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La comunicazione di avvio del procedimento e la concezione sostanzialista della partecipazione

IL SOSTANZIALISMO DELLA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA E L’ATTIVITÁ DELLE PUBBLICHE

1. I principi generali del diritto amministrativo ed il ruolo del giudice amministrativo

2.2. L’art 21 octies: vizi di legittimità e vizi formali La prevalenza della sostanza sulla forma

2.2.2. La comunicazione di avvio del procedimento e la concezione sostanzialista della partecipazione

In base all’art. 7 della legge n. 241/1990 la pubblica amministrazione è obbligata a comunicare l’avvio del procedimento agli interessati nell’ottica di garantire la trasparenza dell’azione amministrativa e di consentirne la partecipazione in funzione ad un tempo difensiva e acquisitiva. Tale obbligo si deve considerare esistente anche in caso di esercizio di un’attività vincolata, perché la norma, nel prevedere i casi in cui può essere omessa la comunicazione, non menziona espressamente i provvedimenti vincolati.

Dal punto di vista patologico, l’omessa comunicazione di avvio del procedimento costituiva, nel vigore della l. n. 241/1990 ante riforma, una violazione di legge illegittima da cui scaturiva l’annullamento del provvedimento viziato. Parte della giurisprudenza amministrativa aveva, però, notevolmente indebolito l’obbligo di comunicazione di avvio, individuando una serie di eccezioni, anche non espressamente previste dal legislatore, e spesso non sanzionandone la violazione158.

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In ambito europeo, per forma s’intende tanto il procedimento di formazione dell’atto quanto i requisiti formali, tra cui ad esempio la motivazione. La giurisprudenza europea mantiene un approccio rigoroso e formalista, distinguendo tra l’obbligo di motivazione, considerato come forma sostanziale e la questione della sua fondatezza (ex multis CGUE 113/00). La violazione delle forme sostanziali è una figura tratta dal diritto francese, in particolare dal vizio di forma, uno dei quattro motivi, su cui si fonda il ricorso per eccesso di potere. Nell’ordinamento francese gli adempimenti formali o procedurali relativi ai diritto di difesa sono quelli più spesso ritenuti sostanziali che comportano sempre, secondo la giurisprudenza, l’annullamento dell’atto. Le formalità accessorie, cioè quelle che non incidono sulla decisione da assumere e sulle garanzie previste a favore dei destinatari, non sempre conducono all’annullamento dell’atto. Per un’analisi comparata dei regimi dei vizi formali si rinvia a CIVITARESE MATTEUCCI, La forma presa sul

serio, cit. 287-297.

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Ex multis, Cons. St. n. 999/1996; 363/1997; 1517/1999; 1398/2000; 4162/2000; Cons. St. n. 2823/2001 con commento di LUCIANI F., Commento alla sentenza del Consiglio di Stato. Sez. V,

22 maggio 2001, n. 2823, in Giorn. dir. amm., n. 12, 2001, 1248 ss.; 283/2001; 5628/2001;

5003/2002; Tar Campania n. 31/2003; Tar Veneto, n. 1454/2001 e più di recente Tar Sicilia n. 941/2005; Tar Lazio nn. 9804/2005, 12004/2005 e Cons. St. n. 3977/2005. secondo cui, peraltro, solo se il soggetto non avvisato sia in grado di dimostrare che la sua tempestiva partecipazione al procedimento gli avrebbe consentito di presentare osservazioni ed opposizioni, le quali avrebbero avuto la ragionevole possibilità di una incidenza causale sul provvedimento conclusivo, l’omissione della comunicazione di avvio comporta l’illegittimità dell’atto, cossichè l’obbligo non sussiste qualora, sul piano del merito e della legittimità, non vi sia utilità alcuna, per l’azione amministrativa che possa scaturire dalla comunicazione stessa. In molte pronunce, inoltre, si

Il legislatore di riforma del 2005, da un lato, rafforza l’obbligo di comunicazione di avvio perché ne arricchisce il contenuto e chiarisce che essa va fatta anche nei procedimenti a iniziativa di parte. Dall’altro lato, però, il legislatore riduce la portata garantista e partecipativa insita nell’obbligo, prevedendo all’art. 21 octies comma 2, seconda parte, che il provvedimento non può essere annullato per mancata comunicazione di avvio, se l’amministrazione dimostra in giudizio che il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello concretamente adottato.

Tale disposizione disciplina, dunque, le conseguenze dell’omissione della comunicazione di avvio del procedimento, regolata dall’art. 7, riferendosi peraltro, a differenza della prima parte del secondo comma, anche agli atti discrezionali.

In ossequio ad una visione sostanzialistica, la norma recepisce il principio di origine giurisprudenziale secondo cui l’omessa comunicazione dell’avvio esige, ai fini annullatori, la prova della rilevanza causale dell’apporto partecipativo del soggetto interessato sul contenuto del provvedimento finale. È rimesso, dunque, al giudice il compito di dover valutare ex post, secondo un giudizio di tipo sostanziale, se il destinatario dell’atto conclusivo, qualora fosse stato in grado di partecipare al procedimento che lo riguarda, avrebbe potuto influirvi a proprio vantaggio, introducendo utili elementi di fatto e di diritto.

Rispetto al pregresso orientamento della giurisprudenza, però, la norma inverte l’onere della prova, ora posto a carico della pubblica amministrazione, la quale deve dimostrare che, anche in caso di partecipazione del privato, non avrebbe potuto adottare un provvedimento dal contenuto diverso, tenuto conto degli elementi presi in considerazione nell’istruttoria.

Deve, quindi, escludersi la sussistenza della c.d. prova di resistenza da parte della p.a. di cui all’art. 21 octies, secondo comma, nel caso in cui la difesa dell’amministrazione sia basata su elementi ulteriori rispetto a quelli emersi in istruttoria perché, di fatto, impongono al giudice amministrativo di compiere delle valutazioni di merito, invece precluse, ed implicano un marcato squilibrio della posizione del cittadino nei confronti dell’amministrazione.

afferma la necessità della comunicazione di avvio in ipotesi di atti vincolati, si v. ex multis, Cons. St., 1238/1999; 2443/2000.

Dal combinato disposto dell’art. 7 e dell’art. 21 octies secondo comma, e dalla lettura sostanzialista del giudice amministrativo, sembra, dunque, emergere l’irrilevanza della violazione dell’obbligo di comunicare l’avvio e, di conseguenza, una dequotazione dell’obbligo legale a mero adempimento formale. Ciò implicherebbe in ultima istanza una degradazione del valore partecipativo, insito nell’art. 7, la cui utilità sarebbe rimessa in ultima analisi ad un giudizio sostanzialista del giudice amministrativo. La prospettiva sembra, dunque, quella di un diniego sostanziale di giustizia, mosso dall’intento di limitare la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi a particolari mezzi di impugnazione, volti esclusivamente a contestare l’essenza del potere autoritativo e non già, anche, la forma e le modalità della sua estrinsecazione.

Si ritiene, invece, che l’obbligo di cui all’art. 7 non tolleri interpretazioni restrittive, nemmeno nei procedimenti vincolati e che il riscontro della difformità tra l’atto amministrativo e le regole che ne disciplinano l’emanazione sia un dato sostanziale che non si può sacrificare a cuor leggero e non si deve trascurare nell’apprezzamento giudiziale sulla singola vicenda in contestazione.

SEZIONE TERZA

IL SOSTANZIALISMO E I CONTRATTI PUBBLICI

3. L’attività contrattuale della pubblica amministrazione fra pubblico e

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