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La cute nella zona dell’accesso chirurgico viene tricotomizzata Una volta in sala operatoria, viene preparato il campo sterile: il paziente si trova in posizione

2.6 Vie d’accesso all’articolazione dell’anca

3.2.1 Complicanze general

Tralasciando tutte le complicanze generali che possono seguire un intervento chirurgico quali ad esempio ileo paralitico, complicanze cardiovascolari, infezioni nosocomiali ecc, tratterò in seguito le complicanze generali più frequenti in questo tipo di chirurgia.

• Perdita ematica

La chirurgia dell’anca comporta una perdita non indifferente di sangue che si attesta attorno ai 2000-2200 cc, considerando i dati relativi ad uno studio su 101 PTA in cui la media delle perdite totali è stata di 1510 ml e le perdite occulte di 471 ml 26. Queste perdite corrispondono, con la variabilità relativa al sesso, all’età, e al BMI, ad una perdita tra i 3,2 e i 3,5 mg/dL di emoglobina, come si evince da un recente studio, condotto su circa 2000 pazienti che intendeva verificare la correlazione tra valori emoglobinici ed aspettative di vita nei pazienti sottoposti a protesi d’anca 27. Infatti, oltre alla quota di perdita ematica misurabile con gli aspiratori e con il contenuto dei recipienti di drenaggio, si deve considerare la quota che rimane all’interno delle porzioni articolari che vengono rimosse, la quota di emolisi e quella di stravaso tissutale.

L’anemia post-chirurgica può rendere necessario, soprattutto nei soggetti con comorbilità, il ricorso alle trasfusioni di sangue. In ospedale si dispone di una banca di sangue « omologo » che viene esaminato rigorosamente al fine di stabilire la sicurezza dell’uso e la non presenza di agenti patogeni quali quelli dell’HIV e delle epatiti B e C. Tuttavia il sangue omologo si può considerare sicuro, perché testato, solo per quei microrganismi ad oggi conosciuti, e, in ogni caso, non si può trascurare l’eventualità di una reazione da sangue. Nelle protesi primarie in soggetti “sani” e con buoni livelli di emoglobina nel pre operatorio, il rischio di trasfusione è diventato

55 basso. Sicuramente, anche i valori di emoglobina prechirurgica sono correlati con il rischio di dover ricorrere ad una trasfusione.

Nei casi di protesi bilaterale è più spesso necessario ricorrere ad una emotrasfusione anche se si fa uso di un dispositivo recuperatore di sangue.

Le complicazioni più frequenti da trasfusione con sangue di banca sono elencate nella tabella sottostante (Tab.3.1). E’ da ricordare che le reazioni febbrili, sono presenti, seppur con minor frequenza, anche dopo autotrasfusione.

La normativa vigente in Italia sulla gestione del sangue e dei prodotti di derivazione ematica consente l’organizzazione di autotrasfusioni solo sotto il controllo del centro trasfusionale di riferimento. Il paziente (< 65 anni e senza patologie generali gravi) per il quale si prevede l’impiego di autotrasfusione deve effettuare una serie di test ematici e non e poi recarsi a visita nel centro trasfusionale dove l’ematologo incaricato decide sull’opportunità e sui tempo dei prelievi. Il sangue depositato viene successivamente trasportato nella struttura dove avverrà l’intervento nella data programmata. In alcuni interventi, quando si presuppone ci possa essere un sanguinamento cospicuo si può ricorrere all’utilizzo di particolari dispositivi che permettono di recuperare il sangue che altrimenti verrebbe perso durante l’atto chirurgico; inoltre, da alcuni anni sono in commercio dei sistemi che permettono di recuperare reinfondere il sangue che viene perso nelle prime 4-6 ore del post operatorio dal drenaggio della ferita chirurgica. I sistemi di recupero del sangue intra operatorio e post operatorio, così come le autotrasfusioni, non possono essere utilizzati nei pazienti che presentano infezioni sistemiche. Anche il ricorso a terapia

Tab.3.1: Principali complicanze di trasfusione con sangue omologo e loro prevalenza

56 marziale e ad eritropoietina può essere preso in considerazione, soprattutto in pazienti particolari come ad esempio i Testimoni di Geova.

• Trombo embolia polmonare

La trombo embolia polmonare è sicuramente una tra le complicanze dell’artroprotesi totale d’anca più frequenti e la principale causa di mortalità post- operatoria (fatale nel 1-2% dei casi).

Alla base di questo fenomeno sta l’insorgenza di una trombosi del sistema venoso profondo delle gambe; queste si verificano con maggior frequenza nel quarto giorno postoperatorio e la loro incidenza può raggiungere anche il 70 % dei casi 28. Fortunatamente solo una piccola percentuale di trombosi venose profonde dà luogo a trombo embolie polmonari.

Come emerge infatti da una review dello scorso Giugno, infatti, l’incidenza di trombo embolismo polmonare a 90 giorni è risultata essere dello 0,4% (di cui uno 0,2% a cui ha fatto seguito un infarto del miocardio acuto e nello 0,1% uno stroke) in quei pazienti sottoposti a profilassi con ASA o con anticoagulanti 29.

L’origine della trombosi venosa profonda è probabilmente da far risalire all’attivazione del sistema della coagulazione del sangue determinata dalla lesione vasale, della stasi venosa, dagli stati di ipercoagulabilità (triade di Virchow), ed è favorita dal successivo eventuale allettamento. Nel caso in cui si verifichi una TVP si manifesterà un’ipertermia locale, un aumento del volume dell’arto, una sintomatologia dolorosa della gamba interessata accentuato da alcune manovre semeiologiche come il dolore alla dorsiflessione passiva del piede (segno di Homans) o alla compressione del muscolo surale contro la membrana interossea (segno di Bauer) o alla percussione della superficie soprastante la tibia (segno di Lisker) o la diminuzione del ballottamento del polpaccio a gamba flessa (segno di Neuhof). Successivamente saranno utili esami di approfondimento come il dosaggio del D- dimero, un ecodoppler dei vasi degli arti inferiori. Se è presente trombosi venosa profonda, per valutare l’eventuale coinvolgimento polmonare, oltre all’emogas analisi, potrebbe essere utile eseguire un RX o meglio un’angioTc del torace o addirittura una scintigrafia polmonare di perfusione ed un ECG alla ricerca dei segni di embolia polmonare.

57 Nel caso in cui i primi sintomi che si manifestano siano quelli polmonari, il paziente presenta dispnea generalmente improvvisa, dolore toracico, tosse, sudorazione e senso di oppressione, e può, fortunatamente in casi rari, determinare sincope e morte improvvisa.

Al fine di ridurre al minimo questa temibile complicanza, ai pazienti che si sottopongono a PTA viene quindi riservata una terapia profilattica che prevede, laddove sia possibile tenendo conto delle comorbilità, la mobilizzazione precoce, l’uso di calze antitrombo, e la terapia eparinica con EBPM.