1. Apprendimento come scoperta 110
1.2 Comportamento esplorativo e curiosità 116
La curiosità e i comportamenti esplorativi hanno radici profonde nella nostra natura di esseri viventi e di uomini. La curiosità è una pulsione interna che sta alla base del comportamento esplorativo del bambino piccolo come dell’individuo maturo. Si tratta di una spinta ad agire e a conoscere non rispondente a bisogni primari, ma indotta da un ambiente nuovo, dalla presenza di caratteristiche inconsuete dell’ambiente conosciuto o dal bisogno di novità derivante dalla sensazione di noia provata verso situazioni note.
Secondo la zoologa Temple Grandin,138 l’attrazione per la novità deriva probabilmente dal circuito SEEKING ed è una necessità vitale, indispensabile per stimolare il cervello. Come già accennato, infatti, l’equilibrio del sistema della RICERCA è fondamentale per il benessere fisico e psicologico: se esso viene ipostimolato o sovrastimolato provoca disordini emotivi che vanno dalla depressione alla psicosi. Temple Grandin ha compiuto interessanti studi sugli animali, mostrando i diversi livelli di curiosità che essi manifestano. Il desiderio di toccare, esplorare e interagire con cose nuove è proprio di tutte le specie animali, compresa quella umana. Come appare evidente per i bambini, che richiedono sempre nuovi giocattoli (ma anche spesso per gli adulti che ricercano nuovi abiti o nuovi oggetti di consumo), così è per molti animali, che sono attratti dalla novità. Questa stimola la componente di curiosità presente nel sistema dell’ANTICIPAZIONE o della RICERCA. Si tratta in qualche modo di una curiosità fine a se stessa, che produce una sensazione positiva di piacere. Le varie specie animali, manifestano livelli diversi di curiosità e Temple Grandin ha avanzato l’ipotesi che gli animali selvatici siano in generale più curiosi rispetto a quelli domestici:
questi ultimi, infatti, accuditi dagli esseri umani, non devono più preoccuparsi di cercare cibo o riparo. Pertanto hanno anche meno bisogno di essere curiosi.
Ma che cos’è la curiosità? Sappiamo che corrisponde al desiderio di conoscenze, di informazioni e di stimoli mentali nuovi. In psicologia cognitiva, la curiosità è l'esigenza di mantenere a un livello ottimale l'attività di elaborazione di informazione, regolando gli input, cioè le informazioni in arrivo. La curiosità è strettamente legata ai comportamenti esplorativi, anche se non sempre l'esplorazione è dettata dalla curiosità (ad esempio, è difficile dire se un cane che esplora un cortile che non conosce lo faccia per curiosità o se non si stia semplicemente orientando). Inoltre i comportamenti esplorativi tendono a sfumare indistintamente in quelli ludici: ad esempio, un bambino che si aggira per casa sta contemporaneamente sia esplorando che giocando.
Secondo Pankseep, il sistema emotivo del GIOCO (anch’esso uno dei sette sistemi emotivi di base) interagisce con il sistema della RICERCA, ma si distingue da esso. Al contrario molti psicologi tendono a identificare il gioco con la curiosità, quindi con l’eccitazione delle attività investigative promosse dal sistema della RICERCA. Pankseep ritiene che il sistema della RICERCA promuove quello del GIOCO, ma si tratta di due sistemi emotivi distinti. Anche alcune ricerche neurochimiche sostengono tale distinzione, dal momento in cui hanno osservato che la dopamina alimenta il sistema della RICERCA e quindi produce i comportamenti esploratori, ma riduce notevolmente le attività di gioco.139
Il tema della curiosità e dei comportamenti esplorativi ha avuto particolare rilievo nella psicologia del Novecento, specie a partire dagli anni Cinquanta. Darwin, quasi un secolo prima, aveva prestato attenzione ai comportamenti improduttivi e apparentemente immotivati e li aveva collegati alle capacità cognitive superiori dei mammiferi e dei primati. Freud, nello studio della psicoanalisi, aveva preso in considerazione la curiosità umana e l'aveva interpretata come uno sviluppo adulto della curiosità sessuale infantile. Da grandi trasferiremmo il nostro grado di conoscenza sessuale su fatti non sessuali.
139 Cfr. J. Panksepp, L. Biven, op. cit., p. 388.
Le persone poco curiose, secondo Freud, avrebbero represso i loro desideri di conoscenza sessuale.
È però a partire dagli anni Cinquanta che questo tema è balzato in primo piano nella storia della psicologia. Esso si è trovato al centro di due cambiamenti radicali di prospettiva: il primo riguarda proprio l'apprendimento. Le concezioni in auge nella prima metà del ventesimo secolo consideravano l'apprendimento un processo passivo determinato dall'esterno, dagli stimoli ambientali. Dopo la seconda guerra mondiale le concezioni passive dell'apprendimento hanno perso credibilità e sempre più si è insistito sul ruolo attivo del soggetto che impara. L'altra rivoluzione di pensiero riguarda la motivazione. In questo ambito si è capito che la curiosità è una motivazione primaria su basi biologiche, come la fame e la sete. A differenza di queste, però, essa risponde a bisogni cognitivi.
Nell’ambito delle ricerche psicologiche la curiosità viene studiata in quanto stimolo al comportamento esplorativo. Lo studioso che se ne è occupato di più è stato, fin dagli anni Cinquanta, lo psicologo canadese Daniel Ellis Berlyne.140 Egli considera la curiosità come il sentimento che desta l’interesse dell’individuo per le novità e la distingue in quattro diverse categorie: percettiva, epistemica, specifica e diversiva.
1) La curiosità percettiva emerge in relazione a stimoli contraddistinti da caratteristiche di sorpresa, novità, incongruenza (definite “proprietà collative” degli stimoli) e che inducono uno stato di dubbio e incertezza. 2) La curiosità epistemica è generata da un conflitto concettuale, in presenza di dati discordanti, informazioni parziali e situazioni di problem-‐solving.
3) La curiosità specifica si riferisce al desiderio di ottenere un determinato tipo di informazione.
4) La curiosità diversiva indica tutti quegli atteggiamenti generati dalla reazione alla noia e dalla ricerca di continui stimoli.
140 Cfr. Berlyne D. E., Conflict, arousal and curiosity, Mac Graw Hill, New York, 1960, tr. it. Conflitto,
I diversi tipi di curiosità così distinte, nella realtà possono combinarsi tra loro. In funzione del tipo di curiosità, l’individuo adotta comportamenti esplorativi o comportamenti epistemici. I comportamenti esplorativi in senso stretto possono essere di orientamento, di locomozione o di investigazione; mentre i comportamenti epistemici comprendono il consultare testi, il consultarsi con altre persone, il passare in rassegna i fatti e il ragionare. Mentre i primi derivano dalla curiosità percettiva e sono diretti alla raccolta di nuove informazioni per ridurre lo stato d’incertezza; i secondi sono determinati dalla curiosità epistemica e sono finalizzati alla risoluzione di un problema.
In ambito didattico, il predisporre una situazione “spiazzante”, che possa scatenare sorpresa e curiosità, oppure partire da un nodo critico, una domanda, una contraddizione, potrà ingenerare negli alunni quella curiosità epistemica che costituirà il motore del loro apprendimento. Come vedremo meglio nel successivo capitolo, il metodo investigativo della ricerca (IBSE) propone proprio come punto di partenza per avviare il lavoro didattico, una domanda, una situazione critica che possa stimolare la curiosità epistemica dei discenti.