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Gli effetti della globalizzazione: omologazione e deterritorializzazione

III. La società complessa

III. 5 Gli effetti della globalizzazione: omologazione e deterritorializzazione

La società contemporanea, definita da Rifkin come “l’era dell’accesso”395, per evidenziare la discrepanza esistente fra chi ha l’accesso alla rete e alla tecnologia e chi invece ne è privato, è divenuta un sistema interattivo in senso del tutto inedito, pur tenendo presente che le interazioni globali, caratteristica della globalizzazione, non iniziano con essa. Molti studiosi di ambito economico, storico e sociologico, hanno messo a fuoco come il mondo sia caratterizzato da secoli da interazioni su larga scala. Quello che è cambiato nel mondo contemporaneo sono la tipologia e l’intensità delle relazioni, specialmente fra popolazioni geograficamente distanti396

.

In passato, le transazioni culturali tra gruppi sociali erano solitamente contenute, a volte per via delle costruzioni geografiche ed ecologiche, altre volte per una voluta resistenza all’interazione con l’Altro (come in Cina per gran parte della sua storia e in Giappone fino al Rinnovamento Meiji)397.

395J.R

IFKIN, L’era dell’accesso, op. cit.

396 Sullo sviluppo del sistema mondo associato al capitalismo, vedi I. W

ALLERSTEIN il sistema

mondiale dell’economia moderna I, l’agricoltura capitalista e le origini dell’economia mondo europea del XVI secolo, , tr. it. G. Panzieri e D. Panzieri, Il Mulino, Bologna 1990, ID, Il sistema Mondiale dell’economia moderna II, il mercantilismo e il consolidamento dell’economia-mondo europea, tr. it, D. Panzieri, Il Mulino, Bologna, 1990; E.R.WOLF, L’Europa e i popoli senza storia, tr. it. F. Rondolino, Il Mulino, Bologna 1990.

397

Le relazioni che venivano intessute regolarmente tra vaste aree del globo finivano per essere caratterizzate e dominate o dallo spostamento di lunga distanza di beni di consumo e dei loro commercianti, oppure da viaggi ed esplorazioni per lo più a carattere coloniale degli europei398. Gli interessi economici e il proselitismo religioso, ambedue spesso fruitori della guerra come strumento legittimo per favorire la propria espansione, sono stati per lungo tempo le spinte principali all’interazione fra popoli e genti. In breve, i traffici, gli scambi economici e relazioni culturali si sono diffusi stabilmente superando le enormi distanze spaziali e temporali attraverso mercanti, pellegrini, conquistatori e viaggiatori di ogni tipo. Appare evidente come le distanze spaziali pressoché impercorribili, i problemi relativi ai tempi dei trasporti e delle comunicazioni, sommati all’assenza di tecnologie capaci di permettere il controllo delle risorse diffuse su un territorio vasto e distante, rendevano particolarmente complessa non solo la nascita di queste relazioni, ma anche la loro gestione e il conseguente proseguirle nel tempo. Non sembrava possibile formare delle comunità stabili, sia a carattere commerciale, sia a carattere religioso, sia a carattere politico. Fino al XVIII secolo quando l’espansione coloniale europea e la conseguente esportazione di persone e tecnologie crearono le vere e proprie gerarchie coloniali e posero le basi per la creazione di scambi duraturi, relazioni, colonie e missioni religiose parevano foriere di relazioni fra piccoli gruppi e di interessi limitati alla piccola scala399. Ma scambi e relazioni, anche dopo lo sviluppo di quello che Benedict Anderson definisce “capitalismo a stampa” che ha portato, secondo l’autore, alla creazione delle comunità immaginate, non sono che precursori debolissimi della realtà odierna. La continua evoluzione tecnologica, specialmente quella connessa alla produzione, al trasporto e alle comunicazioni, ha indotto una mutazione radicale dei rapporti fra le persone e del loro modo di vivere e rapportarsi con l’Altro400

.

398

Sull'espansione territoriale dell'Europa sulle modalità storiche del colonialismo e dei suoi rapporti con i nodi centrali del pensiero religioso e filosofico occidentale, vedi W. REINHARD, Storia del

colonialismo, tr. it. C. Broseghini, Mondadori, Milano 2002.

399 Cfr. A.A

PPADURAI, Modernità in Polvere, cit., p. 44-70.

400

Cfr. B.ANDERSON, Comunità Immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi, tr. it. M. Vignale, Manifestolibri, Roma 2009,. Per Anderson, la creazione di quelle che definisce comunità immaginate, è frutto di due fenomeni, la diffusione della lingua scritta e la secolarizzazione del mondo. La diffusione globale della stampa grazie al capitalismo, è per l’autore la chiave di volta del mondo in formazione, in quanto il leggere nella stessa lingua anche in parti differenti e lontane del mondo, col

Le culture e le società umane non hanno mai costituito degli isolati dotati di confini netti e stabili, perché lo scambio e il contatto socioculturale sono sempre stati parte integrante della vita di tutti i popoli. È però indubbio che scambi e contatti sono fenomeni che negli ultimi due secoli, e ancor più negli ultimi decenni, hanno conosciuto un’intensificazione senza precedenti, per giungere al giorno d’oggi in cui parliamo, a buon diritto, di globalizzazione.401

Tutto questo esprime un’irreversibile omologazione planetaria, frutto, come sostiene Mauro Ceruti, di una omogeneizzazione e “artificializzazione” degli habitat in cui l'uomo si è insediato, basate sull'illusione propria dell'età contemporanea che vede punti di forza nell'omologazione a dispetto della diversità, sottovalutando la ricchezza dell'esperienza umana in termini di spazialità e temporalità, in termini di singolo individuo e di collettività402. Già nella prima metà degli anni sessanta del Novecento, McLuhan, nel tentativo di spiegare i cambiamenti indotti dall’avvento di tecnologie come il satellite, in grado di permettere comunicazioni in tempo reale a grande distanza, utilizzando l’ossimoro “Villaggio Globale”, spingeva a ripensare le dimensioni stesse del mondo, che diventava piccolo e tendeva ad assumere attraverso continue interconnessioni, i comportamenti tipici di un villaggio403. I nuovi media, radio e televisione prima, internet poi, hanno trasformato il mondo in uno spazio fisicamente più piccolo, a misura di comunicazione. La concezione di McLuhan, e le successive rappresentazioni del mondo come “Villaggio Globale”, hanno probabilmente esagerato le implicazioni comunitarie del nuovo ordine mediatico. Le teorie dello studioso canadese, rielette in una prospettiva più ampia, infatti sembrano intendere la nascita di una vera e propria comunità globale, con molteplici soggetti interconnessi fra loro all'interno di uno spazio armonioso e omogeneo. A questo riguardo, Appadurai ci ricorda come:

crollo dell’idea del divino avrebbe spinto gli individui ad ancorare la propria identità agli altri e quindi ad un’idea di nazione.

401U.F

ABIETTI,R.MALIGHETTI,V.MATERA, Dal tribale al globale. Introduzione all’antropologia, Paravia Bruno Mondadori, Milano 2002 p. 95.

402 Cfr. M.C

ERUTI,G.BOCCHI, Educazione e globalizzazione, Raffaello Cortina, Milano 2004. Vedi

anche M.CERUTI,Educazioneplanetaria e complessità umana, in M. CERUTI,M.CALLARI GALLI,F. CAMBI, Formare alla complessità, cit., pp.. 17-19.

403 M

C LUHAN, scriveva a riguardo: “ La nuova interdipendenza elettronica ricrea il mondo ad immagine di un villaggio planetario”, in M.MCLUHAN, La Galassia Gutemberg: nascita dell’uomo

Oggi siamo consapevoli che ogni volta che siamo portati a parlare di villaggio globale dobbiamo ricordarci che i media creano una comunità senza il senso del luogo. Il mondo in cui viviamo sembra oggi rizomatico e perfino schizzofrenico, e richiede da un lato teorie dello sradicamento, dell’alienazione, della distanza psicologica tra individui e gruppi, e dall’altro sogni (o incubi) di vicinanza elettronica404.

La velocità e la diffusione delle comunicazioni tendono quindi a cambiare anche il modo di approcciare agli altri, producendo quella che il filosofo Martin Shutz definirebbe “una situazione di contemporaneità”. Scrive Shutz:

L’essenza della situazione di contemporaneità sta in questo, che l’alter ego non mi è dato in carne ed ossa, quindi in un’immediatezza spaziale e temporale, ma che ciononostante io so della sua coesistenza con me e del decorso contemporaneo dei suoi vissuti di coscienza con i miei405

Inoltre, la velocità e la forza con cui si stanno sviluppando i processi di cambiamento culturale, legati al fenomeno della globalizzazione, determinano gravi circostanze di esclusione e di intolleranza verso le diversità, creando processi discriminatori e la formazione di nuove marginalità sociali406. Marginalità e disuguaglianze dotate di forme nuove anche all'interno dei paesi occidentali, nei quali l'assenza di fattori “scolastici” o infrastrutturali legati alle nuove tecnologie, prefigurano l'esclusione da dinamiche economiche sociali e culturali, riguardanti aspetti fondamentali della vita407.

I riferimenti alle comunità evanescenti di Anderson, non sono casuali, così come la velocizzazione e il restringimento dello spazio non riguardano solo le comunicazioni e la nascita dello spazio digitale, ma anche lo spazio fisico. La possibilità di spostarsi e di viaggiare rapidamente non aveva mai raggiunto nella storia dell’umanità i livelli contemporanei, e questo, inevitabilmente, indebolisce anche le immagini identitarie individuali e collettive del passato, che si trasformano perché non sono più rapportate ad uno specifico territorio, sebbene tale legame

404A.A

PPADURAI, Modernità Liquida, cit. p.. 47.

405A. S

CHÜTZ, La fenomenologia del mondo sociale, tr. it. F. Bassani, Il Mulino, Bologna 1974 p. 257, riportato anche inU.FABIETTI.,R.MALIGHETTI,V.MATERA, Dal tribale al globale. Introduzione

all’antropologia, cit., p. 108.

406 Cfr. Z.B

AUMANN, Dentro la globalizzazione . cit.

407 Sulle tematiche connesse alla tematica dell’esclusione indotta dalle nuove tecnologie, vedi J.

territoriale possa restare un desiderio delle persone e un potente punto di riferimento sul piano identitario. A riguardo Giggens disegna un quadro abbastanza chiaro quando scrive che:

Il luogo è diventato un’entità evanescente perché le strutture per mezzo del quale esso si costituisce non sono più organizzate a livello locale. In altre parole, l’ambiente locale e quello globale sono ormai indissolubilmente intrecciati. Anche se continuano a sussistere sentimenti di forte attaccamento o identificazione con i luoghi, questi stessi sentimenti sono disaggregati: non esprimono semplicemente pratiche e coinvolgimenti su base locale ma sono compenetrati da fattori di influenza molto più distanti408.

In questo contesto appare quindi necessario, per interpretare una delle condizioni che individui e comunità vivono quotidianamente, parlare di deterritorializzazione. Gli antropologi Fabietti, Malighetti e Matera fanno notare come questo fenomeno, che trae origine dallo spostamento costante nello spazio fisico e nel radicamento, temporaneo o definitivo in molteplici “altrove” rispetto al luogo di origine, determini una non più ovvia coincidenza di luogo, cultura e identità, dovuta, allo spostamento e la dispersione di masse di individui che, una volta deterritorializzati, ricercano una dimensione nuova della loro esistenza, provando sentimenti di appartenenza e di esclusione nei confronti sia della nuova dimora sia della patria originaria409.

Da queste brevi indicazioni epistemologiche scaturisce la proposta di indagine sullo specifico riferimento dell’individuazione delle strategie percorribili per la formazione di una “cittadinanza attiva”.

Parlare di un nuovo modo di essere cittadino porta con se un’analisi sulla necessaria modifica del modo di vivere all'interno di una comunità, e sulla necessaria rielaborazione identitaria che coinvolge l’idea del sé e dell'altro. Per quanto questo possa sembrare poco rassicurante, trasformare il modo in cui la gente elabora un’idea di se stessa e degli altri non vuol dire svanire, ma, piuttosto, rendere manifesto che all’ombra della globalizzazione si riformulano le identità individuali e collettive, ma non solo, cambiano anche le forme di relazione fra gli individui e tra i gruppi a

408A.G

IDDENS, Le conseguenze della modernità. Fiducia e rischio, sicurezza e pericolo, tr. it. M. Guani, Il Mulino, Bologna 1990, p. 145.

409U.F

ABIETTI,R.MALIGHETTI,V.MATERA, Dal tribale al globale. Introduzione all’antropologia, cit., p. 106.

livello economico, sociale, politico e culturale410. Il mutare di questo tipo di relazioni, contribuisce ad accentuare la crisi delle istituzioni democratiche e conduce ad un necessario impegno da parte delle scienze umane per l’individuazione di una soluzione. Infatti, se il problema principale della democrazia rappresentativa è quello di non rappresentare più i cittadini che si allontanano dalla vita pubblica, la sfida si traduce nell'impegno a definire i percorsi che conducono le persone a guadagnare uno status di cittadinanza inteso sia come singolo che come collettività. L’essere cittadino, infatti, presuppone che i singoli individui, pur esprimendo una propria specifica identità, avvertano l'esigenza di riconoscersi in una più grande comunità, il cui patrimonio etico, civile e politico risulti essere sintesi consapevole di una pluralità di prospettive, credi, valori, visioni del mondo tale da assicurare ad una molteplicità di consociati la garanzia indispensabile per l'effettivo esercizio dei diritti che gli spettano411.

III. 6 L’impossibilità di un modello generale valido e