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La complessità e la sua rivoluzione

III. La società complessa

III. 2 La complessità e la sua rivoluzione

Secondo il dizionario Enciclopedico Treccani complesso è:

Ciò che risulta dall’unione di più parti o elementi (il contrario di semplice).

L’unione di elementi differenti, la loro interazione, lo specificarsi e lo svolgersi di funzioni differenti all’interno di un sistema, fa sì che un fenomeno complesso non risulti immediatamente chiaro e intelligibile bensì oscuro, incerto, difficile da analizzare. Questa difficoltà aumenta, si potrebbe dire naturalmente, all’aumentare del numero dei fattori in gioco e delle interazioni più o meno stabili che vengono a crearsi fra loro. Un esempio classico di sistema complesso è il cervello umano, con i suoi miliardi di neuroni e le loro interconnessioni che generano e regolano i suoi meccanismi.

La complessità è ovunque. Dalla ditta in cui lavoriamo al clima terrestre. Da un batterio all’economia mondiale. Dal bosco di castagni dietro casa alla cultura di un popolo. Noi stessi siamo sistemi complessi, lo sono i nostri organi, le nostre cellule […]362

361 Anche in questo caso, senza pretesa di esaustività, Cfr. a riguardo L.L

UATTI (a cura di), Educare

alla cittadinanza attiva: luoghi metodi discipline, Carocci, Roma 2009, A.ARGENTINO, Orientamento

come formazione. Per una nuova cittadinanza, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004, R. A. ROSSI,

Formazione e nuova cittadinanza. Le prospettive della democrazia, Rubbettino, Soveria Mannelli

2005, V.BURZA, Democrazia e nuova cittadinanza, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006.

362 A. G

ANDOLFI, Formicai imperi e cervelli. Introduzione alla scienza della complessità, Bollati Boringhieri, Torino 2008, p.7.

La scoperta della complessità in ambito scientifico ha provocato una profonda incertezza, le cui radici sono da ricercare nel superamento della concezione cartesiana, newtoniana e galileiana di linearità della scienza. Per secoli, negli ambiti di ricerca propri della scienza, in particolare della fisica, ha dominato incontrastato quel movimento di pensiero che la filosofia della scienza ha chiamato determinismo scientifico, che si basava sulla convinzione che nulla avvenisse per caso.

Secondo questa linea di pensiero, le leggi della fisica riescono a determinare, in maniera univoca, un sistema date alcune condizioni iniziali conosciute. La conoscenza delle condizioni del sistema in un dato istante, sommato alla scoperta delle equazioni (deterministiche) che sono alla base del sistema stesso, permetterebbe anche di prevederne l’evoluzione, in quanto il suo stato in qualunque istante di tempo successivo, risulta determinato in maniera matematica.

Nulla avviene per caso, tutto può essere previsto.

Durante il periodo illuminista, trionfò il mito della certezza che la storia, la scienza e la società, potessero essere dominati attraverso la scoperta di precise relazioni fra causa-effetto. Una convinzione radicata che permise di governare/dominare le società e che illuse di portare alla prevedibilità del futuro.

Questo mito, con le sue certezze, si infranse definitivamente con la scoperta del caos deterministico e la susseguente presa di coscienza dell’esistenza di sistemi dinamici non lineari (sistemi caotici) 363. Questi sistemi, nonostante siano caratterizzati dalla complessità dovuta alla molteplicità di fattori in gioco che ne rendono impredicibile il comportamento, possiedono un ordine interno, analizzabile però attraverso un approccio differente da quello della scienza deterministica, possedendo un numero di fattori e variabili tali da rendere inefficaci i vecchi strumenti adoperati. Il numero enorme di variabili da analizzare in un sistema

363 Il termine caos deterministico racchiudeva in sé due paradossi:

I sistemi caotici rispondono ad un ordine pur essendo impredicibili e si pongono nel margine

del caos, cioè situati nella fascia compresa tra i sistemi lineari e sistemi randomici (in cui manca

qualsiasi tipo di correlazione tra due campioni successivi)

L’uso dell’aggettivo deterministico per specificare come la mancanza di prevedibilità non dipenda dal possibile intervento di fattori esterni, ma dall’elevata sensibilità alle condizioni iniziale dei singoli elementi, caratteristica intrinseca del sistema stesso.

complesso rende infatti necessaria l’elaborazione elettronica, rendendo i metodi “manuali” di calcolo obsoleti364

.

Le prime intuizioni sui sistemi caotici risalgono agli anni 1910-1930. I matematici Henry Poincarè, George David Birkhoff e Stephen Smale furono i primi a focalizzare l’attenzione su come sistemi fisici non lineari mostrino traiettorie evolutive molto complesse, fortemente influenzate dalle condizioni iniziali. Nonostante l’importanza delle possibili implicazioni che ne potevano derivare, la scarsa potenza e l’inaffidabilità nel funzionamento dei calcolatori elettronici e la contemporanea scoperta della relatività e della teoria quantistica, probabilmente contribuirono a limitare lo sviluppo di questa linea di pensiero fino agli anni Sessanta, quando nacque la cosiddetta “teoria del caos”.

Nonostante non sia molto usuale per una teoria scientifica, per la teoria del caos, che ha contribuito in maniera determinante al superamento delle concezioni precedenti, conosciamo anno e luogo di nascita con precisione: l’inverno del 1961 al

Massachussetts Institute of Technology, quando avvenne, in maniera quasi del tutto

casuale, la scoperta del cosiddetto “butterfly effect” ad opera del matematico- meteorologo Edward Norton Lorenz. Questi, in base alle macchine informatiche rudimentali del tempo, aveva elaborato un sistema computerizzato per la previsione degli eventi climatici, attraverso l’applicazione di un modello matematico basato su equazioni numeriche e deterministiche da lui elaborate. Nel tentativo di abbreviare i tempi di verifica di alcune previsioni atmosferiche calcolate dal sistema, Lorenz inserì i dati emersi nella simulazione precedente, in una tappa intermedia del processo e nel farlo arrotondò un valore, 0,506127 a 0,506; ritenendo la differenza del tutto trascurabile ai fine dell’elaborazione dei dati. Al termine del processo lo scienziato credeva di trovare risultati identici a quelli del primo esperimento, invece la differenza trascurabile di quel valore aveva stravolto completamente i risultati

364 Sull’argomento appena trattato Gandolfi, nella sua introduzione a Formicai Imperi e Cervelli,

scrive: “Solo negli ultimi decenni si è potuto far luce su comportamenti, strutture, regolartà all’interno dei sistemi complessi. Il motivo di questo ritardo scientifico è molto semplice: per studiare oggetti complessi ci vogliono i computer. Con l’avvento dell’elaborazione elettronica dei dati, è diventato possibile trattare efficacemente quantità enormi di informazioni. Proprio ciò di cui avevano bisogno gli scienziati per scoprire, descrivere e simulare i sistemi complessi.” A.GANDOLFI, Formicai Imperi

attesi, fino al punto che lì dove prima era previsto il sole, dopo la verifica imperversavano uragani365.

Tutto questo accadeva all’interno di un sistema computerizzato retto da equazioni deterministiche che, per loro stessa natura, nulla lasciano al caso. Era l’inizio della teoria del caos che ufficializzava un aperto e acceso dibattito sulla crisi profonda dei fondamenti del discorso scientifico, che ancora oggi stenta ad esaurirsi366. Il punto nodale derivante da questa scoperta era ed è che se le condizioni iniziali non possono essere conosciute con precisione infinita, anche possedendo tutte le equazioni che reggono un sistema, nella grande maggioranza dei casi non sarà possibile prevederne l’evoluzione nel medio/lungo periodo. In altre parole, il futuro non è determinato o determinabile. Questo, rimette in discussione tutta quella tradizione scientifica che, per lo meno a partire da Newton, aveva postulato la centralità dell'uomo nell'universo e la scienza come attività cognitiva superiore.

Nella meccanica classica Galileo, nell’analizzare il moto del pendolo, in cambio di risultati precisi dovette tralasciare gli elementi non-lineari che erano presenti nel sistema e di cui era a conoscenza: l’attrito e la resistenza dell’aria. A differenza di Aristotele, per cui il moto fisico era una sorta di mutamento, come la crescita di un animale, Galileo vedeva una regolarità misurabile, vedeva ciò che Aristotele non poteva comprendere, cioè che un oggetto in movimento era destinato a muoversi e che eventuali cambi di direzione o nella velocità potevano essere dovuti solo all’intervento di una forza esterna. Per spiegare la sua intuizione, davanti all’esperienza che sembrava dar ragione al ragionamento di Aristotele: il pendolo dopo un po’ di tempo si ferma, Galileo creò un mondo scientifico ideale in cui separare le regolarità dal disordine367. Grazie a questa simulazione era dimostrabile la teoria e non si andava incontro a calcoli difficilmente realizzabili senza l’utilizzo dei moderni calcolatori. Questo “mondo scientifico ideale” valicherà i confini della meccanica classica, finendo per essere utilizzato in altre discipline, si pensi ad

365 L’intero episodio, per la sua importanza descritto in centinaia di testi scientifici, fra gli altri è

riportato in A. GANDOLFI, Formicai, Imperi, Cervelli, op. cit. pp. 69-72, e in J.GLEICK, tr. it. L. Sosio,

Caos. La nascita di una nuova scienza, Rizzoli, Milano 1989.

366

Sull’importanza della scienza della casualità un contributo difficilmente eludibile è J. GLEICK,

Caos, op. cit.

367 A riguardo vedi J.G

LEICK, Caos, op.cit., p. 37-45, divenuto in breve un vero e proprio best seller

scientifico, il primo che provava ad illustrare gli effetti rivoluzionari della teoria del caos sulle conoscenze pregresse e sui metodi scientifici.

esempio all’espressione ceteris paribus adoperata dagli economisti nel fare la previsione di un trend di mercato: posso prevedere l’andamento di X se le altre condizioni non mutano.

La storia di Lorenz dimostrava che, con l’avvento dei computer e delle simulazioni, non c’era più bisogno di questo ambiente scientifico astratto: potevano essere inseriti nei calcoli per la spiegazione dei fenomeni anche elementi di “disordine”. Tutto questo però aveva un costo: le simulazioni al computer, per quanto precise e dettagliate ricorrevano a seppur minime approssimazioni; queste, con un effetto valanga, tendevano a distaccare sempre più i valori che provenivano dalle previsioni dalla realtà. Un sistema retto da equazioni deterministiche dipendeva moltissimo da impercettibili variazioni che provocavano delle distanze dalla realtà imprevedibili, facendo perdere senso all’osservazione stessa del fenomeno in chiave di ricerca delle cause che lo generano. Per chiarire il concetto non si può non citare la celebre frase di Lorenz: lo spostamento d’aria dato dal battito d’ali di una farfalla in Messico può provocare un uragano in Texas.

Dopo la scoperta del caos e della complessità, l'osservazione di un fenomeno non è più il punto di partenza per individuare una spiegazione complessiva dell’ordine reale del mondo368

. Questa affermazione ha alla base un vero e proprio cambio di paradigma: si è passati da una scienza dell’episteme (certezza, raggiungimento della verità) ad una della doxa (sapere fallibile, ipotetico, opinione), un discorso intorno alle cose369.

Galileo e Newton affermavano l'universalità e l’eternità delle leggi che ritrovavano dispiegate, “svelate”, nella natura e che erano ognuna di esse dimostrazione di come ogni cosa esistente fosse sistematicamente, logicamente o casualmente connessa con ogni altra. Ogni scoperta era un passo in più nel percorso teso ad illuminare il misterioso ordine supremo dell’universo, una riedizione dell’antico sogno greco dell'episteme, ovvero di una conoscenza coerente e completa.

368

A riguardo vedi anche le tesi sostenute in G. BOCCHI, M.CERUTI (a cura di), La sfida della

complessità, Feltrinelli, Milano 1985.

369 Ne “La Repubblica” Platone, attraverso il mito pone un dualismo ontologico tra mondo sensibile, e

mondo intellegibile, delle idee. Gli uomini acquisiscono la consapevolezza di ciò che risiede in questi mondi attraverso la conoscenza, divisa anch’essa in due: la Doxa, che rappresenta l’opinione, costituita da immagini basate sulla percezione del modo esterno, e l’Episteme, la scienza, che ci consente di comprendere e conoscere i valori, gli enti matematici e le idee, utilizzando la ragione scientifica (idianoia) e l’intelligenza filosofica (noesis). PLATONE, La repubblica, tr. it M. Vitali 474c- 480, Feltrinelli, Milano 1995, pp.. 448-468.

I filosofi greci, osservando il mondo “così come si mostra agli occhi”, ritenevano che la caoticità non fosse la verità ultima del mondo. La scienza contemporanea parla, invece, di una scoperta della complessità in un contesto reso esplicito dalla considerazione che l'osservazione di un fenomeno non è più il punto di partenza per individuare una spiegazione; compiere un esperimento non è più un atto costitutivo della conoscenza, ma piuttosto una pratica esplorativa, un modo come un altro per conoscere. Un cambiamento che pare essere epocale. Si passa da una ricerca scientifica basata sul determinismo, sul continuo cercare le equazioni alla base dei comportamenti umani e dei fenomeni naturali ad un modello completamente differente, rivoluzionario al punto da togliere ogni steccato di recinzione disciplinare, diffondendosi all’interno degli ambiti di ricerca di tutti i saperi:

Il modello-complessità che ne è emerso, ha investito con forza (quasi con prepotenza), la riflessione cultuale degli ultimi vent’anni, imponendosi come neo- paradigma per pensare, ormai, tutti i saperi e, nel contempo, la realtà370.

Il concetto di caos ha conquistato in breve tempo molti scienziati e laici, finendo per essere applicato alla fisica, alla biologia, alla meteorologia, alle scienze umane sulle quali, la scoperta della complessità, ha avuto conseguenze enormi. Nel XVIII e XIX secolo, infatti, anche all’interno della tradizione scientifica umanista era diffusa la concezione illuminista del “tutto prevedibile”.

Karl Marx e Friederich Engels, per citare un esempio, all’interno del

Manifesto del Partito Comunista, descrivevano come le leggi dell’economia, che

avevano portato al superamento della società feudale, in realtà non avevano condotto al superamento dello scontro dialettico fra le classi371. L’attenta analisi della società capitalista portava i due autori tedeschi ad analizzare quello che, per loro, era l’unico possibile sviluppo della società capitalistica, il suo crollo:

Le armi con le quali la borghesia ha gettato a terra il feudalesimo si indirizzano ora contro la borghesia. La borghesia però, non ha soltanto progettato le armi che le

370

F. CAMBI, La complessità come paradigma formativo, in M. CERUTI, M. CALLARI GALLI, F. CAMBI, Formare alla complessità. Prospettive dell’educazione nelle società globali, Carocci, Roma 2003, p. 127. Cfr. anche F.CAMBI, Educare nella e per la complessità. Un compito ancora aperto, in Proposta Educativa, numero di Gennaio anno 2007.

371

porteranno la morte, ha anche generato gli uomini che dovranno maneggiare queste armi: i lavoratori moderni, i proletari372.

All’interno del Manifesto, Marx ed Engels sono guidati da un unico filo conduttore: le leggi alla base della società sono quelle indotte dai rapporti economici, dai rapporti di classe, tutto il resto, le forme di governo, la gestione dell’ordine, le stesse leggi, non sono altro che sovrastrutture costruite dalla classe borghese dominante. La dialettica sempre più violenta alla base dei rapporti fra proletari e borghesi, lo sfruttamento crescente dei proletari divenuti merce, la loro alienazione, portavano inevitabilmente i proletari a prendere coscienza del loro stato e ad insorgere373. Questo ragionamento, ben lungi dal voler entrare all’interno del dibattito sulla validità delle teorie marxiane o sull’importanza del testo rispetto alle conquiste operaie, vuole solo evidenziare come anche Marx fosse profondamente influenzato dalla convinzione che, una volta identificate le regole alla base di un sistema, sarebbe stato possibile effettuare previsioni abbastanza precise sul suo sviluppo.

Questo ha comportato che le discipline umanistiche, abituate probabilmente dai pensieri dominanti del XVIII e XIX a riservare un sottile “disprezzo” verso la contemporaneità, adottassero il “presente” come soggetto delle analisi degli scienziati umanisti, introducendolo all’interno dei modelli di trasmissione culturale delle discipline che costituiscono i nuclei fondanti del nostro sapere374.

Indagare quel concetto da molti identificato come “complessità culturale”, che caratterizza la nostra quotidianità, investendo ogni nostro agire, appare per le materie umanistiche una necessità dopo aver preso atto che la varietà di relazioni che si generano dai rapporti biunivoci fra l’uomo e il contesto in cui agisce, realizzano

372K.M

ARX,F.ENGELS, Il Manifesto del Partito Comunista, cit. p. 25.

373 Secondo Marx la proprietà privata aliena l’uomo da sé in quanto il fine del processo lavorativo non

è più l’uomo ma il capitale. nella società capitalista, infatti, per Marx, «Non è l’operaio che adopera i mezzi di produzione ma sono i mezzi di produzione che adoperano l’operaio; invece di venire da lui consumati come elementi materiali della sua attività produttiva, essi consumano lui come fermento del loro processo vitale; e il processo vitale del capitale consiste solo nel movimento di valore che valorizza se stesso». K.MARX, Capitolo VI inedito, in appendice a Il capitale, volume II tr. it. M. L. Boggieri, Einaudi Editore, 1975, p. 1202. Sulla presa di coscienza da parte dei proletari della loro condizione sulla loro successiva insurrezione, Cfr. K.MARX,F. ENGELS, Il Manifesto del Partito

Comunista, cit. pp. 19-33.

374

una varietà di situazioni tale da rendere talvolta incomprensibile la lettura di alcuni fenomeni sociali.

Affrontare il tema della complessità all’interno delle scienze sociali, data l’impossibilità di effettuare previsioni dotate di una certa affidabilità, in un contesto senza variabili e in un mondo interrelato come quello contemporaneo, porta con sé come conclusione l’impossibilità di poter leggere o conoscere le equazioni deterministiche alla base dei comportamenti sociali, quindi la possibilità di effettuare un qualunque tipo di previsione valido.

Si pensi al crollo repentino dell’Unione Sovietica e la dissoluzione all’improvviso del mondo alternativo al sistema capitalistico. Nessuno, compresa la CIA con i suoi satelliti spia, i suoi infiltrati e con tutte le informazioni del caso, aveva saputo o potuto prevedere una dissoluzione così rapida, dimostrando come sia pericoloso provare a leggere con strumenti elaborati per l’analisi dei sistemi semplici realtà più complesse.

Non si può ignorare come la varietà di relazioni, che si generano dai rapporti fra l’uomo e il contesto in cui agisce, realizzi un numero di variabili e relazioni, tali da rendere la lettura di alcuni fenomeni sociali talvolta incomprensibile.

La varietà di queste relazione spinge molti a parlare di società complessa. Farlo vuol dire fare riferimento a tutte quelle dinamiche interne che la compongono e la definiscono, da quelle sociali a quelle economiche, da quelle politiche a quelle culturali e così via, ma non solo: vuol dire anche verificare quali siano le interrelazioni tra queste componenti, cioè come si influenzino reciprocamente e come cambino l’una in funzione delle altre375

.

III. 3 La società complessa

375 Cfr. a riguardo M.C

ALLARI GALLI,F.CAMBI,M.CERUTI, Formare alla complessità, Prospettive

dell’educazione nelle società globali, cit., in cui gli autori offrono diversi percorsi di approfondimento

e di approccio a tematiche connesse alla cultura contemporanea, all'interconnessione ed alla formazione globalizzata.

Le società moderne sono complesse per definizione e, a differenza di quelle primitive, sono quelle che Karl Popper definisce “società aperte376”, cioè costrette a

confrontarsi continuamente con problemi e tensioni esogene che costituiscono il portato dell’incontro/scontro con l’altro, col diverso, con l’ignoto. Secondo Popper, la società chiusa è la società tribale, quella che tende ad interpretare se stessa come naturale, sacra e immutabile. Una società del genere, che è per natura portata ad essere collettivista, gerarchica, organica, fondata sulle relazioni dirette, non permette agli individui che ne fanno parte di godere di alcuna libertà, ma li porta a conoscere concretamente la propria posizione e i propri doveri377. Al contrario, la società aperta è una costruzione culturale consapevolmente soggetta a mutare e capace di ospitare al suo interno relazioni astratte ed individualistiche. Infatti, la caratteristica principale di questo tipo di società è che gli interessi degli individui e dei gruppi che la popolano vengano a contatto, si influenzino e limitino reciprocamente, tendendo così a modificarsi nel tempo378.

Le caratteristiche di reciproca influenza e limitazione fra gli individui che popolano la società, sono presenti anche nelle teorie del sociologo Zigmund Baumann, che enfatizza ancora più di Popper la capacità della società di mutare, al punto da perdere i riferimenti solidi e porre come caratteristica principale della modernità, la sua liquidità379.

Fino a qualche decennio fa l’individuo temeva e percepiva come pericolo e limitazione alla sua libertà personale l'invadenza del potere pubblico, si pensi agli scenari apocalittici descritti da George Orwell, sulla scia delle emozioni che avevano suscitato i regimi totalitari della prima metà del Novecento, attraverso il suo libro più famoso: 1984380. L’opera orweliana è un perfetto esempio del pessimismo che si

376 Cfr. K.P

OPPER La società aperta e i suoi nemici, cit., , pp. 1973-4.

377 Secondo Karl Popper le caratteristiche principali delle società chiuse sono 3: La tendenza ad

opporsi ai cambiamenti legislativi, educativi e religiosi; l’utilizzo della forza militare per la conservazione del potere politico; la pressione incessante della propaganda e la censura. Ivi, pp. 179 -