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Tre donne intorno al cor mi son venute Il «poggio» 601 sottintende una vera e propria

psicomachia in cui i phantasmata si muovono in maniera forse più agile che nei Fragmenta è

presente anche in Alano da Lilla (De planctu naturae, XIII 3: «In arce […] imperatrix sapientia

conquiescit»); anche nel Roman de la rose, proprio Raison discende da un‟alta torre per aiutare

l‟amante, e nel De anima di Cassiodoro vi è una descrizione non tanto della mente quanto

dell‟anima umana effettuata secondo i dettami architettonici di una fortificazione, il cui scopo è

la difesa dai vizi terreni.

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Le prime due attestazioni d‟area italiana riguardano il Tresor di Brunetto Latini (Tresor XV

«maistre forterece dou chief») e il «nobile castello della mente» dove è adunata «la bella

compagnia delle Virtudi» di Bono Giamboni (XI 13-22).

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Anche nella lirica stilnovistica

è attestato l‟uso della metafora almeno per Guido Cavalcanti e Lapo Gianni ˗ il primo in

un sonetto in risposta ad A ciascun‟alma presa e gentil core di Dante –, per i quali il luogo deputato

a una sorta di prigionia/rifugio della mente è il cassero, cioè una fortezza difficilmente

espugnabile, ma occupata dal «il segnor valente» (Vedeste, al mio parere, omne valore, v. 4),

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cioè

Amore, che «poi vive in parte dove noia more / e ten ragion nel casser de la mente» (vv. 5-6);

mentre Lapo Gianni sembra ripetere l‟immagine di Guido, in una sorta di apostrofe diretta

all‟animo («e disse: “Oi! alma, aiutami a levare / e rimenare al casser della mente!”», Angelica

figura novamente, vv. 21-22). Che sia torre, fortezza, rocca, cassero, il luogo delle difese è presente

anche in Dante: Per quella via che la bellezza corre, «E quando è giunta a piè di quella torre / che

s‟apre quando l‟anima acconsente» (Rime 107, 5-6; si ricordi inoltre la situazione contigua al

Petrarca, ma dagli esiti opposti di Conv., II 2, 3: «Beatrice tenea la rocca de la mia mente»:

nei Fragmenta, l‟arx rationis rimane inespugnata dall‟amata e da Amore), e l‟«etterna rocca» di

Tre donne intorno al cor mi son venute. Il «poggio»

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sottintende una vera e propria

598 De anima, V. De moralibus virtutibus animae: «His igitur munitionibus divina opulatione concessis, velut quadruplici

thorace circumdata, in hoc mundo mortifero salus animae custoditur; nec potest a vitiis adiri, quae tanta meruit tuitione valari».

599 Sull‟allegorismo di Bono si vedano le pagine (con annessa la inevitabilmente sparuta bibliografica) di JOHANNES

BARTUSCHAT, Visages et fonctions de la philosophie dans l‟allégorie de Bono Giamboni, «Revue des études italiennes», XLIII, 1997, pp. 5-21

600 In Dante vi è una torre della ragione anche nella poesia Non mi poriano già mai fare ammenda almeno secondo

la lettura che ne fa MICHELANGELO PICONE, La «Garisenda torre»: una “stravaganza” del giovane Dante, in ID., Percorsi

della lirica duecentesca. Dai siciliani alla „Vita Nova‟, Firenze, Cadmo, 2003, 205-215.

601 Il «poggio», oltre ad essere il luogo di rifugio di ciò che rimane della “virtude” di Petrarca, sembrerebbe porsi

in contrapposizione con la selva della sestina Rvf 22, 26 («l‟amorosa selva»): una dicotomia che si muove sull‟ipotesto di Inf., I 1-18 (per Giulio Camillo già presente nel secondo sonetto); l‟immagine crea una sottile parodia del testo dantesco, che si realizza soprattutto tramite il rovesciamento della prospettiva di Dante- pellegrino: infatti, Petrarca- personaggio non salirà mai sul colle e non avrà una vera e propria purificazione dal suo errore. PICONE, L‟inizio della storia, cit., p. 35: considera la conversione realizzata: «Più in particolare, dietro il «poggio» petrarchesco vediamo profilarsi la montagna sulla quale Cristo si ritirò a pregare prima di iniziare la sua predicazione (Mt, V 1 ss.), ma soprattutto il monte sul quale Egli morirà per salvare l‟umanità dal peccato. L‟associazione poggio-Golgota, qui latente, diventerà patente nella sestina 142, dove “poggio” acquisterà il rango di parola-rima, di mot-clé all‟interno di un componimento tutto teso verso il ritrovamento della via che, dalla dispersione amorosa e letteraria precedente, dovrebbe condurre alla verità divina». L‟ultima occorrenza di questa parola nel congedo della sestina «“Altro salir al ciel per altri poggi” […] Come dire: l‟iter amoris deve essere riscattato da una personale Via Crucis».

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compartecipazione dell‟amore: l‟atto, l‟innamoramento, o la personificazione del sentimento,

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è un elemento giunto dall‟esterno che tramite la metaforica bellica, presente fin dal primo

incontro, partecipa e crea la pugna amoris. Questa, sebbene sia costruita su modelli latini,

include rilevanti tracce ipotestuali appartenenti al mondo filosofico e lirico medievale: il

passaggio degli spiriti tramite gli occhi, o il duello con amore, tutti elementi che appartengono

ad una larga imagery diffusissima nei poeti stilnovisti.

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In Cavalcanti la metafora è strutturante

in ben ventisette poesie,

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dove sono presenti elementi riconducibili a tale sfera semantica.

Per Petrarca, come per Cavalcanti, il passaggio della immagine della donna dagli occhi al cuore

è un atto di guerra, l‟amore si apre la via con un assalto.

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In entrambi l‟innamoramento è

configurato anche come terrore della vista della donna (ad es. Rvf 197, 12-14 «L‟ombra sua

sola fa ‟l mio cor un ghiaccio, / et di bianca paura il viso tinge; / ma gli occhi ànno vertù di

farne un marmo»). Le novità petrarchesca, i tratti di trasformazione, rispetto alla lirica romanza

sono principalmente due, entrambe fondanti per l‟evoluzione morale dell‟innamoramento:

prima di Petrarca difficilmente si passa da un momento d‟assedio eseguito da forze esterne, in

cui può comparire anche un tentativo –vano – di resistenza espresso tramite il ritiro verso

l‟ultimo rifugio interno, ad un momento successivo dove alle forze dell‟assalitore si allea

anche la volontà («la voglia et la ragion combattuto ànno»: Rvf 101, 12)

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e, quindi, il

conflitto finisce per configurarsi come una vera e propria psicomachia

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(«video tenute

quidem; sed hinc michi gravius duellum, quia irascor michimet, et anime mee sum infestus» è

scritto in Psal, I 10).

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In tale direzione la seconda novità è la, già ricordata, attuazione della

602 Come accade in Cavalcando l‟altr‟ier per un cammino, vv. 13-14, dove amore (che ha perduto «segnoria» al v.6 ) e

amante si uniscono: «Allora presi di lui sì gran parte, /ch‟elli disparve, e non m‟accorsi come».

603 Per gli occhi, ma il luogo è ricettivo e accusativo dell‟amore proverbialmente, come nota Rico: «Giacomo da

Lentini (“per gli occhi mi pass‟a lo core“), Guinizzelli (“gli occhi no ‟l ritenner di neente, / ma passo [lo colpa] dentr‟al cor “), Cavalcanti (“per li occhi mi passaste ‟l core”), el Dante de la Vita nova y de sus ensayos (“che da [fier] per li occhi una dolcezza al core”), tantos y tantos, consolidaron la imagen del ataque del dios en una troquelación que implicaba una física y una metafísica del amor» (in RICO, Prólogos al Canzoniere, cit., pp. 1090-1091).

604 Di seguito l‟elenco dei componimenti in cui è presente il conflitto o un‟ actio bellica: 7-9-10-13-16-19-20-21-22-23-

24-26-27-28-29-30-31-32-37-38-39-40-43-44-45-50.

605 Interessanti i componimenti L‟anima mia vilment‟è sbigotita, vv. 9-11 «Per li occhi venne la battaglia in pria, /

che ruppe ogni valore immantinente, / sì che del colpo fu strutta la mente», in cui si può individuare il passaggio occhi-mente, e I‟ prego voi che di dolor parlate, vv. 4-7 «Davante agli occhi miei vegg‟ io lo core / e l‟anima dolente che s‟ancide, / che mor d‟un colpo che li diede Amore / ed in quel punto che madonna vide», dove è presente una compresenza degli occhi e dell‟anima. Per il rapporto tra Cavalcanti e Petrarca si veda il lungo elenco, per ora l‟unico studio di spessore, di PELOSINI, Guido Cavalcanti nei Rvf, cit. Si veda anche il breve intervento di

MASSIMILIANO CHIAMENTI, The representation of the Psyche in Cavalcanti, Dante and Petrarch: the Spiriti, «Neophilologus»,

LXXXII, 1998, pp. 71-81.

606 In un Frammento del Tristan (Framm. Sn1, 597-602) Amore e Ragione combattono contro la voglia: «Le desir

qu‟il ad vers la reïne / tolt le voleir vers la meschine; / le desir lui tolt le voleir, / que nature n‟i ad poeir. / Amur e raisun le destraint, / e le voleir de sun cors vaint». Nell‟opera di Thomas la fisicità del corpo e dell‟amore sono in continuino dissidio e vengono fortmente evocati.

607 TP 43-44 «combattea in me con la pietà il desire».

608 Non deve essere sottovalutata l‟influenza del testo biblico Mich., VII 6 «inimici hominis domestici eius» [allo

stesso modo Mt., X 36]. Un‟altra interessante attestazione appartiene ai Psalmi di Petrarca: Psal, V 6, «utrobique hostes domesticos, qui me pessundederunt».

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storia d‟amore (e dell‟imagery) in una dimensione tanto personale, diaristica e intima quanto

poematica. La prima evoluzione, cioè l‟evoluzione morale, è fondata sull‟endiadi

esterno/interno e può essere riconosciuta solamente tramite la trasformazione della pugna amoris

in pugna spiritualis.

In questo modo, considerando quindi il passaggio in maniera organica per fasi,