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IPERSPLENISMO IPOSPLENISMO

3.9 Complicanze intra e postoperatorie

Le complicanze associate alla splenectomia possono essere classificate come immediate e tardive. Le complicazioni immediate comprendono emorragia, ostruzione vascolare del pancreas, e aritmie cardiache. Le complicazioni tardive sono caratterizzate da deviazioni dei parametri ematologici e da alterazioni morfologiche, da un incremento del rischio di infezioni batteriche emoparassitarie, da un anemia non rigenerativa e da sepsi.

 Complicanze intraoperatorie

Durante l’intervento di rimozione di milza possono verificarsi una serie di complicanze intraoperatorie, che possono portare ad un allungamento del tempo operatorio e alle relative conseguenze negative.

Le complicazioni che possono insorgere durante un intervento di splenectomia comprendono:

- Emorragia;

- Ipovolemia e ipotensione;

- Alterazioni di frequenza (bradicardia e tachicardia) - Aritmie;

L’emorragia intraoperatoria in questo intervento è un rischio molto elevato, a maggior ragione se siamo difronte a una splenomegalia bisogna prestare attenzione, durante la dieresi della parete addominale, a non incidere la milza aumentata di volume e causare un emorragia, cosi come i vasi o altri organi presenti al di sotto della linea alba.

56 L’ipovolemia, è un’altra complicanza comune, difatti molti pazienti si presentano con un volume ematico insufficiente come spesso capita nei casi di rotture di massa splenica e conseguente emoperitoneo. L’ipotensione sotto anestesia è gestita riducendo prima di tutto l’erogazione d’anestetico e somministrando fluidi, possono essere necessari anche farmaci vasoattivi.

La terapia intraoperatoria con cristalloidi a una velocità di 10 ml/kg/h è spesso appropriata per il ripristino in molti pazienti chirurgici, ma possono essere necessarie velocità maggiori.

Sono necessari fluidoterapia per trattare l’ipovolemia, adattamento del piano anestetico e misure di supporto per evitare un peggioramento del sistema cardiovascolare.

L’anemia e la conseguente ipossia data dalla perdita ematica in addome, insieme alle manovre chirurgiche possono determinare un’eccessiva stimolazione del nervo vago che può portare all’insorgenza di bradicardia.

La somministrazione di atropina o glicopirrolato è efficace per la prevenzione della maggior parte di questi effetti vagali.

La tachicardia che si presenta in corso di splenectomia, può indicare ipovolemia non identificata o altri disturbi fisiologici. La tachicardia grave è pericolosa poiché riduce la gittata cardiaca e mette in pericolo il bilancio di ossigeno miocardico (Bufalari et al, 2012).

Frequenze cardiache al di sopra di 180 bpm nel cane sono associate ad una diminuita efficienza cardiaca e ad un carico di lavoro cardiaco aumentato.

La tachicardia può essere dovuta a paura, dolore, piano anestetico insufficiente e ipotensione. Queste cause di tachicardia ventricolare devono esser riconosciute e trattate. La tachicardia compensatoria in risposta ad ipovolemia e ipotensione è causa di un flusso arterioso coronarico diminuito e carico di lavoro miocardico aumentato. Se altre patologie contribuiscono all’ipossia come nel nostro caso (anemia, emoperitoneo) esiste un rischio significativo per lo sviluppo di aritmie più gravi.

La probabilità di insorgenza di aritmie intraoperatorie in corso di splenectomia è elevata. Le aritmie riscontrate con una certa frequenza sono quelle ventricolari.

57 Durante l’intervento spesso insorgono CVP (complessi ventricolari prematuri) che nel corso del tempo si uniscono trasformandosi in tachicardia ventricolare, che a sua volta conduce a fibrillazione ventricolare e morte (Bufalari, 2012). Le tachiartimie devono essere trattate in modo aggressivo con adattamento del piano anestesiologico, e trattamento farmacologico di prima scelta, basato sulla somministrazione di lidocaina. Se occasionale la comparsa del CVP in corso di anestesia non richiede allarmismi. Come primo approccio sono corretti la somministrazione di lidocaina in boli e il perfezionamento del piano anestesiologico, in attesa di un’auspicabile risoluzione spontanea della aritmia. Al contrario CVP frequenti e multifocali possono condurre, se non prontamente risolti a tachicardia o nei casi peggiori a fibrillazione ventricolare, con pericolo di vita per il paziente. La tachicardia ventricolare costituisce un emergenza molto più grave rispetto ad un battito ectopico ventricolare, indica un miocardio ipossico, irritato e richiede un trattamento immediato con iniezione endovenosa in bolo di lidocaina al 2% alla dose di 0,5 - 1 o 2 ml/kg per cani rispettivamente di piccola media e grande taglia. Questa regola pratica permetterà un trattamento immediato, senza il calcolo accurato alla dose che può costituire un ritardo potenzialmente mortale. Le iniezioni sottoforma di bolo di lidocaina possono essere ripetute fino a una dose accumulata totale di circa 10mg/kg, senza rischio significativo di sovradosaggio. Quando sono necessarie due o tre iniezioni in 15-20 minuti, occorre passare a una infusione endovenosa continua di lidocaina alla velocità di 30-80 microgrammi/Kg/min. Il successo della gestione in emergenza della aritmia è valutato con monitoraggio ECG continuo. Le aritmie refrattarie alla lidocaina possono richiedere il passaggio a una terapia basata su procainamide e o quinidina. Se le depolarizzazioni ventricolari premature persistono e peggiorano evolvendo in tachicardia ventricolare, allora si deve tentare una cardioversione con defibrillatore diretto (DC) afasico sincronizzato esternamente, associata a somministrazione di lignocaina. Se insorgono ritmi letali si deve tentare la rianimazione cardiopolmonare (Seymour et al., 2003).

58  Complicanze postoperatorie

A seguito di un intervento di splenectomia possono verificarsi una serie di complicanze:

- Emorragia;

- Pancreatite traumatica; - Aritme;

- Anemia;

- Complicazioni settiche – Ascessi; - Coagulazione intravasale disseminata; - Aggravamento di malattie latenti;

L’emorragia rappresenta la maggiore complicanza postoperatoria dopo un intervento di splenectomia, può verificarsi in seguito a dislocazione di una allacciatura vasale. La legatura dei vasi deve essere eseguita con la tecnica appropriata, tenendo conto dell’aumento di pressione arteriosa al momento del risveglio dell’animale. Un emorragia endoaddominale viene evidenziata da una progressiva diminuzione del valore dell’ematocrito e delle proteine totali del sangue (Bojrab, 1998).

La paracentesi addominale e il lavaggio peritoneale sono due tecniche utili per la diagnosi di emorragia interna che, se formulata, prevede la riapertura della cavità addominale e l’ispezione diretta del sito di intervento. È utile praticare una trasfusione di sangue intero per compensare la perdita ematica, ma se non fosse disponibile, è possibile recuperare il sangue presente in cavità addominale, addizionarlo di un’adeguata quantità di anticoagulanti, e reinfonderlo al paziente (autotrasfusione), questo sangue deve essere filtrato prima di trasfonderlo al paziente per rimuovere i coaguli e gli altri detriti presenti (Bojrab et al., 1998).

I vantaggi dell’autotrasfusione consistono nella possibilità di somministrare sangue compatibile riducendo così il rischio di reazioni o infezioni.

La manipolazione traumatica del pancreas durante l’intervento può determinare l’insorgenza di pancreatite. L’irrorazione sinistra del pancreas proviene all’arteria splenica, bisogna fare attenzione quando eseguiamo la legatura a non interessare il ramo pancreatico, e causare lesioni ischemiche. Nel periodo

59 postoperatorio negli animali che hanno subito una torsione splenica può manifestarsi vomito associato a ischemia pancreatica e pancreatite. Queste lesioni sono tuttavia molto infrequenti.

Le aritmie possono manifestarsi anche nel periodo postoperatorio, pertanto è consigliabile, continuare il monitoraggio elettrocardiografico anche dopo il risveglio dall’anestesia. Le aritmie possono manifestarsi anche diverse ora dopo l’intervento e si tratta prevalentemente di complessi ectopici ventricolari, talvolta con origine multifocale. I complessi ectopici sporadici non richiedono trattamento, che può essere invece necessario in caso di episodi di tachicardia ventricolare. Quest’ultima riduce significativamente la portata cardiaca e la pressione arteriosa. Il trattamento consiste nella somministrazione di antiaritmici quali lidocaina (2 mg/kg ev, eventualmente da ripetere, quindi infusione 20- 50µg/kg/min), procainamide o mexilitina. Le aritmie tendono a scomparire nell’arco di 24-48 ore.

Le principali alterazioni ematologiche, riscontrate dopo rimozione chirurgica della milza, sono rappresentate da trombocitopenia e anemia.

L’anemia indotta da splenectomia è di breve durata se il midollo osseo è perfettamente funzionante, inoltre l’intervento non riduce la capacità dell’organismo di mantenere i valori di ematocrito di fronte a future emorragie.

Il rischio di insorgenza di complicazioni settiche, conseguenti a splenectomia appare essere significativo solo in animali immunodepressi prima dell’intervento chirurgico (per esempio, la terapia immunosoppressiva in caso di anemia emolitica immunomediata). Le infezioni conseguenti a splenectomia come ad esempio ascessi, risultano rare, e in molti animali la terapia antibiotica può essere sospesa già dal giorno successivo (Fossum, 2013).

CID o coagulopatia da consumo, è una patologia secondaria dove il risultato finale di una trombosi sistemica. La patologia primaria causa una trombosi diffusa, che porta al consumo dei fattori della coagulazione e delle piastrine dando origine ad una fibrinolisi incontrollata (Ettinger, 2008). Una volta rotto il delicato equilibrio tra fattori coagulanti, anticoagulanti e fibrinolitici si scatenano

60 gravi emorragie, ipossia tissutale, insufficienza d’organo e spesso morte. La CID può essere acuta e scompensata o cronica e compensata. Le alterazioni di laboratorio possono essere variabili a seconda dello stadio in cui si trova la malattia. La CID è una complicanza abbastanza comune, può essere riscontrata nel 50% dei cani con emangiosarcoma splenico. La morte sopraggiunge quando la disfunzione degli organi dovuta a trombi o ad anemia secondaria a emorragia è grave. Il trattamento della CID prevede 5 punti fondamentali:

- Assicurare un adeguata perfusione tissutale - Eliminare la causa scatenante

- Sostenere gli organi bersaglio suscettibili alla compara di microtrombi, ischemia ed emorragia

- Rimpiazzare i componenti ematici - Fornire adeguata terapia eparinica

I casi clinicamente sospetti di CID possono essere confermati tramite test di laboratorio. In genere la conta piastrinica del paziente scende rapidamente e aPTT, PT e tempo di trombina (TT, thromibin time) aumentano. I prodotti della degradazione della fibrina (FDP, fibrin degradation product) sono aumentati, mentre il livello di fibrinogeno è ridotto rispetto al valore precedente. Uno studio retrospettivo compiuto su 252 cani con diagnosi di CID ha mostrato la presenza di trombocitopenia (86%), prolungamento del PT (61%), aumento dell’aPTT (92%), aumento del TT (32%) e aumento dell’FDP (95%). Gli animali con sospetto di emangiosarcoma splenico vanno tenuti sotto osservazione per la possibile insorgenza di CID.

Altre possibili complicanze della splenectomia sono date dall’aggravamento di alcune infezioni subclinche da emoparassiti, come Ehrlichia, Mycoplasma, Babesia, e citopenie negli animali con ematopoiesi extramidollare secondaria a disordine primario del midollo osseo (Birchard, 2009).

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