• Non ci sono risultati.

Comportamento dei governi nei confronti delle attività estrattive nell’Artico

3. RISORSE NATURALI

3.3 Comportamento dei governi nei confronti delle attività estrattive nell’Artico

Sebbene tutti gli Stati artici siano ufficialmente preoccupati di come i cambiamenti climatici stiano incidendo sull’Artico, nessuno dei loro governi ha deciso di ridurre sensibilmente la propria produzione di petrolio e gas in questa regione. Apparentemente essi riconoscono che le emissioni di anidride carbonica andranno sicuramente ad aumentare i già rapidi cambiamenti nell’ambiente Artico, ma nulla indica che essi abbiano pensato a delle contromisure per ridurre in modo significativo la continua produzione, per esempio tassando in maniera maggiore le emissioni di anidride carbonica in modo tale da vedere eventuali conseguenze sulla volontà da parte delle compagnie petrolifere di mantenere la loro produzione attuale e di investire in nuovi progetti. Tuttavia esistono delle notevoli differenze tra gli Stati artici che meritano di essere analizzate. Ogni stato infatti varia per dimensione, popolazione e forma di governo ed è quindi necessario studiare a fondo le diverse politiche artiche dei produttori di gas e petrolio.

63

Russia – Secondo i dati dell’USGS la Russia detiene il più alto potenziale stimato di petrolio

e di gas naturale, ammontando a circa il 52% del totale, con 216 miliardi di barili equivalenti di petrolio. Le risorse artiche russe rappresentano la maggior parte delle riserve di idrocarburi del Paese: la parte più consistente si trova nella Siberia Occidentale, soprattutto nel distretto autonomo di Yamalo-Nenets, con più di due terzi della produzione russa di petrolio e gas. Il gas naturale è il prodotto più importante: la quantità di gas contenuta nella regione è infatti tre volte tanto quella del petrolio. Però molti dei pozzi petroliferi russi più vecchi sono in fase di declino e la Russia sta cercando attivamente nuove risorse, soprattutto nella promettente piattaforma continentale nel Mare di Barents e nel Mare di Kara.

La Russia dall’inizio dell’era Putin ha nazionalizzato la maggior parte del suo settore energetico. Gazprom, la quale gestisce l’87% della produzione russa di gas, è diventata di proprietà dello stato nel 2005, dodici anni dopo che Yeltsin la aveva privatizzata. La politica di centralizzazione di Putin ha avuto importanti implicazioni per le compagnie internazionali come Shell che è stata obbligata a vendere gran parte delle sue azioni nel megaprogetto Yamal alla Gazprom. Secondo Putin e la sua élite di governo, la centralizzazione era necessaria per rafforzare il governo centrale e per aumentare le entrate dello Stato. Non appena il settore energetico è stato riportato sotto il controllo dello Stato, così come era all’epoca dell’Unione Sovietica, il prezzo del petrolio ha iniziato a salire e il governo russo, attraverso la Gazprom, ha deciso che il Paese negli anni successivi avrebbe dovuto investire in modo ingente in nuove attrezzature per la produzione. Per poter continuare ad essere il maggior fornitore mondiale di petrolio e gas naturale la Russia alla fine dovrà aumentare la propria produzione nell’Artico.

Anche se il governo russo ha ratificato il Protocollo di Kyoto, l’élite al governo non sembra essere particolarmente preoccupata dal riscaldamento globale e per questo motivo non si mostra interessata a investire in nuove forme di energia alternative. Al contrario le risorse di idrocarburi che si trovano offshore vengono definite “risorse naturali strategiche”25. La

Russia ha le infrastrutture più sviluppate tra tutti gli Stati artici con, tra le altre cose, 25 navi rompighiaccio e ha costruito un oleodotto che ha superato ogni record per lunghezza nella penisola dello Yamal in Siberia. I due progetti artici più importanti che sono attualmente in via di sviluppo e che rappresenteranno una parte significativa della nuova produzione russa sono il Progetto Shtokman e il megaprogetto di Yamal. Il primo di questi giacimenti è stimato contenere 3.8 bilioni di metri cubi di gas e il secondo 16 bilioni di metri cubi di

25 Øistein HARSEM,Arne EIDE,Knut HEEN,Factors influencing future oil and gas prospect in the Arctic, Energy

64 riserve di gas. Il problema della Russia però consiste nell’ottenere investimenti stranierei e nell’attirare compagnie che possiedano la tecnologia richiesta per aumentare la produzione. La Russia manca però di una strategia artica coerente. Da un lato la legislazione russa ha ristretto le possibilità per gli investitori stranieri di acquistare quote nelle compagnie russe. Dall’altro la Russia è disponibile a fornire agli investitori diritti sulla produzione e sullo sviluppo. Inoltre sia la Gazprom che la Rosneft hanno bisogno di investimenti e di capitali: alla Gazprom servono investimenti annuali di 18 miliardi di dollari fino al 203026 per poter mantenere la sua produzione corrente. Per questo motivo il governo russo sta in parte incoraggiando un aumento delle attività di sviluppo di petrolio e gas nell’Artico, ma dall’altra parte sta indirettamente fermando lo sviluppo emettendo politiche ostili agli investimenti diretti esteri, sui quali però si basa il futuro sviluppo della regione.

Canada – Il 40% del territorio canadese è situato nell’Artico e per questo motivo esso

mostra un considerevole interesse per il lontano nord. I dati dell’USGS rivelano che i territori artici canadesi contengono un totale di 22.08 miliardi di barili equivalenti di petrolio, quantità che rappresenta solo il 5% del totale stimato nell’Artico e il Canda risulta avere la minore quantità di petrolio e gas tra i cinque Stati artici. Nell’Arctic Strategy Paper del 2010 il governo canadese si mostra chiaramente preoccupato per i cambiamenti climatici che stanno avendo luogo nell’Artico e per questo motivo ha rimandato le perforazioni in zone offshore fino al 2014. Dall’altra parte però il Canada, essendo il quinto più grande produttore energetico al mondo, ha un grande interesse nelle risorse naturali artiche per poter mantenere i suoi attuali livelli di produzione. Anche se il governo ha esplicitamente mostrato la sua preoccupazione per l’ambiente, esso non ha ancora cercato delle misure che possano fermare, diminuire o scoraggiare le attività estrattive nell’Artico. Bisogna infatti tenere presente i seguenti avvenimenti: primo, nel 2007 la Imperial Oil e la ExxonMobil hanno vinto un’asta di 585 milioni di dollari per il Mare di Beaufort. Secondo, nel 2008 a sei compagnie sono state fornite licenze per cercare petrolio e gas naturale nel delta del Mackenzie e nel Mare di Beaufort. Infine, nel 2008 il governo stesso ha annunciato che avrebbe speso 100 milioni di dollari nei successivi 5 anni per scoprire e mappare le riserve di risorse energetiche presenti nel nord del Canada. Dal momento che il Canada è il maggior fornitore di petrolio e di gas per gli Stati Uniti, l’aumento della produzione nell’artico canadese sarà co-determinata, tra le altre cose, dall’aumento delle importazioni da parte degli

26 Øistein HARSEM,Arne EIDE,Knut HEEN,Factors influencing future oil and gas prospect in the Arctic, Energy

65 Stati Uniti e dai prezzi relativamente alti dell’energia. Per questi motivi, il Mackenzie Gas Project che include 1200 chilometri di oleodotto dall’Artico ad Alberta dovrebbe essere fruibile in un vicino futuro. Questo progetto renderebbe la produzione di gas nell’Artico canadese più facilmente trasportabile e di conseguenza contribuirebbe allo sviluppo di nuovi pozzi per l’estrazione e ad un aumento della produzione.

Stati Uniti – Diversamente dalla percezione comune sulle politiche degli Stati Uniti sui

cambiamenti climatici, essi si sono mostrati molto cauti sullo sviluppo del petrolio e del gas nell’Artico: sebbene gli USA non abbiano firmato il Protocollo di Kyoto e siano riluttanti ad imporsi una sostanziale riduzione delle emissioni di anidride carbonica, il governo guidato da George W. Bush non ha permesso perforazioni su larga scala. Secondo l’USGS gli Stati Uniti detengono il secondo più alto potenziale di riserve di petrolio e gas, circa il 20% del totale, con un ammontare totale di 83.31 miliardi di barili equivalenti di petrolio. Sebbene queste cifre sembrino notevoli, è più rilevante valutare il ruolo di gas e petrolio nel mercato e l’importanza delle risorse artiche in questo contesto. La sicurezza energetica è stata per molto sinonimo di sicurezza nazionale negli Stat Uniti e perciò un obiettivo spesso nominato dai politici americani è quello di una maggiore indipendenza energetica. Nel 2009 l’87% del gas naturale consumato negli USA era prodotto internamente, valore che mostra livelli molto bassi di dipendenza da altri Stati fornitori. Diversa è invece la situazione per quanto riguarda il petrolio. Gli Stati Uniti sono infatti il maggior importatore mondiale di petrolio e dipendono soprattutto dalle importazioni dal Medio Oriente. Considerate le preoccupazioni americane sulla minore produzione e sull’alta dipendenza da petrolio straniero, l’Alaska potrebbe giocare un ruolo importante nel rendere la Nazione meno dipendente dalle importazioni di petrolio. L’aumento delle attività nell’Artico non è però dovuto solo alla necessità di diventare più indipendenti sul piano del petrolio, ma è anche condizionato dalla percezione del pubblico sui cambiamenti climatici, dai rischi di sversamenti di petrolio e dal loro impatto sull’ambiente e sulla vita delle persone. La fuoriuscita di petrolio seguita all’incidente del Golfo del Messico ha avuto un forte impatto sullo sviluppo delle attività in Alaska. Il fatto che le persone abbiano perso il loro lavoro come conseguenza dello sversamento petrolifero ha contribuito al fatto che il governo americano abbia deciso di rivedere alcune delle licenze precedentemente concesse in Alaska. Al contrario però, conflitti internazionali, crisi finanziarie e altri tipi di shock esogeni che potrebbero limitare l’accesso degli Stati Uniti alle importazioni di petrolio, potrebbero far aumentare considerevolmente le attività in Alaska.

66

Norvegia – La Norvegia, in quanto uno dei più grandi esportatori di gas naturali al mondo,

ha un sentito interesse per la produzione di gas e petrolio nell’Artico. La Norvegia, dopo Russia e Stati Uniti, ha il terzo potenziale di gas e petrolio nell’Artico. La quantità totale è di circa 47 miliardi di barili equivalenti di petrolio che rappresenta l’11% del totale stimato. Nel 2011 la Norvegia, con la sua produzione dal giacimento di Snøhvit, era l’unico Stato produttore di LNG nell’Artico. Come la Russia, anche la Norvegia è altamente dipendente dalla sua industria petrolifera, fino al 21% del suo PIL nel 2010. Più del 90% del gas e del petrolio prodotto in Norvegia vengono esportati. Per questo il bisogno di mantenere e di aumentare la produzione attuale di petrolio e di gas è importante per le attività decisionali. Se la Norvegia vuole continuare a mantenere gli attuali livelli di produzione è indispensabile che aumenti le attività nell’Artico. D’altra parte la Norvegia, essendo una forte sostenitrice degli accordi legati al Protocollo di Kyoto e della riduzione a livello globale delle emissioni, si è mostrata in qualche modo riluttante a un amento delle attività nell’Artico. Il governo ha introdotto una tassa sulle emissioni di anidride carbonica nel 1991, ma comunque lo sviluppo delle attività nell’Artico è presente nelle politiche del governo. È però possibile affermare che un futuro sviluppo nell’Artico varierà da regione a regione, cosa che del resto è già successa: in alcune aree le preoccupazioni ambientale hanno trionfato (Lofoten e Vesteralen) mentre in altre ha predominato la massimizzazione del profitto (Hammerfest).

Danimarca/Groenlandia – Se il prezzo del petrolio dovesse tornare ai livelli di pochi anni fa

e se la Cina e l’India dovessero continuare la loro crescita con ritmi molto rapidi, uno dei probabili nuovi produttori di petrolio e di gas dall’Artico nei prossimi decenni sarà la Groenlandia. Il paese ricopre una vasta area e le perforazioni esplorative sul suo territorio sono iniziate in modo continuo da meno di una decina di anni. Nel 1992 il Geological Survey of Denmark and Greenland ha scoperto fuoriuscite di petrolio nel lato sudorientale della penisola del Nuussuaq e la compagnia Satoil ha raccolto informazioni utili durante le sue perforazioni di prova nel 2000 e ulteriori licenze sono state affidate dal 2002. Oggi molte compagnie petrolifere e del gas hanno iniziato dei dialoghi con la Groenlandia per poter iniziare delle attività di perforazione sul suo territorio. Ma le autorità della Groenlandia sono disposte a concedere licenze solo in cambio dell’accettazione di una clausola sugli sversamenti di petrolio da parte delle varie compagnie: ognuna di queste deve pagare in anticipo una cauzione per le operazioni di pulizia del mare e delle coste in caso di incidenti valutata intorno ai due miliardi di dollari.

67

3.4 Decisioni strategiche delle compagnie petrolifere internazionali: Artico vs