Modulazione digitale
6.10 Metodi di rappresentazione
La rappresentazione di un segnale non è univoca: variando il dominio o la tecnica di misura, si possono evidenziare specifiche caratteristiche, altrimenti celate nel flusso dei dati.
In tal senso, un semplice esempio può risultare chiarificatore. Si consideri un cercapersone che opera a radiofrequenza. Il dispositivo adotta una FSK a due livelli: la frequenza della portante oscilla tra 930.000 𝑀𝑀𝐻𝐻𝑧𝑧 e 930.008 𝑀𝑀𝐻𝐻𝑧𝑧.
La scelta ricade su una tecnica di modulazione in frequenza, perché è meno soggetta a fenomeni di interferenza o attenuazione, molto diffusi in un contesto urbano. Altri protocolli, più accurati nella demodulazione del segnale, non sono compatibili con l’elevato tasso di rumori e disturbi, tipico degli odierni edifici, specie se composti in massima parte da acciaio.
L’estensione della banda occupata è trascurabile in relazione alla sua frequenza centrale. Così, la differenza di appena 8 𝑘𝑘𝐻𝐻𝑧𝑧 diventa impercettibile nel dominio del tempo: neppure i migliori oscilloscopi riescono a misurare questa minimale variazione del periodo.
Per migliorare la risoluzione, il dispositivo attua una traslazione in frequenza: mediante un’opportuna operazione di mixing la frequenza centrale passa 930.004 𝑀𝑀𝐻𝐻𝑧𝑧 a 2 𝑘𝑘𝐻𝐻𝑧𝑧. In questo modo, le variazioni imposte alla portante sono distinguibili ad occhio nudo. Questa procedura, molto diffusa nell’ambito delle trasmissioni RF, prende anche il nome di zoom time o IF time.
Figura 6.30 Andamento nel tempo del segnale del cercapersone, prima (sopra) e dopo (sotto) lo zoom time [57] Figura 6.29 Andamento nel dominio della frequenza del segnale di un cercapersone che opera nella banda RF [57]
6.10.1 Analisi di potenza
Nella caratterizzazione del dispositivo, destano particolare interesse le fasi di accensione e spegnimento. In tal senso, l’analisi dei livelli di potenza può rivelare preziose informazioni. Generalmente, si pongono a confronto i simultanei andamenti temporali della potenza e dell’attivazione in frequenza.
Variazioni molto rapide della potenza assicurano un pronto funzionamento del dispositivo, ma, allo stesso tempo, provocano fenomeni di spectral splatter. Particolare attenzione va riservata all’eventuale presenza di picchi o andamenti impulsivi: un’eccessiva richiesta di potenza al circuito di amplificazione può comportare la compressione o addirittura la perdita di alcuni dati.
Variazioni molto lente della potenza non incidono in modo significativo sull’estensione spettrale della banda di trasmissione. D’altro canto, rallentano notevolmente il funzionamento del dispositivo: fino a quando la potenza non raggiunge i livelli di regime, la trasmissione non può cominciare. Peraltro, un’eccessiva lentezza può causare un alto tasso di errore nella codifica dei primi simboli.
Figura 6.31 Analisi grafica dei livelli di potenza e dei loro effetti sulle prestazioni spettrali [57]
6.10.2 Costellazione
Un classico diagramma polare esprime il segnale in termini di ampiezza e fase. Di contro, il diagramma 𝐼𝐼 / 𝑄𝑄 lo scompone nelle componenti in fase e in quadratura. Infatti, a livello circuitale è molto più semplice adottare degli assi coordinati lineari e ortogonali.
Questo metodo di rappresentazione raffigura i valori assunti dalla portante nel corso delle transizioni da uno stato all’altro. In tal senso, permette di individuare eventuali overshoot o loop, ma non fornisce informazioni sulla bontà dei simboli trasmessi.
Per rispondere a questa esigenza conviene ricorrere ad un altro supporto grafico. La costellazione raffigura soltanto i valori assunti dalla portante allo scoccare del symbol clock. Le informazioni che se ne ricavano permettono di valutare l’incidenza della fase di filtraggio e l’entità dell’ISI.
Figura 6.32 Confronto tra diagramma polare (a sinistra) e costellazione (a destra) [57]
Tipicamente, per ottenere dei risultati affidabili, la costellazione deve essere composta da almeno 2𝑠𝑠 punti, dove 𝑠𝑠 è il numero di bit veicolati da ogni simbolo.
6.11 Multiplexing
Per quanto vasto, lo spettro RF ha un’estensione finita. L’incessante aumento di utenze e servizi ha imposto una sua efficiente suddivisione in canali.
Allo scopo, sono sorti i cosiddetti protocolli di multiplexing. Ne esistono diverse varianti, ciascuna basata su uno specifico criterio. Sta alle condizioni di utilizzo individuare il protocollo più opportuno.
6.11.1 Multiplexing in frequenza
Il padre dei protocolli di multiplexing è senza dubbio il Frequency Division Multiple Access, brevemente FDMA, formulato già agli inizi del ventesimo secolo. Lo schema operativo prevede di assegnare uno specifico canale ad ogni coppia formata da un trasmettitore e un ricevitore.
Per ottenere le massime prestazioni, conviene ricorrere ad un trasmettitore a banda stretta e ad un ricevitore dotato di un filtro molto selettivo, capace di escludere tutti i contributi indesiderati.
6.11.2 Multiplexing nel tempo
Una rigida organizzazione temporale consente a più dispositivi di operare alla stessa frequenza. In tal senso, la realizzazione più semplice è rappresentata dal cosiddetto Time Division Duplex, brevemente TDD. Tra le possibili applicazioni spiccano le classiche ricetrasmittenti: premendo un bottone è possibile trasmettere un messaggio, rilasciandolo è possibile ascoltarlo.
Figura 6.34 Successione temporale delle fasi di trasmissione e ricezione in un protocollo TDD [57]
Con il passare del tempo, il criterio si è progressivamente affinato, avvalendosi anche delle più moderne tecnologie del settore. L’ultima variante, nota con il nome di Time Division Multiple Access, brevemente TDMA, ospita sulla stessa frequenza diversi trasmettitori e ricevitori.
Figura 6.35 Organizzazione temporale dei diversi utenti in un protocollo TDMA [57]
6.11.3 Multiplexing dei segnali codificati
Sfruttando in modo opportuno alcune proprietà della codifica dei dati trasmessi, più utenti possono operare simultaneamente, sullo stesso canale. In tal senso, vengono superate le restrizioni imposte dai precedenti protocolli, nel dominio del tempo e della frequenza.
Si consideri, ad esempio, il cosiddetto Code Division Multiple Access, brevemente CDMA. Tale protocollo assegna ad ogni dispositivo una specifica sequenza digitale. In fase di trasmissione, questa viene sovrapposta al segnale, con una frequenza superiore, tale da non distorcere l’informazione. A quel punto, solo i dispositivi associati al mittente ne riconoscono la sequenza e procedono alla demodulazione.
Figura 6.36 Canali occupati da diverse trasmissioni simultanee grazie al protocollo CDMA [57]
6.11.4 Multiplexing geografico
Si considerino due coppie, formata ciascuna da un trasmettitore e un ricevitore: se sono sufficientemente distanti, possono operare alla medesima frequenza senza, per questo, interferire l’una con l’altra.
Questa forma di multiplexing, definita anche geografica, viene applicata in qualsiasi settore. Le eccezioni sono rarissime: si tratta in genere di canali dedicati a trasmissioni internazionali o a comunicazioni militari.