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ciò che comporta Non solo: la descrizione del conflitto con Amore ‒ mentre quello con Morte (che irrompe anche nella scena dei Fragmenta) gode di un metamorfismo unico nella

512 Sui vari significati cfr. l‟esauriente ARIANI, Commento ai „Triumphi‟, cit., p. 214: «Il valore simbolico ha

origini bibliche» da rintracciare in «Dan. VII 9, Eccles. IX 8; Marc. XVI 5; Apoc. III 4, VII 13-14, XV 6» poi codificate da «Isidoro, Etym. XII 1, 51 “candidus vero niveus et pura luce perfusus”; Rabano Mauro, All. in Sacr.

Script. c. 882» a cui bisogna aggiungere la solita base classica: «Properzio, III […] Catullo, LXVIII […] Cicerone, Ad att. V 20, 9».

513 Ivi, p. 215. Tra le tante occorrenze si ricorderà, ancora una volta, l‟importanza dell‟armarmentario per Paolo,

Eph., VI 16. L a u ra i n qu es t o c a s o d i v ie ne u n a Me d u sa a l c o n t ra ri o : sulla figura di Medusa si

rimanda al saggio di BORTOLO MARTINELLI, Petrarca e il ventoso, Bergamo-Roma, Minerva Italica, 1977, in

particolare, pp. 236-239; si vedano anche il recente lavoro di KENELM FOSTER, Beatrice o Medusa, Novara, Lampi di Stampa, 2004 (che riprende, traduce e ampia un precedente saggio dell‟autore: Beatrice or Medusa: the penitential element

in Petrarch‟s „Canzoniere‟, in Italian studies presented to E. R. Vincent, ed. by C.P. Brand, K. Foster, U. Limentani,

Cambridge, Cambridge University Press, 1962, pp. 41-56; SABATIER ARMELLE, “Thou didst Medusa see, / And should

thy selfe, a moving marble bee”: les statues de Méduse dans quelques poèmes élisabéthains, «Anglophonia», XIII, 2003, pp. 185-

194 (sull‟influenza di Petrarca nell‟epoca elisabettiana). Infine, un‟utile lettura è quella di FRANCESCO ZAMBON,

Sulla fenice del Petrarca, in Miscellanea di Studi in onore di Vittore Branca, 4 voll., Firenze, Olschki, 1983, vol. I, pp. 411-

425.

514 Si ricordi, inoltre, che gli amanti di solito, come scrive Guittone nel Trattato d‟Amore, non hanno scudo

da frapporre ad Amore, De lui, cui di‟ ch‟è morte, la figura, 9-11: «Donque l‟amant‟è, simel ch‟Amor, nudo / di vertù, di saver, di canoscenza, e non ha de covrir li vizi scudo».

515 BERRA, La varietà stilistica, cit., p. 181 nota 22.

516 Si veda VASOLI, Petrarca e i filosofi del suo tempo, cit., pp. 75-92, in particolare p. 80 e p. 84 (dove viene ricordata

la bella similitudine usata da Petrarca che instaura un‟analogia tra i dialettici e gli uccelli notturni saprofagi, o creduti tali).

517 Il luogo è ben noto, qui basterà notare come l‟immaginario passa anche nel mondo medievale si può ricordare

che la retorica ha le armi spuntate nei versi di un poeta quanto mai lontano da Petrarca come Baudri de Bourgueil (in Vadis ut insolitos videas, mea cartula, fastos, vv. 1138 e seguenti).

131

sua sinteticità

518

è imperniata di un linguaggio altamente metaforico. I due si affrontano,

infatti, come «duo leon feri, o duo folgori ardenti» (TP 20);

519

Amore «mover contra colei»

armato ‒ quasi un rovesciamento del luogo topico retorica-armi ‒ «con tutti i suoi argomenti»

(TP 22); alla fine del duello i «dorati suoi [d‟Amore] strali, accesi in fiamma / d‟amorosa

beltate e ‟n piacer tinti» sono in «fredda onestate […] estinti» (TP 66-69): al gioco forza della

descrizione apparentemente materiale che già nasconde i tratti di armi morali (gli strali

potrebbero essere anche dorati nel mondo reale come nel sogno ma difficilmente

sarebbero colorati di bellezza e piacere: due, come si è visto, segni della passione) si

sostituisce un‟arma morale esposta (la fredda onestà). È poi lecito scorgere, attraverso

l‟impianto descrittivo altamente codificato sui testi classici, la concretizzazione della Pudicizia in

Laura.

520

Non a caso, mentre procede la battaglia, per la donna uno scontro almeno

inizialtemente difensivo (è, infatti, Amore a condurre il duello, si veda TP 34-36: «Quel

vincitor che primo era a l‟offesa, / da man dritta lo stral, da l‟altra l‟arco, / e la corda a

l‟orecchia avea già stesa») ma mai davvero offensivo (dopottutto Laura non è armata tant‟è che

sconfigge «il gran nemico […] non con altre arme che col cor pudico / e d‟un bel viso e de‟

pensieri schivi / d‟un parlar saggio e d‟onestate amico» TM I 7-9), ecco comparire un

riferimento alla guerra intra se, che si svolge contemporaneamente al duello Amore- Laura

nell‟animo dell‟io narratante:

521

«combattea in me co la pietà il desire, / ché dolce m‟era sì fatta

compagna, / duro a vederla in tal modo perire» (TP 43-45). Cruccio, contrasto,

indecisione, psicomachia che, nonostante l‟intervento della «vertù» (TP 46), perdura mentre

il combattimento concretizzato, e quindi posto su di un piano (apparentemente) esteriore,

appunto si sussegue nelle sue fasi concitanti (TP 55-57 «Io era al fin co gli occhi e col

cor fiso, / sperando la vittoria ond‟esser sòle, / e di non esser più da lei diviso» e TP 61-

62 «Signor mio, se tu vinci, / legami con costei»)

522

e si conclude, solamente con l'arrivo del

518 La Morte prima è, infatti, armata di spada «la qual punge e seca» (TM I 42) poi svolge (o ha svolto) la sua actio

con i denti (ivi, 60 «e so quando ‟l mio dente le morse»), infine, è dispensatrice di veleno (ivi, 63 «il mïo tosco»). Su quest‟ultima immagine secondo VINICIO PACCA, Commento ai „Triumphi‟, in FRANCESCO PETRARCA,

Trionfi; Rime estravaganti; Codice degli abbozzi, a cura di V. Pacca e L. Paolino, introduzione di M. Santagata,

Milano, Mondadori, 1996, p. 281, potrebbe aver giocato Purg., XXV 132 («che di Venere avea sentito il tòsco»).

519 ARIANI, Commento ai „Triumphi‟, cit., p. 204 nota come l‟immagine abbia una lunga tradizione classica

(Omero, Virgilio, Orazio) e un‟ «autorizzazione tecnica: Aristotele, Rhet. 1046 b 21; ps. Cicerone, Rhet. ad Her. IV 49, 62 […]. Notevole la valenza etica implicita nella comparatio Laura-leone: cfr. Cicerone, De off., I 13, 41 (leone =

vis)e I 16, 50 ( = fortitudo)».

520 Dirimpetto Scipione negli accenni di Massinissa in TC II 45 ss. tramite la sua virtù unica nel mondo distoglie

dal peccato lussurioso l‟amico e compagno d‟armi.

521 Ma tutta «la vicenda» amorosa è «totalmente interiore» e tramite la figura dell‟antitesi, che nell‟interiorità

trova spazio ed espressione, esemplifica «l‟anima inevitabilmente divisa, senza possibilità di acquietamento», GI O R G I BARBERI SQUAROTTI, Itinerarium Francisci in Deum, in I „Triumphi‟ di Francesco Petrarca, cit., pp. 47-66, p. 53.

522 Interessante la presenza di una Spes negativa che tornerà come dialogante nelle pagine del De remediis.

Nonostante questo conflitto, immagine viva della fluttuazione interiore, il protagonista in TM II 102 afferma che «ma voglia, in me, ragion già mai non vinse».

132

primo corteo

523

delle «chiare virtuti» (mentre Laura toglie dalle mani di Amore le «mille

victorïose e chiare palme», TP 96): «Onestate e Vergogna», «Senno e Modesta», «Abito con

Diletto», «Perseveranza e Gloria», «Bella Accoglienza, Accorgimento», «Cortesia», «Puritate»,

«Timor d‟infamia e Desio sol d‟onore» e infine «Castità» e «somma Beltate», che rispondono al

nesso (variante del tipico topos del puer-senex) «penser cantui in giovenile etate» (TP 88)

524

e

sono desunte da un impianto classico (Cicerone, Virgilio, Macrobio), romanzo (il «Timor

d‟infamia» è presente almeno in Dante, Inf., XXVII 6 mentre la schiera è presente

nell‟“odiato” Roman de la rose, ma l‟apparente continuità, interessante per la frequente

qualificazione delle virtù, potrebbe tradire una fonte comune, da identificare con le opere

morali della lotta contro i vizi)

525

e cristiano (principalmente Paolo ma anche Prudenzio

almeno per quanto riguarda l‟elenco delle virtù che affiancano la Fede nella lotta contro

i vizi nella Psycomachia).

526

Lo stato “d‟animo provato” d‟Amore in seguito alla sconfitta è

descritto attraverso una reiterazione di analogie che riflettono il modulo tipico del pensiero

petrarchesco (si pensi ai Rerum memorandarum) intessuto dall‟autore facendo susseguire a un

exemplum classico (la caduta di Annibale), uno biblico-giudaico (la morte di Golia)

527

e uno