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Comunità ebraiche: sviluppo e consolidamento

La CIRA fu l’unica istituzione ebraica a Buenos Aires fino al 1890. Quando iniziarono ad arrivare i grandi flussi migratori, provenienti da diversi paesi, il cosmopolitismo argentino si estese fino a comprendere la comunità ebraica. Era naturale che in un paese sconosciuto i nuovi arrivati cercavano di mettersi in contatto con parenti, amici o conoscenti. Le nuove comunità si formavano con ebrei provenienti dalle stesse zone o dalle stesse città. La linea guida per la divisione in comunità era la lingua d’origine dell’immigrato. Inoltre, gli ebrei provenienti da diverse regioni si distinguevano anche per le diversità nelle tradizioni e nei rituali di preghiera. Le diverse comunità si occupavano dei diversi aspetti della vita: alcune disponevano di luoghi per la preghiera quotidiana, altri fornivano aiuti assistenziali, protezione e si impegnavano in attività benefiche per i disoccupati, gli orfani e gli anziani. Molte comunità crearono anche una

Talmud Torá, scuola religiosa ebraica, per i propri figli.

È possibile distinguere tre tappe o modelli dell’organizzazione ebraica in Argentina: la prima comunità ebraica (1890-1920); la comunità ebraica organizzata (1920-1960); la comunità ebraica moderna (1960-1990).

1. La prima comunità ebraica (1890-1920)

Gli ebrei che arrivarono in Argentina con i primi grandi flussi migratori crearono un tipo di associazionismo volontario, basato su vincoli ideologici (gruppi politici e sindacali) e su vincoli definiti dalla provenienza dagli stessi paesi d’origine. Il sistema istituzionale su cui si basava questo tipo di associazionismo si presentava sotto forma di piccole associazioni di residenti, centri culturali e artistici, sinagoghe e biblioteche, attività filantropiche e di beneficienza.

In questo primo periodo non si diede molta importanza alle funzioni comunitarie. Le pratiche culturali e artistiche degli ebrei di lingua idish sembravano sovradeterminate per l’universo ideologico e le inquietudini di un settore molto influente e rappresentativo della intellighenzia ebraica: gli ebrei russi immigrati durante il periodo del primo conflitto mondiale. La loro impronta ideologica servì da ispirazione allo

spirito della Haskalá, soprattutto per la sua componente laica e popolare con cui si cercò di rimpiazzare il vecchio ordine tradizionale halájico con uno moderno e funzionale. Questo risultato sarà raggiunto qualche decennio più tardi.

Intanto all’interno delle nuove comunità ebraiche appena arrivate in Argentina di manifestava un processo di frattura, di cambio, di transizione, che prendeva le distanze dai processi di integrazione che si erano manifestati in Europa tra il 1925 e 1939 per arrivare alla formazione di una struttura comunitaria laica. Gli ebrei vivevano una «doble extranjería»1: i cambiamenti che si stavano manifestando in Europa senza che potessero viverli personalmente e le grandi difficoltà incontrate nell’adattamento e nell’integrazione nel nuovo paese.

La CIRA si adoperò affinché venissero gettate le basi per la creazione di una vita comunitaria in Argentina attraverso il miglioramento delle condizioni economiche e occupazionali.

Nel 1906 il rabbino Samuel Halphon venne nominato guida spirituale della CIRA. Con la sua nomina iniziava il periodo moderno della Congregazione, ponendo maggiore attenzione all’educazione, considerata materia religiosa, e iniziando una stretta collaborazione con la rete scolastica formata dalla JCA nelle colonie agricole ebraiche. La nuova ondata migratoria proveniente dalla Russia e dalla Polonia, in maggioranza con tendenze laiche e progressiste, diede inizio nei primi anni del nuovo secolo a un nuovo modello comunitario, il cui punto di riferimento non era più la sinagoga.

La Chevra Kadisha2 venne ufficialmente fondata l’ 11 febbraio del 1894, con fini

esclusivamente religiosi e rituali; nel 1896 nacque la Talmud Torá Harishono e, qualche anno dopo, vennero creati vari centri sionisti, grazie ai quali iniziò a svilupparsi la vita collettiva degli ebrei.

L’ebreo austriaco Simon Ostwald arrivò in Argentina alla fine del secolo. Pioniere dell’industria grafica e dell’editoria, si preoccupò seriamente dei problemi del giudaismo.

Insieme a Henry Son e Jacobo Liachovitzky, non essendo soddisfatti del lavoro della CIRA, fondò l’Unione Israelita Argentina, che includeva attività religiose, sociali e culturali. Vennero investite molte energie per la costruzione di una sinagoga propria dell’Unione, ma le risorse economiche disponibili non erano sufficiente e il progetto venne abbandonato.

1 R. Feierstein, Historia de los judíos argentino, Buenos Aires, Ameghino, 1999, p.229.

2 Organizzazione ebraica formata da uomini e donna, che hanno il compito di prendersi cura della

La Chevra Kadisha riuscì ad ottenere il riconoscimento di personalità giuridica nel giungo del 1900, con un decreto firmato dal presidente Julio A. Roca. L’obiettivo principale di questa associazione era quello di dare sepoltura agli ebrei secondo i rituali e i costumi tradizionali del rito ashkenazì. Negli anni precedenti la comunità ebraica era ancora numericamente esigua e gli ebrei venivano sepolti nel cimitero della Chacarita3 o in quelli protestanti. Con l’aumento dei flussi migratori, i posti disponibili iniziarono a diminuire fino a che vennero richieste delle somme di denaro per affittare le tombe per la sepoltura degli ebrei. All’interno della Chevra si iniziò a discutere per la creazione di un cimitero ebraico. All’interno dell’assemblea si crearono due gruppi contrapposti: quello degli ashkenaziti e quello dei sefarditi4. Nonostante diversi tentativi per trovare un accordo, i due gruppi rimasero ciascuno sulle proprie idee.

Menashe Sigal, presidente della Chevra dal 1900 al 1908, si impegnò con grande sforzo per trovare il terreno adatto sul quale costruire il nuovo cimitero per la comunità ebraica.

La trattativa per l’acquisto incontrò diversi ostacoli: l’ostilità degli tmeim che avevano costruito il loro camposanto nei terreni limitrofi; inoltre il governo provinciale esigeva il pagamento di una tassa abbastanza onerosa per ciascun defunto.

Il presidente Sigal fece dunque appello alla necessità di unione della collettività, mettendo in evidenza il dovere di aiutare l’Unione Israelita Argentina per la costruzione del suo tempio e per formare, tutti insieme, una federazione, della quale avrebbero fatto parte anche le altre comunità ebraiche. Si faceva sempre più forte la costituzione di una federazione come forza legale che riuscisse a proteggere gli interessi degli ebrei trasferitisi in Argentina.

Nonostante le diverse motivazioni degli attivisti misero in ombra le trattative e frustrarono la realizzazione dell’idea federativa, una risoluzione formale di adesione venne adottata nel luglio del 1909, grazie soprattutto alla nuova immigrazione ebraica russa, formata da maggior numero di persone disposte a creare gruppi di sostegno e associazioni culturali.

Durante la presidenza di Nahum Enkim (1908-1912), ricominciarono le trattative per l’acquisto del terreno. Solo alla fine di gennaio del 1910, dopo innumerevoli sforzi amministrativi e finanziari, la Chevra riuscì ad acquistare a credito un terreno a Liniers.

3 Quartieri di Buenos Aires.

4 L. Schussheim, Entorno del surgimiento de la Comunidad Judía de Buenos Aires, Buenos Aires, AMIA

Per molti anni la Chevra dovette lottare per ottenere qualcosa che in qualunque altra parte del mondo era considerata naturale. L’errore principale fu di non aver preteso gli ebrei fin da subito un terreno gratuito dal governo, nonostante ne avessero pieno diritto, come previsto dalla legge sulla tolleranza religiosa.

Secondo Boleslao Lewin «en una sociedad en que existe el respecto poe todos los credos y tolerancia para los que pertenecen a ninguno, a la larga no pudo mantenerse la posición denegatoria»5.

Nonostante la questione relativa al cimitero fosse stata risolta, la divisione in settori distinti per luogo di origine tra le varie comunità ebraiche si mantenne per molti decenni a venire. Il gruppo sirio era conservatore, manteneva scrupolosamente le tradizioni e nei quartieri dove viveva c’erano molti negozi di alimenti kasher e scuole religiose. I matrimoni misti non erano accettati e venivano adottati tutti i mezze necessari per impedirli. I loro quartieri si distinguevano dagli altri per il fatto che il sabato i negozi erano rigorosamente chiusi.

L’ebreo marroquí era religioso in senso tradizionale. Questo gruppo fu il primo ad arrivare in Argentina e a fondare la Congregazione Israelita Latina.

Il gruppo degli ebrei turcos era quello più liberale e quello che più facilmente riuscì ad adattarsi alle nuove condizioni di vita nel paese.

L’immigrazione sefardita fu essenzialmente individuale. Considerando la loro permanenza in Argentina solo passeggera, i sefarditi si organizzarono più lentamente. Ma a causa dei «fallecimientos»6 si rese necessaria la creazione di proprie istituzioni comunitarie. Iniziarono dunque a costruire tempi e piccoli oratori, vennero fondate organizzazioni benefiche, culturali e sociali, come la Bikur Jolim Sefardsí , che si occupava di assistere gli infermi; la Aavat Tsedek , che forniva aiuti alle famiglie disagiate; la Liga Antitubercoulosa Israelita Sefaradí e molte altre.

La coscienza comunitaria si manifestò esplicitamente con gli aiuti a favore delle vittime dei pogrom russi del 1903 e con la creazione del Comitato Ebraico per il Censimento Popolare in Argentina nel 1914.

Uno degli obiettivi del Comitato era quello di fare in modo che gli ebrei si presentassero come tali e non nascondessero più le loro origini presentandosi come tedeschi, francesi o russi.

5 B. Lewin, La colectividad judía en la Argentina, Buenos Aires, Ediciones Alzamor, 1974, p. 175. 6 R. Feierstein, Historia de los judíos argentino, Buenos Aires, Ameghino, 1999, p.238.

Obiettivo che venne perseguito dal Primo Congresso Ebraico Argentino nel 1916 che cercò di risvegliare l’orgoglio nazionale e la coscienza ebraica. «No vivimos aquí como rusos o alemanes, sino como judío y, como tales, debemos elevar el nombre del judío»7. Il Congresso manifestò la volontà di costruire un’unità societaria ebraica, ma contemporaneamente le reazioni degli ebrei durante la Semana Trágica del 1919 portò alla luce le divisioni interne alla collettività e le diverse ideologie.

2. La comunità ebraica organizzata (1920-1960)

La seconda ondata migratoria, a partire dagli anni ’20, portò in Argentina gruppi più numerosi e diversificati di ebrei, che faceva parte prevalentemente di piccole comunità e la cui istruzione ebraica, precaria rispetto a quella dei primi immigrati, era stata interrotta a causa della Prima Guerra Mondiale e per l’emigrazione in età giovanile. Erano per la maggior parte operai e artigiani senza qualifiche professionali, in fuga dall’Europa o chiamati a raggiungere i propri familiari.

Mentre il primo flusso migratorio, specialmente quello russo, aveva gettato le basi culturali per la costruzione della comunità (scuole, teatri, biblioteche), questa seconda ondata aveva il compito di rifondare le istituzioni comunitarie, centralizzarle attraverso un rapido processo e organizzare la rete scolastica.

Lo sviluppo che portava dalla Chevra Kadisha ,come società che si occupava di servizi funebri, a una Comunità Organizzata che incorpora diversi ambiti della vita sociale e culturale, segnava con precisione il cambio di direzione di questo periodo.

A partire dal 1920 si cominciò a parlare di un’Alleanza di istituzioni ebraiche nel paese, al fine di centralizzare gli sforzi compiuti. Ma ebbe breve vita e già nel 1926 esaurì le sue funzioni.

Mirelman dava tre diverse motivazioni all’estinzione dell’Alleanza. Innanzitutto, gli ebrei ashkenaziti formavano un gruppo amorfo di immigrati provenienti da diverse parti d’Europa, e tra il 1920 e il 1930 la maggior parte erano proletari, con scarse conoscenze delle fonti culturali e spirituali del popolo ebraico. Tra loro, quelli più capaci riuscirono ad ottenere la leadership all’interno dell’Alleanza, anche se le aree di influenza rimasero limitate.

In secondo luogo, la leadership di una grande istituzione era vista come fonte di prestigio e di onore. La sola creazione dell’Alleanza con un proprio Consiglio Esecutivo aveva creato cariche di alto prestigio, molto più importanti rispetto a quelle delle altre istituzioni: il presidente dell’Alleanza era, rispetto ai presidenti delle altre istituzioni, un

primus inter pares. Da qui nascevano le rivalità personali, che prevalevano sugli

interessi della comunità.

Infine, la proposta di unire di fondi amministrativi e finanziari delle vari organizzazioni, ciascuna delle quali li raccoglieva in maniera indipendente dalle altre, creò preoccupazioni tra i funzionari.

Ad eccezione della Chevra, tutte le altre organizzazioni dipendevano finanziariamente da raccolte fondi speciali, introiti degli spettacoli teatrali. La fusione proposta dall’Alleanza creava dei malumori nei funzionari, che godevano di benefici privati derivanti proprio da quei fondi.

L’obiettivo della fusione delle organizzazioni e la creazione di una struttura comunitaria non avevano alla base una forte ideologia. Non c’era neanche una minaccia alla comunità contro cui creare un fronte comune per combatterla. Da qui l’opposizione di alcuni funzionari al progetto dell’Alleanza e il suggerimento di realizzare in maniera differente la centralizzazione della comunità e delle sue attività: secondo la loro visione, la Chevra Kadisha doveva cambiare il suo statuto e costituirsi in Comunità o Kehilá. In questi anni aumentarono le attività filantropiche per accrescere la partecipazione della Chevra Kadisha Ashkenazí in attività di carattere educativo, culturale e comunitario. Si cercò sempre di più di ottenere sovvenzioni per svolgere queste attività; nacquero problemi religiosi; non furono rari i casi di conflitto tra le parti. Ma si creava un fronte sempre più compatto per la lotta contro i tmeim.

In maniera del tutto naturale, la Chevra Kadisha iniziò ad assumere il ruolo di kehilá: assicurava sostegno alle vedove, aiutava i bisognosi. Lo statuto venne cambiato nel 1940 e la Chevra iniziò il suo percorso verso la trasformazione in una kehilá di carattere aperto e democratico. Questo processo portò il 31 marzo del 1949 alla formazione dell’AMIA (Asociación Mutual Israelita Argentina).

Questo modello di comunità organizzata superava quello precedente per la sua capacità organizzativa. Fino al 1930 soltanto a Buenos Aires erano operativi 120 istituto ebraici. Da qui si svilupparono i progetti per centralizzare la vita istituzionale ebraica, per far fronte alle necessità proprie della comunità e presentarla come entità alle autorità argentine e al resto delle comunità ebraiche nel mondo.

Nella maggior parte delle istituzioni c’erano sempre gruppi potenti di leader. Ciò era causa di scontri fra i vari raggruppamenti, che spesso organizzavano attività che si sovrapponeva. Per questo motivo non si riusciva a raggiungere un buon livello di cooperazione, e si sprecavano grandi energie per aspirazioni e disaccordi personali. Gli interessi personali dei dirigenti e il loro desiderio di ottenere dei riconoscimenti per il lavoro svolto e per gli obiettivi delle istituzioni di cui erano a capo, andavano a discapito del progresso generale e del consolidamento della crescente comunità ebraica. Seguendo l’esempio della Talmud Torá Harishono si fondarono altre istituzioni scolastiche con caratteristiche simili. Grande impulso venne dall’Alliance Israelite, che voleva ampliare le sue attività educative, fino ad allora circoscritte alle colonie.

L’Alliance iniziava la sua opera con l’aiuto della JCA: questa pagava 30 pesos all’anno a ciascun colono, dotava ciascuna colonia di un luogo da adibire ad edificio scolastico e di un maestro con conoscenze di cultura generale, in lingua sia castigliana sia idish. Le scuole era sotto la giurisdizione del rabbino della Congregazione e soggette a ispezioni da parte dei dirigenti dell’ Alliance.

A Buenos Aires, e in alcune città dell’entroterra, si sviluppò l’attività educativa dell’

Alliance con la collaborazione della JCA nel 1911, con la creazione di programmi di

corso religioso israelita della Repubblica Argentina.

Con l’arrivo dei nuovi flussi migratori dopo il 1920 iniziò il periodo delle scuole laiche e nel 1919 venne proclamato il primo sciopero dei maestri ebrei, raggruppati in una associazione professionale.

Anche se lo sciopero non ottenne i risultati sperati, diede comunque origine a una serie di progetti per la creazione di scuole moderne, guidate da due linee fondamentali: una progressista e nazionalista, che prendeva come esempi i grandi sionisti; l’altra cosmopolita, basata sulla letteratura idish.

Oltre alle istituzioni scolastiche e religiose, un importante ruolo era ricoperto dalle istituzione che fornivano assistenza sociale e sanitaria.

Fornire assistenza agli infermi e agli invalidi rappresentava una delle più antiche e rispettate tradizioni storico-religiose ebraiche. Il rabbino Henry Joseph fondò un’associazione filantropica, Ezra, alla fine del 1900. Nel 1910 si decise di acquistare un terreno per la costruzione del futuro ospedale, la cui realizzazione iniziò nel 1916. L’Ospedale Israelita fornì assistenza medica a migliaia di malati, e servì come centro di formazione per medici e praticanti israeliti. Nei primi anni aiutò anche i membri della

comunità con difficoltà linguistiche e creò un ambiente tradizionale e accogliente per tutti coloro che arrivavano da paesi diversi.

L’associazione Bikur Jolim fu fondata nel 1896 ed era la più antica della comunità. Per molti anni diede assistenza medica a migliaia di famiglie ebree, sia nei sui consultori sia con visite domiciliari.

La Casa Israelita Argentina per anziani e orfani fu fondata nel 1916. All’interno delle loro strutture trovarono rifugio centinai di bambini orfani, la maggior parte dei quali provenienti dai pogrom ucraini. Nel 1942 il filantropo argentino José Iturrat, in segno di solidarietà con il popolo ebreo vittima del nazismo, donò a questa istituzione un grande terreno nella provincia di Burzaco, dove furono costruiti moderni edifici che fino ad oggi accolgono gli anziani.

Nello stesso periodo venne creata Soprotimis (Società di Protezione per gli Immigrati Israeliti) con lo scopo di intervenire per aiutare gli immigrati a ristabilire i contatti con i propri familiari e di ottenere permessi di lavoro per i nuovi arrivati.

Le associazioni regionali si impegnarono fin dai primi anni del nuovo secolo in un’importante attività per fornire aiuti e accoglienza ai nuovi immigrati. Le più importanti erano la Federazione degli Ebrei Polacchi, la Società Regionale di Galizia e la Società dei Nativi di Bessarabia, nate fin dagli anni della Prima Guerra Mondiale. Queste associazioni fornirono un importante punto di contatto sociale tra coloro che erano rimasti in Europa e i nuovi immigrati arrivati in Argentina.

Nel 1926 nacque la SHA (Sociedad Hebraica Argentina) dalla fusione di tre associazioni. Il suo compito era inizialmente quello di sviluppare e coordinare attività culturali e sociali, per arrivare a diventare un’associazione comunitaria impegnata anche in ambito giovanile e sportivo.

Gli anni ’40 rappresentarono per la comunità ebraica organizzata un periodo di benessere economico. Lo sviluppo dell’economia contribuì ad aumentare gli investimenti in istituzioni scientifiche e culturali, come la IWO. Sono questi gli anni in cui venne creato il dipartimento di cultura dell’AMIA.

Con il diminuire dei flussi migratori negli anni ’60, l’integrazione socioeconomica dell’Argentina si estese ad aree sempre più vaste8, migliorarono i processi di assimilazione culturale e le nuove generazioni di immigrati fecero sempre meno affidamento sulle istituzioni comunitarie di immigrati.

3. La comunità ebraica moderna (1960-1990)

A partire dal 1960, iniziarono a manifestarsi le linee guida dell’allontanamento dal modello istituzionale precedente. Le nuove generazioni di ebrei, non partecipi delle prime forme di associazionismo volontario, non si interessarono minimamente all’adesione alle nuove associazioni. Entravano invece a far parte di altri tipi di associazioni, che facevano adeguatamente fronte alle loro necessità di adesione e integrazione nel paese.

I modelli comunitari degli anni precedenti risultavano ormai superati e insufficienti: le nuove società si concentravano intorno ai grandi club sportivi e alle nuove congregazioni religioso-comunitarie, come Bet-El.

Venivano formate delle nuove figure professionali capaci di dare assistenza e aiuto ai bisognosi e la direzione delle istituzioni veniva affidata a funzionari accademicamente formati, affiancati da volontari tradizionali.

Le strutture centralizzate erano ormai entrate in crisi, e si rendeva necessario un immediato rinnovamento della classe dirigente, ormai anziana. Tutto ciò aveva come conseguenza diretta l’allontanamento dei giovani e la sempre inferiore partecipazione di votanti alle elezioni comunitarie. Contemporaneamente, le nuove generazioni di ebrei erano sempre più attratte da atenei di studenti e associazioni professionali che si andavano formando per far fronte alle necessità del periodo.

In questi anni, si assisteva anche a un processo di declino, difficilmente reversibile, della cultura in lingua idish, a causa della graduale secolarizzazione e perdita della lingua da parte delle nuove generazioni.

Anche all’interno delle associazioni benefiche e filantropiche ebraiche si riscontavano dei cambiamenti graduali, ma incisivi: al volontariato autodidatta si sostituiva la dama che si occupava di filantropia ebraica in relazione con la povertà. In entrambi i casi, l’attività veniva lasciata libera di essere gestita dal proprio talento individuale e in base alle conoscenze personale all’interno della comunità.