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L’eccezione come unica forma di governo: L’Unione Europea, la finanza e il deficit democratico

I. 6 1 Il concetto di Sovranità di Hans Kelsen

I. 9 L’eccezione come unica forma di governo: L’Unione Europea, la finanza e il deficit democratico

Nel 1993 l’ex Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio, nota in Italia con l’acronimo di CECA, divenuta successivamente CEE, Comunità Economica Europea, provava a divenire Unione Europea. Le parole, fondamentali per la definizione di qualsiasi fenomeno, rivestono un’importanza ancora maggiore nel tentativo di specificare qualcosa che non si è mai verificato prima nella storia degli Stati nazionali: la rinuncia ad una parte della propria sovranità, finalizzata alla nascita di una organizzazione regionale sovrastatale. Per questo si decise di sostituire con “Unione Europea” tutti i riferimenti, precedenti alla “comunità economica”, presenti negli atti che avevano caratterizzato gli accordi sottoscritti dagli Stati Europei a partire dal dopoguerra106.

106 L’Articolo 2, comma 2, sez. A del Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea

e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007, pubblicato

Al di là del contenuto teorico di tali accordi, l’Unione non ha mai perso la sua caratterizzazione principale, ossia quella di comunità economica, al punto da spingere Hans Magnus Enzensberger ad affermare che lo slogan principale della campagna elettorale che ha portato alla prima elezione a Presidente degli Stati Uniti d’America di Bill Clinton, “it’s the economy, stupid!”, potrebbe campeggiare sulla facciata del consiglio europeo, in cui l’economia ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà anche in futuro il motore immobile delle decisioni che vi vengono prese107:

Agli occhi dei suoi sostenitori il destino non è fatto, come ancora riteneva Napoleone, dalla politica, bensì dall’economia. Essa si pone come autorità superiore che nulla, tantomeno le tradizioni secolari, le mentalità e le costituzioni dei paesi europei sono in grado di intralciare. Questi accidenti vengono considerati semplici ostacoli da superare, proprio perché le multiformi culture di questo continente si oppongono ostinatamente alla propria standardizzazione108.

L’importanza dell’economia e la prevalenza di questa rispetto alla politica non sono elementi emersi di recente all’interno della storia dell’Unione Europea. Il “metodo Monnet”, quello a cui si fa continuamente riferimento in merito all’impalcatura e ai criteri con cui l’UE e le sigle che l’hanno preceduta sono venute alla luce, prevedeva in maniera esplicita che i futuri “Stati Uniti d’Europa” sarebbero sorti proprio a partire dagli accordi economici e da decisioni delle élite del continente. La teoria funzionalista prevedeva, come unica strada percorribile per la costruzione dell’Unione Europea, un processo basato sulla costruzione di accordi di natura economica e commerciale. La CECA ha rappresentato per i funzionalisti un manifesto pratico della reale possibilità da parte degli Stati europei di trovare una convergenza economica, cui avrebbero poi fatto seguito accordi sulla materia monetaria. Attraverso le comunità economiche si sarebbe arrivati ad una graduale

termini «la Comunità» o «la Comunità europea» sono sostituiti da «l'Unione», i termini «delle Comunità europee» o «della CEE» sono sostituiti da «dell'Unione europeae l'aggettivo “comunitario”, comunque declinato, è sostituito da “dell'Unione”», salvo che all'articolo 299, paragrafo 6, lettera c), diventato articolo 311bis, paragrafo 5, lettera c). Per quanto riguarda l'articolo 136, primo comma, la modifica si applica solo al termine «La Comunità»”.

107 Cfr. H. M. E

NZENSBERGER, Il mostro buono di Bruxelles. Ovvero l’Europa sotto tutela, tr. it. diP. Severi, Einaudi, Torino 2013, pp. 56 e ss.

unificazione del continente europeo109. L’adozione del modello funzionalista ha portato con sé anche un problema forse imprevisto, di sicuro sottovalutato: l’adozione degli accordi e dei trattati ha determinato la cessione di una quota sempre crescente di sovranità da parte degli Stati, creando quello che viene comunemente chiamato “deficit democratico”110. Alla base dell’esistenza del deficit democratico

c’è la palese differenza fra gli istituti, i meccanismi e i congegni, che hanno costituito e sviluppato la democrazia all’interno dei singoli Stati aderenti, e la realtà stridente delle istituzioni europee, dove non è presente una reale divisione dei poteri, fattore considerato fondamentale nella costituzione di qualunque ordinamento giuridico democratico111.

109 Sulle necessità che spingevano all’unità europea e sulle modalità di unificazione dell’Europa

alternative ai quelle dei funzionalisti, vedi A. SPINELLI, Il modello costituzionale americano e i

tentativi di Unità europea, in L.BOLIS (a cura di), La nascita degli Stati Uniti d’America, Milano 1957.

110 Il deficit democratico, ormai riconosciuto anche a livello comunitario, trova una sua definizione

anche all’interno di europa.eu, il sito ufficiale dell’Unione Europea. All’interno del portale telematico, nel glossario dell’area dove sono rinvenibili le sintesi della legislazione europea si trova questa definizione: «Il deficit democratico è una nozione invocata principalmente per sostenere che l'Unione europea e le sue istanze soffrono di una mancanza di legittimità democratica e che sembrano inaccessibili al cittadino a causa della complessità del loro funzionamento. Ad ogni tappa che ha segnato l'integrazione europea, la questione della legittimità democratica si è imposta all'attenzione in modo sempre più forte. I trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza hanno contribuito a migliorare la legittimità democratica del sistema istituzionale, rafforzando i poteri del Parlamento in materia di designazione e controllo della Commissione, nonché ampliando gradualmente il campo di applicazione della procedura di codecisione.

Il trattato di Lisbona prosegue su questa strada. Da un lato, rafforza i poteri del Parlamento europeo in campo legislativo e di bilancio permettendogli di esercitare un controllo politico più efficace sulla Commissione europea attraverso la procedura di designazione del presidente della Commissione. Dall’altro lato, cerca di migliorare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica dell’Unione istituendo un diritto d’iniziativa dei cittadini e riconoscendo l’importanza del dialogo tra le istituzioni europee e la società civile. Il trattato prevede inoltre che le sessioni del Consiglio dei ministri diventino pubbliche al fine di favorire la trasparenza e l’informazione dei cittadini europei». Sull’argomento, in particolare sulle differenze democratiche esistenti nelle Istituzioni europee e all’interno dei paesi aderenti, differenze che hanno spinto alle diverse posizioni dei cosiddetti sostenitori del deficit democratico cfr. C. PINELLI, Che fine ha fatto il deficit democratico? in S. GAMBINO (a cura di), Trattato che adotta una costituzione per l’Europa, costituzioni nazionali, diritti

fondamentali, Giuffrè, Milano 2006, pp. 255-265, in particolare pp. 255-257. Sulle argomentazioni

contrarie al riconoscimento del deficit democratico vedi S.CASSESE, Democrazia ed Unione Europea, in Giornale di Storia Costituzionale, 2002, n. 3, 9, in cui l’autore, sottolineando l’esistenza di un vero e proprio esecutivo, sminuisce la portata del deficit democratico, attribuendo all’U.E. una duplice legittimazione democratica, seppur diversa da quella degli Stati: legittimazione diretta, data dall’elezione del Parlamento Europeo da parte dei cittadini; legittimazione indiretta, data dalla partecipazione degli Stati ai consigli.

111 Non potendo approfondire la relazione esistente fra ordinamento democratico e separazione dei

poteri, si rimanda alla lettura di A. D’ATENA, La liberal democrazia in ID, Lezioni di Diritto

Il potere legislativo e quello esecutivo all’interno dell’Unione Europea non sono separati112, ma vengono detenuti di fatto dalla sola Commissione Europea, organismo non eletto e non revocabile. Gli altri organi, che dovrebbero bilanciarne i poteri, appaiono, quantomeno, insufficienti. Il Parlamento, unico organismo eletto direttamente dai cittadini europei, non ha iniziativa legislativa (riservata in maniera quasi esclusiva alla Commissione), se non in materia di bilancio, dove può essere, comunque, facilmente controllato; è sufficiente, infatti, che un solo membro del Consiglio esprima un parere contrario per bloccare le decisioni del Parlamento. L’unica funzione che ha il Parlamento Europeo, detenuta, tra l’altro, congiuntamente al Consiglio, è quella dell’approvazione delle leggi proposte dalla Commissione in base all’articolo 311 del Trattato dell’Unione Europea (TUE)113.

Il Consiglio svolge, essenzialmente, compiti riferiti alla rettifica dei trattati. La tripartizione fra Consiglio, Commissione e Parlamento è, pertanto, fittizia e la tripartizione dei poteri al suo interno è abolita.

Si tratta, insomma, di un’organizzazione composta da Stati democratici, organismo che non ha seguito l’iter di formazione delle istituzioni democratiche, e, pertanto, non è costruita democraticamente114. Nonostante il problema del deficit democratico sia stato avvertito e si sia cercato, all’interno del Trattato di Lisbona, di rafforzare il ruolo del Parlamento Europeo, la Commissione appare ancora in possesso di un potere incontrastato. Ad essa sono attribuiti poteri di preparazione, attuazione e controllo della legislazione europea: l’iniziativa legislativa e il potere esecutivo.

112 Parlando del principio democratico, il giurista Blanco Valdes afferma che esso può essere reso

operativo nel contesto europeo soltanto attraverso la sovranità popolare, la divisione, il coordinamento dei poteri e la partecipazione politica espressa con il voto, garantita da un sistema di partiti europeo Cfr.R.L.BLANCO VALDES, Dov’è la democrazia? in M.SCUDIERO (a cura di), Il diritto costituzionale

comune europeo. Principi e diritti fondamentali, Jovene, Napoli 2002, pp. 30 e ss.

113 La procedura legislativa ordinaria, affidata congiuntamente a Parlamento e Consiglio, realizza il

contenuto degli articoli 14 e 16 del Trattato dell’Unione Europea. Se sul piano della funzione legislativa la parità risulta pressoché assoluta, non altrettanto si può dire per le altre funzioni come ad esempio quelli della nomina del Presidente della Commissione, oppure dei vertici monocratici, in cui il ruolo parlamentare è limitato alla votazione. Per una sintetica panoramica sull’argomento, vedi E. TRIGGIANI, Gli equilibri politici interistituzionali dopo la riforma di Lisbona, in Studi

sull’integrazione europea, Laterza, Bari 2010, pp. 16 e ss.

114 Sull’argomento cfr. R. L. B

LANCO VALDES, Dov’è la democrazia?, cit., p. 5 e ss. Per una argomentazione approfondita sul deficit democratico vedi anche C. DI LELLO, Il principio

democratico nell’ordinamento europeo, in S. MANGIAMELI (a cura di), L’ordinamento Europeo, i

Questo comporta che le decisioni continuano ad essere prese con una scarsa legittimazione democratica, permettendo alla Commissione Europea, che regolamenta gli ambiti più disparati, di estendere sempre più le sue competenze. Uno degli effetti di questo modo di procedere delle istituzioni europee è la scarsa popolarità di cui godono le decisioni assunte, impopolarità manifestata dalla bocciatura che queste hanno subito quando sono state sottoposte a referendum popolari a partire dalla carta di Nizza. A segnare ulteriormente la distanza fra le istituzioni europee e i cittadini è anche il costante calo dell’affluenza alle urne in occasione delle elezioni europee dal 1979, anno delle prime elezioni europee115.

Come se non avessero bisogno di una reale legittimazione da parte dei cittadini europei, le strutture comunitarie, invece di individuare rimedi al deficit democratico e studiare forme di coinvolgimento e partecipazione dei cittadini al governo europeo, producono analisi orientate ad individuare responsabilità, attribuendo le colpe agli strani meccanismi della legge elettorale e alla proporzionalità utilizzata nei meccanismi elettivi.

Decidere di privare le principali democrazie europee della sovranità monetaria, senza consultare i cittadini interessati, nonché di ridurre le possibilità degli stati di ricorrere agli istituti referendari non sembra andare nella direzione della presa di coscienza del problema e di un tentativo di risoluzione dello stesso.

115 Alle ultime consultazioni elettorali europee, l’affluenza è stata del 43%. Fonte: www.