1. Il mito del giudeo-bolscevismo: pro et contra
1.6. Comunicazione tra contesto russo ed europeo
Il materiale antisemita analizzato fin qui appare di ancora maggiore importanza se si considera che trovava diffusione ben oltre i confini del solo ambiente della diaspora. Gli studiosi che si sono occupati della questione concordano nel ritenere fondamentale l’apporto dei russi bianchi alla costruzione e diffusione in ambito occidentale del mito del giudeo- bolscevismo. Gli avvenimenti rivoluzionari, infatti, avevano accreditato gli emigrati russi quali testimoni per eccellenza del complotto ebraico mondiale. Inoltre, i rivolgimenti della guerra civile e l’esilio avevano innescato nuovi incontri e favorito nuove collaborazioni. Leon Poljakov, nella sua storia dell’antisemitismo, sottolinea con forza le origini russe del mito e sostiene che “le favole inventate nei laboratori di Rostov o di Kiev allarmarono tutti i popoli della terra affermando l’esistenza di una cospirazione mondiale degli ebrei”.221
L’autore inoltre riporta una serie di esempi di contatti tra l’emigrazione russa e gruppi politici dei paesi ‘ospitanti’.222 All’influenza esercitata da alcuni emigrati russi di destra sull’ideologia
del nazional-socialismo è dedicata buona parte del libro di Laqueur sulle relazioni russo- tedesche.223 L’inaccessibilità delle fonti causata dalla guerra fredda avevano però limitato il
quadro a disposizione di Laqueur, spingendo un altro studioso, M. Kellogg, a ritornare sul tema e dedicarvi un’intera monografia. Riprendendo e approfondendo gli studi precedenti, Kellogg sostiene che “Hitler only began to crystallize his virulent anti-Bolshevik, anti-Semitic
Weltanschauung in Munich in late 1919 in the context of intercultural collaboration between
alienated völkisch Germans and radical White émigrés”.224
Budnickij, tuttavia, ritiene esagerata l’importanza attribuita all’influenza russa, ed esprime il timore che un tale approccio possa condurre a tesi revisioniste del genere di quelle sostenute da E. Nolte:
В конечном счёте представление о том, что обвинение евреев в причастности к большевизму (точнее, в неразрывной связи еврейства с большевизмом) привело к уничтожению европейского еврейства в годы Второй мировой войны, является не более чем вариацией на тему о нацизме как “ответе„ на большевизм.225
221 L. Poljakov, op. cit., p. 212.
222 A questo proposito si vedano le pagine dedicate agli anni della guerra e delle rivoluzioni da L. Poljakov, op.
cit., pp. 193 e ss.
223 W. Laqueur, op. cit., p. 16, in cui afferma l’autore: “If Hitler did not need the Russian right-wing émigrés to
confirm his general Weltanschauung, on two specific issues they had an influence on Nazi doctrine – the idea of a giant conspiracy, and in particular the “real forces” behind the Russian revolution”.
224 M. Kellogg, op.cit., p. 4.
Ad ogni modo, che le influenze russe sull’ideologia nazista si ritengano o meno determinanti, è indiscutibile che una ‘contaminazione ideologica’ in questo senso sia avvenuta. Le fonti da noi analizzate confermano sostanzialmente questo quadro, arricchendolo di nuovi esempi. Il processo di propagazione del mito giudeo-bolscevico da parte della destra russa aveva assunto proporzioni massicce durante la guerra civile, quando era stato propagandato presso gli stranieri in missione in Russia. Un’interessante testimonianza a questo proposito è quella di Lev Isaevič Šejnis, pubblicata su Evrejskaja tribuna quale prima parte di un ciclo di memorie riguardante la sua permanenza in Estremo Oriente.226 L’autore, infatti, medico e
letterato residente in Francia fin dagli inizi del secolo, durante la Prima guerra mondiale era stato inviato in missione prima a Pietrogrado, poi a Vladivostok.227 Nelle sue memorie si
narrava come, durante il viaggio dall’Europa alla Siberia, che a quel tempo si doveva compiere attraverso America e Giappone, all’autore era spesso occorso di assistere a episodi di “propagazione dell’antisemitismo tra gli stranieri”, come li definiva nel titolo dell’intervento. Secondo la sua testimonianza, infatti, accadeva che sedicenti ‘esperti’ russi avvicinassero le missioni straniere, offrendo spiegazioni degli avvenimenti di chiara impronta antisemita: И вот уже в Нью-Йорке мне пришлось натолкнуться на характерный факт: один из моих товарищей по миссии, француз, получил от проживающего там русского подпоручика пространную докладную записку на английском языке с предложением своих услуг для работы в миссии. К записке был приложен список большевистских “властей„ (officials) с указанием национальности каждого из них, при чем автор “с огорчением„ («Y am sorry to say» [sic! mgr]) констатировал, что среди переименованных в этом списке лиц имеется только один русский – Ленин и один немец – фон Шульце, а все остальные евреи (к слову сказать, к главарям большевизма слабо осведомлённый автор записки причислил Мартова и Аксельрода, при чем Аксельрод оказывался псевдонимом (cower [sic! mgr] name) Л. Ортодокс фигурировавшей под графой: real name!
Таким образом уже по пути в Сибирь я столкнулся с явлением, которое в последствии пришлось наблюдать довольно часто – я говорю о попытках прививки специфически отечественного антисемитизма находившимся в России иностранным офицерам.228
Secondo Šejnis, l’operazione andava solitamente a buon fine, incontrando resistenza solo tra gli americani.
Del resto, il caso del giornalista Robert Wilton, di cui abbiamo già parlato in questo capitolo in connessione allo zaricidio, conferma pienamente l’idea che gli stranieri fossero esposti a una forte propaganda antisemita (a volte semplicemente perché i contatti che avevano
226 L. Šejnis, “Iz Dal’ne-Vostočnych vospominanij. I. Nasaždenie antisemitizma sredi inostrancev”, Evrejkaja
tribuna, n. 162, 1923 (4 maggio), pp. 4-5: 4.
227 Cfr. Rossijskoe zarubež’e vo Francii, cit..
228 Ivi. Si fa probabilmente riferimento al rapporto intitolato Bolshevism and Judaism che L. Poljakov attribuisce
appartenevano all’entourage zarista, senza dubbio quello in cui aveva maggior diffusione l’idea della rivoluzione come complotto ebraico) e se ne facessero a loro volta propagandisti. Nel 1918, Wilton pubblicava un libro dal titolo Russia’s agony, nella cui prefazione scriveva:
Bolshevism is not Russian – it is essentially non-national; its leaders belong almost entirely to the race that lost its country and its nationhood long ago. In April, 1918, the Bolshevist “Government”, including 384 “People’s Commissaries” was represented by 2 negroes, 13 Russians, 15 Chinamen, 22 Armenians and Georgians, and more than 300 Jews. Of the last 264 had come to Russia from the United States during the “Revolution”. Let us awaken to the full significance of this phenomenon. Let us, before all, make reparation to the race that gave us our religion, the very basis of our civilization; let us restore the Jews to their country and to their nationhood. It will be but an act of sacred Justice; it will also be a means of social salvation.229
È difficile credere che l’entusiasmo mostrato da Wilton per il sionismo fosse di natura altruistica. Ad ogni modo, quel che presenta un significativo interesse nel nostro contesto è la propagazione del mito del giudeo-bolscevismo attraverso i canali del movimento ‘bianco’ russo. Chi meglio dei russi stessi poteva sapere chi fosse il colpevole della loro rivoluzione? Alcune idee del monarchismo russo si diffondevano anche in Europa e questa comunicazione costituisce un momento interessante non solo per la comprensione dei cambiamenti ideologici suscitati dalla rivoluzione, ma anche per l’indagine dei contatti e degli scambi tra diaspora e contesto occidentale.230
L’idea dell’ebraismo come elemento sovversivo di per sé non era nuova, ma la variante che riguarda il bolscevismo – centrale nei discorsi antisemiti dell’epoca – sembrava spesso diffusa proprio dall’emigrazione russa. Vi erano casi, infatti, in cui proprio i monarchici venivano coinvolti come interlocutori su questo argomento in Europa, e i risultati, in tale evenienza, non potevano che andare nella direzione di uno sviluppo dell’antisemitismo. Un articolo pubblicato su Evrejskaja tribuna, ad esempio, raccontava di una riunione dell’associazione francese Les amitiés franco-russes, che, al fine di portare avanti concretamente la sua missione, aveva deciso di coinvolgere alcuni rappresentanti dell’emigrazione russa.231 Per
229 R. Wilton, Russia’s agony, New York, Longmans, Green & Co.; London, E. Arnold, 1918, p. ix. Disponibile
online all’indirizzo http://openlibrary.org/books/OL6608140M/Russia%27s_agony (consultato il 5 dicembre 2013).
230 Nel caso americano, ad esempio, è noto come il gruppo monarchico russo, sebbene poco numeroso,
disponesse grazie al sostegno di Ford di cospicui fondi. A parere di Miljukov, sulla base delle impressioni da lui riportate dal viaggio in America, se da un punto di vista strettamente politico i monarchici russi non godevano di larga influenza, la loro campagna antisemita sarebbe invece stata piuttosto fortunata. Cfr. il resoconto del viaggio americano di Miljukov riportato in Protokoly zagraničnych grupp konstitucionno-demokratičeskoj partii. 1922
g., (t. 6, kn. I), Moskva, ROSSPEN, 1999, p. 72. Sempre di Miljukov, a proposito dell’ebraismo ameri cano, cfr.
anche “Iz amerikanskich vpečatlenij”, Evrejskaja tribuna, n. 114 1922 (3 marzo), pp. 1-2. Per quanto riguarda l’‘impegno antisemita’ di Ford si veda A. Gerrits, op. cit., p. 17.
231 Jak. Borisov, “Ljudi iz Sojuza Russkogo Naroda”, Evrejskaja tribuna, n.72, 1921 (14 maggio), pp. 11-12: 11.
A proposito di questa associazione cfr. R. Schor, “Solidarité chrétienne? Orthodoxes russes et catholiques français dans les années 1920”, Cahiers de la Mediterranée, n. 68 (disponibile online: http://cdlm.revues.org/index18.html): “A l’échelle nationale s’était formée, dès 1920, une œuvre officiellement
logiche all’autore dell’articolo sconosciute, l’associazione aveva finito per legarsi ad alcuni personaggi dell’estrema destra, tra cui tale Ganskij,232 che pare fosse considerato l’esperto di
ebraismo russo dei circoli di Action francaise e La vieille France. Esordendo con una citazione dei Protocolli, Ganskij aveva finito per sostenere davanti al pubblico francese tutte le tesi più trite del bolscevismo come lotta del pentagramma contro il cristianesimo.
Nelle rassegne stampa pubblicate su Evrejskaja tribuna veniva seguita anche la stampa europea. Se in quella inglese erano clamorosi i casi del Morning post e del Times, piuttosto attivi nella diffusione del ‘verbo’ in questione, sulla stampa francese, stando alle rassegne della rivista russo-ebraica, la questione ebraica trovava scarsa risonanza. Ciononostante si rilevava come le rare notizie a proposito degli ebrei russi fossero spesso di natura tendenziosa, poiché, appunto, gli autori si procuravano le informazioni tra i circoli di destra.233
Un ulteriore esempio significativo di come spesso corrispondenti stranieri subissero l’influenza delle leggende antisemite della destra russa, contribuendo poi a diffonderle presso il pubblico europeo e americano, è rappresentato dal libro di Lucien Juvin La République
juive des soviets: deux années en Russie (1919-1921) (“La repubblica ebraica dei Soviet: due
anni in Russia”).234 L’autore era uno di quegli stranieri che avevano assistito alla guerra civile
dalla parte dei Bianchi, facendone propria, evidentemente, l’interpretazione della rivoluzione. Non a caso, infatti, il recensore del libro su Novoe vremja lo definiva come la prima “descrizione obiettiva della rivoluzione russa” in lingua francese.235 Era infatti convinzione di
Juvin che gli esponenti bolscevichi altro non fossero che strumenti di un’organizzazione internazionale tesa alla costruzione di uno stato internazionale ebraico.236 In accordo con le
principali tesi di Novoe vremja che già abbiamo visto, Juvin riteneva che solo grazie al
laïque, en fait inspirée par les catholiques, Les Amitiés franco-russes, dirigées par le général Pau, responsable de la Croix-Rouge française, le sénateur Noulens, ancien ambassadeur à Saint-Petersourg, le prince Louis de Broglie, le chanoine Beaupin”. A proposito dell’antisemitismo nei giornali francesi, cfr. anche Ben-Jakov, “Na slučajnye temy”, Evrejskaja tribuna, n. 56, 1921 (21 gennaio), p. 7.
232 Petr Pavlovič Ganskij, artista originario di una famiglia aristocratica di Odessa, stabilitosi definitivamente in
Francia in seguito alla rivoluzione, dove aveva finito per vestire l’abito talare (cfr. Rossijskoe zarubež’e vo
Francii, cit.).
233 “Obzor pečati”, Evrejskaja tribuna, n. 1, 1920 (27 febbraio), p. 10, dove si nota anche: “[…] Информация
французской печати о русском еврействе касается главным образом, деятельности евреев-большевиков, как если бы этим исчерпывалась жизнь семи миллионов евреев бывшей Российской империи. Не изменили этого положения все учащающиеся вести о страшных антиеврейских погромах на Юге России. Вместо энергичных протестов против этого нового взрыва варварства, можно часто встретить в печати яростные обвинения против жертв погромов. Погромы, конечно, прямо не оправдывались, их старались только «понять», но понять обыкновенно значит простить, и у читателей оставалось впечатление что им хотели внушить, будто нынешние погромы, несмотря на весь их ужас, более или менее простительны.
234 L. Juvin, La République juive des soviets: deux années en Russie (1919-1921), Nantes, Imp. de P. Chaillous,
1922. Per il contenuto del libro mi rifaccio alla recensione di B. Jur’evskij, “Evrejskaja respublika sovetov”,
Novoe vremja, n. 472, 1922 (19 novembre).
235 B. Jur’evskij, “Evrejskaja respublika sovetov”, cit.. 236 Ivi.
supporto di questa cricca internazionale (e in particolare della plutocrazia ebraica, capeggiata dai Rotschild) il potere bolscevico avesse potuto resistere. Il silenzio dei mezzi d’informazione, del resto, testimoniava come anche questi fossero completamente nelle mani degli ebrei. L’unico modo per scongiurare il pericolo bolscevico in Europa sarebbe stato dunque lottare con l’ebraismo internazionale.
Se le fonti russe di destra erano spesso utilizzate dalla stampa inglese e francese, nel caso tedesco si assisteva a una vera e propria collaborazione tra gruppi monarchici. Ne dava notizia anche Evrejskaja tribuna, seguendo le attività del gruppo monarchico russo in Baviera:
[…] обосновавшаяся в Германии и, главным образом в Баварии, наиболее активная группа русских монархистов обращает сейчас сугубое внимание на обработку немецких консервативных кругов в духе антисемитизма. Эту работу им легко вести благодаря недостаточной осведомлённости немецкой публики в русском вопросе и недостаточности проверки преподносимых антисемитами сведений.237
È importante notare come questo tipo di comunicazione creasse un circuito chiuso che offriva vantaggi a entrambe le parti in termini di ‘autorevolezza’: gli occidentali attingevano a fonti russe considerate affidabili perché di prima mano, ma anche gli antisemiti russi, a loro volta, trovavano ulteriore legittimazione alle loro posizioni grazie al rimando alle fonti straniere.