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2.2 Introduzione alle crisi nanziarie

2.2.2 La crisi del debito sovrano

La crisi del debito sovrano aonda le proprie radici nella crisi dei mutui subprime, le cui caratteristiche principali sono già state analizzate nel precedente paragrafo.

Prima di passare in rassegna gli aspetti e le peculiarità del tema qui proposto si ritiene opportuno fare una precisazione introduttiva.

Gli eetti negativi derivanti dall' utilizzo incontrollato e spregiudicato dei titoli derivati tossici, come abbiamo già avuto modo di specicare, non hanno interessato esclusivamente il mercato nanziario statunitense ma hanno compromesso, sebbene con modalità dieren- ti, anche i sistemi bancari ed economici di molti stati (soprattutto) europei.

Al ne di fronteggiare una situazione che stava divenendo sempre più instabile, le ban- che centrali cercarono di promuovere una serie di operazioni di politica monetaria espansiva

12Per fronteggiare la crisi di liquidità la maggior parte degli operatori nanziari decise di mettere in

vendita gran parte dei titoli azionari e obbligazionari presenti all'interno del proprio portafoglio. Tale tendenza comportò una progressiva caduta del valore dei titoli e degli indici azionari in borsa, generando a loro volta ingenti perdite e danni irreversibili ai bilanci delle banche.

nalizzate ad aumentare l'oerta di moneta e diminuire i tassi di interesse. Anche le au- torità di governo decisero di intervenire, adottando molteplici misure di salvataggio delle banche e specici piani di rilancio della economia.

Una serie di interventi pubblici che, come vedremo, sebbene avessero sortito una serie di eetti beneci a livello globale, contribuirono ad aggravare ulteriormente gli squilibri di nanza pubblica. Tradotto signica debiti pubblici e decit sempre più alti.

Un'ulteriore precisazione. All'interno dell'Eurozona si era prolata una situazione alquanto variegata: da una parte i paesi cosiddetti core, al cui vertice troviamo la Germania, si di- stinguevano per livelli piuttosto contenuti di debito pubblico e per una attività economica alquanto solida, dall'altra i paesi periferici, noti con il nome di PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), connotati da dinamiche di debito pubblico piuttosto insostenibili, da tassi di crescita del PIL molto bassi e decit sempre più alti.

Tuttavia gli interventi pubblici, promossi dai governi e dalle banche centrali, si mostrarono, tutto sommato, idonei a promuovere una ripresa economica, sostenuta in particolar modo dai paesi emergenti.

Nello specico, migliorarono le condizioni di mercato, vennero ridimensionati i timori di default degli intermediari e le banche ritornarono a nanziarsi sul mercato dei capitali. Si trattava però di una crescita viziata e disomogenea, i cui beneci non erano destinati a durare a lungo.

Quando la situazione sembrava ormai stabilizzarsi, irruppe in Europa, all'inizio del 2010, una seconda grande crisi, quella del debito sovrano, che individua come suoi princi- pali responsabili alcuni dei paesi periferici dell'Eurozona: Portogallo, Irlanda e Grecia. A questi si aggiunsero, in un secondo momento, altri paesi europei, primi fra tutti l'Italia e la Spagna. Le prime avvisaglie si erano avute all'inizio del 2010 quando venne registrato un grave squilibrio nei conti pubblici della Grecia13.

A seguito di questo fatto le agenzie di rating intervennero tempestivamente abbassando il merito creditizio dei titoli governativi greci e innescando così una crisi di ducia rispetto all'eventualità che il governo greco pagasse i propri debiti. Inoltre i tassi di interesse si am- pliarono ulteriormente, e di conseguenza anche gli spread (rispetto al tasso di rendimento dei titoli governativi tedeschi).

Nel contempo, al ne di scongiurare il default del paese, il Fondo Monetario Internazio- nale (FMI) in comune accordo con la Banca Centrale Europea (BCE) e la Commissione Europea approvarono un nanziamento di salvataggio di 110 miliardi di euro, elargito in più tranche temporali.

A questo si accompagnarono successivamente ulteriori prestiti, allo scopo di risanare le nanze pubbliche e promuovere una ripresa economica di un paese oramai sull'orlo del

13Il governo greco aveva truccato i valori del proprio bilancio e aveva dato luogo ad una serie di

fallimento.

Come contropartita la Grecia si impegnò a rispettare un severo programma di austerità, che prevedeva, in particolare, tagli alla spesa pubblica, alle retribuzioni e alle pensioni. L'ondata speculativa innestata dalla crisi nanziaria travolse ben presto anche il governo irlandese, i cui livelli di debito pubblico e decit oltrepassarono di gran lunga il limite consentito.

Anche in questo caso le istituzioni europee vararono un piano di salvataggio per un am- montare pari a 85 miliardi di euro.

La stessa sorte toccò poi al Portogallo, il cui punto debole era rappresentato da una strut- tura industriale piuttosto arretrata. Sebbene non presentasse una dimensione debitoria allarmante, il governo portoghese fu comunque destinatario di un intervento di aiuti da parte delle autorità europee per una somma complessiva di denaro di circa 80 miliardi di euro.

Tali tensioni si propagarono poi sui maggiori mercati nanziari, aggravando ulterior- mente il livello della crisi. In particolare:

- le più importanti agenzie di rating abbassarono il merito di credito di diversi stati europei e, di conseguenza, di molti istituti di credito che possedevano nel proprio portafoglio titoli governativi emessi da stati maggiormente colpiti dalla crisi;

- data la stretta connessione col settore pubblico, il comparto rappresentato dai titoli della banca sorì particolarmente le conseguenze scaturite dalla recessione;

- si irrigidirono gli standard di concessione del credito bancario. La banca molto spesso si riutava di erogare prestiti o proponeva una serie di condizioni tanto onerose da indurre il potenziale cliente a declinare l'oerta di credito da essa proposta;

- le misure di austerità adottate dapprima dagli stati PIIGS e poi da tutti gli stati appartenenti all'Unione Europea non hanno fatto altro che rallentare la crescita. La crisi del debito sovrano si palesò in tutta la sua evidenza nel luglio del 2011 quando le turbolenze manifestatesi, in precedenza, nei paesi periferici, si estesero anche in altri stati membri dell'Unione, tra cui l'Italia, resa particolarmente vulnerabile dall'elevatissimo debito pubblico e, in misura minore, la Spagna, per l'eccessiva esposizione delle banche verso il mercato immobiliare.

In particolare, nell'analizzare la crisi nanziaria relativa al nostro paese, si rende necessario partire da una importante osservazione.

A seguito delle tensioni create per eetto dello scoppio della bolla speculativa, il sistema creditizio italiano non subì particolari essioni.

- nell'esistenza di un sistema adeguato di protezione dei depositi verso la clientela e di una rete di sportelli piuttosto ampia, tale da assicurare una stabile raccolta bancaria; - nella bassa incidenza delle esposizioni maggiormente esposte alla crisi nanziaria

(titoli tossici), nei bilanci degli istituti creditizi italiani;

- nella presenza di un indebitamento del settore privato più basso rispetto a quello relativo agli altri stati [97].

Pertanto, nell'individuare i principali responsabili della crisi del debito pubblico ita- liano, rilevano sostanzialmente tre fattori: scarse, se non assenti, prospettive di crescita economica, connesse soprattutto alla grave dicoltà di adeguamento ai grandi e continui cambiamenti globali di natura demograca, politica, tecnologica e commerciale degli ultimi anni, la forte contrazione del Pil e la scarsa credibilità del governo e del sistema politico. Inoltre, la situazione si aggravò ulteriormente a seguito del forte incremento del rendimen- to dei Btp (Buoni del tesoro poliennali) italiani con scadenza decennale, che comportò un innalzamento signicativo e preoccupante del costo di rinanziamento del debito pubblico. Il cosiddetto spread, inteso nell'accezione di dierenziale di rendimento tra i titoli governa- tivi di un stato (nel nostro caso l'Italia) e quelli di un altro paese che funge da benchmark (i Bund tedeschi), aveva infatti raggiunto valori spropositati14. A tal proposito le cause

vanno ricercate nel progressivo peggioramento della percezione relativa al rischio sovrano italiano, a seguito dei tagli circa l'adabilità del nostro paese da parte delle agenzie di rating, e nella tendenza sempre più diusa, tra gli investitori, a preferire titoli tedeschi ritenuti più stabili e sicuri (il c.d fenomeno del ight to quality).

Di fronte all'aggravarsi della situazione, l'Unione Europea decise, dapprima, di inter- venire drasticamente tramite il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF), costituito nell'estate del 2010 dagli stati membri dell'Eurozona, con lo scopo di salvaguardare la sta- bilità nanziaria dell'Europa.

Più specicatamente, gli interventi previsti dal fondo si sostanziarono, in particolare, nel nanziamento delle ricapitalizzazioni delle banche, nell'acquisto di titoli pubblici e nell'e- rogazione di prestiti.

Le successive e crescenti pressioni sui titoli delle banche europee e il riacutizzarsi della crisi di liquidità, soprattutto nel mercato interbancario, spinsero poi la stessa BCE ad adottare ulteriori misure, sempre più incisive: dall' attuazione di speciche operazioni di rinanzia- mento a più lungo termine, allo scopo di incentivare l'oerta di credito, alla riduzione del valore relativo ai tassi uciali sulla deposit facility, no all'acquisizione di titoli sia pubblici che privati, con la nalità di inuenzare la struttura a termine dei tassi di interesse.

14Il dierenziale di rendimento (spread) se nel primo semestre del 2011 si attestava su valori inferiori ai