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Un caso peculiare: il fondo patrimoniale.

La disciplina della revocatoria fallimentare tra coniug

2. La disciplina speciale contenuta nell’art 69 l fall 91

2.2. Un caso peculiare: il fondo patrimoniale.

Il fondo patrimoniale, disciplinato agli artt 167 – 171 cc, consiste nella destinazione di determinati beni al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, e non è un regime patrimoniale a se stante, ma si affianca alla comunione legale o convenzionale o alla separazione dei beni.

Esso si costituisce per atto inter vivos, da parte dei coniugi o di un terzo, tramite atto pubblico e con il necessario consenso dei coniugi, o per atto mortis causa, in relazione al quale non serve l’accettazione da parte dei coniugi, e serve l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio, oltre alla trascrizione nei registri immobiliari, per renderlo opponibile a terzi; il fondo patrimoniale è costituito da beni immobili, beni mobili registrati o titoli di credito nominativi, ovvero beni il cui vincolo di destinazione possa essere reso pubblico, e la proprietà di tali beni spetta in capo ad entrambi i coniugi, a meno che non sia stabilito diversamente.

133 Il soddisfacimento degli interessi della famiglia può avvenire in maniera diretta, cioè utilizzando i frutti dei beni per la realizzazione di tale scopo, o in maniera indiretta, tramite i limiti legali all’alienabilità dei beni in questione da una parte, e all’espropriazione dall’altra:

1) Riguardo ai limiti legali all’alienabilità, l’art 169 cc stabilisce che non è possibile vendere, ipotecare o comunque vincolare i beni del fondo patrimoniale, pena, secondo l’opinione prevalente, la nullità o l’inefficacia dell’atto, a meno che tale possibilità non sia espressamente prevista nell’atto di costituzione, oppure ci sia il consenso di entrambi i coniugi (se ci sono figli minori, serve anche l’autorizzazione del giudice, in caso di necessità o utilità evidente); ci si è chiesti poi se il ricavato dell’alienazione fosse soggetto ad un obbligo di reimpiego a favore del fondo, infatti per una parte della giurisprudenza il vincolo che gravava sul bene si trasferisce automaticamente sulla somma risultante dalla sua alienazione, mentre per altra parte della giurisprudenza (prevalente) si deve escludere tale obbligo.

2) Per quanto concerne i limiti di espropriabilità, l’art 170 cc dice che non è possibile che i beni del fondo vengano sottoposti ad esecuzione forzata da parte del creditore che sapeva che il debito è stato contratto per scopi diversi da quello del

134 soddisfacimento dei bisogni della famiglia, il cui onere della prova ricade sui coniugi; in questi casi dunque il creditore può ricorrere soltanto all’azione revocatoria per far dichiarare inefficace l’atto costitutivo del fondo nei suoi confronti98. Il fondo patrimoniale poi si può sciogliere per annullamento del matrimonio o per scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio (art 171 cc), ma, a differenza della comunione legale, non si scioglie a seguito di fallimento di uno dei due coniugi99; questo istituto comunque non ha avuto un grande successo nella pratica, e il maggior numero di pronunce giurisprudenziali si è avuto proprio in tema di revocatoria ordinaria e fallimentare, in quanto molto spesso il fondo patrimoniale è stato usato per finalità che divergono da quella del soddisfacimento dei bisogni della famiglia, ovvero per sottrarre beni all’esecuzione dei creditori o all’apprensione da parte della curatela fallimentare 100.

98

Cfr. U. Breccia - L. Bruscuglia - F.D. Busnelli - F. Giardina - A. Giusti - M.L. Loi - E. Navarretta - M. Paladini - D. Poletti - M. Zana, Diritto Privato, Parte Terza, Utet, 2009, op. cit.

99 Cfr. Familia, fasc.3, 2002, pag. 651, Alessandro Serioli, “Scioglimento

convenzionale del fondo patrimoniale”.

100

Per un approfondimento sul tema del fondo patrimoniale, si vedano Dir. Famiglia, 3, 2007, 1257, Angelo Di Sapio, “Patrimoni segregati ed evoluzione normativa: dal fondo patrimoniale all'atto di destinazione ex art. 2645-ter”; Riv. notariato, 5, 2010, 1281, Mariagiovanna Antinolfi, “Separazione patrimoniale e tutela dei creditori «involontari»”; Riv. notariato, 5, 2012, 1035, Francesca Manolita, “Le destinazioni all'interesse familiare: autonomia privata e fondamento solidaristico”; Dir. famiglia, 2, 2013, 698, Valentina Bellomia, “La tutela dei bisogni della famiglia, tra fondo patrimoniale e atti di destinazione”; Diritto & Giustizia,

135 Nell’ambito che più propriamente ci interessa, quello fallimentare, l’attuale art 46, 1° comma n° 3, l. fall., esclude che i beni costituiti in fondo patrimoniale e i loro frutti siano suscettibili di essere appresi alla massa fallimentare, tranne quanto disposto dall’articolo 170 cc, e l’articolo in questione è stato modificato in tal senso dal d. lgs. 9 gennaio 2006, n° 5, infatti prima concerneva l’esclusione del “patrimonio familiare”, istituto soppresso ad opera della riforma del diritto di famiglia del 1975; la Corte di Cassazione comunque ha sempre sottolineato la sostanziale identità tra la disciplina del fondo patrimoniale e del patrimonio familiare, sia per quanto riguarda i fini che per quanto riguarda le modalità attuative, infatti entrambi mirano a fronteggiare i bisogni della famiglia tramite la creazione di un patrimonio separato, costituito da beni sottoposti ad un particolare disciplina relativa all’amministrazione e a particolari limiti relativi ad alienabilità ed espropriabilità.

Il dettato dell’art 46 l. fall. non esclude però che il curatore possa esercitare l’azione revocatoria fallimentare in relazione all’atto costitutivo del fondo patrimoniale: esso infatti è considerato un atto a titolo gratuito, anche quando posto in essere da entrambi i

2013, 255, Ivan Libero Nocera, “Ipoteca illegittima se si prova l'estraneità ai bisogni della famiglia e la conoscenza di ciò del creditore”.

136 coniugi101,in quanto non trova contropartita in un’attribuzione a favore dei disponenti del fondo, e inoltre, come affermato da più sentenze102, non viene fatto in adempimento di un dovere morale, anche perché, se così fosse, il logico corollario di un’affermazione di questo tipo sarebbe l’immoralità del comportamento contrario, ovvero quello di non costituire il fondo, e questa è una conclusione radicalmente inaccettabile103.

Dunque il curatore può esperire la revocatoria ex art 64 l. fall. o, se non ricorrono i presupposti per quest’ultima, può procedere con la revocatoria ex art 2901 cc (in quanto con il fondo patrimoniale in sostanza si sottraggono beni alla garanzia generica di tutti i creditori, art 2740 cc)104, a meno che non venga dimostrata in concreto l’esistenza di una situazione tale da integrare gli estremi del dovere morale e, contestualmente, venga dimostrato che il soddisfacimento dei bisogni della famiglia è l’unica finalità per cui è stato costituito il

101 Trib. Napoli, 10 giugno 1995, in Dir. e giur. 1996, 166; Cass. 5 aprile 2000, n°

4174, in Dir. e prat. soc. 2000, 17, 93.

102

Sent Cass., 2 dicembre 1996, n° 10725, in Famiglia e diritto 1997, 169; Cass., 20 giugno 2000, n° 8379, in Giust. Civ., 2000, 2584; Trib. Brescia, 7 dicembre 2000, in Fall., 2001, 1266; Cass, 8 settembre 2004, n° 18065, in Giust. civ. 2005, 4, I, 997; Trib. Milano, 12 giugno 2006, n° 5218, in Guida al diritto 2006, 47, 56; Cass., 8 agosto 2013, n° 19029, in Giust. civ. Mass. 2013.

103 Dir. Fall., 2013, 2, 213, Francesca Cerri, “Fondo patrimoniale e azione

revocatoria fallimentare”.

104

137 fondo; l’unica differenza che permane tra fondo patrimoniale e patrimonio familiare è che in relazione al primo la revocatoria fallimentare può attuarsi non solo sui frutti, come avveniva per il secondo, ma anche sugli stessi beni costituenti il fondo105.

Importante è anche quanto stabilito dalla sent Cass., 25 luglio 1997, n° 6954106, per la quale “la costituzione del fondo patrimoniale ex art.

167 c.c., in quanto atto a titolo gratuito, è soggetta all'azione revocatoria fallimentare nell'ipotesi di fallimento di uno dei coniugi e, ove avvenuta mediante la destinazione di beni oggetto di comunione legale, va dichiarata inefficace solo in relazione alla quota di proprietà del fallito”; qui si chiarisce infatti che, non sciogliendosi il

fondo patrimoniale per il fallimento di uno dei due coniugi, a differenza di quanto avviene per la comunione legale, il vincolo di destinazione dei beni continuerà ad essere operativo per l’altro coniuge, dunque l’inefficacia derivante dalla revocatoria riguarderà solo la quota del fallito107.

105 Giust. civ., fasc.4, 2011, 1065, Ivan Cimatti, nota a corte di Cassazione, 22

gennaio 2010, n° 1112.

106 Foro it. 1998, I, 893.

107

Fall., 1998, 679, Alberto Figone, “Revocatoria ordinaria del fondo patrimoniale tra coniugi”.

139

Conclusioni

L’azione revocatoria fallimentare di cui all’art 67 l. fall. risulta essere ormai un istituto svuotato della sua portata originaria, a seguito di numerosi interventi volti a depotenziarlo, infatti si è preferito dare maggiore certezza agli atti conclusi dall’imprenditore e soprattutto tutelare determinati “creditori”, in particolare le banche; queste ultime vedevano la revocatoria fallimentare come una vera e propria “spina nel fianco”, e in effetti erano costrette ad esborsi enormi in caso di fallimento di un loro cliente, fino a che non è stata introdotta la regola del “massimo scoperto”.

Con queste premesse, le banche stesse non avrebbero mai concesso credito agli imprenditori, dunque, attraverso le varie riforme, si è voluto predisporre una tutela relativa a questa particolare categoria di creditori, auspicando da una parte una riduzione del costo del credito, vista la diminuzione del rischio, e dall’altra un’apertura verso l’impresa in crisi; si è cioè attribuito alle banche una funzione economico – sociale ulteriore, non essendo più ora le principali “finanziatrici” del fallimento, ma essendo delle “collaboratrici” dell’imprenditore in difficoltà.

140 Questa opera di depotenziamento dell’azione revocatoria fallimentare si è attuato in diverse fasi, andando a colpire vari aspetti dell’istituto, in particolare tramite il dimezzamento dei termini, l’introduzione di numerose esenzioni e la previsione della natura decadenziale del termine entro cui è possibile esperire l’azione, con le conseguenze che sappiamo; tutti aspetti questi volti a snellire e a velocizzare l’esperimento dell’azione, ma nel prospettarli non si è tenuto conto purtroppo della durata dei processi nel sistema giudiziario italiano, infatti per esempio il dimezzamento dei termini, rapportato alla durata dell’istruttoria prefallimentare, ben può tradursi in pratica nell’impossibilità di avvalersi dell’azione stessa, visto il decorso dei termini in questione.

Il sostanziale svuotamento dell’azione di cui all’art 67 l. fall. ovviamente si riverbera anche sull’azione revocatoria aggravata di cui all’art 69 l. fall., dunque anche nei rapporti tra coniugi si è potuto assistere ad un’attenuazione della forza della revocatoria.

Questo, aggiunto poi al fatto che la presunzione muciana è stata spazzata via (e non, come in Francia, mantenuta nel suo effetto surrogatorio, per permettere il recupero all'attivo fallimentare del bene acquistato e non solo del denaro impiegato per l’acquisto) e che nell’art 69 l. fall. non sono ricompresi i conviventi more uxorio e altre

141 categorie, potrebbe portare ad un’inesorabile abbandono dell’azione revocatoria, aggravata e non, in quanto il suo campo di applicazione risulta eccessivamente ristretto.

Basti pensare poi al fatto che tra le innumerevoli riforme che si sono susseguite nel tempo, nessuna ha tenuto conto di quanto auspicato dalla commissione Trevisanato nel 2004, ovvero di non colpire solo le attività poste in essere tra l’imprenditore e il coniuge, ma anche tra l’imprenditore e altri soggetti ugualmente qualificati, per la loro posizione, a conoscerne lo stato di insolvenza e ad essere alleati “pericolosi” in danno dei creditori di quest’ultimo; sto parlando più precisamente di quei soggetti legati all’imprenditore da rapporti di parentela o di affinità, i quali sembrano invisibili agli occhi del Legislatore, che li equipara ai terzi, ma che in sostanza possono arrecare un grave pregiudizio alle pretese dei creditori.

La conclusione che a mio avviso si può trarre è che la disciplina della revocatoria ex artt 67 e 69 l. fall., in una visione omnicomprensiva, risulta incompleta, in quanto pecca del coordinamento tra norme sostanziali e realtà processuale, e non prevede regole particolari per determinate categorie di soggetti, oltre al fatto che non equipara il rapporto di coniugio alla convivenza di fatto, ambito in cui ci sono, al pari del matrimonio, tutti gli elementi necessari al convivente in bonis per venire a sapere dell’insolvenza; si auspica quindi una

142 rilettura generale dell’istituto da parte del Legislatore, in modo da renderlo più efficace ed eliminare situazioni potenzialmente discriminatorie.

143

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