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Il difetto di motivazione come «vizio di forma» e la prospettiva della «forma sostanziale»

IL SOSTANZIALISMO DELLA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA E L’ATTIVITÁ DELLE PUBBLICHE

1. I principi generali del diritto amministrativo ed il ruolo del giudice amministrativo

2.2. L’art 21 octies: vizi di legittimità e vizi formali La prevalenza della sostanza sulla forma

2.2.1. Il difetto di motivazione come «vizio di forma» e la prospettiva della «forma sostanziale»

La legge sul procedimento si preoccupa di rendere obbligatoria la motivazione del provvedimento, positivizzando un istituto già elaborato e applicato in via pretoria dal giudice amministrativo (art. 3 l. n. 241/1990) 152.

La pubblica amministrazione è, in particolare, obbligata a motivare ogni provvedimento amministrativo in modo espresso e a dar conto delle risultanze dell’istruttoria, ben potendo motivare in modo più o meno ampio a seconda del contesto, delle norme che disciplinano la materia, degli esiti della partecipazione degli interessati, del tipo di atto e del suo contenuto, discrezionale o vincolato.

Per i provvedimenti sostanzialmente vincolati l’assetto degli interessi è determinato direttamente dalle norme, per cui la pubblica amministrazione non ha margini di scelta e, di conseguenza, la motivazione si pone principalmente come giustificazione dell’esercizio del potere, nel senso di indicazione delle norme applicate e del rispetto dei presupposti ai quali le stesse ricollegano l’adozione del provvedimento.

In termini patologici, il difetto di motivazione, originariamente considerato un vizio di legittimità sostanziale, riconducibile all’eccesso di potere, rientra, a seguito della l. n. 241/1990, nel vizio della violazione di legge, ponendo, dunque, il problema dell’applicabilità e degli eventuali limiti di applicazione del regime d’invalidità dei vizi formali, previsto dall’attuale art. 21 octies, comma 2.

È evidente che la motivazione rappresenta un istituto che si colloca al confine fra regole normative e giurisprudenziali, fra procedimento e provvedimento, fra vizi formali e sostanziali. È, dunque, necessario, analizzare la giurisprudenza amministrativa per comprendere l’evoluzione dinamica dell’istituto e della sua funzione e per comprendere le diverse implicazioni giuridiche di un approccio formale o sostanziale al tema.

152

Sulla motivazione del provvedimento si v. GIANNINI M. S., Motivazione dell’atto

amministrativo, EdD,; CORREALE G., RTDP, 1982, 501; ID., Diritto amministrativo, Milano,

1993, p. 260 ss.; ROMANO TASSONE A., Motivazione dei provvedimenti amministrativi e

sindacato di legittimità, Milano, 1987; ID., Motivazione nel diritto amministrativo, in Dig. Disc. Pubbl., XIII, Torino, l 1997; CORSO G., Motivazione dell’atto amministrativo, in Enc. Dir., agg.

V, Milano 2001, 774 ss.; ROTIGLIANO R., La motivazione dei giudizi tra forma e sostanza della

funzione pubblica, in Foro amm., 2003, 3181 ss.; MONTEDORO G., Potere amministrativo, sindacato del giudice e difetto di motivazione, in www.giustizia-amministrativa.it

La giurisprudenza amministrativa ha oscillato, in particolare, tra una concezione formalista ed una sostanzialista della motivazione, a cui è legato un diverso tipo di controllo giurisdizionale sul provvedimento amministrativo.

Secondo la prospettiva formalista, la motivazione è esternazione dei motivi della decisione pubblica, quale garanzia fondamentale del corretto svolgimento del procedimento. Deve, inoltre, sempre essere espressa al momento dell’emanazione del provvedimento, senza possibilità di essere integrata successivamente o nel corso del giudizio di legittimità (il c.d. divieto d’integrazione postuma), per cui l’atto amministrativo oggetto dell’impugnazione deve essere esaminato alla stregua delle sole ragioni poste a sostegno ed in esso esplicitate. La concezione formalista della motivazione implica, dunque, una funzione prettamente garantista dell’istituto, un divieto di integrazione postuma e comporta, inoltre, un controllo di tipo formale del giudice amministrativo, chiamato a verificare l’esistenza dei motivi e, tramite essi, il corretto svolgimento del procedimento.

Il controllo del giudice si è talvolta rivelato eccessivamente formalista nel senso che un atto sostanzialmente illegittimo superava il vaglio del giudice, purché motivato. Ciò ha indotto una parte della giurisprudenza ad adottare una concezione sostanzialista della motivazione e del controllo sulla stessa, in base alla quale è necessario guardare non solo all’esternazione dei motivi della decisione pubblica, ma anche alla loro effettiva esistenza e sufficienza. In questa ottica si deve leggere ad esempio l’irrilevanza del difetto di motivazione riconosciuta in caso di provvedimenti vincolati, nei quali la motivazione seppur assente si evinca dal contenuto del provvedimento o fosse comunque aliunde ricostruibile (la motivazione c.d. per relationem) (ex multis Tar lombardia n. 838/2003).

Secondo un passaggio ulteriore della concezione sostanzialista sostenuto, invero da una giurisprudenza almeno inizialmente minoritaria, nel controllo sulla motivazione si deve guardare all’effettivo raggiungimento dello scopo e, in tal senso, se l’atto ha raggiunto l’obiettivo di soddisfare l’interesse sotteso alla norma che attribuisce il potere o l’interesse sostanziale avanzato dal ricorrente, la motivazione assume un ruolo secondario (il fenomeno che Giannini chiama della c.d. dequotazione della motivazione).

È in tale prospettiva sostanzialista che si deve leggere la considerazione del difetto di motivazione come vizio di forma riconducile alla nuova norma sull’irrilevanza dei vizi formali e procedimentali in termini d’invalidità (art. 21

octies comma 2). Tale disposizione sembra aver, dunque, rafforzato l’indirizzo

giurisprudenziale minoritario e dato copertura legislativa alla regola del raggiungimento dello scopo.

Nella maggior parte dei casi, infatti, il difetto di motivazione è stato considerato dalla giurisprudenza amministrativa un vizio formale, a cui risulta applicabile l’art. 21 octies comma 2, spettando, peraltro, al giudice la valutazione della prova che il contenuto non poteva essere diverso.

I giudici amministrativi rilevano l’applicabilità del regime dei vizi formali non invalidanti al difetto di motivazione, in alcuni casi, laddove il potere amministrativo oggetto di controversia abbia natura vincolata153, in altri casi, addirittura, a fronte di provvedimenti discrezionali154.

Alla concezione sostanzialista è, infine, associato il superamento del divieto di motivazione postuma, legato, invece, alla concezione formalistica. La giurisprudenza amministrativa sostanzialista ammette, infatti, che la motivazione, carente al momento dell’emanazione del provvedimento, possa essere integrata successivamente o anche in corso di giudizio155.

È evidente che la prospettiva sostanzialista del giudice, che oggi trova una base normativa e una consacrazione nell’art. 21 octies secondo comma, svaluta l’istituto della motivazione che da garanzia procedurale fondamentale per gli amministrati diviene una formalità non essenziale. Il difetto di motivazione viene dequotato da vizio di legittimità a mero vizio formale che non provoca necessariamente l’annullamento dell’atto viziato. In base all’art. 21 octies comma 2 e in base ad una parte della giurisprudenza amministrativa, la motivazione può, infatti, mancare nei provvedimenti vincolati o anche discrezionali, a patto che il

153

Ex multis, Cons. St., n. 6352/2005; Tar Abruzzo n. 132/2005; Tar veneto n. 2020/2005; Tar Sicilia n. 1561/2005; Tar Calabria n. 2253/2005.

154

Tar Campania n. 760/2005; Tar Sardegna n. 1170/2005¸ Tar Puglia n. 5760/2005 Tar Abruzzo n. 394/2005 e Tar Veneto n. 395/2005. In senso contrario Tar Piemonte n. 3296/2005 e in senso contrario ad una motivazione postuma anche dopo la riforma ddel 2005 Tar Lombardia n. 3501/2005

155

Tar Lombardia n. 743/1995, Tar Lazio n. 398/2002, Cons. St. 833/1997. In senso contrario ad una motivazione postuma anche dopo la riforma del 2005 si v. Tar Lombardia n. 3501/2005. Una parte della giurisprudenza esclude la possibilità della motivazione postuma della motivazione in caso di attività tecnico-discrezionale Cons. St., n. 6369/2005; Tar Umbria n. 258/2005

contenuto del provvedimento non sarebbe stato diverso, valutazione rimessa ex

post al giudice amministrativo mediante un controllo di tipo sostanziale.

infine, le prospettive future per rimediare all’attuale fase di dequotazione del vizio di motivazione, considerato vizio di forma che non conduce alle medesime conseguenze, in termini d’invalidità, di un vizio di legittimità.

La prospettiva sostanzialista così descritta non sembra da condividere, in quanto la motivazione è requisito formale, ma al tempo stesso essenziale del provvedimento amministrativo, per cui non può essere ridotta ad un mero formalismo. Si deve considerare, in particolare, che la motivazione non costituisce un mero adempimento procedimentale, ma un vero e proprio obbligo legale con una valenza sostanziale anche con riferimento ai provvedimenti vincolati, in quanto doverosa esternazione del fondamento giustificativo sotteso all’esercizio stesso del potere pubblico.

Si ritiene, dunque, di dover ripensare alla distinzione tra i vizi sostanziali e i vizi formali e, nella stessa categoria dei vizi formali, tra vizi delle forme essenziali e vizi delle forme non essenziali. Soltanto l’inclusione del difetto di motivazione tra i vizi sostanziali o meglio tra i vizi formali essenziali consente di rispettare la funzione garantista della motivazione e la ratio dell’art. 3 l. n. 241/1990, che peraltro non distingue tra provvedimenti discrezionali o vincolati ai fini dell’esclusione dell’obbligo di motivazione.

In definitiva, si dovrebbe considerare la motivazione come una forma sostanziale, necessaria per un controllo sul corretto svolgimento del procedimento e sul corretto uso del potere pubblico. Si dovrebbe, dunque, adottare una prospettiva formalistica con una concezione obiettiva della motivazione in base alla quale considerare sempre esistente un obbligo formale di esternazione dei motivi del provvedimento, con riferimento alla realtà effettivamente emersa e valutata nel procedimento156.

Una tale concezione risulterebbe, peraltro, in linea con l’ordinamento europeo che prevede l’obbligo di motivazione in riferimento agli atti

156

In tal senso TORCHIA L., Procedimento e processo dopo la legge n. 241/1990: tendenze e

problemi, in La trasparenza amministrativa a due anni dalla legge n. 241 del 1990, Atti del

amministrativi e normativi e consente di intraprendere l’azione di annullamento davanti alla Corte di giustizia per violazione di una delle “forme sostanziali”157.

2.2.2. La comunicazione di avvio del procedimento e la concezione

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