1. Emozioni e apprendimento 49
1.4 L’ipotesi del marcatore somatico 56
L’ipotesi portata avanti da Damasio, nota come “ipotesi del marcatore somatico”, è che l’emozione faccia parte del circuito della ragione e che quindi possa contribuire al processo di ragionamento anziché essergli di intralcio. Così egli la spiega: «Si immagini che, prima di cominciare a ragionare verso la soluzione del problema, accada qualcosa di molto importante: quando viene alla mente, sia pure a lampi, l’esito negativo connesso con una determinata opzione di risposta, si avverte una sensazione spiacevole allo stomaco. Dato che ciò riguarda il corpo, ho definito il fenomeno con il termine tecnico di stato somatico e dato che esso contrassegna un’immagine, l’ho chiamato marcatore»55. I marcatori somatici sarebbero dunque segnali orientativi e facilitatori rispetto alla scelta che si deve operare: provengono dal corpo, si esprimono nel corpo, con modificazioni sia dei visceri sia del sistema muscolo scheletrico che sono indotte da segnali neurali e da segnali chimici e hanno a che fare con i processi cognitivi e con i processi emozionali: ci avvertono della positività o negatività di un evento, della sua piacevolezza o spiacevolezza in relazione alla salvaguardia non solo del nostro sopravvivere, ma anche del nostro benessere. Il marcatore
somatico negativo forza l’attenzione sull’esito negativo al quale può condurre una data azione e agisce come un segnale automatico di allarme; mentre il marcatore somatico positivo forza l’attenzione sull’esito positivo e diviene un segnalatore di incentivi. Attraverso l’esperienza, certe emozioni e sentimenti sono stati connessi a previsti esiti futuri di certi scenari e ci consentono di prevedere e valutare i possibili effetti di comportamenti e atteggiamenti. Possiamo dire che il marcatore somatico rende più efficiente e preciso il processo di decisione; al contrario la sua assenza riduce efficienza e precisione. Ecco che Damasio quindi vede le emozioni e i sentimenti come fattori non contrapposti, ma cooperanti e dialoganti con la ragione.
Dunque la ragione non appare così pura come si è a lungo ritenuto: i sentimenti e le emozioni sono profondamente intrecciati con essa. Da un punto di vista evoluzionistico, probabilmente le strategie della ragione umana si sono sviluppate con la “forza guida” dei meccanismi di regolazione biologica, dei quali emozione e sentimento sono un’espressione importante. È verosimile che nella selezione naturale sia prevalsa una conformazione del cervello nella quale i sistemi preposti alla decisione e al ragionamento fossero strettamente legati a quelli connessi con la regolazione biologica, infatti sia gli uni che gli altri sono implicati nella sopravvivenza. Ovviamente l’influenza delle emozioni e dei sentimenti nei processi di ragionamento può essere anche negativa e questo ben lo sappiamo: un’emozione non controllata o mal diretta può generare comportamenti irrazionali e sfavorevoli. Ma l’ipotesi che Damasio sostiene è che anche la loro assenza sia comunque dannosa e in grado di compromettere la razionalità umana. È come se i sentimenti ci dessero l’opportunità di volgerci nella direzione giusta, di prendere le decisioni più appropriate per il nostro futuro.
Le regioni cerebrali vengono distinte tra quelle evolutivamente più recenti, dette di livello “alto” o neocorticale e quelle evolutivamente più antiche, dette di livello “basso” o subcorticale. Per affermare la nuova teoria dell'interconnessione tra il mondo emotivo e la razionalità, Damasio si è opposto alla tradizione scientifica che confina le emozioni nei centri sottocorticali più antichi e meno evoluti e ne trascura quindi il nesso con il pensiero: per Damasio, infatti, la
razionalità non emerge soltanto dal funzionamento della neocorteccia, bensì essa emerge dall’interconnessione tra le funzioni di livello “alto” e quelle di livello “basso” del cervello. E il ponte tra processi razionali e non razionali, tra strutture corticali e subcorticali, sembra essere costituito proprio dall’emozione e dal sentimento.
Per definire le emozioni, Damasio riprende una citazione di William James: «Se noi immaginiamo qualche emozione intensa e poi cerchiamo di astrarre dalla nostra coscienza di essa tutte le percezioni dei suoi sintomi corporei, troviamo che non rimane nulla, che non vi è una “materia mentale” della quale l’emozione possa essere costituita, e che tutto quel che rimane è uno stato freddo e neutro di percezione intellettuale»56. Secondo Damasio, James aveva colto il meccanismo essenziale per comprendere le emozioni, sebbene la sua posizione sia stata anche molto criticata, in quanto non dava peso al processo di valutazione mentale della situazione che determina l’emozione.
Damasio opera una distinzione tra emozioni “primarie” ed emozioni “secondarie”: le prime appartengono maggiormente alla fase iniziale della vita, mentre le seconde alla fase adulta. Le emozioni innate dipendono dai circuiti del sistema limbico, in particolare dall’amigdala e dal cingolato anteriore; mentre le emozioni secondarie dipendono prevalentemente dalle cortecce prefrontali e da quelle somatosensitive. Mentre nelle prime intervengono le “rappresentazioni disposizionali” innate, nelle seconde intervengono le “rappresentazioni disposizionali” prefrontali, acquisite attraverso l’esperienza (ma queste ultime hanno comunque bisogno delle prime per potersi esprimere). In sintesi, Damasio definisce l’emozione come «l’insieme dei cambiamenti dello stato corporeo che sono indotti in miriadi di organi dai terminali delle cellule nervose, sotto il controllo di un apposito sistema del cervello che risponde al contenuto dei pensieri relativi a una particolare entità o evento. […] Emozione significa, etimologicamente, “movimento da”: già questo suggerisce una direzione verso
56 W. James (1890), Principi di psicologia, Società Editrice Libraria, Milano 1909, citato da Damasio in op. cit., p. 189.
l’esterno, a partire dal corpo»57. Quindi l’emozione è frutto dell’intreccio tra un processo valutativo mentale e le risposte disposizionali a tale processo, per lo più dirette verso il corpo, ma anche verso il cervello stesso.
Damasio opera una distinzione tra emozioni e sentimenti. «Se un’emozione è un insieme di cambiamenti dello stato corporeo connessi a particolari immagini mentali che hanno attivato uno specifico sistema cerebrale, l’essenza del sentire un’emozione è l’esperienza di tali cambiamenti in giustapposizione alle immagini mentali che hanno dato avvio al ciclo»58, come se fossero due immagini che si sovrappongono. Egli definisce “sentimento” quel processo di osservazione continua che il corpo fa mentre corrono i pensieri riguardanti specifici contenuti. I sentimenti sono dunque come delle finestre che ci consentono di vedere un’immagine, continuamente aggiornata, della struttura e dello stato del corpo (Damasio parla di “paesaggio del corpo”). Egli distingue poi tra i sentimenti che traggono origine dalle emozioni (come felicità, tristezza, ira, paura, ripugnanza) e i “sentimenti di fondo”, che sono le immagini del paesaggio corporeo quando questo non è agitato dalle emozioni. Questi ultimi sono evolutivamente più antichi, non originano da stati emotivi ma dallo “stato corporeo” che prevale tra le emozioni e di essi abbiamo soltanto una “sottile” consapevolezza.
Ecco che i sentimenti non appaiono più come inafferrabili o sfuggenti, ma come processi cognitivi che ci servono come “guide interne”. I sentimenti sono dunque cognitivi quanto qualsiasi altra immagine percettiva e altrettanto dipendenti da elaborazioni della corteccia cerebrale. I sentimenti riguardano in primo luogo il corpo: essi ci danno la cognizione del nostro stato muscoloscheletrico e viscerale. Essi ci consentono di «porre mente al corpo»59 durante uno stato emotivo. E sia il nucleo del cervello che la corteccia cerebrale cooperano alla loro costruzione.
57 A. R. Damasio, op. cit., p. 201. 58 Ibid., pp. 210-‐211.