Modulazione digitale
6.2 Complessità e prestazioni spettrali
A fronte di questi innegabili pregi, i progettisti hanno dovuto fronteggiare anche alcune problematiche, inerenti l’estensione della banda occupata, il consumo in termini di potenza e l’inevitabile presenza di componenti rumorose o comunque indesiderate.
Si dimostra, così, sempre attuale un compromesso tipico nel settore delle telecomunicazioni, valido sia per le trasmissioni via cavo sia per quelle attraverso l’etere. In commercio sono disponibili diverse tipologie di trasmettitori e ricevitori, alcune più semplici, alcune più complesse. Optando per le versioni più semplici, si facilita la fase produttiva, ma, al tempo stesso, si degradano le prestazioni. In particolare, si espande la banda necessaria alla trasmissione, limitando il massimo numero ammissibile di utenti. Al contrario, optando per le versioni più complesse, si può trasmettere lo stesso messaggio riducendo di molto la banda occupata.
D’altro canto, non bisogna cadere in facili quanto fuorvianti entusiasmi. Non è facile ottenere un effettivo miglioramento delle prestazioni: maggiore è la complessità dello strumento, maggiore è la difficoltà nel progettarlo e realizzarlo.
6.3 Scomposizione I / Q
La trasmissione di un segnale attraverso l’etere richiede l’esecuzione di tre passaggi fondamentali. A livello del trasmettitore, si genera una portante e la si modula con l’informazione da trasmettere. A livello del ricevitore, invece, si attua il procedimento inverso, noto come demodulazione.
Nell’ambito delle telecomunicazioni, il termine informazione designa qualsiasi cambiamento nelle caratteristiche del segnale, che possa essere misurato in modo certo e affidabile. In particolare, nel dominio del tempo, esistono tre variabili che determinano le caratteristiche di un segnale sinusoidale: ampiezza, frequenza e fase. Peraltro, frequenza e fase sono due indici diversi che quantificano lo stesso cambiamento. Questa suddivisione si ripropone anche nella classificazione delle tecniche di modulazione analogica. Definita la variabile di interesse, ad ogni cambiamento nelle caratteristiche del segnale corrisponde un cambiamento nelle caratteristiche della portante. A seconda della variazione imposta, si distinguono la modulazione in ampiezza o AM, la modulazione in frequenza o FM, e la modulazione in fase o PM.
In linea di principio, ampiezza e fase possono essere modulate separatamente. Tuttavia, all’atto pratico, emergono notevoli difficoltà, soprattutto in fase di demodulazione. Pertanto, il segnale viene scomposto nella componente in fase, brevemente 𝐼𝐼, e nella componente in quadratura, brevemente 𝑄𝑄. Tali componenti sono perfettamente ortogonali e non interferiscono in alcun modo l’una con l’altra.
6.3.1 Diagramma polare
Un diagramma polare è un utile supporto grafico che permette di distinguere, a prima vista, l’ampiezza e la fase del segnale trasmesso. Le due grandezze differiscono per un aspetto fondamentale. La fase deve essere valutata rispetto ad un riferimento, rappresentato in genere dalla fase della portante. L’ampiezza, invece, può essere interpretata sia in termini assoluti, sia in termini relativi all’ampiezza della portante.
Figura 6.15 Esempi di modulazione di ampiezza, frequenza e fase
Dal punto di vista grafico, il segnale viene raffigurato come un punto: l’ampiezza determina la distanza dall’origine, mentre la fase determina l’angolo rispetto al riferimento della portante. In un simile contesto, anche le tecniche di modulazione trovano un riscontro grafico: la AM modifica la distanza del punto dall’origine; la PM ne altera l’angolo; la loro composizione altro non è che la sovrapposizione dei rispettivi effetti.
Il diagramma polare consente di evidenziare anche alcune delle problematiche emerse nella progettazione di un sistema RF. Idealmente, una pura modulazione in ampiezza dovrebbe produrre una linea retta dall’origine a un qualche picco che indica la massima
ampiezza raggiunta. All’atto pratico, però, la linea presenta comunque una leggera curvatura. Non è possibile effettuare una AM, che non comporti anche una, seppur minima, PM. L’esperienza ha dimostrato che questi effetti discorsivi sono inevitabili nei sistemi che applicano variazioni di ampiezza.
6.3.2 Formato I / Q
La scomposizione del segnale nelle sue componenti 𝐼𝐼 e 𝑄𝑄 può essere interpretata mediante un’opportuna rappresentazione rettangolare del diagramma polare.
Allo scopo, si definiscono l’asse delle 𝐼𝐼, concorde al riferimento a fase nulla, e l’asse delle 𝑄𝑄, ad esso perpendicolare e rivolto verso l’alto. Le componenti 𝐼𝐼 e 𝑄𝑄 altro non sono che le proiezioni del segnale sui relativi assi.
Così definito il diagramma assume l’aspetto di un classico piano cartesiano, suddiviso in quattro quadranti, cui si possono applicare i fondamenti dell’algebra lineare.
Figura 6.16 Diagramma polare e rappresentazione delle modulazioni in ampiezza (AM) e in fase (PM) [57]
Figura 6.17 Conversione dal diagramma polare al diagramma 𝑰𝑰 / 𝑸𝑸
6.3.3 Modulatore I / Q
A livello del trasmettitore, le componenti 𝐼𝐼 e 𝑄𝑄 procedono su due canali in parallelo e vengono modulate con la portante fornita da uno stesso oscillatore locale. Una traslazione in fase di 90° viene applicata alla sola componente in quadratura. Infine, 𝐼𝐼 e 𝑄𝑄 vengono sommate a formare l’effettivo segnale di uscita. A livello del ricevitore, la struttura è del tutto analoga. Il segnale acquisito si dirama entro due canali in parallelo, dove viene modulato con la portante fornita da uno stesso oscillatore locale. In modo arbitrario, una traslazione in fase di 90° viene applicata ad uno solo dei due canali. In questo modo, il segnale è stato nuovamente scomposto nelle sue componenti in fase e in quadratura.
Questo schema operativo non si presta a modulazioni della sola ampiezza o della sola fase. Tuttavia, è lo strumento ideale per effettuare simultaneamente AM e PM. Peraltro, l’immediato riscontro grafico consente di seguire l’evoluzione delle caratteristiche del segnale nel corso delle diverse fasi di elaborazione. Allo stato dell’arte, gran parte degli algoritmi di modulazione digitale si avvale delle cosiddette costellazioni, ossia rappresenta i dati come punti discreti nel diagramma 𝐼𝐼 / 𝑄𝑄.
6.3.4 Indici di efficienza
Tipicamente, i segnali reali sono continui. Tuttavia, il passaggio al formato digitale impone di adottare un numero finito di cifre per rappresentarli. Nell’ambito delle tecniche di modulazione, questa scelta si riflette nella necessità di individuare un numero finito di stati che il segnale può assumere nel corso della modulazione. Ognuno di questi stati è identificato da una cifra binaria e viene definito simbolo. Dal punto di vista grafico, nel diagramma 𝐼𝐼 / 𝑄𝑄 i simboli sono raffigurati mediante dei punti; la loro disposizione complessiva, rivelatrice di molte informazioni sul sistema e il suo funzionamento, prende il nome di costellazione. Il passaggio da uno stato all’altro non è mai una commutazione istantanea, ma una variazione graduale. I valori assunti dal segnale costituiscono il percorso di transizione da un simbolo all’altro.
Prima di procedere alla comparazione delle diverse tecniche, conviene definire i principali due indici di efficienza: la bit rate e la symbol rate.
La bit rate misura la frequenza del flusso dei bit all’interno del sistema. A titolo di esempio, si consideri un ricevitore RF dotato di un campionatore a 8 bit. Fissata la frequenza di campionamento a 10 𝑘𝑘𝐻𝐻𝑧𝑧, si ricava
La symbol rate, invece, viene definita come il rapporto tra la bit rate e il numero di bit trasmessi con ogni simbolo. Per esempio, se ogni simbolo veicola un solo bit, i due indici coincidono. Al contrario, se ogni simbolo veicola due bit, la symbol rate è pari alla metà della bit rate.
Questa dualità riporta alla luce il compromesso tra complessità ed efficienza spettrale. Infatti, la banda occupata dalla trasmissione dipende direttamente dalla symbol rate. Maggiore è la complessità del sistema, maggiore è il numero di bit veicolati da ogni simbolo. Parimenti, maggiore è la complessità del sistema, maggiore è la sua efficienza.
6.3.5 Symbol clock
Secondo il paradigma del modulatore 𝐼𝐼 / 𝑄𝑄, ogni trasmettitore contiene al suo interno un dispositivo che regola la successione temporale delle diverse fasi di elaborazione. Il cosiddetto symbol clock determina l’istante preciso in cui trasmettere il simbolo corrente. A meno di malfunzionamenti o anomalie, l’orologio viene tarato in modo da scattare al termine di ogni transizione. In questo modo, il segnale si trova con certezza in uno dei punti noti della costellazione.