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Le risposte alla crisi: lo stato di eccezione europeo.

I. 6 1 Il concetto di Sovranità di Hans Kelsen

I. 10 Le risposte alla crisi: lo stato di eccezione europeo.

Il problema del deficit democratico è peggiorato con la crisi finanziaria che ha colpito l’Europa a partire dal 2008, ponendo, alla luce del crescente ruolo nelle decisioni di politica economica dei singoli Stati dell’Unione della Banca Centrale Europea, del Fondo Monetario Internazionale e della Commissione Europea, nuovi quesiti su chi sia realmente a decidere in una situazione d’emergenza, su chi sia veramente in grado di esercitare la sovranità. Pur senza addentrarsi sul terreno scivoloso della spiegazione delle origini della crisi finanziaria, prima, ed economica, poi, che caratterizza l’attuale fase storica, appare necessario analizzare, seppur brevemente e senza pretesa di esaustività, i motivi che hanno portato al coinvolgimento dell’Unione Europea e in che modo questa abbia cercato, in collaborazione con gli Stati membri, di porvi rimedio.

L’UE, che si è sempre contraddistinta per la sua missione di integrazione economica, ha visto affiorare, al proprio interno, problemi nel campo dell’economia e dell’integrazione economica fra gli Stati. La decisione di accogliere un numero sempre maggiore di nuovi Stati al suo interno ha, inevitabilmente, condotto di fronte alla necessità di rendere più elastici i limiti fissati all’interno del Patto di stabilità e crescita in vigore dal 1997. Due dei criteri portanti di tale Patto, ovvero che il debito pubblico non superasse il 60% e il disavanzo il 3% del PIL, non furono osservati con particolare rigidità sin dall’inizio. Di fatti, già due paesi fondatori, Italia e Belgio, al momento della verifica del 1999, risultarono per il 1997 (anno di riferimento) con un debito pubblico superiore al 120% del PIL.

L’elasticità reale di criteri formalmente rigidi ha permesso col tempo che anche paesi molto più deboli come la Grecia, la Romania e la Bulgaria entrassero a far parte dell’Unione e che i paesi definiti “traino” dell’economia europea, Francia e

Germania, adattassero le intenzioni dei trattati alle proprie esigenze116. La “disattenzione” ha provocato l’apertura di crepe nei bilanci di alcuni paesi aderenti al trattato di Maastricht, in particolare il governo greco si è distinto nel tempo per la capacità di gonfiare i propri conti, senza che nessuno all’Eurostat si accorgesse di nulla. Questa sorta di dissimulazione del reale stato dei conti è stata perpetrata fino a quando l’intero Stato non si è ritrovato sull’orlo del fallimento117. Dopo l’esplosione

del caso greco, l’Europa decise di intervenire in prima persona, soprattutto per tutelare le banche tedesche, enormemente più esposte degli altri istituti europei nell’acquisto di titoli statali ellenici. La troika, composta da Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea, in cambio di una sequela infinita di manovre altamente restrittive e impopolari, stabilite durante una serie di riunioni programmate con emissari del governo greco, valutato lo stato di applicazione e l’efficacia dei provvedimenti precedenti, stabilisce di volta in volta se erogare, e in cambio di quale tassa o manovra, i prestiti necessari alla sopravvivenza economica del paese. In una crisi che ha visto cadere il governo eletto, fallire quello tecnico e procedere a due consultazioni elettorali, la troika decide tutto: la politica fiscale, i licenziamenti dei lavoratori pubblici, i tagli al welfare, le tasse per risanare il deficit, introdotte all’interno delle utenze domestiche. Un governo greco esiste; e tuttavia, la domanda che ci si pone è questa: esso detiene la sovranità? In altri termini: le decisioni che prende sono in nome del popolo sovrano o del ricatto economico? Le manovre adottate dal governo greco di fatto sono decise lontano, dai commissari dell’Unione Europea, del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e dalla Banca Centrale Europea (BCE), organismi non eletti, ma che hanno derivato la loro legittimità dallo stato di emergenza sfruttando, altresì, la loro capacità di concedere prestiti “umanitari”.

Un altro caso in cui l’Europa è intervenuta direttamente, assieme al Fmi, è rappresentato dal dissesto del governo di Cipro. In cambio del prestito di 10 miliardi di euro – somma necessaria per evitare il fallimento del paese – è stato richiesto al

116 Riguardo all’elasticità non prevista del Patto di stabilità basti pensare che «già per il 2010, la

commissione prevedeva che fra i sedici paesi dell’eurozona, uno soltanto si sarebbe attenuto ai criteri del cosiddetto Patto di stabilità: il Lussemburgo. Per dodici membri l’indebitamento statale superava il 60 per cento, con punte del 140 per cento» H. M. ENZENSBERGER, Il mostro di Bruxelles, cit., p. 60.

117 Secondo Enzensberger, «il governo di Atene si è particolarmente distinto per aver comunicato dati

statistici smaccatamente falsi, dai quali Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione, già fondato in Lussemburgo ai tempi della CECA sotto Jean Monnet, si è lasciato per anni abbindolare», ivi, p. 58.

governo cipriota un prelievo su tutti i conti correnti presenti nelle banche dell’isola. Dopo una lunga trattativa e dodici giorni di chiusura di tutte le banche del territorio interessato, al fine di evitare il panico dei risparmiatori e il conseguente assalto agli sportelli bancari, è stato imposto un prelievo coatto del 37,5 % sui conti correnti di importo superiore a 100.000 euro. Per evitare le fughe di capitale all’estero, questa misura è stata affiancata dall’inserimento di controlli rigorosi sull’esportazione di capitali e sul prelievo di contante118.

Ma i problemi veri sono arrivati per l’Unione Europea solo in seguito alla crisi greca, quando gli speculatori, intravedendo possibili spiragli di guadagno, hanno iniziato a “scommettere” sull’eventuale fallimento delle banche spagnole e sulla sempre crescente situazione debitoria italiana. Nell’Agosto del 2011, l’Italia si è trovata sul punto di non riuscire a far fronte al suo debito pubblico. I Buoni Ordinari del Tesoro (BOT), titoli di Stato italiani, erano divenuti all’improvviso incollocabili sul mercato, se non a fronte di un interesse spropositato:

Se si deve credere ai politici, responsabile di questa iattura è esclusivamente la speculazione. Dell’increscioso fenomeno essi parlano come di una faccenda difficile da spiegare e ancora più difficile da esorcizzare. Mentre essa è invece la transazione di ogni transizione capitalistica. Gli speculatori sondano i punti deboli del mercato; reagiscono alla crescita dell’indebitamento statale provocato dalla politica; valutano le sperequazioni economiche conseguenti alle falle dell’Unione economica e monetaria; e analizzano le forze centrifughe che tutto questo produce119.

Non solo l’Italia ma l’Europa intera e la sua moneta unica furono all’improvviso sull’orlo del baratro. L’emergenza ha portato ancora una volta alla proclamazione dello stato di eccezione: il Presidente della Repubblica decise, in aperta violazione della costituzione, che indire nuove elezioni non fosse opportuno. La speculazione non avrebbe accettato i costi di una campagna elettorale. Di fatto fu sospeso il dettato costituzionale.

118 Per evitare cospicui prelievi di contante e un probabile crack delle banche, i correntisti non

potevano prelevare somme di contanti superiori ai 300 euro, non potevano trasferire all’estero tramite altre operazioni somme superiori ai 5000 euro mensili e, per chi partiva all’estero, il limite di denaro contante trasportabile era fissato a 1000 euro. A seguito del buon esito dell’operazione, l’Unione sta pensando di inserire lo strumento fra quelli utilizzabili in caso fosse necessario effettuare altri prestiti di “solidarietà” agli Stati.

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I cittadini, detentori del potere sovrano120, avrebbero potuto scegliere un proprio governo, ma furono ignorati e Mario Monti, un tecnico non eletto neanche in Parlamento, venne nominato senatore a vita e, successivamente, Presidente del Consiglio. Nacque un governo non eletto, ma che in Parlamento ha ottenuto la più grande maggioranza della storia repubblicana italiana121. Forte di questa maggioranza, d’accordo con il capo dello Stato, i ministri di tale governo sottoscrissero un accordo europeo (rifiutato da Gran Bretagna e Repubblica Ceca), che prevede l’obbligo di introdurre all’interno della costituzione il pareggio annuale di bilancio e impone, di fatto, l’impossibilità di effettuare politiche economiche espansive, evento che segna la fine di tutti gli istituti di welfare state122. Nello stesso

120

L’art. 1 della Costituzione Italiana recita: «L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. La Sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».

121 Il governo Monti, secondo governo tecnico della storia della Repubblica Italiana dopo quello Dini

del 1995-1996, il 17 novembre 2011 ha ottenuto la fiducia al Senato con 281 voti favorevoli e 25 contrari, alla Camera con 556 voti favorevoli e 61 contrari. Nessuna delle due votazioni ha contato astenuti. L’unico gruppo parlamentare a votare contro il Governo Monti alla Camera e al Senato è stato quello della Lega Nord, a cui, in un secondo momento, si è affiancato quello dell’Italia dei Valori.

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Il disegno di legge costituzionale recante l’introduzione di tale principio nella Carta costituzionale è stato definitivamente approvato il 18 aprile 2012. È divenuto la legge costituzionale 1/2012. Nell’approvazione della legge essendo stato raggiunto il quorum dei due terzi dei componenti nella seconda votazione, sia alla Camera, sia al Senato, la modifica costituzionale, entrata in vigore dal 1° gennaio 2014, non è stata sottoposta a referendum popolare. Appare interessante come sul sito internet della camera dei deputati www.camera.it, nell’area dedicata a questa legge costituzionale, sia presente un quadro informativo iniziale che spiega come mai è stata fatta questa legge: ‹‹Nel corso della seconda parte della XVI legislatura, in concomitanza con l'acuirsi delle tensioni sui debiti sovrani dell'area dell'Euro, è emersa a livello comunitario l'esigenza di prevedere negli ordinamenti nazionali ulteriori e più stringenti regole per il consolidamento fiscale e, in particolare, di introdurre, preferibilmente con norme di rango costituzionale, la "regola aurea" del pareggio di bilancio. Con legge costituzionale 20 aprile. 2012, n. 1 è stato pertanto introdotto nella Costituzione, in coerenza anche con quanto disposto da accordi internazionali quali il c.d. Fiscal compact, il principio dell'equilibrio strutturale delle entrate e delle spese del bilancio››. Per capire le possibili conseguenze negative che scaturiscono dall’introduzione del vincolo di bilancio all’interno delle costituzioni, si rimanda alla lettura dell’appello al presidente USA Obama, rilasciato sul sito Keynesblog.com e firmato da Kennet Arrow (premio Nobel per l'economia 1972), Peter Diamond (premio Nobel per l'economia 2010) William Sharpe (premio Nobel per l'economia 1990) Charles Schultze (consigliere economico di J. F. Kennedy e Lindon Johnson, animatore della Great Society Agenda) Alan Blinder (direttore del Centro per le ricerche economiche della Princeton University) Eric Maskin (premio Nobel per l'economia 2007) Robert Solow (premio Nobel per l'economia 1987) Laura Tyson, (ex direttrice del National Economic Council). Sullo stesso argomento appare importante anche rivedere le dichiarazioni rilasciate da un altro premio nobel Paul Krugman, che sostiene come il pareggio di bilancio all’interno della costituzione porti alla realizzazione di uno dei principali obiettivi ideologici dei repubblicani: la demolizione del welfare state.

periodo è stato modificato lo Statuto dei lavoratori123, innalzato il limite dell’età pensionabile e bloccati gli adeguamenti delle pensioni e degli stipendi per 5 anni.

Il domino della dimensione finanziaria sembra non lasciare alla politica alcun margine di azione al di fuori della risposta all’emergenza. Quando gli operatori finanziari hanno bisogno di aumentare i guadagni e le banche di vedere aumentate le possibilità di riscossione di titoli di Stato spazzatura, allora e solo allora chiedono l’intervento della dimensione politica, cui non resta altro che provare a ripristinare un ordine attraverso lo stato di eccezione, che appare sempre più spesso utilizzato dai governanti, ma dichiarato, verosimilmente, da un settore, quello finanziario, che, oltre a non avere alcun legame con la democrazia, ne utilizza la sospensione per realizzare profitti ancora maggiori.

L’Unione Europea, rispetto agli Stati che la compongono, pone un problema duplice, che riguarda, da un lato, la sua stessa legittimità e, dall’altro, la capacità di incidere dei cittadini, non solo rispetto alle determinazioni politiche sovranazionali, ma anche in relazione all’esercizio della sovranità all’interno di quello che resta dello Stato nazione. La domanda: “chi decide nello Stato d’eccezione”, centrale nella definizione schmittiana della sovranità, sembra essere ancora oggi essenziale per dare una risposta al tentativo di comprendere chi è il detentore del potere sovrano.

L’affermarsi di Stati sovranazionali come l’Unione Europea, con la loro scarsa propensione all’utilizzo degli strumenti democratici, sembra accentuare lo spostamento dell’esercizio della sovranità dal popolo ad un’oligarchia. Il Leviatano pare essere stato sostituito da un’élite che, in nome dell’emergenza, riesce a condizionare i governi nelle sue decisioni più dei cittadini, investiti formalmente, nelle costituzioni, dell’esercizio del potere sovrano. Lo stato d’eccezione, fino ad ora associato prevalentemente alla dimensione dello stato nazionale, sembra oggi allargare i suoi orizzonti di applicabilità, investendo anche la dimensione europea.

L’utilizzo permanente di una misura nata come eccezionale non è da ricercarsi soltanto all’interno del processo di integrazione europea e nei problemi di democrazia presenti nelle sue istituzioni. Del resto, Agamben dimostra come lo stato di eccezione sia perfettamente in grado di convivere all’interno degli Stati basati su

123 In base alle modifiche avvenute, nel caso in cui ricorra la fattispecie del licenziamento senza giusta

causa, si dà la possibilità al giudice di stabilire come alternativa al reintegro sul posto di lavoro, prima della riforma obbligatorio, il pagamento di una somma in denaro, rendendoli di fatto più agevoli.

solidi principi democratici. Esso è, piuttosto, il sintomo più evidente della crisi del principale soggetto politico della modernità: lo Stato.

Nelle risposte che gli Stati europei hanno dato alla crisi, quando ne sono stati investiti, le decisioni sono state prese in nome dell’emergenza. Si sono adottate misure eccezionali; sono state ignorate le procedure previste dagli ordinamenti giuridici. Governi non eletti sono stati legittimati a governare appalesando l’inconsistenza della sovranità popolare. Le istituzioni sovranazionali sembrano rispondere anch’esse, senza una reale legittimazione, all’emergenza. Poteri come quello della speculazione finanziaria sembrano in grado di dominare le istituzioni politiche, di imporre il ricorso alle soluzioni di emergenza e alla decretazione d’urgenza; in breve, sembrano essere le uniche in grado di imporre le decisioni divenendo élites sovrane. Le novità introdotte dai trattati europei dal ’93 in poi sembrano ancora insufficienti; gli scarsi effetti che hanno generato in termini di divisione dei poteri e di rafforzamento della legittimazione democratica sono un manifesto dell’incompletezza del percorso faticosamente intrapreso.

L’impressione che se ne ricava è che soltanto un ripensamento complessivo del sistema politico europeo, ponendo nuovamente la cittadinanza al centro della riflessione, potrebbe fungere da antidoto alla generale crisi della democrazia evitandone l’eclissi definitiva.

I. 11 Democrazia oligarchica. Ovvero la crisi degli istituti