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Competenze professionali dell’operatore sociale

5. Risultati ed analisi

5.1 L’operatore sociale

5.1.2 Competenze professionali dell’operatore sociale

All’interno di questo capitolo, grazie allo scritto di Lorena Milani “Competenza pedagogica e progettualità educativa” vengono designate alcune delle competenze fondamentali e principali della figura dell’operatore sociale, che verranno messe in connessione e in relazione alle competenze emerse dagli operatori all’interno delle interviste.

Innanzitutto però è importante fare una panoramica di cosa sia una competenza pedagogica, definita come “l’insieme complesso e dinamico di conoscenze, di abilità, di procedure metodologiche, di esperienze consolidate e ordinate di tipo educativo fondate sulla riflessione e sulla teorizzazione pedagogica che connota in modo specifico la professionalità educativa e che i soggetti che operano in questo settore devono saper mettere in campo in modo personale e critico quando progettano, attuano e valutano il proprio intervento.”(Milani, 2000, pag. 84).

Mentre si è cercato di definire la nozione di competenza, si sono definite le competenze di base, intese come “la capacità di padroneggiare situazioni, attivate metodologie, elaborare progettualità coerenti con l’intervento educativo” (Milani, 2000, pag. 96).

Gestire la complessità

La complessità non è una caratteristica unica con cui si definisce l’operatore sociale, ma è soprattutto definibile dalla società odierna, in cui l’operatore sociale lavora all’interno della complessità delle realtà sociali ed umane che si trasformano continuamente (Maida et al., 2018). Per questo motivo anche l’intervento educativo risulta complesso, richiamando chi lavora all’interno del settore sociale, ad un’analisi più critica delle situazioni, di testimonianza ed infine di orientamento (Milani, 2000). In questo senso infatti viene definito che l’operatore sociale lavora con dei sistemi complessi, poiché le persone, i gruppi o le comunità sono inseriti all’interno di quest’ultimi, i quali sono in continua mutazione poiché ogni individuo, gruppo, comunità si influenza a vicenda (Maida et al., 2018). Infatti, come sottolinea l’operatrice della bassa soglia nella prima intervista; “C'è sempre il monitoraggio anche del territorio di quello che sono i fenomeni che avvengono perché cambiano in fretta e noi li traduciamo alla politica, agli enti, ai servizi del comune, cosa succede quali sono le risposte che possono dare per risolvere le problematiche” (Allegato 6 OP1)

Gestire questa complessità, richiede una certa padronanza del contesto e di strumenti culturali per poter cogliere la rete e i sistemi di relazioni, situazioni e di problemi che da sempre fanno parte dell’intervento educativo (Milani, 2000).

Lavoro di tesi – Teresa Esposito

Sapersi confrontare con i sistemi di significato

Agli educatori viene chiesta la capacità di saper leggere ed interpretare il contesto educativo in cui lavora ed opera, facendo riferimento ad una base teorica. Infatti, per poter attuare un intervento educativo è importante capire verso quali idee di educazione si vuole andare, verso quale società e/o idea di relazione, tenendo in considerazione anche gli strumenti che si vogliono adoperare. (Milani, 2000). Questa è una delle competenze evidenziate anche dall’operatrice di bassa soglia nell’intervista; “La prima è una capacità molto sviluppata di lettura delle situazioni delle dinamiche dei fenomeni che avvengono, lettura sociale,[…], devi avere delle competenze evidentemente accademiche sulle sostanze perché lavoriamo in questo ambito, sulle dipendenze, e poi dopo ci sono anche delle particolarità personali perché ognuno è un po’ fatto a sé.” (Allegato 6 OP1). Tante volte però questi aspetti maggiormente teorici e tecnici rischiano di offuscare quella che può essere appunto l’influenza del contesto circostante, che a sua volta poi va ad incidere sulle relazioni, sulle competenze e infine anche sulle modalità interattive. Da tenere in considerazione inoltre, che quest’influenza può portare anche a delle nuove dinamiche relazionali, tra cui anche l’attribuzione del ruolo tra operatore e utente. (Introduzione alla pedagogia - Tramma.pdf, s.d.). Ciò viene evidenziato bene dall’operatrice della bassa soglia all’interno della sua intervista; “Sì, anche cercare di fare da mediazione tra l'utente la società. L’utente fa l’utente e la società fa la società, nel senso non si possono fare miracoli quello che noi cerchiamo di fare è facilitare questo, ma soprattutto secondo me è un lavoro che fa tanto la prossimità proprio la prossimità di strada perché sono loro che poi vanno nei luoghi dove le persone si ritrovano si aggregano a cercare di fare un po’… di facilitare i rapporti” (Allegato 6 OP2).

In questo senso dunque è importante tenere conto che ci sono diversi sistemi di riferimento che si confrontano, l’operatore sociale a questo proposito deve cercare il proprio sistema di riferimento in modo da potersi porre delle domande rispetto alle connessioni degli interventi messi in atto e alle aspettative (Milani, 2000).

Interpretare i bisogni educativi e formativi

Chi lavora all’interno dell’ambito educativo, rende la persona in questione, protagonista e responsabile del suo futuro. Ciò in base anche alla professionalità dell’operatore di cogliere determinati segnali della persona, nuovi bisogni e richieste che emergono ed infine alle dinamiche relazionali ed interpersonali. Cogliere ed interpretare i bisogni significa anche saper comprendere le domande implicite, quelle non espresse esplicitamente e molto spesso risultano quelle più significative.(Milani, 2000). Ciò viene fatto in entrambi i contesti di Ingrado, sia nella bassa soglia che nel consultorio, con modalità differenti, infatti nell’intervista l’operatore della bassa soglia evidenzia che; “un utente arriva magari anche solo perché ha bisogno di rispondere a qualche bisogno primario suo non necessariamente a qualcosa di più a volte ecco poi invece potrebbe arrivare anche qui con una domanda con una domanda di aiuto allora a quel punto è compito nostro capire qual è la domanda e cercare delle risposte appropriate.” (Allegato 6 OP3), quindi in questo senso si coglie un bisogno dell’utente che in questo caso arriva con uno scopo al Centro di Accoglienza Diurno.

In questo senso infatti si tratta di mettere in atto un lavoro educativo che possa mirare ad un cambiamento che avvenga con la persona, tenendo in considerazione appunto i bisogni e le domande emergenti, il contesto di riferimento, gli strumenti e metodologie da utilizzare e possedere, tutto ciò poiché bisogna lavorare con e nella globalità della persona (Introduzione

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alla pedagogia - Tramma.pdf, s.d.). Rispetto a ciò viene evidenziato bene dall’operatore del consultorio nell’intervista come sia difficile ma anche importante mantenere il cambiamento che la persona vuole, “Deve diventare una co-costruzione delle cose, cioè non è che siamo le persone esperte che poi dall'esterno fanno una fotografia ma sanno loro dove stanno le soluzioni ai problemi, cosa fa nella vita una persona è quella che vede la realtà come la vive, ha le sue difficoltà e forse è anche un modo per capire come mai queste permangono invece che sono superabili e su quello poter dire a lavorare insieme, quindi un discorso di corresponsabilità, un discorso di rispetto, un discorso di accompagnare la persona laddove vuole arrivare” (Allegato 7 OP2). In questa direzione, il compito durante l’intervento dell’operatore sociale è finalizzato ad una risposta a quei bisogni impliciti ed espliciti, cercando delle strategie per poterlo soddisfare, conducendo la persona verso un’apertura maggiore verso l’altro e verso sé stesso.(Milani, 2000). comprensione della situazione emerge dall’intervista dell’operatore di bassa soglia;

“dev’essere una persona sensibile in grado di stare all’ascolto di comprendere la situazione nella sua complessità, osservandola e studiandola, deve essere una persona sempre pronta ad accogliere” (Allegato 6 OP3)

Rispetto a ciò, è importante non solo osservare, ma anche sapersi auto-osservare, per poter attivare dei processi di riflessione circa il suo modo di agire e come le letture personali di una situazione influenzino quest’ultima. Per fare ciò è importante che l’operatore sociale sappia che queste letture sono soggettive e che non esiste una neutralità, inoltre bisogna essere consapevoli che queste letture non rappresentino totalmente la realtà effettiva, e che nessuno può conoscere la verità di una situazione reale. (Maida et al., 2006). In questo senso, l’operatore del consultorio evidenzia anche come la propria formazione può avere un’influenza e che bisogna saperla riconoscere; ”questa trasversalità e per me personalmente, cioè io sono di formazione psicologo sono anche psicoterapeuta però cioè l'approccio mio deve essere sempre multidisciplinare, non fissarsi sul ruolo poi è chiaro che poi dopo ognuno di noi ha la formazione che incide anche come dire sull'approccio.”

(Allegato 7 OP3).

Solo dopo aver svolto un lavoro di osservazione si entra in una fase di ascolto attivo, dove si entra in una conoscenza dell’altro molto più profonda rispetto anche alle sue dimensioni personali e del suo mondo.(Milani, 2000) Solamente tramite un lavoro di osservazione ed ascolto si possono cogliere quelli che sono i bisogni di cui nella competenza precedente si parlava. In questo caso, una competenza che entra in gioco nel cogliere questi bisogni è il saper indagare, assumendo una prospettiva della pedagogia della domanda, richiedendo quattro momenti particolari:

• Assumere la domanda: attuare una ricerca sul campo e individuare le possibili domande educative;

• Analizzare la domanda: mettere in luce la natura della domanda, la specificità dei bisogni e l’articolazione delle possibili risposte.

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• Educare la domanda: favorire un processo di presa di coscienza del senso della domanda che vada oltre l’immediato

• Aprire alla proposta: è il passo ultimo e il più significativo della pedagogia della domanda perché inscrive l’intervento nella promozione della persona e dei gruppi sociali e nel processo di educazione permanente; educare alla proposta significa dare gli strumenti ai soggetti dell’educazione affinché riescano ad auto-promuoversi . (Milani, 2000, pag. 140).

Rispetto a questa competenza di saper indagare, viene riportata all’interno del consultorio dall’operatore nell’intervista; “la persona arriva e pone un problema riguardo alla sostanza cioè chi arriva a chiedere una consulenza è perché in qualche modo si trova in una situazione critica ed è in difficoltà rispetto a un aspetto perlomeno legato alla dipendenza, e quindi porta perlomeno quella parte lì e su quello si tratta di capire meglio un po’ l'origine del problema, fare una valutazione di quanto è grave il problema da quanto tempo che persiste che tipo di conseguenze ha generato nella vita della persona e su quello costruire insieme appunto un progetto che permetta di affrontare gestire al meglio questi aspetti quindi evidentemente uno molto finalizzato sulla domanda sulla sostanza sulla tipo di collaborazione di partecipazione con la persona da voler affrontare e gestire il problema per costruire degli obbiettivi che in qualche modo permetteranno di emanciparsi forse dalla sostanza.” (Allegato 7 OP2)

Gestire la diversità

La diversità umana è una caratteristica principale tra la popolazione, è importante dunque che l’operatore sociale la sappia gestire in modo da creare un dialogo che possa essere il più aperto possibile (Milani, 2000). Questa diversità emerge molto all’interno del contesto di Ingrado “Un altro aspetto è anche quello della diversità ma anche tra di loro perché comunque anche a dipendenza un po’ dalle sostanze che consumano” (Allegato 7 OP1).

Chi agisce nell’ambito educativo si vede confrontato con la persona che possiede una problematica che può renderlo diverso dagli altri, in questo senso è fondamentale che l’operatore sappia gestire la diversità prendendosene cura, accogliendola, conoscendola, garantendola, promuovendola, sostenendola, progettandola e infine condividendola (Milani, 2000). In questo senso come evidenzia l’operatrice di bassa soglia è anche importante accettare questa diversità senza giudizio; “non giudicare e parte del lavoro sociale in generale non giudicare, bisogna conoscere capire anche un po’ le storie e poi vedere cosa si può fare in un caso che la persona voglia mettersi in gioco.” (Allegato 6 OP1). Tutto ciò perché permette di portare a processi di accettazione della diversità (Milani, 2000).

Gestire e sostenere la relazione

La relazione all’interno del lavoro sociale è lo strumento principale di lavoro. Per questo motivo è molto difficile ed impegnativo gestirla e sostenerla, poiché bisogna mettere in pratica dei precisi comportamenti e atteggiamenti educativi che appartengono alle varie dimensioni della relazione. La prima dimensione riguarda l’asimmetria, dove all’interno della relazione stessa vi sono due opposti, operatore, autorità e utente libertà. (Milani, 2000).

Nonostante questi ruoli, entrambi si influenzano a vicenda, facendo partire uno scambio reciproco dove però la responsabilità di gestione di quest’ultimo è affidata all’operatore sociale stesso (Introduzione alla pedagogia - Tramma.pdf, s.d.). Questo viene evidenziato dall’operatrice di bassa soglia nella sua intervista, dove evidenzia proprio come lo strumento

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della relazione sia fondamentale anche per degli aspetti di vita quotidiana dove però poi sta all’operatore tenere le redini; “quello che possiamo fare è cercare tramite la relazione di far ragionare le persone su determinate cose se ci sono da prendere magari dei contatti con padroni di casa o così cerchiamo magari di essere presenti anche noi alle telefonate se magari le fanno da qua” (Allegato 6 OP2).

La seconda dimensione riguarda le dinamiche affettive, dove più l’intensità della relazione cresce più il legame sarà effettivamente marcato. Per poter instaurare una buona relazione e delle dinamiche affettive corrette, bisogna innanzitutto che l’operatore le sappia gestire positivamente (Milani, 2000). All’interno della bassa soglia, nell’intervista, l’operatore evidenzia che; “ecco cerco senz'altro di stare su un piano un po’ più informale e facilitare una relazione un po’ più significativa ecco con quella persona” (Allegato 6 OP3), facendo emergere come l’informalità può essere un buon strumento per entrare in una relazione di fiducia.

L’ultima dimensione della relazione sono i vissuti, dove la relazione risulta più significativa quando alla base vi è una trasparenza da ambe le parti. In questo senso è importante mantenere una relazione basata su trasparenza, congruenza e autenticità, mantenendo sempre un atteggiamento empatico (Milani, 2000). Ciò invece viene evidenziato nell’intervista dell’operatrice del consultorio; “però quelle piccole cose che a loro fa anche piacere che tu racconti di te e che secondo me ti rendono più vera no in una relazione in cui non è soltanto io sono qua per questo o fai come ti dico io, […], quindi personalmente credo che vabbè la famosa empatia però anche un po’ la leggerezza a volte di riuscire a dire ok è il mio lavoro cioè ci sono dei ruoli ma non devo definirli in una maniera tale che te lo faccio quasi pesare che io sono educatore tu sei la persona che in questo momento ha bisogno.”

(Allegato 7 OP1).

Di fondamentale importanza è l’interruzione della relazione quando ormai la persona ha trovato un suo benessere personale, in questo caso l’operatore sociale deve essere consapevole che il suo ruolo è finito e che di conseguenza a ciò la relazione, in termini di relazione d’aiuto, termina contemporaneamente al cambiamento e al proseguimento della persona in un percorso in solitario o con altri aiuti (Introduzione alla pedagogia - Tramma.pdf, s.d.).

5.2 Differenze e similitudini nel lavoro educativo in una presa a carico all’interno di un centro per le dipendenze

All’interno del contesto di Ingrado, come detto anche precedentemente, vi sono molteplici figure implicate, con diversi ruoli e di conseguenza anche diversi approcci lavorativi imposti sia dalla propria soggettività ma anche da ciò che è il lavoro in sé. Avendo precedentemente analizzato le competenze nello specifico, in generale ad Ingrado le differenze maggiori sono proprio nella tipologia di lavoro svolto, ma ciò non implica il fatto che si svolgano due lavori completamente slegati tra di loro anzi, ciò che viene svolto dagli operatori della bassa soglia è complementare per gli operatori del consultorio e viceversa.

Infatti, ciò che viene riportato anche all’interno delle interviste, è che le competenze tra operatori di bassa soglia e consultorio possono essere differenti ma legate strettamente al fattore del contesto lavorativo e quindi della tipologia di lavoro da svolgere. Alla domanda

“Secondo la sua opinione, le competenze dell’operatore sociale possono essere differenti tra operatori di bassa soglia e consultorio? In caso affermativo, quali sono le

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differenze che lei vede?”, gli operatori del CAD hanno risposto praticamente tutti in maniera affermativa evidenziando almeno una differenza che è però strettamente riconducibile al lavoro svolto all’interno del contesto specifico.

L’operatore della bassa soglia evidenzia principalmente questa differenza; “a livello di competenze penso che possano essere diverse nei, per esempio nella conoscenza della rete sicuramente il consulente che si occupa praticamente di essere il case manager e di interagire con l’intera rete è sicuramente più competente, più sul pezzo più fresco più è più pronto rispetto a quella fase lì quindi sì una differenza di competenze ma che riguarda principalmente l'ambito di cui ci occupiamo” (Allegato 6 OP3), dunque in questo caso, come affermato anche dall’operatore stesso, la differenza è legata principalmente all’ambito di cui si occupa ognuno, ma non per questo motivo vuol dire che gli operatori della bassa soglia non padroneggino questa competenza.

Per quanto riguarda invece gli operatori del consultorio, in generale hanno evidenziato che la differenza è proprio nella tipologia di lavoro piuttosto che nelle competenze degli operatori in sé. Infatti, il secondo operatore del consultorio afferma che; “Le competenze in sé non credo, io credo che sia più per lo stile di lavoro e gli obiettivi di lavoro che sono diversi” (Allegato 7 OP2), facendo emergere anche lui il tema dello stile e obbiettivi di lavoro differenti piuttosto delle competenze vere e proprie.

A livello invece più generale di lavoro svolto all’interno del contesto di Ingrado, si differenzia principalmente dalla cosiddetta soglia, dove nell’ottica del CAD e della prossimità rimane una soglia piuttosto bassa, mentre spostandosi verso il consultorio l’asticella della soglia si alza.

Idealmente, il percorso dell’utente dovrebbe essere appunto quello di incontrare la prossimità, fare da ponte con il CAD per poi trovare un aggancio con il consultorio e proseguire verso quella direzione. Ma la presa a carico di un utente avviene nel momento in cui si approccia al servizio, quindi soprattutto a livello di prossimità, dove poi idealmente si dovrebbe procedere verso una fase diagnostica e di trattamento per poi infine andare verso una dimissione, dove però si è consapevoli che il percorso tra persona e Servizio non sarà lineare ma vi possono essere periodi più o meno lunghi di sospensione da parte dell’utente (Giannotti, 2003). Sicuramente questo primo approccio diventa più facile nei servizi a bassa soglia, dove vengono offerti vari servizi, ma all’interno dell’intervista l’operatrice sottolinea quale sia proprio la parte educativa del contesto; “la parte educativa punta tanto sull'essere assieme ma il rispetto, il rispetto degli altri, il rispetto delle norme, il rispetto dello spazio, quindi questo è un importante lavoro educativo far modo che le persone possano usufruire delle offerte del posto con i principi adeguati.” (Allegato 6 OP1). Tutti questi aspetti facilitano quello che è l’intervento della bassa soglia, quindi di far avvicinare il servizio alla persona, mantenendo comunque la massima accessibilità ad ognuno (Curto, 2011), ed infatti è proprio in termini di accessibilità che emerge la prima differenza; “nei termini proprio di domanda dove l'elaborazione di una domanda ecco è diversa quindi le differenze le vedo più nell'accesso” (Allegato 7 OP2). Ed è proprio qui che si evidenzia la maggior discrepanza rilevata anche dagli operatori di Ingrado, in ciò che è anche l’offerta specifica del servizio e per quale motivo si inizia a frequentarlo, quindi rispetto anche alla domanda che l’utente porta. In questo senso infatti, l’operatore del consultorio fa emergere una distinzione chiara di quella che può essere la differenza principale tra i due contesti; “sotto certi aspetti, (la bassa soglia) è anche più impegnativa nel senso può arrivare chiunque anche solo per un parlare o per un caffè o che altro qui comunque già devi esprimere una volontà fare delle pratiche, accettare, cioè una sorta di contratto, di presa a carico bassa, però sempre un

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contratto. Non è una soglia altissima la nostra, basta solo volontarietà, la voglia di mettersi un po’ in discussione, sotto le offerte sono diverse.” (Allegato 7 OP3).

Dunque la bassa soglia deve inizialmente accogliere quella che è la domanda di cura, dove quest’ultima non è sempre facile da esprimere per persone con problemi di dipendenza, ma

Dunque la bassa soglia deve inizialmente accogliere quella che è la domanda di cura, dove quest’ultima non è sempre facile da esprimere per persone con problemi di dipendenza, ma

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