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IPERSPLENISMO IPOSPLENISMO

3.3 Strumentazione chirurgica

La strumentario chirurgico necessario per eseguire l’intervento di splenectomia prevede l’utilizzo di set chirurgici di base per la chirurgia di routine dei tessuti molli. Durante l’intervento potrebbe essere utilizzato un elevato numero di pinze emostatiche, quindi sarebbe meglio utilizzare una trousse chirurgica munita di un maggior numero di pinze per l’emostasi vasale. Come materiali da sutura per la chirurgia splenica sono utilizzati fili in materiale riassorbibili multifilamento (per es. Vicryl®), ma nel caso sia presente una peritonite generalizzata, per la legatura dei vasi è consigliabile utilizzare fili da sutura in materiale riassorbibile monofilamento sintetico, per esempio PDS o poligliconato.

41 La strumentazione chirurgica di base include:

- strumenti per il drappeggio o delimitazione del campo operatorio; - strumenti per eseguire dieresi e dissezione dei tessuti molli; - strumenti per la sintesi;

- strumenti per la presa dei tessuti; - strumenti per l’emostasi;

Per il drappeggio sono utilizzati teli di tessuto a trama spessa (sterilizzabili in autoclave e quindi riutilizzabili) o teli monouso (non riutilizzabili). I teli dovrebbero essere di materiale non assorbente, una volta fissati vanno maneggiati con cautela, non vanno rivoltati o scossi perché movimenti rapidi creano correnti d’aria per mezzo delle quali potrebbero spostarsi polvere, particelle di materiale organico e microrganismi che possono raggiungere il campo operatorio e interrompere l’asepsi (Fossum, 2013).

Una volta posizionati i teli vengono fissati alla cute con delle pinze fissateli di Backhaus, il numero varia in base alle dimensioni del campo operatorio e alla tecnica di drappeggio utilizzata. Nell’intervento di splenectomia la tecnica di drappeggio utilizzata è quella classica per gli interventi laparotomici, ovvero l’utilizzo di due teli che presentano un’incisura a “V” su un lato, i quali vengono posti in modo speculare a delimitare un campo operatorio a forma di losanga applicando due Backhaus ai vertici delle V; il campo viene poi ampliato facendo trazione sui teli e fissandoli alla cute a formare una ellisse.

Per le operazione di dieresi e dissezione, vengono utilizzati bisturi e forbici. Il bisturi è lo strumento più utilizzato nell’incisione dei tessuti, è costituito da una lama e da un manico. In medicina veterinaria si utilizzano maggiormente manici riutilizzabili delle misure n°3 (testa piccola) e n°4 (testa grande), sui quali vengono montate lame monouso di diversa forma e dimensione ,a seconda del tipo di dieresi da eseguire. Le lame di dimensioni minori (ad es. n°10) andranno montate sul manico da 3, mentre quelle con dimensioni maggiori (ad es. n° 19- 20-21) sul manico da 4. La forma delle lame varia, può essere classica come la lama n°10-19-20, o terminare ad uncino formando un angolo ricurvo come le lame n°11-12. Inoltre il manico dal lato dell’impugnatura può essere utilizzato per eseguire la dissezione per via smussa. L’altro strumento utilizzato sia nella dieresi che nella dissezione dei tessuti è rappresentato dalle forbici.

42 Come le lame del bisturi anch’esse sono disponibili in una grande varietà di forma, dimensioni e peso.

Le caratteristiche delle punte, la forma e il filo delle lame ci permettono di classificarle, tra quelle utilizzate maggiormente abbiamo:

- forbici acute-smusse, costituite da una branca a punta acuta e una branca a punta smussa, le branche possono essere rette o curve. Vengono principalmente impiegate per eseguire la dieresi dei tessuti più resistenti.

- forbici di Metzenbaum, costituite da branche lunghe e sottili, sono di comune utilizzo nell’esecuzione della dieresi ma anche nella dissezione smussa o acuta di tessuti più sottili.

- forbici di Mayo, simili alle suddette Metzenbaum ma utilizzate per la dissezione e dieresi di tessuti più resistenti.

Gli strumenti per la sintesi sono il porta-aghi, aghi e fili da sutura.

Il porta-aghi è lo strumento chirurgico che ci consente di afferrare e manipolare gli aghi. In base al tipo di ago che si utilizza, nonché alla diversa tipologia di tessuto da suturare, il porta-aghi presenta caratteristiche differenti che indirizzeranno la scelta del chirurgo sul modello più idoneo per quel tipo di intervento.

Nella splenectomia ma in generale nella chirurgia dei piccoli animali, il più utilizzato è il Mayo-Hegar, che con le sue caratteristiche ci consente di manipolare aghi di dimensioni medio-grandi.

Gli aghi da sutura possono essere già innestati al filo o da innestare. Anche qui la scelta del chirurgo sul tipo di ago da utilizzare varia in base alle caratteristiche del tessuto da suturare (penetrabilità, densità, spessore, elasticità), dalla topografia della ferita (profondità, ampiezza) e dalle caratteristiche dell’ago stesso (tipo di cruna, lunghezza diametro, margini taglienti o meno).

I fili da sutura si dividono in naturali o sintetici, monofilamento o multifilamento, riassorbibili o non riassorbibili. Nell’intervento di asportazione della milza, per la legatura dei vasi splenici, torna utile l’utilizzo di bobine di filo assorbibile multifilamento (Vicryl® 2-0).

Gli strumenti per la presa dei tessuti sono rappresentati da pinze tissutali, si tratta di strumenti costituiti da due branche saldate prossimalmente, l’una all’altra, in modo che le estremità distali si aprano a molla o possano essere

43 chiuse tramite pressione digitale. In commercio ne esistono di tantissime forme e dimensioni, generalmente di dividono in anatomiche e chirurgiche. Le prime sono atraumatiche utilizzate per tessuti delicati, hanno punte zigrinate ma non garantiscono una presa salda del tessuto; le seconde sono traumatiche, hanno punte con “denti di topo” e assicurano una maggiore presa dei tessuti (Fossum, 2013).

Gli strumenti più utilizzati per garantire l’emostasi intraoperatoria sono le pinze emostatiche, e l’elettrochirurgia ad alta frequenza.

Nell primo caso l’emostasi avviene meccanicamente per “compressione”, le pinze emostatiche attuano uno schiacciamento dei tessuti e vengono utilizzate per occludere i vasi ematici. Le pinze per l’emostasi variano in grandezza, dalle più piccole mosquito (7,5 cm) alle più grandi angiostati (circa 23 cm); possono avere punte rette o curve, con zigrinatura trasversale, longitudinale, diagonale o una combinazione variabile di queste.

Nel secondo caso l’emostasi avviene sfruttando il calore che si genera al passaggio della corrente nei tessuti. Si tratta di una procedura di largo impiego per realizzare l’emostasi di vasi sanguigni di diametro inferiore a 1,5-2 mm. I generatori elettrochirurgici sono in grado di produrre una varietà di onde elettriche che producono effetti diversi sui tessuti. L’utilizzo di un’onda continua produce vaporizzazione cellulare determinando il taglio del tessuto, mentre un onda discontinua comporta una disidratazione cellulare provocando la coagulazione. In base al tipo di procedura chirurgica da eseguire il chirurgo imposterà l’elettrobisturi sulla funzione di taglio o di coagulo. I moderni elettrobisturi sono dotati di un impostazione mista taglio più coagulo.

Esistono due tipologie di elettrochirurgia: la monopolare e la bipolare.

L’elettrochirurgia monopolare è il metodo elettrochirurgico più comune, implica il passaggio della corrente dal manipolo (elettrodo attivo) attraverso il corpo del paziente verso una piastra di terra (elettrodo neutro). Il manipolo presenta una ridotta superfice di contatto con il tessuto, questo fa si che si provochi un aumento di temperatura locale elevato che porta al taglio o coagulazione del tessuto; al contrario la piastra presenta un ampia superficie di contatto con il tessuto, in modo da non provocare un riscaldamento eccessivo e una conseguente alterazione del tessuto in quell’area. Per questo motivo è molto importante al fine di evitare ustioni al paziente, fare aderire bene la piastra sulla

44 superfice cutanea, preferibilmente glabra con tessuto ben vascolarizzato in quanto l’elettricità segue il decorso dei vasi.

L’elettrobisturi bipolare a differenza del monopolare presenta un manipolo simile a una pinza. In questo caso l’energia elettrica non attraversa il corpo del paziente, ma passa nel tessuto tenuto tra le branche della pinza. Perché si generi corrente è indispensabile che i due elettrodi rappresentati dalle branche del manipolo vengano tenute a circa un millimetro di distanza l’una dall’altra, in questo modo si provoca il riscaldamento e quindi la coagulazione del tessuto. A differenza dell’elettrobisturi monopolare, con il bipolare non si corrono rischi di ustioni, ma con questo strumento è possibile solo coagulare (Fossum, 2013).

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