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La globalizzazione: un fattore economico

III. La società complessa

III. 4 La globalizzazione: un fattore economico

Nella società odierna gli aspetti della complessità si sommano al fenomeno che più di tutti caratterizza l’attuale fase storica e che passa sotto il termine, oggi quanto mai abusato, di “globalizzazione”387

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La parola “globalizzazione” è sulla bocca di tutti: è un mito, un’idea fascinosa una sorta di chiave con la quale si vogliono aprire i misteri del presente e del futuro; pronunciarla è diventato di gran moda. Per alcuni “globalizzazione vuol dire tutto ciò che siamo costretti a fare per ottenere la felicità; per altri, la globalizzazione è la causa stessa dell’infelicità388

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386 Cfr. U. BECK, Che cos’è la globalizzazione, cit. 387 Cfr. T.L

EVITT, The Globalization of Markets, in «Harvard Business Review», n. 1, 1983, pp. 2-11.

388Z.B

AUMANN, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, tr. it. O. Pesce, Laterza, Bari 2001, p.3.

Un termine “di moda” e, in quanto tale, un termine pericoloso da utilizzare per non incorrere nel rischio che, secondo Baumann, corrono tutte le parole in voga, quelle di divenire oscure in maniera direttamente proporzionale al numero delle esperienze che quelle parole stesse pretendono di chiarire389.

Per meglio identificare la globalizzazione e non incorrere dunque nel pericolo di parlare di un argomento così ricco di sfaccettature da apparire oscuro, pare opportuno utilizzarlo nella sua accezione originaria, che la descriveva come fenomeno meramente economico. Il termine globalizzazione venne, infatti, utilizzato per la prima volta, nel 1985, da Theodore Levitt, per identificare i cambiamenti delle strategie di sviluppo della produzione e dei consumi che erano in atto a livello mondiale. Oggi, ancor più di quando è stato formulato, il termine fa stretto riferimento alla sfera economica essendo divenuto simbolo ed emblema del capitalismo neo-liberista mondiale, che fa del mercato globale la sua ragione di vita.

La globalizzazione, trasformando i metodi di produzione, induce profonde modifiche sugli assetti sociali, culturali e politici della società contemporanea; in altre parole modifica i modelli culturali e con essi, conseguentemente, quelli educativi.

Queste trasformazioni, negli ultimi venticinque - trent’anni, hanno portato ad oltrepassare le istituzioni dei valori e i miti della modernità, hanno indotto il mutare dei paradigmi esistenziali sui quali era basato l'intero sistema economico occidentale dalla rivoluzione industriale. Nella maggior parte dei paesi occidentali, inclusa l’Italia, si è registrata la progressiva erosione delle certezze legate al posto”fisso”, al salario, alle pensioni, alla riduzione drastica del welfare state.

Lo sviluppo del capitalismo su scala globale, sembra portare con se l’abbandono di alcune sue proprie caratteristiche a partire dal lavoro. Si pensi alla Gran Bretagna, lodata e vista per anni come la terra dell’occupazione, che vede oggi pienamente occupata soltanto la terza parte della sua popolazione attiva, mentre soltanto 20/30 anni fa, questa cifra sfiorava e, talvolta, superava l’80%390.

Questi dati si spiegano attraverso due fattori:

389 Cfr. Ibidem.

390

 Lo sviluppo tecnologico che permette di produrre sempre più prodotti con sempre meno lavoro391.

La possibilità offerta alle multinazionali dalla delocalizzazione che sposta il lavoro verso paesi del terzo mondo in cui il costo della forza lavoro sfiora lo zero392

L’ingresso nel mercato del lavoro dei cosiddetti posti flessibili, degli impieghi part-time, delle assunzioni finalizzate al completamento del “progetto” e le altre alchimie introdotte all’interno del lavoro dal mercato globale sono riuscite a ritardare e mascherare la disoccupazione ma non a debellarla; così, sotto gli occhi del mondo intero, il capitalismo si libera di uno dei suoi capisaldi: il lavoro. In questa dimensione la disoccupazione non è più una malattia che potrebbe contagiare poche persone, ma diviene quasi una pandemia che potrebbe riguardare tutti, mettendo a repentaglio le stesse forme di convivenza democratica.

Con un capitalismo che ha dentro il suo sviluppo la perdita del mercato del lavoro rischia di distruggersi definitivamente l’alleanza che ha caratterizzato la modernità progettata attorno allo Stato-nazione: economia di mercato, welfare state e democrazia. Questo, come sostiene Ullrich Beck, provoca una sub-politicizzazione di dimensioni totalmente nuove con conseguenze imprevedibili393.

391 Sull’argomento vedi ancheJ. Rifkin, L’era dell’accesso. La rivoluzione nella new economy, tr. it. P

Canton, Mondadori, Milano 2000 in cui l’autore definisce quella in corso come la terza rivoluzione industriale. Durante la prima abbiamo assistito allo spostamento delle grandi masse di lavoratori dall'agricoltura alle fabbriche, con la seconda all'automazione dell'industria manifatturiera, con lo spostamento dei lavoratori nel terziario. Ora, nel corso della terza rivoluzione industriale, l'incredibile progressione dei moderni elaboratori, pone in esubero un crescente numero di lavoratori. A seguito di questo, le masse di lavoratori che escono dal terziario, entrano a far parte del mondo della disoccupazione.

392 La delocalizzazione è un fenomeno economico legato al sistema delle attività produttive. Con

questo termine gli economisti intendono la decisione di spostare un'attività economica, allo scopo di ridurre i costi della produzione cercando si massimizzare il profitto e la minimizzare dei costi, cfr. G.TATTARA, G. CORÒ, M. VOLPE, Andarsene per continuare a crescere, Carocci Editore, Roma, 2006; sull’argomento vedi anche S. LORENZONI, Economia e società regionale: Effetti della delocalizzazione nei sistemi locali, Franco Angeli, Milano 2003. Sui bassi salari dei paesi del

cosiddetto terzo mondo, argomento particolarmente affrontato anche sui quotidiani nazionali italiani, si veda fra tutti l’articolo di M.SERAFINI comparso sull’edizione online del Corriere della sera il 12/07/2012, dove viene evidenziato a poche ore dall’inizio delle Olimpiadi di Londra come in Cina, Sri Lanka e Filippine, il salario per un operaio che lavora in una delle fabbriche di scarpe, tute o costumi olimpici sia prossima ai 2 euro al giorno, Cfr. www.corriere.it.

393

Di fronte alle dimostrazioni quotidiane dello strapotere del mondo finanziario, della speculazione sui mercati di cui tutti parlano, ma che nessuno conosce, i fattori che più di tutti appaiono entrare in crisi sono quello democratico e quello politico:

Il dispiegarsi della globalizzazione consente alle imprese e alle loro associazioni di liberare e riconquistare il potere d’azione, finora addomesticato con gli strumenti della politica e dello stato sociale, di un capitalismo organizzato democraticamente. La globalizzazione rende possibile ciò che per il capitalismo forse è sempre stato valido in modo latente, ma che è rimasto finora ingabbiato in uno schema socio- statale democratico: il fatto cioè, che le imprese, in particolare quelle che agiscono globalmente, detengono un ruolo chiave non solo nell’organizzazione dell’economia, ma anche in quella della società nel suo complesso; sia pure “solo” in ragione del fatto che possono sottrarre alla società risorse materiali (capitale, tasse, posti di lavoro)394.

Quanto fosse radicata in Occidente la convinzione dell’esistenza di quello che Beck definisce capitalismo democratico, possiamo riscontrarlo anche all’interno della Carta Costituzionale Italiana. All’interno dell’Articolo 4 e l’Articolo 41, spesso utilizzati all’interno del Diritto del Lavoro, infatti, viene sancito che:

 Articolo 4, comma 2, Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

 Articolo 41 L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Alla base delle attività imprenditoriali, del lavoro delle cittadine e dei cittadini della Repubblica, della libera iniziativa economica, per i padri costituenti appariva come imprescindibile il concorrere al progresso materiale e spirituale della società. Questo principio però nella società reale non pare applicato e la crisi che stiamo attraversando sembra dimostrarlo. Non è solo il trionfo della speculazione

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sull’economia a caratterizzare l’attuale fase della globalizzazione, un ruolo importante è ricoperto anche dalla velocizzazione nelle comunicazioni e da una sempre maggiore riduzione delle distanze. Tutto questo ha creato scenari nuovi con i quali le scienze umane non si erano mai dovuti confrontare prima

III. 5 Gli effetti della globalizzazione: omologazione e