2. I dibattiti: la prima metà degli anni Venti
2.4. Kto oni i kak byt’? di E Kuskova: l’antisemitismo in URSS e l’emigrazione (1922)
Sempre nel 1922 si incontra sulle pagine della stampa russa émigré un’altra discussione sull’antisemitismo, questa volta riguardo alla situazione in patria. Come emergeva anche dal discorso di Gippius, infatti, notizie di un aumento esponenziale dell’antisemitismo in Russia giungevano da più parti, in particolare da coloro che avevano lasciato il paese da poco. Questo genere di scenari suscitavano la curiosità dell’emigrazione e una forte preoccupazione della sua componente ebraica. Prima di passare al dibattito sulla stampa, è utile dunque soffermarsi su un episodio che emerge dai protocolli delle riunioni del gruppo parigino del partito cadetto, che mostra come gli avvenimenti della guerra civile avessero reso l’intelligencija russo-ebraica particolarmente sensibile a queste notizie, suscitando la paura che il fenomeno si estendesse anche all’emigrazione. In questa parte, infatti, più che sul fenomeno sovietico stesso – che esula dal presente studio – ci concentreremo sull’effetto che le notizie russe avevano sull’emigrazione e sulle relazioni tra le sue componenti, nonché sull’uso strumentale che di tale notizie veniva fatto da parte della destra.
La questione dell’antisemitismo in Unione Sovietica era stata affrontata in occasione della partecipazione di E. Kuskova e S.N. Prokopovič alla riunione dei cadetti parigini nel luglio del 1922361 e precede dunque anche cronologicamente il dibattito sulla stampa. In
quest’occasione era stato il membro del gruppo P. Ryss a domandare delucidazioni ai due ospiti, che da poco avevano lasciato la Russia. Come sosterrà anche negli articoli successivi, Kuskova rispondeva che l’antisemitismo aveva raggiunto in Russia proporzioni impressionanti, tanto che i bolscevichi avevano cominciato ad allontanare gli ebrei dalle funzioni maggiormente esposte al pubblico. Prokopovič invece ricordava la questione del vilipendio delle chiese, che aveva acuito tra la popolazione la lettura del bolscevismo quale fenomeno anti-cristiano. Entrambi erano dunque inclini a sostenere la necessità di un’attiva lotta da parte degli ebrei contro questi umori, nella forma di una dissociazione dal bolscevismo. Non tutti condividevano questa posizione. Ai fini del nostro discorso, riveste un particolare interesse l’intervento in tale occasione della cadetta M.A. Ryss, che ben esplicitava i sentimenti degli ebrei liberali a proposito delle notizie di una diffusione dell’antisemitismo
361 Protokoly zagraničnych grupp konstitucionno-demokratičeskoj partii. 1922 g., (t. 6, kn. I), Moskva,
anche a sinistra. La Ryss faceva riferimento alle posizioni del socialista rivoluzionario S.S. Maslov, il cui resoconto sull’incremento dell’antisemitismo, offerto nel suo libro sulla Russia sovietica, era particolarmente noto. Scriveva Maslov:
Юдофобство – одна из самых резких черт на лице современной России. Может быть, она даже самая резкая. Юдофобство везде: на севере, на юге, на востоке, на западе. От него не гарантирует ни уровень умственного развития, ни партийная принадлежность, ни племя, ни возраст... Я не знаю, гарантирует ли от него даже высота общего морального облика современного русского человека. Даже принадлежность к еврейству не страхует от него. 362
Quel che preoccupava M. Ryss erano le generalizzazioni che le pareva cogliere anche dietro ai discorsi di intellettuali radicali di sinistra, che potevano portare, come nel caso di Maslov, a trarre conseguenze pericolose. Egli, infatti, in un intervento davanti al gruppo cadetto, “aveva annoverato tra i fenomeni positivi della nuova vita russa anche l’antisemitismo, poiché, a suo parere, la crescita della dignità nazionale del popolo russo passava, tra le altre cose, anche per questo fenomeno”.363
Miljukov, che presiedeva l’assemblea, non sembrava nutrire dubbi sul fatto che al loro
entourage tali posizioni fossero del tutto estranee. L’atmosfera generale, tuttavia, non era
rassicurante. Così, alla proposta di Kuskova di portare avanti la lotta contro l’antisemitismo sia da parte russa che da parte ebraica – che, a suo parere, non dimostrava tatto politico sufficiente a questo riguardo –, P. Ryss ribatteva che tale approccio gli ricordava quello di una riunione del partito cadetto a Char’kov del 1919, terminata con l’approvazione di una risoluzione sulla questione ebraica assai discutibile. Intendendo condannare i pogrom ebraici avvenuti in quel periodo, la riunione aveva finito per esigere che gli “elementi sani dell’ebraismo” condannassero i loro bolscevichi:
Сознательные и руководящие круги еврейства должны объявить беспощадную войну тем элементам еврейства, которые, активно участвуя в большевистском движении, творят преступное, зло дело. Совещание выражает надежду, что те здоровые течения в русском еврействе, которые стремятся вместе со всеми русскими гражданами принять участие в освобождении России от большевиков, будут деятельно поддержаны широкими кругами еврейского населения. Русское еврейство должно понять, что вне безусловного и безоговорочного признания и поддержки национальной диктатуры и добровольческой армии, воссоздающих русскую государственность, нет спасения и что только твёрдый правопорядок, который стремится установить национальная власть, обеспечить надёжную защиту всем гражданам без различия национальности и веры.364
362 S.S. Maslov, Rossija posle četyrech let revoljucii, Paris, 1922, t. 2, p. 37 e ss. Il brano che contiene questa
citazione è disponibile anche online: http://www.angelfire.com/nt/oboguev/images/rosevr.htm (consultato il 16 novembre 2013).
363 Protokoly zagraničnych grupp konstitucionno-demokratičeskoj partii. 1922 g., cit., pp. 294-5.
364 La risoluzione era stata ristampata su Evrejskaja tribuna, n. 5-6 (6 febbraio 1920). Disponibile anche in
La condanna dei pogrom era dunque stata a dir poco ambigua: se da una parte la colpa veniva attribuita al clima di violenza e di decadimento morale instaurato dai bolscevichi, dall’altra veniva fatta ricadere indirettamente sulle vittime stesse, avallando di fatto l’idea che proprio gli ebrei costituissero il ‘nocciolo’ del bolscevismo e rafforzando l’idea del loro carattere anti- statale e anti-nazionale.
Dato questo precedente, anche la proposta di Kuskova del 1922 sembrava assumere il significato di una lotta ‘separata’ degli ebrei con gli ebrei bolscevichi. Oltre a P.J. Ryss, anche I.S. Šneerson aveva letto in questi termini la proposta di Kuskova, e comparava questo approccio a quello vigente in epoca zarista, ricordando i motivi celati dietro alle richieste che gli ebrei ‘prendessero le distanze’ dai bolscevichi.
Al contrario di quel che era successo a Char’kov, questa volta l’intervento di Miljukov bocciava la proposta con questa spiegazione:
Оно [la proposta di Kusokva, mgr] вызывает, с одной стороны, конфузливые объяснения и как бы извинения, а с другой – чувство негодования, и понятно, почему. Это предложение исходит как бы из двух предпосылок: 1) из принятия теории, что все евреи совершили революцию и за неё ответственны (ясно, что сама Е.Д. Кускова так не думает), но это – черносотенная теория, и здесь есть как бы условное принятие верности её; а 2) из возложения на евреев круговой поруки и коллективной ответственности, что вызывает наиболее сильные возражения со стороны нашей собственной.365
Per quanto Kuskova si affrettasse ad affermare di essere stata fraintesa, è chiaro che dietro alla rapida ‘degenerazione’ della discussione c’era qualcosa di più. O meglio, il fraintendimento stesso celava un processo più profondo che stava avvenendo nell’emigrazione. Fu Prokopovič a esplicitarlo, affermando il suo stupore per l’agitazione che l’argomento aveva suscitato tra gli ebrei presenti. In Russia, invece, questioni di tale genere si dibattevano serenamente e gli ebrei stessi avevano fatto alcune mosse di ‘dissociazione’ dal bolscevismo, mosse che, se avevano uno scarso risvolto pratico, conservavano tutto il loro valore da un punto di vista di influenza psicologica sulle masse. La constatazione di Prokopovič induce a pensare che, nonostante l’aumento dell’antisemitismo fosse comune sia alla Russia sovietica che alla diaspora, i due gruppi ebraici reagissero in maniera diversa. Sembrerebbe che l’atmosfera dell’emigrazione portasse a una maggiore tensione riguardo a questa tematica: del resto, l’agitazione anti-ebraica dei circoli di destra – che in Russia non era invece permessa – giocava senz’altro un ruolo importante. Inoltre, in una diaspora che vedeva quale principale ideologia unificante l’anti-bolscevismo, il sospetto di una
Rossijskie evrei, cit., p. 357 ess.
responsabilità ebraica aveva conseguenze immediate sul piano dell’appartenenza a un gruppo che non si identificava in virtù della coesistenza territoriale, ma – con tutte le fratture del caso – in base al rifiuto del regime esistente in patria.
Come si diceva, questo genere di discussioni trovò anche riflesso sulla stampa. Prendendo le mosse dai resoconti sull’antisemitismo di alcuni recenti esiliati, il pubblicista russo-ebreo Poljakov-Litovcev chiedeva delucidazioni su questo fenomeno in un articolo su Evrejskaja
tribuna, intitolato K probleme russkogo antisemitizma (“Riguardo al problema
dell’antisemitismo russo”). Il fatto di per sé dell’aumento dell’antisemitismo tra le masse non stupiva Litovcev, che ne riconosceva gli inevitabili motivi. La domanda era dunque incentrata su un altro aspetto, quello dell’antisemitismo colto, che Kuskova, in uno dei suoi interventi pubblici, aveva indicato come “addirittura” anch’esso in crescita. Questa la reazione di Litovcev: В этом отношении русская интеллигенция, как любая другая, никогда ни на одну минуту не была едина и неделима. Разве Суворины, Пуришкевичи, Шульгины, Меньшиковы – не интеллигенция? Антисемитизм всегда был в значительной степени интеллигентской выдумкой. […] У нас нет оснований удивляться тому, что в России наряду с простолюдином антисеметиствует интеллигент. Так было всегда. Наше недоумение рассеялось бы, если бы нам сказали, что вся русская интеллигенция перешла в лагерь антисемитов. […] Десятки и сотни русских интеллигентов приезжают из России за рубеж, и если говорят, что в России растёт антисемитизм, то опять-таки в третьих лицах: “они” антисемитами стали… И вот нам не вполне ясно, кто же собственно говоря эти “они”?...366
Se la domanda di Litovcev sembrava celare un velo di ironia a proposito del fatto che l’antisemita sarebbe sempre qualcun altro, le sue intenzioni in realtà non erano affatto polemiche. Al contrario di Gippius egli riconosceva che esisteva una componente dell’intelligencija russa storicamente ostile agli ebrei: si trattava di capire se la sua consistenza fosse aumentata. Kuskova gli rispose con un articolo sulla stessa testata, intitolato
Kto oni i kak byt’? (“Chi sono e come fare?”).
Я имела в виду ту среду, которая раньше, до революции, считала-бы личным оскорблением если бы кого-нибудь из этой среды обвинили в антисемитизме. Достаточно сказать, напомнить, как набросилась эта радикальная интеллигенция на Струве, когда он стал развивать теорию “национальных отталкиваний”. Именно вот об этой радикальной, а не о чёрной интеллигенции я и говорила. Скажу больше: это чудовищно, – но антисемитизм
366 S. Poljakov-Litovcev, “K probleme russkogo antisemitizma”, Evrejskaja tribuna, n. 138, 1922 (1 settembre),
развивается не только в русской интеллигенции, но и у … еврейской. 367
A parere di Kuskova, dunque, anche l’intelligencija radicale rimasta in Russia era stata contagiata da un’ostilità nei confronti degli ebrei. Il fenomeno sarebbe stato talmente diffuso tra ogni strato della popolazione, che Kuskova raccontava come i bolscevichi avessero diramato un proclama, in cui si spiegava lo scambio Ivanov – Tankelevič con la contingenza della prima fase rivoluzionaria: la scarsità di intelligencija e semi-intelligencija russa aveva causato il ‘reclutamento’ degli ebrei, storicamente affiliati all’opposizione. Aggiungeva Kuskova che il problema non era tanto nel cambio in se stesso, quanto nell’oppressione operata dai bolscevichi sulla popolazione russa. Per quanto riguardava invece l’intelligencija, il meccanismo di giustificazione dell’antisemitismo sarebbe stato più complesso:
[L’intelligencija, mgr] рассуждает так: интеллигенцию мучит, истребляет большевистская администрация. В администрации много уже не жандармов Ивановых, а чекистов Танкелевичей. Но вчера самодержавие мучило и интеллигенцию и этого чекиста Танкелевича. Только ещё вчера этот интеллигент страстно, с пеной у рта защищал большевика-Танкелевича от Пуришкевича и самодержавия. Теперь интеллигент остался в том-же или даже в ещё худшем положении, а мучит-то его уже не Иванов, а его подзащитный, Танкелевич. Получается невольное чувство резкой обиды… Это даже не антисемитизм в его обычном виде. Это явление гораздо более сложное. Это – скорее предательство вчерашнего друга.368
Kuskova riteneva dunque che in questo caso non si trattasse di antisemitismo in senso stretto, ma di una sorta di reazione a un tradimento di un vecchio amico. Occorreva tentare di non chiudere gli occhi davanti a questo fenomeno e trovare un mezzo per combatterlo, cosa che in parte già stava avvenendo, visto che gli ebrei avevano cominciato a lasciare i posti amministrativi: in tal modo la popolazione cominciava a capire che non nella nazionalità dell’oppressore stava il cuore della questione, ma nel sistema.
La discussione continuava con l’ulteriore replica di Litovcev.369 In questo testo, in sostanza
l’autore prendeva atto del cambiamento qualitativo avvenuto tra le fila degli antisemiti, e, visto che l’intelligencija radicale giudicava gli ebrei, egli, a sua volta, giudicava questa. Ciò che stupiva in primo luogo l’autore era il fatto che l’intelligencija – che avrebbe a suo parere dovuto essere portatrice della verità storica – stava operando anch’essa delle generalizzazioni inaccettabili.
Большевистская администрация отождествляется с еврейской, а большевики-евреи с еврейством. Если радикальный интеллигент слепо игнорирует социальную природу большевизма и подставляет вместо неё национальную призму, закрывая при том глаза на
367 E. Kuskova, “Kto oni i kak byt’?”, Evrejskaja tribuna, n. 144, 1922 (19 ottobre), pp. 1-2: 1. 368 Ivi, p. 2.
внутреннюю борьбу в самом еврействе, раздираемом гражданской войной, то какое у нас
основание выделять этого интеллигента из рядов самой пошлой обывательщины?370
Il ragionamento che secondo Kuskova era proprio dell’intelligencija non poteva essere accettato: in nome della passata alleanza gli ebrei avrebbero dovuto rendersi invisibili, non tentare di sopravvivere, né avere diritto a una fede o persino a un fanatismo? E come considerare allora il cospicuo contributo dato dagli ebrei russi alla causa del movimento di liberazione? Assai più razionale sembrava dunque il popolo, se, come sosteneva Kuskova, cominciava a vedere nel sistema, e non nelle nazionalità, il cuore della questione.
Dopo Poljakov, era la volta di Kulišer,371 il quale riprendeva la questione affermando che le
comunicazioni a proposito di un aumento dell’antisemitismo erano state accolte in ambiente ebraico con un misto di sfiducia e suscettibilità. Restava il fatto che la spiegazione data da Kuskova era insoddisfacente. Se era vero che le motivazioni razionali erano poco applicabili in un contesto di inselvatichimento collettivo, in tale contesto gli ebrei-bolscevichi non rappresentavano che un pretesto per l’antisemitismo, quale a suo tempo era stata l’accusa di deicidio. Un altro discorso era invece quello riguardante l’offesa: essa, a parere di Kulišer, andava al di là del piano ideologico su cui l’aveva posta Kuskova. Il suo interlocutore faceva in primo luogo una distinzione tra quegli intelligenty che, – per usare l’espressione di Kuskova – avevano difeso la causa ebraica “con la schiuma alla bocca” da un lato e l’intelligencija “media” dall’altro. Se tra i primi – di cui Kuskova faceva senza dubbio parte – nemmeno ora si riscontrava una diffusione dell’antisemitismo, per quanto riguarda la seconda categoria la faccenda andava interpretata altrimenti. Essi, infatti, durante il regime zarista non avevano mai “avuto bisogno” di essere antisemiti, poiché la concorrenza ebraica grazie alle leggi restrittive, non era mai stata minacciosa. Non che questo processo fosse cosciente, ma la sua effettività era dimostrata dal confronto con la storia occidentale:
Так некогда было и на Западе. И там идеализм значительной части интеллигенции в еврейском вопросе оказался на поверки весьма неглубоким; и после отмены легальных ограничений на сцену сейчас выступил общественный антисемитизм, – как орудие самообороны, когда отпала правительственная охрана. С этим антисемитизмом может справиться уже только действительный рост культуры: рост материальной культуры, увеличивающей сферу применения умственного труда для всех, – и развитие, на место показного демократизма, действительной демократии, подчиняющей всякого рода монополистические поползновения общегосударственным интересам и непререкаемым принципам прав человека. России во всяком случае предстояло бы пройти по тому же пути.372 370 Ivi, p. 3.
371 A. Kulišer, “Govorit’ pravdu, tak vsju pravdu”, Evrejskaja tribuna, n. 154, 1923 (5 gennaio), pp. 2-3. 372 Ivi, p. 3.
Il colpo di stato bolscevico, dunque, aveva fatto precipitare la situazione per ragioni meno nobili di quelle indicate da Kuskova: da una parte aveva acuito la lotta per la sopravvivenza, dall’altra era stato seguito dalla fase di sabotaggio da parte dell’intelligencija, che aveva dunque liberato una serie di posti statali, aprendo la strada a una nuova gerarchia. Era in questa nuova classe che gli ebrei erano sovra-rappresentati, poiché grazie al numerus clausus essi riempivano le fila di quella semi-intelligencija che non aveva nulla da perdere. Chiaro che, in presenza di un fattore di distinzione nazionale, era in quei termini che si manifestava la competizione. Quando poi la fase di maggiore instabilità del regime bolscevico era passata, molti di quelli che l’avevano prima sabotato cominciavano ad affollare i corridoi del potere in cerca di una posizione. Si stava ristabilendo l’alleanza tra intelligencija e bolscevichi (anche se non necessariamente su un piano ideologico, de facto) e a questo fenomeno doveva esser fatto risalire l’abbandono dei posti pubblici da parte degli ebrei. Ivanov riprendeva il posto usurpato precedentemente da Tankelevič.
Questa interpretazione era senza dubbio più convincente, ma la polemica non si era fermata qui. Fu Ju. Ferdman l’ultimo a intervenire in un articolo intitolato Predatel’stvo druga
Tankeleviča (“Il tradimento dell’amico Tankelevič”).373 A parere dell’autore, l’intelligencija
stava rifiutando di interrogarsi sulle proprie responsabilità riguardo alla rivoluzione. Inoltre, egli era convinto che non tutta l’intelligencija condividesse le posizioni antisemite, ma solo quella parte che si era “pentita” del proprio passato: parte che, per quanto molto più numerosa di quanto si credesse, non costituiva l’intelligencija nella sua totalità.
Questa accesa discussione in seno alla sinistra non era certo passata inosservata a destra. Agli occhi della redazione di Novoe vremja, la strategia di Evrejskaja tribuna consisteva nel cercare di presentare l’antisemitismo quale frutto dell’ignoranza e di pregiudizi “medievali”. L’articolo di Kuskova, notava giustamente la testata, metteva suo malgrado in crisi tale impostazione, illustrando il dilagare dell’antisemitismo anche in ambiente liberale. Tali affermazioni erano del tutto in sintonia con quel che Novoe vremja cercava di dimostrare sulle sue pagine, ovvero che l’antisemitismo era solo conseguenza del comportamento degli ebrei che ne erano perciò responsabili. L’antisemitismo sovietico dervava dal processo di conquista della Russia da parte degli ebrei e, come nella lettura di Maslov, era da considerarsi un fenomeno “sano”:
Не ясно ли из этих примеров, что антисемитизм это – протест против посягательств еврейства на личность человека, на его жизнь, свободу, на его имущество, на его я. Если этот протест исходит из зоологических началах, то нужно сказать, что эти зоологические
начала – начала здоровые и заложены, надо думать, в интеллигентном человеке достаточно глубоко и более сильно, чем в простом.374
Non piaceva tuttavia a Novoe vremja l’affermazione di Kuskova secondo la quale non appena gli ebrei avessero abbandonato i posti in vista nell’apparato sovietico il fenomeno sarebbe svanito. Con quest’ultima deduzione non era d’accordo Novoe vremja, che sosteneva, andando molto oltre, che il bolscevismo fosse ebraismo:
Может быть это и так, но мы позволяем себе докончить эту мысль: с уходом евреев кончится большевизм, ибо большевик и еврей, или интернационал и еврей – одна и та же суть. Без евреев не было бы большевизма, или он просуществовал бы весьма недолгое время, ибо для этого у него не было бы средств, ни людей – главное людей и он не мог бы нанести тех разрушений, которые нанёс.375
Nella visione della testata monarchica per ebrei si intendevano non solo gli ebrei russi, ma l’intero ebraismo internazionale che aveva finanziato e supportato il bolscevismo e continuava a farlo. In questi termini l’antisemitismo non poteva che essere interpretato quale sana reazione di difesa di un popolo che riconosceva nell’ebreo il suo nemico.
Инстинктивное чувство подсказывает в еврее врага, ибо он действительно враг и не шуточный враг – он враг веры народов, его христианской культуры и его морали, его государства, его национальности, ибо еврей интернационален и не признает ни духа христианства, ни его морали. По разбитым государствам, по уничтоженным народам он плакать не будет и не плачет, – он только там собирает свою жатву и жатва его велика и обильна. Пример – Россия.376
Il caso russo non era che il primo lampante esempio del procedimento più generale dell’ebraismo mondiale. L’antagonismo tra questo e gli altri popoli era basato su un’alterità religiosa, culturale e nazionale ed era esacerbato dalla sua carica sovversiva antistatale e dalla volontà di dominio. L’antisemitismo era, secondo la testata, un sentimento naturale, uno spontaneo meccanismo di difesa dei popoli che con gli ebrei si erano trovati a contatto. Sulle pagine di Novoe vremja, lungo tutti gli anni Venti, le notizie di episodi di antisemitismo in Russia venivano dunque riportate con zelo e toni entusiastici e utilizzate quali dimostrazioni del carattere ebraico del bolscevismo:377 il fatto che il popolo russo fosse sempre più ostile
agli ebrei non poteva che essere determinato dal loro ingiusto predominio.
Visto e considerato che gli unici responsabili dell’antisemitismo russo erano gli ebrei stessi, per Novoe vremja era chiaro che solo questi potevano combatterlo, cambiando il proprio
374 “Antibolševizm i antisemitizm”, Novoe vremja, n. 456, 1922 (1 novembre). 375 Ivi.
376 Ivi. 377 Cfr. cap. 2.
comportamento e facendo cadere il bolscevismo. Vedremo più avanti come, in realtà, anche i tentativi di dissociazione fossero considerati insufficienti, per ora basti notare come quest’idea di una necessità di dissociazione dal bolscevismo da parte ebraica – sebbene con altre motivazioni – fosse propugnata anche a sinistra, con l’inevitabile rischio di assumere sfumature antisemite.
Sulla questione della necessità di un intenso lavoro di contro-propaganda era infatti intervenuta sempre Kuskova in un altro articolo su Evrejskaja tribuna, di poco successivo al primo, Neobchodima rabota (“Un lavoro è indispensabile”), in cui faceva appello all’emigrazione perché si mobilitasse contro l’antisemitismo imperante. Fuori dalla Russia, infatti, grazie alla libertà di espressione, era possibile formare le nuove generazioni nel giusto spirito, nonché influenzare la vita russa attraverso coloro che rimpatriavano.
Нельзя также пренебрегать и пропагандой среди эмигрантских кругов. Они, – эти круги, – обширны, сейчас многие возвращаются на родину, а здесь, за границей, настроение ещё, пожалуй, больше насыщено антисемитизмом чем в России. […] Мне кажется, в этом смысле здесь делается далеко не все, что следовало бы делать. Достаточно указать, насколько заброшена в этом смысле молодёжь. Громадные массы студенчества, сосредоточенные в Праге, Берлине, на Балканах прекрасно обслуживаются сейчас правыми кругами с таким козырем в руках, как “деяния еврейства в России”. Демократические же элементы работают здесь вяло, не имеют органов, приспособленных к интересам молодёжи, а ведь молодёжь эта – будущие творцы России! 378
A parere di Kuskova, dunque, non solo in emigrazione la situazione era quasi peggiore che in Russia, ma essa non veniva contrastata in alcun modo. Sulla ragione di tale ‘inclinazione’ all’antisemitismo, però, non si esprimeva.
Ad ogni modo, era ormai difficile negare l’esistenza di questo fenomeno ed era dunque più che naturale che si prendessero misure in proposito. Tali misure, però, rischiavano di esasperare le relazioni russo-ebraiche, portando alla luce l’ambiguità della posizione di alcuni e l’inadeguatezza dell’interpretazione di altri.
Significativo in tal senso è il caso della Liga bor’by s antisemitizmom v Rossii (“Lega per la lotta all’antisemitismo in Russia”), fondata a Parigi nel 1923, sulla scia del dibattito dell’anno precedente. Nel suo comitato erano entrati vari esponenti dell’intelligencija d’emigrazione, russi ed ebrei, tra cui Kuprin, Gippius, Merežkovskij, Pasmanik, Mirskij e Sliozberg.379 La
prima iniziativa della Lega fu la pubblicazione di un appello teso alla mobilitazione della società russa contro il montante antisemitismo nella Russia sovietica. Gli autori affermavano
378 E. Kuskova, “Neobchodima rabota”, Evrejskaja tribuna, n. 150, 1922 (7 dicembre), pp. 1-2:2. 379 Cfr. “Liga bor’by s antisemitizmom v Rossii”, Poslednie novosti, n. 912, 1923 (11 aprile).
che la difficile situazione in patria aveva creato un terreno fertile per la “propaganda dell’odio nazionale e l’agitazione pogromista”.380 L’interpretazione dell’antisemitismo qui proposta era
quella tipicamente liberale: esso era strumento della reazione per ottenere l’abolizione della libertà politica e dell’uguaglianza tra nazionalità. Nel contesto post-rivoluzionario, tale propaganda aveva impugnato la teoria dell’identificazione tra ebrei e bolscevichi, propugnando l’idea che i pogrom fossero un mezzo di liberazione della Russia dal giogo bolscevico. La Lega, invece, rifiutava il principio di responsabilità collettiva, affermando la parità nella sofferenza e nella responsabilità di russi ed ebrei e ribattendo, di conseguenza, che “la parità nella sofferenza dà agli ebrei il diritto di rigettare con disprezzo l’accusa di nutrire simpatia nei confronti dei bolscevichi”. Essa considerava l’agitazione antisemita dannosa alla causa antibolscevica e auspicava che contro di essa fosse intrapresa una lotta senza distinzione di affiliazione politica:
Все, кому дорого возрождение России на началах свободы и права, все, кому дорого возрождение русской культуры, должны принять участие в этой борьбе. Должен быть услышан голос совести русского народа; в лице своих лучших представителей он никогда не мирился с угнетением других народностей, к которому прибегал прежний отживший режим.381
Come si vede, si presupponeva che il sentimento antisemita non fosse un fenomeno spontaneo, ma indotto a fini politici, e si applicava in tal modo alla situazione contemporanea le categorie tipiche dell’epoca zarista, che volevano l’antisemitismo prerogativa di frange violente e ignoranti.
Tali categorie, tuttavia, si rivelarono non del tutto calzanti per la nuova situazione, come sarebbe stato dimostrato da una replica in cui 37 personalità dell’emigrazione russa protestavano pubblicamente contro l’appello in questione. Apparentemente non si trattava di una messa in discussione della sua sostanza, ma di una critica della strategia proposta: i firmatari, infatti, sostenevano di condividere pienamente le preoccupazioni espresse nell’appello, ma ritenevano un errore rivolgersi al fenomeno “derivato” – l’antisemitismo – invece che a quello “originario” – il bolscevismo. Il primo era infatti risultato dell’inselvatichimento e della violenza provocate dal secondo, ma non di una politica di agitazione come si pareva affermare nell’appello, applicando una logica pre-rivoluzionaria. L’unica logica da prendere in considerazione in questo caso era quella popolare: “
Активная роль, которую играет в советской администрации значительное количество евреев, является для него [per il popolo, mgr] неопровержимым фактом и утверждает связь
380 Ivi. 381 Ivi.
большевизма с еврейством в психике порабощённого и озлобленного издевательствами русского населения.382
Pur rifiutando il principio di responsabilità collettiva, quindi, gli autori ritenevano che l’unico modo efficace per evitare future rappresaglie contro gli ebrei fosse lottare contro i bolscevichi stessi, cosa che, da parte ebraica, era fatta a loro parere in maniera insufficiente: