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Comunione legale e litisconsorzio necessario.

Presupposti e ambito di applicazione della revocatoria fallimentare tra coniug

2. La qualità di coniuge

2.1. Comunione legale e litisconsorzio necessario.

L’amministrazione dei beni che rientrano nella comunione legale66 è disciplinata in maniera peculiare, e si fa preliminarmente una distinzione tra atti di ordinaria amministrazione, spettanti

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In questo capitolo, 2.3.

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Condanna all’ergastolo o pene superiori a 15 anni per uno o più delitti non colposi o condanna per i delitti di cui agli artt 564 e 609 – bis cp ovvero per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione.

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Per quanto riguarda la disciplina della comunione legale, si rinvia al capitolo I, 2.1.

84 disgiuntamente ad entrambi i coniugi, e atti di straordinaria amministrazione, che devono essere compiuti congiuntamente dai coniugi e che si distinguono dai precedenti per l’essenzialità dell’affare, ovvero perché sono atti di una certa importanza economica, potenzialmente in grado di alterare l’integrità del patrimonio (per es. promessa di vendita di un bene immobile o conferimento di un bene immobile in società).

L’amministrazione congiunta di questi ultimi può portare a conflitti tra coniugi sulla necessità o sulla convenienza di determinati atti, e un coniuge può rivolgersi al giudice per avere l’autorizzazione a compiere un certo atto, utile nell’interesse della famiglia o dell’azienda, quando l’altro coniuge rifiuti il consenso o sia in una situazione tale da non poter acconsentire all’operazione (ovvero lontananza, intesa per es. come scomparsa, o altro impedimento, come per es. l’inabilitazione), a meno che non sussista una procura risultante da atto pubblico o scrittura privata autenticata67.

È necessario poi vedere cosa succede in caso di atti compiuti senza il necessario consenso, e bisogna distinguere tra beni immobili o mobili registrati, per i quali il coniuge pretermesso può convalidare

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Art 181 – 182 cc. All’art 183 cc invece si disciplinano i presupposti per essere esclusi dall’amministrazione, su richiesta al giudice da parte dell’altro coniuge, ovvero minore età, impedimento ad amministrare o pregressa cattiva amministrazione (l’interdizione esclude di diritto il coniuge dall’amministrazione); una volta venuti meno i motivi dell’esclusione il coniuge può richiedere al giudice la reintegrazione.

85 successivamente l’atto o chiedere l’annullamento entro un anno dalla conoscenza dell’atto o comunque dalla data di trascrizione, ex art 184 cc, e beni mobili, per i quali il coniuge è obbligato, su istanza dell’altro, a ricostituire la comunione così com’era prima del compimento dell’atto o a corrispondere l’equivalente; questa differenziazione perché, in caso di bene immobile o bene mobile registrato, l’acquirente, a differenza dei beni mobili, ha la possibilità di verificare se l’alienante è coniugato o meno e quindi di sapere se l’atto che stipula potrà essere soggetto ad annullamento o meno, chiedendo eventualmente la partecipazione anche dell’altro coniuge per evitare tale situazione.

In relazione a quest’ultimo aspetto, va presa in considerazione la sent Cass., 24 novembre 2000, n° 1517768, la quale risolve la questione riguardante l’esperibilità della revocatoria fallimentare in relazione ad un atto compiuto dal coniuge del fallito senza la partecipazione del fallito stesso; la sentenza infatti dice che l’atto di disposizione compiuto da uno solo dei coniugi esplica i propri effetti anche verso l’altro coniuge, successivamente fallito, nonostante egli non abbia partecipato alla stipulazione, proprio perché non si è avvalso dell’art

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Riv. notariato 2002, 725. Famiglia e diritto, 2001, 211.

Famiglia e diritto, 2001, 385, Elena Frascaroli Santi, “Comunione legale e revocatoria fallimentare di vendite immobiliari compiute dal coniuge in bonis: il coniuge fallito quale “contraente occulto”?”.

86 184 cc, quindi non sussiste nessun impedimento alla revocatoria fallimentare.

Questo perché il consenso del coniuge di cui all’art 180 cc non è un negozio unilaterale autorizzativo, ma consiste nella rimozione di un limite all’esercizio di un potere, dunque la sua assenza provoca un vizio all’atto in questione, che può essere fatto valere tramite l’azione di annullamento prevista dall’art 184 cc, la quale, se non viene esperita, equivale a consenso implicito all’atto.

Tale sentenza è stata però criticata69 perché si basa su due elementi, ovvero la qualificazione quale “contraente occulto” del coniuge pretermesso, e la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revocatoria fallimentare ex art 67 l. fall., ed entrambi ad un’attenta analisi sembrano essere cedevoli: intanto, la qualifica di “contraente occulto” per il coniuge che non ha prestato il proprio consenso si basa sull’interpretazione del suo silenzio come convalida tacita, mentre invece, come visto sopra, tale silenzio, se si protrae per più di un anno, ha solo un effetto impeditivo dell’azione di annullamento; riguardo invece alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revocatoria fallimentare, si può subito dire che il requisito della conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo non può ritrovarsi in atti compiuti da un soggetto che non è imprenditore

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Riv. notariato, fasc.4, 2003, pag. 0959B, Rocco Guglielmo, “Revocatoria fallimentare e comunione legale”.

87 commerciale, e a niente vale richiamare la qualità di “contraente occulto” dell’imprenditore, visti i motivi di cui sopra, anche perché la conoscenza del terzo deve essere effettiva e non potenziale70.

Le regole particolari stabilite per la stipulazione di un atto senza il necessario consenso dell’altro coniuge vanno poi viste nella loro interazione con il fallimento e in relazione alla necessità o meno del litisconsorzio necessario del coniuge pretermesso.

Innanzitutto va presa in considerazione la sentenza Cass. Sez. un., 23 aprile 2009, n° 9660, per la quale “qualora uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, abbia da solo acquistato o venduto un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, il coniuge rimasto estraneo alla formazione dell'atto è litisconsorte necessario in tutte le controversie in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto, mentre non può ritenersi tale in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide direttamente e immediatamente sulla validità ed efficacia del contratto. Pertanto, in riferimento all'azione revocatoria esperita, ai

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Orientamenti recenti però escludono che la conoscenza da parte del terzo contraente della qualità di imprenditore commerciale del fallito sia un requisito necessario per l'accoglimento della domanda di revocatoria fallimentare. Cfr Luciano Panzani, “Revocatoria fallimentare e conoscenza della qualità di imprenditore commerciale del fallito”, in Fall., 2000, p. 1275, come citato da Rocco Guglielmo, op. cit.

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sensi sia dell'art. 66 che dell'art. 67 l. fall., in favore del disponente fallito, non sussiste un ipotesi di litisconsorzio necessario, poiché detta azione non determina alcun effetto restitutorio né traslativo, ma comporta l'inefficacia relativa dell'atto rispetto alla massa, senza caducare, ad ogni altro effetto, l'atto di alienazione”71.

Qui in pratica si dice che l’opportunità o meno del litisconsorzio necessario del coniuge pretermesso va valutata caso per caso, in relazione all’oggetto della domanda, ovvero a seconda che l’atto incida sul profilo della contitolarità di un diritto reale su un certo bene o che incida sull’opponibilità di tale atto ai creditori; nel caso di specie, l'accoglimento dell'azione revocatoria fallimentare in relazione all’alienante fallito non determina alcun effetto restitutorio o traslativo a favore della massa dei creditori, cioè non si va a contestare la titolarità del bene alienato, ma concerne la sola inefficacia relativa dell'atto rispetto a questi ultimi, rendendo il bene trasferito assoggettabile all'esecuzione concorsuale, senza caducare, per ogni altro effetto, l'atto di alienazione nei confronti dell'acquirente, quindi i soggetti del rapporto processuale dovranno coincidere con quelli individuati nell’atto di alienazione72.

71 Giust. civ. Mass. 2009, 4, 670.

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Famiglia e Diritto, 2009, 12, 1099, Filippo Farolfi, “LItisconsorzio necessario nell'azione revocatoria su beni acquistati in regime di comunione legale tra coniugi”

89 I precedenti comunque erano discordanti, infatti alcune decisioni già affermavano quanto stabilito successivamente con la sent 9660/2009, come per esempio la sent Cass., 10 novembre 2006, n° 2405173, per la quale la revocatoria fallimentare ha funzione conservativa, strumentale al ripristino del patrimonio del fallito, quindi il coniuge dell'acquirente che sia rimasto estraneo all'atto di trasferimento, e che perciò non sia intestatario del bene ma ne abbia acquistato la comproprietà "ope legis" in ragione del regime patrimoniale della comunione dei beni, non ha legittimazione a resistere all'azione, poiché il suddetto effetto acquisitivo non gli attribuisce la veste di parte del negozio74.

D’altro lato, si sosteneva75 che, essendo pacifica l’esclusione del litisconsorzio necessario nel caso in cui l’azione del terzo non investa la portata traslativa del negozio (per es. condanna dell’acquirente al pagamento del prezzo o al risarcimento danni per inadempimento), controversa era invece la questione per gli atti del terzo che

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Giust. civ. Mass. 2006, 11.

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Alla stessa conclusione arriva anche la sent Cass. 18 giugno 2009, n° 14210, in Guida al diritto 2009, 29, 31.

75

Sent Cass., 06 luglio 2004, n° 12313, in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8 e Giust. civ. 2005, 3, I, 705.

Fall., 2007, I, 541, Cristina Bellomi, “Comunione legale tra coniugi e litisconsorzio necessario nell’azione revocatoria fallimentare”.

Fall., 2007, 7, 749, Trentini Carlo, “Azione di revocatoria fallimentare e questioni di litisconsorzio necessario”.

90 potevano incidere sugli effetti del negozio, quali la pronuncia di nullità, di annullamento, di rescissione o di risoluzione, anche perché, se si prendono in considerazione un’azione che incide sulla proprietà di quel bene (per es. azione di rivendicazione da parte di un terzo, in cui c’è litisconsorzio necessario) e un’azione che incide sull’efficacia del titolo di acquisto (per es. l’azione revocatoria, in cui non ci sarebbe il litisconsorzio necessario), vediamo che hanno gli stessi effetti, ovvero la perdita del diritto sul bene.

Proprio per questo, nel caso del coniuge che non aveva partecipato alla stipulazione dell’atto, si sarebbe in ogni caso inciso sul diritto di quest’ultimo, visto che la comunione legale è un esempio di necessaria inscindibilità di un rapporto che si caratterizza come unico ma soggettivamente complesso e privo di “quote” (a differenza della comunione ordinaria); si deve infatti tenere ben presente il peculiare modo di acquisto di beni alla comunione legale, di cui all’art 177, lett. a) cc, basato sulla qualità di coniuge, per cui, anche se l’acquirente formale è uno solo dei due coniugi, la proprietà sostanziale spetta ad entrambi, e il coniuge pretermesso non può considerarsi né un terzo rispetto all’atto, né parte dello stesso. In altre parole, il coniuge che non ha stipulato l’atto non diventa automaticamente “parte” di quest’ultimo, ma diventa destinatario dell’acquisto, dunque non risponde delle obbligazioni ex contractu, come il pagamento del

91 prezzo o la responsabilità per inadempimento, però, in virtù del già citato art 177 lett. a) cc, ogni azione di natura reale avente per oggetto il bene acquistato andrebbe proposta nei confronti di entrambi i coniugi in quanto litisconsorti necessari, pena la violazione degli art 101 e 102 cpc.

Dunque non avrebbe senso escludere il litisconsorzio necessario in caso di revocatoria fallimentare, considerato anche il fatto che, non chiamando in causa il coniuge, non si può opporre a quest’ultimo la sentenza in forza dell’art 2909 cc, in quanto non è configurabile come un avente causa del coniuge acquirente.

Questo in base ad una duplice motivazione:

- Da un lato, si prende in considerazione la distinzione tra giudizi di mero accertamento e costitutivi, infatti gli effetti acquisitivi o eliminativi di situazioni giuridiche che si producono a seguito della sentenza devono per forza coinvolgere tutti i soggetti titolari della situazione stessa a prescindere dalla natura dell’azione esercitata.

- dall’altro, anche a prescindere dal criterio precedente, si dice che se la sentenza ha ad oggetto un rapporto plurilaterale, si ha litisconsorzio necessario tutte le volte che la decisione è idonea a disciplinare il merito del rapporto, a prescindere dalla natura della pronuncia, cioè

92 si deve stabilire se il diritto sostanziale sia non divisibile e non frazionabile in diverse prestazioni e se abbia per contenuto prestazioni unitarie nell’ambito di una situazione giuridica comune a più soggetti; in questo caso quindi risulta essenziale la determinazione dell’oggetto sostanziale della sentenza, e se tale oggetto riguarda il venir meno degli effetti traslativi, sono necessariamente coinvolti tutti i soggetti titolari della comunione sul bene. Inoltre, si riteneva che, siccome l’azione revocatoria conduce all’accertamento costitutivo dell'inefficacia dell'atto rispetto al creditore revocante, la necessaria presenza in giudizio del coniuge pretermesso dovesse essere un effetto dell’applicazione delle regole generali in tema di litisconsorzio che, secondo una certa interpretazione dottrinale, deve sempre disporsi verso tutti i titolari della situazione giuridica interessata dagli effetti costitutivi della sentenza.

Da qui si capisce come il tema sia dibattuto e come la pronuncia delle Sezioni Unite del 2009 abbia cercato di dipanare la questione; non è invece dibattuto quanto affermato dalla sent Cass. 29 novembre 2010, n° 2412676:

76 In Diritto e Giustizia online 2010, pag 488, Caterina Garufi, “Revocatoria

fallimentare e bene in comunione tra coniugi: il caso in cui la mancata citazione del contraente comproprietario porta alla nullità del processo”.

93 “Nell'azione revocatoria fallimentare avente ad oggetto la

compravendita di un bene in comunione legale tra coniugi, vi è lesione del principio di integrità del contraddittorio ex art. 101 e 102 c.p.c., per mancata citazione del coniuge che appariva parte contraente quale formale comproprietario, qualora la domanda giudiziale riguardi l'intero contratto di vendita concluso tra l'acquirente ed il coniuge venditore (poi fallito), in proprio ed in rappresentanza dell'altro coniuge”.

Questo perché si tratta di un caso diverso, dove un coniuge agiva da solo ma in rappresentanza dell’altro coniuge, quindi qui se non si integra il contraddittorio anche a quest’ultimo, si produce un vizio che porta alla nullità del procedimento.

2.2. Gli accordi di separazione e la revocatoria