'alleggerimento del rischio non si prestava particolare attenzione al ruolo svolto dalle garanzie e dai derivati di credito;

• indipendentemente dal grado di diversicazione dei prestiti concessi, per ciascun portafoglio era previsto lo stesso livello di assorbimento delle risorse patrimoniali;

6Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti e Svezia. 7Due piazze nanziarie rilevantissime a livello mondiale.

8Quota di capitale della banca volta a coprire i depositanti dal rischio che i prestiti concessi alla clientela,

subendo delle perdite, risultino insucienti a ripagare i debiti.

• a prescindere dalla loro dimensione, venivano adottati gli stessi regolamenti per tutte le banche.

Per porre rimedio alle suddette lacune, le autorità di vigilanza del G10 promossero un processo di revisione della normativa, che portò alla nascita di un nuovo accordo, denomi- nato Basilea II. Quest'ultimo venne approvato nel giugno del 2004, sancito nel 2006 dalla successiva adozione da parte della Commissione Europea della cosiddetta CRD (Capital Requirements Directive)10 ed entrato in vigore in Italia soltanto nel 2008.

Il nuovo accordo si basa su tre pilastri fondamentali:

1. I requisiti patrimoniali minimi: approfondisce le misure prudenziali introdotte con il primo accordo attraverso la ridenizione dei criteri di calcolo dei requisiti minimi patrimoniali tenendo conto dell'eettiva rischiosità del debitore. L'obiettivo è fronteggiare i rischi tipici dell'attività bancaria e nanziaria11;

2. Il processo di vigilanza prudenziale: richiede alle banche di dotarsi di una strate- gia e di un processo interno di determinazione dell'adeguatezza patrimoniale, attuale e prospettica, mentre all'autorità di vigilanza spetta il compito fondamentale di veri- care l'adabilità e la coerenza dei relativi risultati e di adottare, quando necessario, le opportune misure correttive. Questo nuovo processo si costituisce di due parti fondamentali:

(a) processo interno di determinazione dell'adeguatezza patrimoniale (Internal Ca- pital Adequacy Assessment Process - ICAAP) che fa capo a tutte le banche, le quali eettuano una valutazione circa la propria adeguatezza patrimoniale sulla base delle proprie strategie aziendali e dei rischi assunti12;

(b) processo di revisione e di valutazione prudenziale (Supervisory Review and Eva- luation Process - SREP) a carico della Banca d'Italia, la quale è tenuta a riesaminare l'ICAAP e a porre le opportune misure correttive;

3. La disciplina di mercato: stabilisce l'obbligo per le banche di fornire al mercato tutte le informazioni inerenti all'adeguatezza patrimoniale, all'esposizione ai rischi e alle caratteristiche generali dei relativi sistemi di gestione e di controllo.

10Comprende la Direttiva 2006/48/CE, con riguardo all'accesso all'attività degli enti creditizi e al suo

esercizio, e la Direttiva 2006/49/CE inerente all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi. Le suddette direttive comunitarie sono state recepite in Italia per mezzo della circolare 263 della Banca d'Italia, recante le Nuove Diposizioni di Vigilanza Prudenziale.

11Rischio di credito, di mercato ed operativo.

1.2.2 Il primo pilastro di Basilea II: i requisiti patrimoniali minimi

Il sistema di regole introdotto da Basilea II, sebbene resti pressoché invariato rispetto al vecchio accordo nella denizione del livello minimo di assorbimento patrimoniale (previ- sto nella misura dell'8%), mira a promuovere una più stretta relazione tra il patrimonio di vigilanza ed il merito creditizio della controparte attraverso l'utilizzo di nuove metodologie per il calcolo dei requisiti minimi patrimoniali.

Quest'ultimi, che svolgono un ruolo di rilevante importanza all'interno della nuova norma- tiva di vigilanza, sono ssati a garanzia della stabilità dell'intero sistema bancario a fronte del complesso dei rischi connessi con l'attività bancaria stessa.

A tal proposito il nuovo accordo di Basilea individua tre diversi blocchi di rischio:

• il rischio di credito: comprende anche il rischio di controparte, ovvero il rischio che la controparte di una transazione avente a oggetto determinati strumenti nanziari risulti inadempiente prima del regolamento della transazione stessa. [86] (Titolo II, Capitolo 3, Sezione I);

• il rischio di mercato: eventualità che variazioni relative ai fattori di mercato (tassi di interesse, tassi di cambio, prezzi delle merci, prezzi delle azioni ecc.) determino una variazione di una specica posizione assunta dalla banca o dell'intero portafoglio (di attività e passività nanziarie) da essa detenuto;

• il rischio operativo: rischio di subire perdite derivanti dall'inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi esogeni. Rientrano in tale tipologia, tra l'altro, le perdite derivanti da frodi, errori umani, interruzioni dell'operatività, indisponibilità dei sistemi, inadempienze contrattuali, catastro naturali. Nel rischio operativo è compreso il rischio legale, mentre non sono inclusi quelli strategici e di reputazione. [86] (Titolo II, Capitolo 5, Parte Prima, Sezione I).

L'elemento fondamentale che consente alla banca di attuare un processo di copertura dei rischi tipici è rappresentato dal patrimonio di vigilanza, il quale, in base alla normativa in materia di vigilanza prudenziale [86], deve essere almeno uguale alla somma dei requisiti minimi patrimoniali richiesti per ciascuna categoria di rischio (rischio di credito, di mercato e operativo):

Pvig ≥ RP M (1.20)

che può essere anche riscritta in termini più estesi come:

con RPmin

rc , RPrmmin, RPromin che rappresentano i fabbisogni di capitale richiesti per

fronteggiare, rispettivamente, il rischio di credito, di mercato ed operativo.

Quanto al rischio di credito è prevista una quota minima del patrimonio di vigilanza commisurata alle attività ponderate per il rischio (Aprc), quest'ultime note anche con il

termine di Risk Weighted Assets (RWA):

RPrcmin = Aprc∗ 8% (1.22)

In base a questa regola, la componente del patrimonio volta a far fronte al rischio di credito non deve essere inferiore all'8% del totale delle attività ponderate per il rischio medesimo.

Il requisito patrimoniale minimo riferito al rischio di credito è dunque funzione dell'attivo bancario esposto al rischio suddetto, a cui viene applicato una ponderazione sulla base della rischiosità legata alle caratteristiche del cliente debitore o al prestito concesso.

Quindi:

Pvig ≥ (RPrmmin+ RPromin+ Aprc∗ 8%) (1.23)

e dunque

Pvig ≥ 8%(RPrmmin∗ 12.5 + RPr0min∗ 12.5 + Aprc) (1.24)

Il requisito prudenziale [6] può ora essere riscritto come rapporto tra il patrimonio di vigilanza e la somma delle attività ponderate al rischio, il quale deve essere maggiore o uguale all'8%:

Pvig

[(RPmin

rm + RPromin)] ∗ 12.5 + Aprc

≥ 8% (1.25)