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Periodo medio escluso degenze protratte

Grafico 4.16 Tempi di sopravvivenza nei cani dopo rimozione di emangiosarcoma.

4.4 Discussione e conclusion

Dall’analisi dei dati raccolti, si evince come la splenectomia è un intervento chirurgico frequente all’interno delle strutture veterinarie. Sul totale di 58 pazienti inseriti nel nostro studio, l’indicazione chirurgica di maggiore riscontro è rappresentata dalla rottura di massa splenica con emoperitoneo (51%), seguita dal 21% da alterazioni del parenchima splenico, dovute alla presenza di lesioni occupanti spazio come masse o noduli. Il restante circa 30% è stato rappresentato, dal 18% a torsione splenica associata a sindrome da GDV; 5% a torsioni spleniche isolate e 5% a rottura traumatica. Del totale dei cani, il 68% ovvero due soggetti su tre hanno richiesto un intervento in urgenza. Dai nostri dati, le razze maggiormente colpite da patologie spleniche che richiedono un trattamento chirurgico, non differiscono da quelle riportate in letteratura, e sono rappresentate da Pastore Tedesco, Meticci, Labrador, Boxer, seguiti da Spinone e Bassotto tedesco. La maggior parte dei soggetti presentava un età media geriatrica di circa 8 anni e mezzo; nello specifico 6 anni per i soggetti colpiti dalla sindrome GDV, 9,5 anni per l’emangiosarcoma e in genere le altre masse spleniche; 10,71 anni per i pazienti con diagnosi di ematoma. Nelle splenectomie programmate le indicazioni sono state rappresentate da alterazioni del parenchima splenico, per masse o noduli, mentre nelle splenectomie in urgenza le indicazioni sono dovute per rotture di massa, masse, torsione con GDV, torsione isolata e traumi. I segni clinici che hanno permesso di differenziare i pazienti in due categorie distinte sono stati differenti. 19 pazienti che hanno richiesto una chirurgia programmata, non mostravano segni clinici acuti e non richiedevano chirurgia in urgenza; in questi soggetti , la condizione clinica che ha portato ad eseguire l’intervento di splenectomia è stata diagnosticata tramite un esame ecografico eseguito per altri motivi. Tra questi rientrano: disturbi gastroenterici, dell’apparato genitourinario, esami ecografici di check up da parte di proprietari scrupolosi o di controllo per altre patologie (insufficienza renale), inappetenza, modificazione dell’addome. Nei 39 pazienti che richiedevano una chirurgia d’urgenza, si è manifestata un’ampia varietà di segni clinici, di entità variabile da pazienti asintomatici, a sintomi generali aspecifici fino a sintomi gravi quali emorragia acuta, collasso e shock ipovolemico. L’insorgenza in molti pazienti è stata acuta ed improvvisa, come

90 nel caso di torsioni o rotture d’organo. Questo dimostra il fatto che in una grande percentuale di animali apparentemente in buono stato di salute e asintomatici può coesistere una potenziale e subdola patologia neoplastica. Per quanto riguarda la presenza di emoperitoneo, nei pazienti operati in urgenza è stato riscontrato in 25 soggetti circa due soggetti su tre, mentre, nei pazienti operati con chirurgia programmata è stato riscontrato solo in un paziente. La causa di emoperitoneo è stata dovuta nell’85% dei casi a rottura di massa splenica, nel 7,5% a trauma da investimento e nel restante 7,5 a torsione del peduncolo splenico. Nell’emoperitoneo causato da rottura di massa, nel 86% si è trattato di masse maligne, il restante 14% masse benigne. Da qui si evince, come la presenza di emoperitoneo senza anamnesi di trauma, sia fortemente correlata a patologia neoplastica maligna. Nel 90% delle masse rotte con emoperitoneo è stato diagnosticato come patologia neoplastica l’emangiosarcoma. Pertanto la presenza di emoperitoneo con sospetto di rottura neoplastica può essere considerato come segno predittivo di diagnosi in attesa del risultato definitivo dato dall’esame istologico. Inoltre nel Pastore Tedeschi la presenza di emoperitoneo atraumatico si è dimostrato un indice predittivo di emangiosarcoma nel 100% dei casi. Queste condizioni cliniche chirurgiche possono aiutare il medico veterinario, nel riferire al proprietario informazioni più chiare e definite riguardanti la gravità della patologia e la successiva prognosi postchirurgica. Nell’analizzare le complicazioni intraoperatorie riscontrate, si è avuto un limite, in quanto nel 46% dei pazienti operati in urgenza non si è potuto annotare l’insorgenza di eventuali complicazioni. Nei pazienti in cui si è riuscito a rilevare la manifestazione di complicazioni intraoperatorie, tra chirurgie programmate e quelle in regime di urgenza abbiamo rilevato delle nette differenze. Difatti nelle urgenze, l’ipotensione si è verificata rispettivamente nel 38% dei casi, e nel 33% dei casi in associazione con complicazioni cardiache, per una manifestazione totale del 71%.

La seconda complicazione più riscontrata è data da alterazioni cardiache di ritmo e frequenza, verificate nel 14% dei casi in forma singola e nel 33% in associazione con ipotensione, per un totale del 47%. Infine si è avuto un decesso intraoperatorio (5%) e solo nel 10% dei pazienti non si sono verificate complicazioni.

91 Nelle splenectomie programmate invece l’ipotensione si è manifestata singolarmente solo nel 5% dei cani, mentre nel 21% in associazione con alterazioni cardiache, per un totale del 26%; le alterazioni cardiache invece si sono verificate nel 37% dei pazienti in forma singola e nel 21% in associazione ad ipotensione per un totale del 58%. Questo dimostra che nei pazienti critici, le aritmie e le alterazioni di frequenza (bradicardia, tachicardia,) non dipendono tanto dall’urgenza del caso, ma più dall’intervento stesso e dalla patologia sottostante. Dalle complicazioni intraoperatorie rilevate, in linea generale si capisce che nelle splenectomie in urgenza bisogna considerare l’ipotensione una potenziale complicazione intraoperatoria, e quindi dobbiamo effettuare tutte le misure idonee per impedire ed evitare la manifestazione di fenomeni ipotensivi intraoperatori. Stesso discorso non può essere fatto per quanto riguarda le aritmie, in quanto la loro insorgenza non dipende tanto dall’urgenza della chirurgia, ma più dal tipo di intervento, patologia sottostante e condizioni cliniche; difatti si sono verificate in entrambi i casi, al di la che si trattava di una urgenza o di una chirurgia programmata. La notevole differenza dei fenomeni ipotensivi nelle une e le altre chirurgie può essere spiegata dall’elevata presenza di pazienti critici con emorragia attiva e volume intravascolare ridotto. Dall’osservazione delle complicazioni postoperatorie, si nota una netta differenza tra le chirurgie programmate e quelle in urgenza. Nel postoperatorio dei pazienti sottoposti a splenectomia programmata il 42% dei soggetti non ha manifestato alcuna complicazione, il 26% ha presentato alterazioni ematologiche quali anemia e trombocitopenia, il 16 % ha presentato complicazioni cardiache (aritmie), e il 5% un soggetto solo entrambe le complicazioni, mentre i decessi sono stati solo 2 circa l’11%. Nei pazienti splenectomizzati in urgenza solo il 13% non ha presentato complicazioni nel periodo postoperatorio, mentre ben il 46% ha presentato alterazioni ematologiche, il 10% ha presentato entrambe le complicazioni, il 13% altre complicazioni, tra cui CID, ipotermia, pancreatite; il 18% circa un soggetto su 5 è decesso. I motivi dei decessi sono da attribuire a errori tecnici durante l’esecuzione della chirurgia, errori durante la degenze in terapia intensiva o alle gravi condizioni di salute che il soggetto presentava.

Dalle complicazioni riscontrate nel periodo perioperatorio si evince come la splenectomia non sia un intervento chirurgico banale, ma coinvolge tutti i reparti

92 dell’intera struttura ospedaliera. Pertanto il chirurgo non deve attenzionarsi solo sulle possibili complicanze dovute ad errori nell’esecuzione della tecnica chirurgica, ma deve considerare la splenectomia nella totalità dei suoi aspetti e complicanze intraoperatorie e postoperatorie a breve e lungo termine.

Dall’analisi della durata del ricovero postoperatorio, si è avuta un differenza tra splenectomie programmate e urgenti. Dai grafici (4.11-4.12-4.13), si evince come questa differenza non dipenda tanto dalla tecnica chirurgica, ma più dalla patologia sottostante, dalla sua gravità e soprattutto dalle capacità di recupero individuale del paziente. La condizione patologica sottostante dove si è rilevato il tempo medio di ricovero maggiore è stata la rottura di massa splenica (circa 5 giorni), seguita da masse spleniche senza rottura e torsione associata a GDV. Si tratta di un tempo medio oggettivo, che può variare molto in base alla patologia, in fatti nelle urgenze si sono riscontrati 4 casi estremi, che hanno riportato una degenza protratta, terminata con eutanasia o decessi. Nonostante i pazienti con rotture di massa spleniche sono stati ricoverati per un tempo medio maggiore rispetto a quelli con altre patologie riscontrate, i pazienti con massa splenica senza rottura hanno avuto un ricovero medio di circa 4 giorni. Questo sottolinea il fatto che la splenectomia anche se delle volte può sembrare un intervento semplice davanti a piccole lesioni, comporta nei pazienti un periodo postoperatorio abbastanza lungo.

Dai risultati istologici dei campioni splenici inviati per esame istologico, il 44% è riferibile a patologie benigne, il restante 56% a maligne. Le masse neoplastiche maligne sono rappresentate nel 72% da emangiosarcoma, 24% sarcoma e 4% linfoma; mentre le masse spleniche benigne sono rappresentate nel 40% da iperplasia nodulare, 35% da ematoma, 10% angiomi; 5% ascesso; 5% splenite neutrofilica; 5% ematopoiesi extramidollare. I risultati non si discostano tanto da quanto riportato in letteratura, confermando la regola dei due terzi. Da queste percentuali, si evince come l’emangiosarcoma rappresenta il tumore maligno più riscontrabile a livello splenico. Nel nostro studio la percentuale delle masse maligne riscontrate è stata leggermente superiore rispetto alle masse benigne. La spiegazione può essere dovuta al fatto che nella maggior parte dei casi si è intervenuto su masse spleniche rotte, che hanno un indice predittivo abbastanza maligno. Confrontando i risultati istologici dei pazienti operati in urgenza e quelli con chirurgia programmata, si nota una netta differenza: le

93 masse maligne nelle chirurgie programmate sono state il 28% rispetto il 74% riscontrato nelle chirurgie d’urgenza. Questo va a confermare il fatto che l’urgenza ha una forte correlazione con diagnosi di malignità e una successiva prognosi sfavorevole. Nel dettaglio nelle programmate la patologia neoplastica maligna più riscontrata è rappresentata dai sarcomi, mentre nelle urgenze dagli emangiosarcomi. Analizzando i tempi di sopravvivenza, tra le due diverse categorie i pazienti sottoposti a splenectomia programmata sono sopravvissuti per un periodo maggiore rispetto quelli operati in urgenza, nonostante l’età geriatrica di entrambe le popolazioni esaminate. Andando ad analizzare la curva di Kaplan Meier (grafico 4.14), a 100 giorni la percentuale di sopravvivenza tra le due popolazioni è simile circa 70%, ma già dopo un anno abbiamo una differenza del 20% tra le due popolazioni, dopo 4 anni dall’operazione la popolazione dei pazienti con chirurgia programmata presenta un 20% di sopravvissuti in più rispetto i pazienti critici. Analizzando la curva di sopravvivenza dei pazienti con diagnosi istologica maligna rispetto a quelli con diagnosi istologica non maligna (grafico 4.15), si evince un netta differenza statisticamente significativa, infatti dopo 100 giorni dall’intervento quelli con diagnosi neoplastica maligna solo il 25% sono sopravvissuti rispetto il 78% dei pazienti con massa benigna. Mentre i tempi di sopravvivenza nei pazienti dopo rimozione di emangiosarcoma come si vede dal grafico 4.16, sono stati varabile, in quanto i soggetti sottoposti a chemioterapia hanno superato l’anno di vita ottenendo un ottimo risultato dalla terapia adiuvante, i cani non sottoposti a chemioterapia hanno avuto un tempo di sopravvivenza minore; di questi circa la metà non ha raggiunto i 100 giorni di vita postintervento. Concludendo si evince come la splenectomia rappresenti un intervento di elezione in determinate condizioni cliniche, ma non sempre risulta essere risolutivo da un punto di vista prognostico. L’emoperitoneo accompagnato da un’anamnesi di trauma muta, è fortemente correlato alla presenza di massa neoplastica maligna, inoltre la sua presenza nel Pastore Tedesco, si è dimostrato essere un indice predittivo di emangiosarcoma nel 100% dei casi. Questo segno predittivo, permette al medico di avvicinarsi il più possibile ad una possibile diagnosi, e al proprietario di prendere la decisione più idonea, rispettando sempre il benessere dell’animale e risolvendo un vero e proprio dilemma che vede da un lato l’esigenza di un intervento necessario ed immediato per

94 arrestare l’emorragia, stabilizzare il paziente e salvargli temporaneamente la vita; dall’altro lato ci troviamo di fronte ad una patologia neoplastica importante, di cui sospettiamo solamente la natura forse maligna, e che per arrivare alla rottura presumibilmente è presente da molto tempo nell’organismo, e quindi con molta probabilità avrà una prognosi potenzialmente infausta. Una diagnosi definitiva richiederebbe un’esplorazione chirurgica dopo stabilizzazione emodinamica ed una gestione postoperatoria intensivista del soggetto. Si tratta di mettere il proprietario, che generalmente non è psicologicamente preparato alla separazione dal proprio animale, di fronte ad un impegno economico importante, non potendo garantire la salvezza del paziente. Come visto dal confronto dei due gruppi di pazienti, il più delle volte la splenectomia viene eseguita in urgenza. Questo dimostra il fatto che si tratta molte volte di patologie subdole con sintomatologia a genesi improvvisa, che costringe il più delle volte ad intervenire su pazienti in condizioni di salute critiche. Le complicazioni di questo intervento si sono mostrate gravi e coinvolgenti diversi rami della medicina veterinaria. Pertanto l’introduzione della medicina preventiva risulta vantaggiosa e di estrema importanza. Consentirebbe, di prendere in tempo determinate patologie, evitando la manifestazione acuta e improvvisa di sintomi gravi e delle volte potenzialmente fatali per la vita del paziente; di eseguire una splenectomia programmata, riducendo al minimo i rischi associati alla stabilizzazione del paziente critico, all’anestesia, alla tecnica chirurgica, e alla manifestazione di complicanze intra e postoperatorie. Permette di avere una prognosi migliore, con un migliore qualità di vita ed un allungamento dei tempi di sopravvivenza per il paziente, ed evita di mettere i proprietari in situazioni che richiedono scelte affrettate dettate dall’urgenza del caso, con tutte le relative problematiche legate ad una prognosi dubbia e incerta, e ai relativi costi elevati delle prestazioni in urgenza. Pertanto sarebbe interessante utilizzare la medicina preventiva, attraverso controlli ecografici semestrali, al fine di andare a vedere l’età di insorgenza di determinate patologie spleniche in alcune razze predisposte, e le rispettive prognosi con i relativi tempi di sopravvivenza nei pazienti dove queste patologie vengono prese per tempo.

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Ringraziamenti

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I primi ringraziamenti vanno al Professore Iacopo Vannozzi e alla Dottoressa Viola Maria Innocenti, che con i loro insegnamenti mi hanno permesso di crescere professionalmente e di coltivare la mia passione per la chirurgia. Sentiti ringraziamenti vanno anche al Dottor Giovanni Barsotti e alla Professoressa Alessandra Rota, sempre gentili e disponibili.

Il ringraziamento più grande va ai miei genitori, per aver sempre creduto in me, per il loro sostegno e, per i loro immensi sacrifici che mi hanno permesso di raggiungere questo importante traguardo sognato fin da piccolo.

Un ringraziamento importante va a mio fratello Daniele, ai suoi consigli, al suo incoraggiamento, sempre pronto ad aiutarmi nelle difficoltà, e soprattutto per avermi insegnato a lottare e non mollare mai davanti gli ostacoli.

Un grazie va ai miei nonni, sempre vicini, pronti a rassicurarmi, e presenti tutte le sere con le loro telefonate.

Desidero ringraziare i miei compagni di viaggio , Alice, Davide, Paolo, Edgar, colleghi da sempre, coinquilini, ma soprattutto fratelli, con loro ho trascorso anni indimenticabili, che porterò sempre con me.

Un ringraziamento va a tutta la mia famiglia, gli zii e tutti i cugini, che non riesco a nominare tutti.

Un ringraziamento va ai miei colleghi storici, Orlando, Schepis, Saso, Serena, Virginia, Luca, Alessia, Federico, Natasha, Ada con cui ho condiviso momenti di studio, ansie, esami, sbornie, serate, risate e magiche trasferte.

Ringrazio tutto il personale di San Piero, per avermi accolto benissimo, un grazie particolare va a Roberta, e tutti i colleghi di tesi, gli anestesisti con cui ho condiviso tre anni di turni tra visite e chirurgie, momenti di studio e di risate. Un ringraziamento speciale va a Silvia, per il suo aiuto e per essermi stata vicina in questi ultimi lunghissimi mesi di vita universitaria.

Infine vorrei ringraziare tutti i miei amici, i ragazzi della Curva Sud e tutte le persone a me care che in un modo o nell’altro hanno creduto in me.

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