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1. I MUSEI D’IMPRESA

1.4 I MUSEI D’IMPRESA COME STRUMENTO DI MARKETING

1.4.1 COMUNICAZIONE ESTERNA

L’istituzione di un museo aziendale corrisponde alla necessità dell’azienda di comunicare la sua storia e i suoi valori all’esterno, si può quindi affermare che un museo d’impresa rappresenti uno strumento di marketing da affiancare alle leve del marketing tradizionale. Come affermato da Alberto Meomartini, presidente di Museimpresa, all’interno di questi musei vengono “elaborate nuove strategie di marketing che

indirizzano l’azienda verso percorsi innovativi di sviluppo” (Nastro, 2003). Inizialmente i

musei d’impresa erano visti come un semplice strumento per ricostruire la storia aziendale e renderla tangibile al proprio pubblico di riferimento, solo in un secondo momento il loro focus è cambiato, diventando più strategicamente orientati trasformandosi da una semplice esposizione d’oggetti passiva ad un’estensione delle strategie di marketing a disposizione del management. Questo cambiamento è influenzato dal fatto che il marketing sta concentrando la sua attenzione sempre più sul consumatore che sul prodotto, spingendo la Corporate Communcation al rafforzamento dell’immagine aziendale con il fine di acquisire un consenso più vasto. In quest’ottica il museo, con la sua tradizione secolare e la sua autorevolezza, appare come lo strumento più adatto per rafforzare il proprio capitale relazionale e narrare la propria storia ai diversi stakeholder (Montella, 2010) tra i quali troviamo: clienti, fornitori, collaboratori, finanziatori (banche e azionisti), gruppi di interesse esterni come i residenti delle aree limitrofe o gruppi di interesse locale. Risulta quindi fondamentale un coordinamento tra il museo aziendale e gli strumenti di comunicazione dell’impresa, affinché il messaggio propagato dall’istituto museale e l’identità aziendale siano coerenti. Quando il museo aziendale viene

riconosciuto come uno strumento di marketing e più precisamente come mezzo aggiuntivo di comunicazione, l’impresa vuole (Bulegato, 2008; Gilodi, 2002):

o differenziare gli strumenti di comunicazione rispetto ai competitors; o raggiungere specifici segmenti di pubblico;

o informare l’opinione pubblica sulla sua storia e sullo sviluppo delle sue attività aumentandone la legittimazione a livello sociale.

In particolare, i musei aziendali assumono sempre più importanza strategica nella gestione aziendale perché portatori di un plusvalore. Il museo d’impresa può essere un ottimo mezzo di comunicazione istituzionale o di pubbliche relazioni perché (Gilodi, 2002):

o l’attenzione è catalizzata sull’impresa, i suoi valori e suoi meriti e la relativa responsabilità sociale;

o il focus è sulla corporate identity, sull’impresa come istituzione e non sul prodotto; o l’obiettivo è accreditare l’impresa nell’ambiente in cui agisce e raggiungere un

consenso maggiore creando un contesto favorevole; o il target è più ampio.

Con il museo d’impresa si innesca un flusso comunicativo dall’impresa ai visitatori, avviando un meccanismo simile a quello che si verifica con una sponsorizzazione culturale. Il museo aziendale permette di incrementare un’attività culturale strettamente collegata al core business aziendale, generando così un maggiore valore aggiunto. Sulla base del modello ideato da Kotler nel 1993, l’impresa e lo staff museale svolgono la funzione di emittente, mentre il ruolo del ricevente è coperto dal visitatore reale e virtuale, ma anche dall’audience indiretta che comprende tutti i pubblici di riferimento dell’impresa. Il museo si propone come canale-atmosfera, ovvero come ambiente orientato a generare nel visitatore la disponibilità a ricevere un determinato messaggio (Gilodi, 2002). Il museo, quindi, è il medium che aiuta a formare nella mente del visitatore una percezione positiva dell’impresa, che ha come ultimo effetto la fidelizzazione nel lungo periodo (D’Arrò, 2015; Montella, 2010). Il motivo per cui la comunicazione risulta così efficace all’interno di un museo aziendale è dovuto al fatto che in questo ambito, i processi di codifica e decodifica dei messaggi avvengono in condizioni di minimo rumore. Inoltre, il visitatore abbassando le sue barriere critiche grazie ad un coinvolgimento emozionale, si dispone di uno stato d’animo favorevole alla ricezione, ponendo maggiore

interesse ai materiali esposti e per i messaggi ad essi legati. Questo facilita il processo di ricezione e la formazione di un ricordo durevole che accresce la brand loyalty comportamentale e mentale in una prospettiva di life time value (Montella, 2010). La comunicazione veicolata dal museo attraverso l’utilizzo di testi, metatesti e codici plurisensoriali (visivi, tattili, sonori) si struttura per metalivelli, il primo rappresentato dal museo e le sue attività e il secondo riguarda l’identità e i meriti dell’azienda di riferimento. Il visitatore identifica l’impresa all’interno del suo contesto economico- sociale, riesce a distinguerla dai competitors e generare un’opinione positiva nei confronti dell’azienda avvertendo per molto tempo nei suoi confronti un richiamo emozionale e simbolico (Montella, 2010; Gilodi, 2002). Per questo risultano molto importanti la progettazione dello spazio espositivo e il suo allestimento, ma anche e soprattutto l’architettura, perché attraverso di essi si comunica l’identità aziendale e devono trasmettere la stessa idea di qualità tipica dei prodotti dell’impresa. Attraverso essi si favorisce nel pubblico la nascita di associazioni mentali che rimandano e alludano all’impresa, infatti “ogni elemento dello spazio espositivo, funge da cassa di risonanza

cognitiva dell’immagine, dell’identità e della cultura aziendale” (D’Arrò, 2015, p.77) poiché,

come sosteneva Paul Watzlawick, è impossibile non comunicare, ogni comportamento in un contesto di interazione tra persone è ipso facto un modo di comunicare, ciò vale anche per le imprese e in particolare per i musei d’impresa e i loro visitatori (D’Arrò, 2015). Tutto questo va anche a favore del rafforzamento del brand ed è per questo motivo che gran parte dei musei aziendali si trova all’interno degli stabilimenti produttivi, o nelle loro immediate vicinanze e assumono il nome dell’azienda o del loro prodotto più importante. Inoltre, il servizio di merchandising si trova quasi sempre alla fine del percorso, svolgendo in questo modo una funzione a favore della corporate identity, fornendo oggetti che danno un valore aggiunto di unicità, souvenirs, non reperibili altrove (Montella, 2010).

Il museo d’impresa ha quindi un forte potenziale comunicativo, perché al suo interno le fonti di rumore di natura percettiva che alterano la ricezione del messaggio sono minimizzate. Infatti, dato che il visitatore avrà un interesse per quanto esposto cercherà di comprendere tutte le informazioni possibili, in questo modo si limita il problema relativo all’attenzione selettiva. Ciononostante, si potrebbe incorrere in un’intensa distorsione selettiva, causata dalle esperienze pregresse e dalle informazioni reperite prima della visita, il gap potrebbe però volgere a favore dell’impresa. Infatti, il visitatore avrà come aspettativa quella di visitare il solito museo statico, invece si troverà immerso

in una dimensione completamente diversa per i contenuti trattati e per la possibilità di apprendimento di accrescimento della curiosità e dell’attenzione, attivando così una dissonanza cognitiva. In aggiunta, il museo d’impresa sembra essere uno strumento molto utile per combattere il ricordo selettivo grazie all’efficacia del richiamo emozionale: durante la visita, il fruitore impara nozioni tecniche e storiche, che grazie all’impressione (positiva o negativa) rimarranno nella memoria a lungo termine, in più l’estetica degli oggetti, il loro valore e fascino, l’ambiente e l’esclusività andranno a colpire ed interessare la sfera emozionale, favorendo la nascita di un ricordo che si sposterà nella memoria a lungo termine (Gilodi, 2002).

Con il museo aziendale si possono ottenere, secondo il modello proposto da Lambin, una risposta conoscitiva che deriva dal mantenimento o creazione di notorietà nel target di riferimento e una risposta affettiva, che corrisponde al fine primario della comunicazione istituzionale. In quest’ultimo caso conta molto la comunicazione implicita inerente ad ogni oggetto della collezione e alla loro collocazione nel contesto dell’impresa e nello spazio circostante visto come elemento fondamentale del museo. La risposta affettiva risulta essere facilmente perseguibile perché l’azienda, condividendo lo stesso sistema di valori del consumatore, dovrebbe riuscire a persuaderlo e ottenere un atteggiamento favorevole (Gilodi, 2002).

I musei aziendali hanno pari efficacia comunicativa degli altri strumenti di comunicazione, perché sfuggono alle barriere erette dal pubblico nei confronti della pubblicità ed attraggono più facilmente l’attenzione dei consumatori. Inoltre, hanno anche una grande efficacia psico-sociologica, ovvero creano un cambiamento positivo nell’opinione e atteggiamento dei consumatori nei confronti dell’azienda, grazie anche al fatto che, al contrario di una sponsorizzazione, i musei d’impresa durano nel tempo e non c’è il rischio di avere poca visibilità, perché all’interno di essi ci sono continui rimandi all’impresa e alle sue attività. Infine, il museo aziendale, incide anche sull’efficacia comportamentale nel lungo termine, dato che l’atteggiamento positivo che si suscita attraverso il museo potrebbe predisporre all’acquisto. In realtà il museo non opera direttamente sui comportamenti d’acquisto, ma svolge più un ruolo “filtro”: il suo obiettivo, puntando sulla valorizzazione del marchio, è quello di dare vita a dei ritorni qualitativi generati dalla percezione che il consumatore ha dell’azienda, se questa è positiva o viene influenzata positivamente dal museo, il comportamento del consumatore ne verrà influenzato a lungo andare. L’investimento in cultura da parte delle aziende

funziona come da “fluidificatore commerciale”, ovvero incide sulle relazioni e sul consenso nei confronti dell’impresa, emerge così una maggiore propensione all’acquisto nelle imprese che hanno istituito un museo. Ciononostante, il fine economico- commerciale in un museo d’impresa risulta essere sempre secondario rispetto ai ritorni qualitativi. Anzi, il raggiungimento di ritorni economici è un obiettivo ulteriore non previsto nella fase iniziale di pianificazione (Gilodi, 2002). Gli obiettivi qualitativi che un’azienda si prefigge di raggiungere con un museo aziendale sono:

o obiettivi sociali: raccontare i nuovi valori ambientali che l’impresa ha contribuito

ad affermare, dare visibilità al fatto che l’impresa sia una componente fondamentale della comunità e dimostrare ai suoi pubblici di avere una mission della quale il museo risulta essere l’emblema;

o obiettivo di differenziazione: con il museo d’impresa si potenzia ulteriormente la

differenziazione che l’azienda ha conquistato nel mercato, infatti un museo d’impresa è il risultato di un’attività economica di successo ed è uno strumento esclusivo solo per le imprese che possiedono un posizionamento in linea con un investimento culturale di questo genere;

o obiettivi di immagine: l’immagine e l’identità sono la rappresentazione delle

peculiarità aziendali, delle scelte operate e di come queste vengano comunicate definendo l’idea che i clienti hanno dell’impresa, frutto delle esperienze e opinioni che nascono nei suoi confronti. Quindi il museo d’impresa diventa portatore di immagine (Amari, 2001, pp. 81-89), presentandosi come luogo nel quale il consumatore trova un riassunto dell’attività passata dell’azienda e le sue radici, ma anche uno spaccato dell’azienda presente e futura, “diviene la risorsa tangibile delle

risorse immateriali racchiuse nell’immagine” (Gilodi, 2002, p.15) dell’azienda.

Concludendo questo paragrafo sulla comunicazione verso l’esterno è necessario soffermarsi sugli effetti indiretti che il museo provoca nei confronti dell’azienda. Trattandosi di un’entità a sé stante, la promozione delle attività culturali tramite i mass media e social network, le esposizioni temporanee, il passaparola che queste comportano, hanno tutte delle ricadute positive in termini di immagini nei confronti dell’azienda. Il messaggio trasmesso non riguarderà solo il museo, bensì anche l’impresa.