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Gli ebrei in Argentina dall'Inquisizione al XX secolo

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Academic year: 2021

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Indice

Capitolo 1 Immigrazione ebraica: dall’epoca coloniale alla fine del XIX secolo

1. La conquista spagnola e l’epoca coloniale 2. L’Inquisizione e gli ebrei

2.1 Tensioni e antisemitismo in Spagna 2.2 La Limpieza de sangre

2.3 L’inizio dell’Inquisizione 2.4 L’espulsione degli ebrei 2.5 I nuovi conversos portoghesi 3. La fine dell’Inquisizione

4. L’immigrazione ebraica alla fine del XIX secolo

Capitolo 2 L’immigrazione organizzata

1. Il decreto del 1881 e l’arrivo del vapore Weser 2. La creazione e l’impresa della JCA

3. Le tappe della colonizzazione 4. Immigrazione e società

Capitolo 3 Tra le due guerre mondiali

1. Il primo conflitto mondiale

2. Cambiamenti nella politica migratoria argentina 3. Antisemitismo in Argentina

Capitolo 4 La Semana Tragica nel 1919 e gli ebrei

1. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori ebrei 2. Gli atti di violenza contro gli ebrei nel 1909 3. La Semana Tragica del 1919

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Capitolo 5 Migrazione degli ebrei italiani in Argentina

1. Le leggi razziali 2. Reazioni

3. Argentina: viaggio e inserimento

Capitolo 6 Comunità ebraiche: sviluppo e consolidamento

1. La prima comunità ebraica (1890-1920) 2. La comunità ebraica organizzata (1920-1960) 3. La comunità ebraica moderna (1960-1990)

4. Le organizzazioni comunitarie: AMIA, DAIA, Soprotimis, JCA.

Capitolo 7 La Zwi Migdal: la tratta delle bianche

1. La tratta delle bianche

2. La lotta della comunità ebraica

Capitolo 8 Ebrei in Argentina: insediamento e integrazione della comunità.

1. Integrazione e discriminazione 2. La comunità ebraica e il peronismo

2.1 I movimenti antiebraici 2.2 Il terzo governo peronista

3. La comunità ebraica degli anni Ottanta

Cronologia

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Capitolo 1 Immigrazione ebraica: dall’epoca coloniale alla fine del XIX

secolo

1. La conquista spagnola e l’epoca coloniale

Tra il XVI e il XVII secolo nei registri dell’Inquisizione iniziarono a comparire i nomi dei primi ebrei arrivati nei territori del Río de la Plata. Essi cercavano di fuggire dalle proibizioni imposte dagli statuti della Limpieza de Sangre, con i quali si tentava di allontanare gli ebrei convertiti dagli incarichi pubblici ed ecclesiastici, a favore dei

cristianos viejos.

Come osservato da Haim Avni, il continente americano si legò alle sorti del popolo ebraico fin dal momento della sua scoperta1.

Cecil Roth2 mette in risalto la coincidenza cronologica dell’Editto di Espulsione degli ebrei spagnoli, datato 1492, con la partenza di Cristoforo Colombo nello stesso anno per la sua spedizione verso le Indie. Molti storici come Celso García de la Riega, Rafael Calzada e Salvador de Madariaga concordano con questa tesi, facendo risaltare i nomi di alcuni criptojudíos come Luis de Santángel, i fratelli Pinzón, Gabriel Sánchez, Juan de Medina e altri che parteciparono direttamente al progetto di Colombo, finanziando l’impresa. Così arrivò nel continente americano la prima ondata migratoria sefardita. Dei 600.000 ebrei che vivevano nel regno di Spagna nel XV secolo, un terzo fu obbligato a convertirsi, un terzo fu sterminato e l’ultimo terzo lasciò il paese. Dopo l’espulsione nel 1492, gli ebrei si dispersero in diverse correnti. Una di queste fu ben accolta nell’Impero Ottomano. L’altra si diresse verso il Portogallo, non solo per la vicinanza ma soprattutto per le promesse fatte dai suoi sovrani Don Juan II e Manuel, che garantirono sostegno e protezione. I patti però non furono rispettati, gli ebrei furono costretti alla conversione forzata dando origine ai christaos novos (cristianos nuevos), marginalizzati socialmente e obbligati a una doppia vita, con tradizioni segrete che si tramandarono di padre in figlio. Quando l’Inquisizione giunse anche in Portogallo e iniziarono le persecuzioni, l’afflusso di conversos in America aumentò notevolmente. Una volta stabilita l’Inquisizione in Portogallo, le persecuzioni fecero in modo che molti ebrei si spostassero verso la Castiglia, dove trovarono protezione da parte del conte de Olivares. La caduta di quest’ultimo nel 1643 provocò profondi cambiamenti: i

1 H. Avni, Judío en América.Cinco siglos de historia, Madrid, Mapfre, 1992, p. 17.

2 Cecil Roth, Los Judíos Secretos: Historia de los Marranos, Altalena, First Edition edition, 1979, p.

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portoghesi furono accusati di giudaismo e furono resi oggetto di rappresaglie e persecuzioni.

Dalla fine del XVI secolo e per tutto il XVII secolo il territorio del Río de la Plata fu luogo dell’arrivo clandestino degli ebrei portoghesi in fuga dal Brasile.

Lo Statuto di Limpieza de Sangre imponeva che «ni judíos, ni moros, ni hereje, ni hijo o nieto de quemado, reconciliado o sambenitado podrá ingresar a las Indias»3. Tali proibizioni furono aggirate in diversi modi. Gli ebrei portoghesi arrivavano sulle stesse navi degli schiavi o con permessi falsi o protetti dai mercanti che realizzavano così enormi guadagni o direttamente in maniera illegale.

Dal porto si dirigevano direttamente verso le province interne, mimetizzandosi tra la popolazione locale, sviluppando le proprie attività, modificando il loro nome per integrarsi più rapidamente. Secondo Ricardo Rojas, Córdoba era la città scelta come meta dalla maggior parte degli ebrei che arrivavano illegalmente per la lontananza dai centri decisionali e governativi.

Per ridurre ulteriormente i rischi di essere scoperti la maggior parte dei conversos chiedevano di aderire alle comunità cattoliche alcuni si presentavano come uomini di chiesa.

Tre furono le correnti migratorie principali che si riversarono nei territori dell’Argentina. Una proveniente dal Paraguay fu quella che fondò la città di Buenos Aires nel 1580. L’altra, dal Cile, fondò Mendoza nel 1560, San Juan nel 1562 e San Luis nel 1596. L’ultima, proveniente da una cittadina della valle posta nella parte orientale dell’altopiano centrale andino, Humahuaca, fondò Santiago del Estero nel 1560, Tucumán nel 1565, Córdoba nel 1573 e Salta nel 1582. In questa regione c’erano piccoli stabilimenti minerari e la manodopera era molto abbondante. Gli immigrati erano molto attratti da questa regione. «Cabe imaginarse que también los marranos, tanto los que fueran criptojudíos como aquellos que eran simplemente cristianos nuevos, se dirigieron hacia allí con preferencia» 4.

Non si conosce con precisione il numero esatto degli ebrei che durante l’epoca coloniale entrarono sul territorio argentino, arrivando direttamente da Portogallo e Spagna, o indirettamente passando dal Brasile e dal Perù. Tra l’altro, fino al 1776, data in cui

3 R. Feierstein, Historia de los judíos argentinos, Buenos Aires, Ameghino, 1999, p. 27.

4 V. Mirelman, En búsqueda de una identidad. Los inmigrantes judíos en Buenos Aires, 1890-1930,

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venne stabilito il Virreinato del Río de la Plata, il porto di Buenos Aires rimase poco sorvegliato dall’Inquisizione 5.

Secondo Avni6, il numero dei judaizantes di cui si conosce l’identità è stimato per difetto. Ci sarebbero infatti molti altri che mantennero la propria identità ebraica, cercando di rispettare il più possibile (vista la situazione) i principi della loro religione. La condizione degli judaizantes, a differenza dei cristianos nuevos, incontrò un rapido declino, quantitativamente e qualitativamente, dovuto all’isolamento sociale e familiare, e alla solitudine spirituale in cui vivevano. L’assenza di una vita comunitaria e l’impossibilità di entrare in contatto con la cultura religiosa ebraica non fecero altro che indebolire la loro identità, contribuendo alla scomparsa culturale degli judaizantes prima ancora della fine dell’epoca coloniale e della cancellazione della differenza tra

cristianos nuevos e cristianos viejos, una volta raggiunta l’indipendenza nazionale 7. Scomparsi dalla storia, gli judaizantes sarebbero entrati nella leggenda delle origine ebraiche delle popolazioni pre-colombiane, discendenti dalle tribù di Israele.

Dopo la diaspora, i sefarditi di origine caraibica, in particolar modo curazoleño-olandese, diedero nuovamente inizio ad una vita comunitaria nel XIX secolo, subito dopo la conquista dell’indipendenza e l’abolizione dell’Inquisizione. Videro la luce le prime comunità ebraiche nel continente.8

A differenza di ciò che accadde negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e in Africa, gli ebrei che si insediarono in America Latina provenivano da tre continenti. A questa varietà geografica, diedero un rilevante contributo i sefarditi originari delle regioni nord-africane, balcaniche e mediorientali, che attualmente rappresentano il 15-20 % della popolazione ebraica argentina.

Gli ebrei marocchini arrivavano da un regno che stava attraversando un fase di decadenza politica ed economica, in cui erano soggetti a continue persecuzioni. Quando la Spagna ritirò le truppe dal Marocco in seguito alla Guerra d’Africa (1859-1860), molti ebrei di Tangeri e di Tetuan fuggirono verso il Nuovo Mondo. Molti erano

megurashim, espulsi, discendenti da coloro che furono cacciati dal Regno di Spagna nel

1492. La presenza dei sefarditi di origine marocchina a Buenos Aires è documentata dalla fine del XIX secolo.

5 F. Biagini, Il ballo proibito. Storie di ebrei e di tango, Le Lettere, Firenze, 2004, p.9. 6 H. Avni, Judíos en America…cit., p. 18.

7 Ivi,p. 40.

8 E. Aizenberg, Sefardíes y neosefardíes en la literatura latinoamericana, in Rehrmann N. (ed.), El

legado de Sefard en la historia y la literatura de América Latina, España, Portugal e Alemania,

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Negli anni seguenti arrivarono in Argentina gli ebrei provenienti dall’impero ottomano. Questa diaspora non era dovuta a persecuzioni da parte delle autorità ottomane.

Tuttavia l’autonomia e il rispetto di cui beneficiavano le comunità ebraiche nei territori facenti parte dell’impero ottomano non rendevano più semplice la loro vita nelle aree cristiane dell’Asia Minore e della penisola balcanica: sentimenti nazionalisti e religiosi animavano la ribellione delle popolazioni locali di fede cristiana, ribellioni di cui facevano le spese anche gli ebrei, che venivano identificati con i dominatori. Del resto, gli ebrei non avevano ragione di dare il loro appoggio ai cristiani, già supportati dal sostegno russo. A questo si aggiunsero le difficoltà economiche, le rivoluzione nazionalista dei Giovani Turchi nel 1909, le guerre balcaniche e la fine dell’Impero ottomano dopo la Prima guerra mondiale. Anche gli ebrei di Damasco e di Aleppo risentirono della decadenza dell’Impero ottomano, degli effetti della Prima guerra mondiale e del sempre più crescente sentimento nazionalista siriano.

La massiccia immigrazione degli ebrei egiziani ha origine in tempi più recenti: insieme agli ashkenaziti ungheresi, rappresentò l’ultima fase della formazione dell’ebraismo latino-americano. Entrambe le comunità furono costrette a emigrare a causa di conflitti politico- culturali scoppiati nel 1956: lo scontro tra Israele ed Egitto nella Campagna del Sinai e le repressioni sovietiche in seguito alla rivolta ungherese. Migliaia di ebrei furono espulsi dall’Egitto.

2. L’Inquisizione e gli ebrei

L’Inquisizione nacque con lo scopo di occuparsi di un particolare gruppo di individui, i

conversos, cioè gli ebrei che volontariamente si erano convertiti al cristianesimo ma che

solitamente erano ritenuti fedeli insinceri9 e sospettati di praticare segretamente la loro religione. All’inizio del regno di Ferdinando e Isabella gli ebrei apostati iniziarono a essere considerati una potenziale minaccia per la stabilità del nuovo stato cattolico, sorto dopo una lunga lotta combattuta contro i domini dei mori e pronto a imporsi come forza politica e religiosa. Questa fu la maggiore preoccupazione della monarchia tanto da istituire un tribunale speciale, il Sant’Uffizio dell’Inquisizione, per sradicare

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l’incidenza dell’eresia nelle comunità dei conversos. L’Inquisizione divenne così sinonimo di intolleranza nei confronti delle comunità ebraiche spagnole.

2.1 Tensioni e antisemitismo in Spagna.

La comunità ebraica, perseguitata ed espulsa dalla maggior parte degli Stati europei tra il XIII e il XIV secolo, godeva in Spagna di tolleranza e considerazione. Anche se non avevano accesso alla cariche pubbliche, gli ebrei diedero un notevole contributo culturale e professionale alla società spagnola. Alcuni divennero famosi come medici, esattori e finanzieri, altri come artigiani e commercianti. E furono fattori economici e sociale, piuttosto che religiosi e razziali, a indurre un cambiamento di atteggiamento nei loro confronti. Protetti da una vita separata dal resto della comunità e dalla loro ricchezza, gli ebrei uscirono indenni dalle agitazione provocate dalla Peste Nera a metà del Trecento. Tuttavia la loro condizione mutò subito dopo, durante la dinastia Trastámara. L’indignazione del popolo per la condizione economica e sociale degli ebrei, alimentata dalla accese prediche, trovò compiuta espressione nei pogrom antisemiti nelle principali città castigliane e aragonesi nel 139110.

In seguito a tali disordini, per evitare di subire nuove e continue persecuzioni, più della metà della comunità ebraica decise di convertirsi al cristianesimo. I nuovi cristiani divennero noti come conversos. Nel XV secolo gli ex ebrei furono assorbiti senza difficoltà da una tollerante cultura cristiana. Anche se la conversione non era ancora imposta, diventava sempre più consigliabile per evitare disordini e persecuzioni. Mentre gli ebrei restavano soggetti a discriminazione sociale e giuridica, e venivano spesso ritenuti i principali responsabili di tutti i mali cha affliggevano la società, i privilegi e le principali cariche politiche restavano aperte ai conversos. Grazie alla protezione garantita dalla casa reale, molti conversos riuscirono ad occupare posizioni di rilievo nell’ambito della Chiesa, della Corte, della finanza e dell’amministrazione, senza rinunciare ai legami con i parenti rimasti ebrei. D’altra parte, i settori della società cristiana li vedevano come opportunisti senza scrupoli.

Nella seconda metà del XV secolo, quando la sincerità della conversione degli ebrei fu sottoposta a maggiore attenzione, i conversos vennero sempre più emarginati. Opinione

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diffusa era che i conversos, cristiani solo in pubblico, in privato continuassero con le loro pratiche religiose. Probabilmente tra i conversos vi fu un misto di fedeltà e comportamenti religiosi contradditori: mentre alcuni adottarono il cristianesimo completamente, altri di fatto rimasero ebrei. E di fronte alle crescenti repressioni e alle segregazioni forzare, molti furono costretti a condurre una doppia esistenza, conformandosi in pubblico alla cultura cristiana e riaffermando in privato la loro fede ebraica e i loro legami comunitari11.

Agli occhi della società un ebreo si distingueva dal comportamento sociale e dalle abitudini: più che rigettare la fede cristiana, egli osservava il sabato, utilizzava la lingua ebraica nelle conversazioni e nelle letture, praticava cerimonie ebraiche in ambito familiare. In seguito l’Inquisizione avrebbe individuato in questi atteggiamenti la dimostrazione evidente delle inclinazioni eretiche degli accusati.

2.2 La Limpieza de sangre

Nel 1449, in seguito a nuove tensioni verificatesi a Toledo, a tutte le persone di origine ebraica, anche coloro i quali risultassero convertiti al cristianesimo da lunga data, fu impedito di occupare cariche municipali con una legge civile nota come Sentencia

Estatuto. Questa era il risultato di una violenta lotta per il potere che si stava

verificando tra le famiglie di conversos e quelle dei non-conversos all’interno della città di Toledo, un tempo nota per la cooperazione multiculturale12.

I conversos erano malvisti per il monopolio che esercitavano nelle cariche pubbliche e per il grande successo che ottenevano nelle loro attività, al punto che si pensava che minacciassero le carriere e i mezzi di sussistenza della comunità dei vecchi cristiani. Con lo statuto toletano si stabilì un importante codice discriminatorio, basato soprattutto sulla razza piuttosto che sulla religione. Tale codice, noto come Limpieza de sangre, diede conferma alla diffusa credenza secondo cui i conversos erano cittadini di seconda classa. L’essere di pura discendenza cristiana divenne requisito essenziale per fare

11 Francisco Cantera Burgos, Ferdinando del Pulgar and the conversos in Spain in the Fifteenth Century

1369-1516, London, Macmillan, 1972, p 347.

12 Albert A. Sicroff, Los estatutos de limpieza de sangre. Controversias entre los siglos XV y XVII.,

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carriera ed essere accettato dalla società. Venne così a formarsi un meccanismo di esclusione che l’Inquisizione avrebbe rafforzato.

In un primo periodo, le discriminazioni dei conversos non furono esercitate ovunque, e restarono confinate nelle principali città. Inoltre sorse una forte opposizione alla legislazione antisemita di Toledo, considerata un atto di estrema intolleranza. In seguito alla condanna da parte del papa della Sentencia in quanto contraria ai principi cristiani, alcuni tra i conversos più influenti miseri per iscritto la loro contrarietà alla statuto. Malgrado il crescente impatto delle leggi sulla limpieza, alla fine del Quattrocento l’assimilazione professionale, sociale e culturale dei conversos nella società cristiana era un dato di fatto innegabile. Molti di loro avevano contratto matrimoni all’interno dei circoli aristocratici con cui avevano dato inizio a potenti alleanze familiari in continua crescita.

Nonostante la diffusa opposizione provocata dallo statuto toletano del 1449, il movimento in suo favore ben presto acquistò forza. Dapprima venne adottato da particolari istituzioni secolari, poi anche da alcuni ordini religiosi e da determinati capitoli cattedrali. In tal modo, all’interno di una società altamente competitiva la prova della limpieza de sangre costituiva un importante simbolo di status e di onore per la gente comune, esercitando una forte influenza sugli strati popolari.

Le tensioni religiose e razziali continuarono a nascere soprattutto dalle condizioni sociali ed economiche dominanti. In Castiglia nel XV si susseguirono una serie di crisi alimentari e continue rivolte popolari, che portarono all’acuirsi delle tensioni contro i

conversos, raggiungendo l’apice nel 1473, quando si verificarono diversi massacri di

ebrei convertiti. Così come avvenuto alla fine del XIV secolo, i conversos divennero vittime non solo per la razza o per la fede, ma anche per il successo sociale e professionale che avevano raggiunto e che li metteva al riparo dalle conseguenze della crisi.

Malgrado gli attacchi indiscriminati nei confronti dei conversos, gli ebrei, seppur emarginati nelle principali città e soggetti a pesante tassazione, continuarono a praticare la loro fede e rimasero sotto la protezione della Corona. Inoltre ricoprirono importanti incarichi ufficiali a corte come finanziatori del re, esattori, medici e consiglieri. All’inizio del regno di Ferdinando e Isabella il ruolo degli ebrei all’interno della società era riconosciuto ufficialmente e la loro espulsione non era di certo ai primi posto dell’agenda politica. Tuttavia la differente posizione tra ebrei e conversos era più che evidente e doveva essere risolta

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2.3 L’inizio dell’Inquisizione spagnola

Spenti i fuochi dei pogrom andalusi, numerosi ecclesiastici di rango, tra cui potenti membri dell’ordine domenicano, iniziarono a fare pressione affinché si istituisse un’Inquisizione spagnola. L’occasione si presentò durante la visita dei sovrani nella città di Siviglia, dove risiedeva un’importante comunità di conversos. Hojeda e Torquemada convinsero Ferdinando e Isabella del pericolo rappresentato da quella minoranza. La regina, profondamente votata alla causa cattolica, rimase turbata dalle rivelazioni sull’infedeltà dei conversos e si convinse della necessità di instaurare un adeguato sistema secolare di individuazione e castigo dell’eresia. Nel novembre del 1478 Ferdinando e Isabella ricevettero il formale assenso del papa Sisto IV per l’istituzione di un’Inquisizione spagnola che aveva come compito principale di contrastare la minaccia all’identità cattolica rappresentata dagli ebrei apostati.

L’Inquisizione spagnola doveva operare sotto lo stretto controllo della monarchia, ampliando così la sua autorità politica nei confronti della Chiesa e quella spirituale nei confronti della popolazione. Nel settembre del 1480 l’Inquisizione cominciò ad operare a Siviglia sotto la guida di due inquisitori domenicani. Il primo auto de fe13 del 6

febbraio 1481 vide la condanna al rogo di sei conversos di spicco14.

La crudeltà della nuova istituzione fu tale da diventare ben presto famosa. E in effetti la severità con cui l’Inquisizione operò nei primi anni fu tale che il papa minacciò di riaffermare la sua autorità sul tribunale. La minaccia non ebbe seguito e, malgrado gli eccessi, il tribunale continuò ad agire con sempre più vigore. Fino al 1495, per rafforzare il compito di contrastare l’eresia, in Spagna furono istituiti altri quindici tribunali regionali. Nel 1483 fu istituito anche un Consiglio generale dell’Inquisizione, noto come la Suprema e presieduto dal primo Inquisitore Generale, il frate domenicano Tomás de Torquemada. Il suo nome venne ben presto associato alla brutalità e severità dell’Inquisizione.

Malgrado i numerosi oppositori, il Sant’Uffizio divenne rapidamente un’istituzione cruciale, protetta dalla Corona e dal papato, tacitamente sostenuta da una grande maggioranza della comunità cristiana, di cui rafforzò i valori fondamentali.

13 Henry Kamen, The Spanish Inquisition: A Historical Revision., New Haven-London, Yale University

Press, 1997, p. 41.

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Quello di eresia rimase un concetto assai sfuggente, tuttavia sullo sfondo dei rancori socioeconomici presenti nella società spagnola negli ultimi anni del XV secolo, le pene inflitte per la pratica segreta del giudaismo furono abilmente utilizzare dalla Corona per incoraggiare le denunce, anche se fondate su indizi inconsistenti.

2.4 L’espulsione degli ebrei

Mentre i conversos sospettati di professare la loro antica fede venivano arrestati, processati e torturati per conto dell’Inquisizione, si fece sempre più chiaro che la tolleranza nei confronti degli ebrei da parte della società spagnola non poteva ancora durare a lungo. In seguito a un decreto emanato dalla Corte di Toledo nel 1480, essi vennero obbligati a vivere segregati e confinati in ghetti urbani, cosiddetti aljamas, e divennero oggetto di discriminazioni sociali ed economiche.

Quando Tomás de Torquemada venne nominato Inquisitore Generale nel 1483, un’espulsione parziale degli ebrei fu autorizzata dalle diocesi andaluse di Siviglia, Cordova e Cadice. Si trattava di città che costituivano la frontiera delle forze cristiane impegnate a puntare su Granada. Qualche anno dopo un decreto analogo venne emanato dalle diocesi aragonesi di Saragozza, Albarracín e Teruel, senza tuttavia effetti immediati.

L’Inquisizione non aveva i poteri necessari per condannare le credenze e le pratiche degli ebrei che non si erano convertiti al cristianesimo, ma stava inducendo indirettamente la comunità ebraica a cacciarsi in vicolo cieco, in una posizione insostenibile. E infatti le espulsioni locali furono il preludio all’espulsione totale. Sotto lo stretto controllo di Torquemada, nel novembre del 1490 ad Ávila un gruppo formato da sei ebrei e cinque conversos fu arrestato con l’accusa di rapimento e omicidio rituale di un giovane cristiano di una cittadina nei pressi di Toledo. Secondo le accuse, i rapitori volevano utilizzare gli organi e il sangue della vittima a scopo magico per distruggere i cristiani. Un tale processo rappresentò un caso eclatante che servì a creare nella fantasia popolare un’immagine sinistra sia degli ebrei sia dei conversos, loro correligionari, fatti passare per assassini di bambini, stregoni e nemici dei cristiani. Un anno dopo tutti gli accusati vennero dichiarati colpevoli e bruciati sul rogo.

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L’episodio non fece che acuire le tensioni antisemite che attraversavano la Castiglia e condizionò la monarchia a ordinare l’espulsione generale degli ebrei non convertiti15. Il 31 marzo 1492 venne emanato un decreto reale che concesse ai ebrei che rifiutavano di battezzarsi quattro mesi per lasciare la Spagna: in alternativa la pena prevista era la morte. Il decreto venne pubblicato nel momento più propizio per la Spagna cristiana, trionfante dopo la caduta di Granada e impaziente di affermarsi. L’ordine di espulsione diede agli spagnoli un nuovo senso di coesione, poiché rimuoveva l’ingombrante presenza degli ebrei, accusati di incoraggiare i nuovi cristiani a ritornare alla loro antica fede. Non mancarono momenti di esitazione da parte della Corona, consapevole delle grosse perdite finanziarie ed economiche a cui andavano incontro16.

Le pressioni antisemite dal basso e le tensioni verso l’unità religiosa dall’alto finirono per avere la meglio e determinarono la pubblicazione dell’editto di espulsione.

Il decreto di espulsione conteneva anche un’ultima possibilità per gli ebrei: la conversione. Come conferma Andrés Bernáldez: «fu ordinato che il Santo Vangelo, la fede cattolica e la dottrina cristiana fossero predicati a tutti gli ebrei di Spagna, e che quelli che volevano convertirsi ed essere battezzati potevano restare nei regni come sudditi, con tutti i loro beni»17.

Le conseguenze economiche e sociali dell’espulsione furono meno pesanti del previsto ed ebbero scarso impatto sul declino della Spagna nel XVII secolo.

Tra la fine di marzo e la fine di luglio del 1492 circa 50.000 ebrei lasciarono la Spagna diretti in Portogallo, mentre un numero quasi eguale scelse di battezzarsi e convertirsi alla fede cattolica per evitare l’esilio18. L’editto di espulsione servì a incrementare il numero di battezzati e a inasprire il problema dei conversos.

Anche se il giudaismo era stato bandito ufficialmente dalla Spagna, le influenze ebraiche rimanevano ben radicate all’interno della società spagnola, e la loro estirpazione era ben più difficile da ottenere.

15 Stephen Haliczer, The Jew as Witch: Displaced Aggression and the Myth oh the Santo Niño de la

Guardia, in “ Cultural Encounters. The Impact oh the Inquisition in Spain and the New World”, Los

Angeles-Oxford, University of California Press, 1991, pp. 77-78.

16 Henry Kamen, The Expulsion: Purpose and Consequences, London, Thames and Hudson, 1992, p. 83. 17 Andrés Bernáldes, Memorias de los reyes católicos, Madrid, Csic, 1962, p. 251.

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2.5 I nuovi conversos portoghesi

Per evitare di sottoporsi al battesimo forzato nella loro terra natia, dopo l’ordine di espulsione nel 1492 migliaia di ebrei si rifoggiarono in Portogallo. Anche se furono costretti comunque a diventare conversos nel 1497, per buon parte del XVI secolo vissero nel nuovo paese di adozione in una condizione relativamente di libertà.

Quando anche in Portogallo venne istituita l’Inquisizione nel 1547, essa concordò con i nuovi cristiani alcune condizioni finanziare che gli avrebbero evitato severe punizioni. La facilità di perdono dei conversos, sospettati di giudaizzare, faceva pensare che le autorità portoghesi preferissero lasciare che continuassero ad occuparsi delle loro attività commerciali per far prosperare l’economia del paese. L’offerta di denaro da parte dei nuovi cristiani, che serviva a risanare le finanze statali perennemente in rosso, spianò la strada alla garanzia del perdono. Tuttavia la loro esistenza fu sempre precaria19.

Alla fine del XVI secolo però l’Inquisizione portoghese divenne uno strumento di controllo razziale e religioso molto più repressivo dopo che il Portogallo fu annesso alla Spagna. Ciò costrinse la comunità dei nuovi cristiani a cercare mezzi alternativi per preservare la loro identità etnica ed esercitare le loro attività professionali. Molti scelsero dunque di emigrare in Castiglia, sperando di trovare maggiore clemenza da parte della popolazione spagnola. Fu così finché la monarchia ne trasse enormi vantaggi economici. Nel 1604 una breve papale20 permetteva a oltre 400 conversos portoghesi di essere liberati dalle prigioni inquisitori ali e di ricevere il perdono in cambio del pagamento di una grossa somma di denaro. Coloro che erano fuggiti in Spagna, approfittando dei termini del perdono, attraverso prestiti e bustarelle riuscirono a comprare la propria libertà ed ottenere protezione21. La Corona fece buon uso delle doti imprenditoriali e delle conoscenze finanziarie degli ebrei per risanare l’economia. Nei primi decenni del XVII secolo si aprì un acceso dibattito all’interno dell’Inquisizione sulla necessità di applicare gli statuti di limpieza, considerati da molti come elemento di discriminazione ingiusta, nei confronti dei conversos spagnoli i cui legami con l’ebraismo erano ormai sempre più labili e nonostante ciò venivano ancora trattati come sospetti e ostacolati nell’esercizio della loro professione. Per i nuovi

19 Michael Alpert, Cripto-Judaism and the Spanish Inquisition, Basingstoke, Palgrave, 2001, pp. 31-34. 20 Documento apostolico utilizzato per regolamentare gli affari di minore importanza della Santa Sede. 21 Henry Kamen, op. cit.

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cristiani portoghesi invece il retaggio ebraico era recente e lo statuto di limpieza poteva essere applicato senza dubbi. Alcuni funzionari dell’Inquisizione tuttavia si espressero in favore dei nuovi cristiani, per i quali chiesero tolleranza soprattutto sul piano finanziario: poter sfruttare le loro capacità commerciali era vitale per gli interessi economici dell’economia spagnola22.

La crisi finanziaria che dovette affrontare il paese costrinse il sovrano a guardare con più interesse alle abilità imprenditoriali e commerciali e al capitale dei nuovi cristiani portoghesi. Anche se contribuivano a rivitalizzare i riti ebraici nella penisola, la maggior parte di loro non aveva contatti con la comunità dei conversos spagnoli. Tra il 1626 e il 1627 l’Inquisizione concesse ai finanzieri portoghesi accusati di praticare il giudaismo un perdono temporaneo e gli permise di entrare in concorrenza con i banchieri italiani per acquistare quote del debito pubblico. L’anno seguente venne concesso loro libero accesso ai mercati in ogni parte del territorio spagnolo. La protezione offerta ai nuovi cristiani, che si presentavano come banchieri del re, costituì una grave fonte di scandalo. In particolare suscitò preoccupazione nel fronte tradizionalista interno alla Chiesa, che vide minacciati gli ideali religiosi da parte e in favore di interessi finanziari del governo in bancarotta.

L’Inquisizione spagnola non si adattò mai al nuovo trattamento riservato ai conversos portoghesi e mantenne su di loro una stretta sorveglianza. Nel 1640 il Portogallo riacquistò l’indipendenza dalla monarchia spagnola e l’Inquisizione iniziò a intensificare i suoi attacchi alla minoranza dei cristiani nuovi portoghesi rimasi in Spagna, visti ormai come avversari politici.

3. La fine dell’Inquisizione

Tra il 1751 e il 1754 il marchese di Pombal ridusse gradualmente i poteri del Santo

Oficio, mettendolo sotto il controllo secolare, e restaurò i diritti civili dei christão novos, gli ebrei costretti a battezzarsi.

22 Michael Alpert, op. cit.

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Nel 1821 l’Inquisizione venne abolita in Portogallo. Nei tre secoli in cui venne attuata, più di trentamila persone vennero giudicate: parte di queste venne bruciata per il “delitto”23 di professare l’ebraismo.

Nel frattempo la Spagna era stata invasa da Napoleone, il re Fernando VII era prigioniero e iniziarono a formarsi i primi movimenti di emancipazione nelle colonie. Le principali amministrazioni furono ridotte al collasso e ogni colonia dovette affrontare problemi diversi. Iniziò il declino dell’Inquisizione in America.

Tra il 1811 e il 1813 venne abolita l’Inquisizione in Messico, Perù, Colombia, Uruguay e Paraguay. Ma con il ritorno sul trono di Spagna di re Fernando VII venne ristabilita. Solo nel 1820 l’Inquisizione venne soppressa del tutto nelle repubbliche ispanoamericane, man mano che queste proclamavano la loro indipendenza.

In Argentina la rivoluzione del 25 maggio del 1810 non mise automaticamente fine al tribunale dell’Inquisizione. Fu l’Assemblea costituente del 1813 che dichiarò l’indipendenza delle Province Unite del Rio de la Plata, approvò il testo dell’inno nazionale, soppresse la schiavitù, i titoli nobiliari e i mezzi di tortura, abolì l’Inquisizione. Il decreto del 13 marzo del 1813 recitava: «Queda desde este día absolutamente extinguida la autoridad del Tribunal de la Inquisicíon en todos los pueblos del territorio de las Provincias Unidas del Río de la Plata»24.

Con la caduta di Alvear e l’ascesa delle forze conservatrici si cercó di ristabilire l’Inquisizione, ma una volta dichiarata l’indipendenza, questa finì di esistere.

La rottura con il vecchio ordinamento feudale e la creazione di nuove forme di convivenza più egualitarie non furono istantanei, almeno per quanto riguarda gli ebrei, dovuto soprattutto ai pregiudizi che fino a quel momento avevano caratterizzato i rapporti con loro. Quindi con la rivoluzione di maggio venne abolita l’Inquisizione, venne stabilita la liberà migratoria e venne riconosciuta ai protestanti una forma di tolleranza di culto nella provincia di Buenos Aires.

Nei primi anni dopo l’indipendenza fu sollevata una discussione sul progetto di un gruppo di ebrei per stabilire in Argentina la base dei loro affari con l’acquisto di terre e la richiesta di concessione di uno spazio al porto per inizia un commercio con altre nazioni. Il progetto fallì a causa dell’antisemitismo manifestato in un testo pubblicato il 26 agosto del 1820 da Francisco de Paula Castañeda, francescano paladino dell’ortodossia cattolica nel territorio del Rio de la Plata.

23 R. Feierstein, op. cit.

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Senza dubbio, alcuni ebrei, meno interessati alle questioni confessionali e religiose, si stabilirono ugualmente nel paese.

Lo spirito progressista del primi decreti delle autorità che si insediarono dopo la rivoluzione, soprattutto in riferimento agli ebrei, incontrò la resistenza della Chiesa. Nei quattro testi costituzionali redatti tra il 1815 e il 1819 è chiara la forte inclinazione verso l’esclusivismo confessionale. Il trattato con l’Inghilterra del 1825 concesse per la prima volta ai non cattolici il diritto di esercitare liberamente il proprio credo, ma con la limitazione ai solo cittadini britannici.

Poche sono le notizie riguardo al periodo dal 1829 al 1852, in cui a capo del governo si trovò Juan Manuel de Rosas, tanto che la soluzione al problema della libertà di culto venne differita dopo Caseros25.

Caduto Rosas e unificata la provincia di Buenos Aires con le provincie confederate nel 1860, la nuova classe dirigente cercò di tracciare una nuova strategia per sviluppare le aree poco popolate. Per questo motivo decisero di dare impulso a una politica di immigrazione di massa senza limitazioni, che sarebbe stata impiegata per il reclutamento di forza lavoro per i proprietari terrieri e allo stesso tempo sarebbe stata occupata nei territori spopolati o in mano alle tribù indigene.

La popolazione argentina, che fino al periodo del governo Rosas contava circa 900.000 abitanti, iniziò a crescere in maniere vertiginosa con lo slogan di Juan B. Alberdi “Gobernar es poblar”. Nel 1869 venne effettuato i primo censimento nazionale: il numero di abitanti salì a quasi due milioni. Quando nel 1895 venne effettuato il secondo censimento gli abitanti raggiunsero quasi i quattro milioni. Nel 1914 si arrivò a superare i sette milioni e mezzo.

Per quanto riguarda l’aspetto religioso, il processo di riconoscimento fu abbastanza più lento. Per gli italiani e gli spagnoli, entrambi di fede cattolica, non si pose il problema. Ma la soppressione dell’Inquisizione nel 1813 non implicò in pratica una immediata libertà di culto: accettare ebrei e protestanti richiedeva un periodo di tempo più lungo. Tra il 1871 e il 1880 il 60 % circa di coloro che arrivavano a Buenos Aires era di origine italiana, il 18 % di origine spagnola. Tra il 1891 e il 1900 gli italiani arrivarono a rappresentare il 65 % degli immigrati. Le ragioni si riscontrarono nella crisi agraria che si abbatté sull’Europa alla fine del secolo. Essendo la maggior parte del territorio

25 La battaglia di Caseros ebbe luogo il 3 Febbraio del 1852 tra l’esercito della Confederazione Argentina,

guidato da Juan Manuel de Rosas, e l’Esercito Grande, composto da truppe brasiliane, uruguaiane e forze argentine, con a capo Justo José de Urquiza. La battaglia terminò con la vittoria dell’Esercito Grande.

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argentino prevalentemente rurale, i contadini europei scelsero l’Argentina come meta principale.

Tutto ciò comportò una notevole modifica nell’asse economico del paese: fino alla metà del XIX secolo l’Argentino era una paese in cui predominava l’allevamento di manzo e la pastorizia. Alla fine del secolo, dopo appena quarant’anni, l’agricoltura serviva tutto il mercato interno e iniziava a organizzarsi un settore per le esportazioni. Nelle colonie fondate dagli agricoltori europei lungo il litorale si coltivavano cereali; nel nord del paese, in particolar modo a Tucuman, la produzione della canna da zucchero tra il 1872 e il 1899 si moltiplicò di trentacinque volte.

Ma è proprio alla fine del secolo che si avvertì una battuta d’arresto: l’aumento della popolazione a seguito di una politica migratoria senza limiti, serviva per reclutare manodopera, ma non tenne in considerazione che le terre erano già state divise tra i proprietari locali. Agli immigrati rimasero terre aride, zone impenetrabili e che richiedevano un ingente impego di capitali per bonificarle di cui non avevano disponibilità. La maggior parte degli stranieri si spostò quindi verso le città.

Per quanto guarda il dibattito sulla tolleranza di coloro che professavano un culto diverso, nel 1853 durante l’Assemblea Costituente le nuove idee sulla libertà religiosa incontrarono delle forti resistenze; ma riuscirono a imporsi grazie al liberale Juan María Gutiérrez e il prete cattolico Benjamín J. Lavaisse.

Un decreto del 1857, proposto da Vélez Sarsfield e firmato da Valentín Alsina e José Barros Pazos, riconosceva i protestanti, ma non si faceva il minino accenno agli ebrei. Quando si cercò di celebrare un matrimonio secondo il rito ebraico, il presidente del Superior Tribunal de Justicia Francisco de las Carreras ritenne che la libertà di culto si riferiva solamente ai cristiani «y no a uan secta que aún espera la llegada del Mesías»26. Il 21 ottobre del 1860 la Costituzione fu convertita in Ley Basíca vigente su tutto il territorio della Confederazione Argentina e l’11 novembre delle stesso anno fu celebrato il primo matrimonio ebreo a Buenos Aires. La realizzazione secondo il rito ebraico e il suo riconoscimento legale incontrarono non poche difficoltà: l’appello davanti la Corte Suprema fu accettato solo in seconda istanza. La discussione proseguì animatamente con il pensatore cattolico Juan Manuel de Estrada, famoso per il suo antisemitismo. Singolari personaggi ebrei tuttavia legarono la propria storia a quella dell’Argentina. Ciascuno di essi rappresentava una figura pittoresca e tutti appartenevano a uno strato elevato di popolazione straniera che arrivava dall’Europa occidentale e centrale e si era

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stabilita a Buenos Aires. Per esempio Herry Naftali Hart, ebreo inglese, che nel 1850 era membro del prestigioso Club de Residentes Extranjeros. Alexander Bernheim, ebreo francese, combatté come ufficiale dell’esercitò di Urquiza che fece cadere Rosas, e fu il primo periodista ebreo del paese e uno dei fondatori del diario in francese Le Courier de

La Plata27. Ambrosio Crámer fu uno degli eroi della Rivoluzione del Sud contro Rosas.

Diverso fu il caso delle famiglie sefardite nella parte interna del paese. Nel 1859 il giovane Mardoqueo Navarro iniziò a lavorare al servizio del generale Juan José de Urquiza come suo segretario personale e incaricato dei suoi affari. Rimase al suo servizio fino al 1862.

Mardoqueo Navarro era originario di Catamarca, nipote del generale Octaviano Navarro, militare e uomo politico, governatore di Catamarca, che introdusse la stampa nella provincia, fondò il periodico El Ambrato e diede l’impulso allo sviluppo dell’attività mineraria.

Quando il giovane Navarro entrò al servizion del genarale Urquiza, che sicuramente era a conoscenza delle sue origini, ma non aveva pregiudizi di carattere religioso, era un appassionato federalista, impetuoso, che non tardò ad entrare in disaccordo con il suo capo.

Intanto a Buenos Aires si era appena arginato il primo shock dovuto ai notevoli flussi migratori, quando iniziarono a ricomparire tendenze xenofobe.

Quasi la metà dei cinque milioni di stranieri che arrivarono a Buenos Aires tra il 1880 il 1913 ritornarono nei loro paesi di origine.

4. L’immigrazione ebraica alla fine del XIX secolo

Intorno a metà dell’Ottocento, piccoli gruppi di ebrei di origine tedesca, inglese, alsaziana e italiana si erano già insediati in Argentina. Nel 1868 venne fondata la Congregacíon Israelita de la República Argentina. Ma la storia dell’ebraismo argentino iniziò negli ultimi decenni del XIX secolo28. Nel 1889, il vapore tedesco Weser sbarcò oltre cento famiglie ebree originarie dell’Europa orientale, in particolare di Kamenetz Podolsk, località della Podolia, che faceva parte della zona di insediamento in cui gli

27 H. Avni, Argentina y la historia de la inmigracíon judía: 1810-1950, Buenos Aires-Jerusalén, Editorial

Universitaria Magnes-AMIA, 1983, p.51.

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ebrei era confinati dalla legislazione zarista29. Tale zona venne istituita nel 1791 dalla zarina Caterina II; era delimitata dal Baltico e dal Mar Nero. A partire dal 1795, arrivò a comprendere la Lituania, la Bielorussia, l’Ucraina, la Crimea e la Bessarbia, nonché le zone orientali della Polonia30. Le famiglie che arrivarono con il vapore Weser avrebbero dato origine ad una delle prime colonie ebraiche, Moiseville, nel 1890, nella provincia di Santa Fe.

Il flusso migratorio coinvolgeva innanzitutto gli ebrei ashkenaziti e lo si può considerare parte della terza diaspora. La prima coincise con la dispersione dovuta alla deportazione babilonese, a partire dalla quale si formarono diverse comunità ebraiche nel Mediterraneo, sia in Oriente sia in Occidente. La seconda diaspora spinse gli ebrei, cacciati dalla Spagna nel 1492, a rifugiarsi in Europa Occidentale, soprattutto in Francia, Inghilterra, Paesi Bassi e Italia, e in Oriente, nei Balcani, nell’est europeo e sulle coste mediterranee. La terza diaspora avvenne nel XX secolo, anche se le persecuzioni e l’ondata antisemita si intensificarono già a partire dalla fine dell’Ottocento. La causa della terza diaspora fu la distruzione delle comunità israelite europee: con l’inizio della Shoah scomparvero definitivamente i ghetti ebraici e gli shtetlach31, nei quali continuava la trasmissione della tradizione ed erano nate nuove forme culturali. Questa diaspora portò all’abbandono del continente europeo da parte di coloro che riuscirono a sopravvivere alla Shoah; un gran numero di essi scelse come meta il continente americano.

Il flusso migratorio, che diede origine a quella che diventò nel continente americano la comunità più numerosa e influente della diaspora ebraica, ebbe diverse motivazioni e venne favorito dalla diversa organizzazione politica, economica e sociale degli stati americani. Gli ebrei fuggivano dalle discriminazioni, dalle persecuzioni, dalla povertà e dai pogrom che, soprattutto alla fine dell’Ottocento, si susseguirono con sempre più frequenza e in maniera sempre più violenta. Erano alla ricerca di migliori condizioni economiche, di libertà politica e sociale, di tolleranza religiosa32.

Come si presentava il continente americano? La Rivoluzione nordamericana e la Dichiarazione di Indipendenza del 1776 ebbero grande eco nell’America Latina. L’Illuminismo europeo era già ben radicato nei circoli intellettuali liberali e una

29 H. Avvni, Argentina y las migraciones judías. De la Inquisicíon al Holocausto y después, Amia

Comunidad Judia Secretaria de Cultura, 2005, p. 83.

30 F. Palmieri, La letteratura della terza diaspora.La cultura ebraica dallo Yiddish all’Ameridish,

Ravenna, Longo, 1973, pp. 34-35.

31 Shtetl deriva dal tedesco Stadt. Con questo termine vengono indicati i villaggi degli ebrei dell’Europa

orientale

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conferma è data dall’attività dell’Inquisizione, particolarmente impegnata alla fine del XVIII secolo a perseguitare qualsiasi forma di eresia. Dopo la restaurazione assolutistica di Fernando VII nel 1813, ci vollero circa trent’anni affinché le varie rivoluzioni nella parte ispano-americana del continente prendessero come riferimento i valori e i principi della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America e quelli della Rivoluzione Francese. Affinché potesse iniziare il flusso migratorio ebraico, era necessario conquistare l’indipendenza e abolire i tribunali dell’Inquisizione.

La differente evoluzione politica dei paesi latinoamericani, rispetto agli Stati Uniti, ebbe una notevole e decisiva influenza sulle sorti delle comunità ebraiche33. Ci sono alcuni aspetti degni di essere evidenziati: la mancanza di stabilità politica in America Latina; il diverso peso attribuito alle Costituzioni, sottoposte a continui cambiamenti e poco gradite alla maggioranza della popolazione; il ruolo della Chiesa Cattolica, eredità della Corona spagnola e la conseguente assenza di separazione tra potere temporale e potere spirituale, insieme alla mancanza di legittimazione del pluralismo religioso. A tutto ciò bisogna aggiungere una struttura economica che privilegiava lo sfruttamento delle miniere, l’agricoltura e l’allevamento.

Il XIX secolo rappresentò un periodo turbolento, caratterizzato da conflitti fra le diverse forze politiche fino alla Rivoluzione di Maggio e alla conquista dell’indipendenza. Emerse in questo periodo la corrente liberale che diede impulso alla politica migratoria. Le decisioni politiche in tema di immigrazione e libertà di culto non riuscirono a modificare l’atteggiamento dei cattolici nei riguardi di coloro che professavano una religione diversa.

Il 1881 rappresenta una data importante nell’incontro tra l’ebraismo dell’Europa orientale e la società argentina. È questo l’anno dell’assassinio dello zar Alessandro II per mano di un gruppo di socialisti rivoluzionari, causa principale dell’inizio di una serie di pogrom che per tre anni si scagliarono contro centinaia di comunità ebraiche nella Russia meridionale. Alle persecuzioni si aggiunsero leggi discriminatorie, il cui obiettivo era colpire ancor più duramente milioni di ebrei russi.

Nel 1881 il presidente della Repubblica Argentina, Julio Argentino Roca, promulgò un decreto in cui José Maria Bustos veniva incaricato di far arrivare in Argentina i migranti ebrei provenienti dall’Impero Russo34.

33 M. Rischin, The Promise City New York’s Jews, 1870-1914, Cambridge, Harward University Press,

1977, p. 315.

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L’Argentina aveva immense distese di terra da popolare e mettere a frutto. Ma la politica migratoria attuata non ebbe grandi effetti pratici, in quanto le scarse informazioni sull’Argentina spostavano l’interesse degli ebrei verso gli Stati Uniti. Soltanto alla fine del secolo la stampa ebraica europea cominciò a interessarsi al Sudamerica come meta per l’emigrazione ebraica.

Ma il decreto è emblematico di una politica che aveva messo tra le sue priorità l’incremento dell’immigrazione. Tale politica era mirata a ripopolare la nazione e a modernizzarla attraverso la manodopera straniera e il conseguente afflusso di capitali. Nel 1853 la Costituzione affermava la libertà di coscienza e di culto, proibendo qualsiasi limitazione all’ingresso di stranieri, che avrebbero contribuito al progresso del paese.

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Capitolo 2 L’immigrazione organizzata

1. Il decreto del 1881 e l’arrivo del vapore Weser

Nel 1862 venne fondata la Congregación Israelita de Buenos Aires per volontà di una decina di ebrei che si ritrovarono insieme nel giorno dello Yom Kippur in un parco a pregare all’aria aperta. Da qui l’idea di creare un’istituzione per riunire, in occasione delle festività, tutti gli ebrei. Qualche anno dopo cambiò il suo nome in Congregación Israelita de la República Argentina (CIRA) e venne nominata la prima Commissione Direttiva, assumendo funzioni civili e politiche oltre che confessionali.

Ancora nel 1862 Bartolomé Mitre, eletto presidente della repubblica unificata, fu tra coloro che si espressero a favore dell’immigrazione, propenso a incrementare un’immigrazione spontanea, attraverso misure come l’esenzione dai dazi doganali e l’offerta di terre a basso costo. La Ley de inmigración y colonización del 1876, approvata durante la presidenza di Nicolás Avellaneda (1874-1880), definì il quadro legislativo in materia di immigrazione. Il suo obiettivo principale era quello di intervenire attivamente nell’organizzazione dei flussi migratori, nominando degli agenti in Europa per indirizzare i potenziali migranti verso l’Argentina e organizzando l’accoglienza per i nuovi arrivati. La Ley de inmigración y colonización maturò grazie all’influenza del liberalismo. Essa rappresentò il presupposto per l’iniziativa di Roca in favore degli immigrati ebrei.

Miguel Juárez Celman e Maurice de Hirsch diedero impulso all’immigrazione ebraica nelle terre rioplatensi.

Il primo, eletto nel 1886 alla presidenza della Repubblica Argentina, riprese con maggior vigore la politica del suo predecessore, il generale Roca, aumentando il numero di rappresentanti in Europa per diffondere notizie incoraggianti sull’Argentina e per offrire sostegno economico a coloro che volessero emigrare. Furono le misure adottate dal governo a favorire l’arrivo dei primi coloni: il gruppo più consistente arrivò sul

Weser e rappresentò, emblematicamente, un cambiamento radicale nelle modalità di

migrazione ebraica verso l’Argentina. Le organizzazioni israelite europee, come la

Alliance Israélite Universelle1, osservarono con particolare interesse le sorti di questo gruppo di immigrati con l’intento di valutare le prospettive offerte dall’Argentina

1 Società internazionale di cultura ebraica. Fondata nel 1860 in Francia in seguito agli episodi antisemiti

che nel 1840 colpirono la comunità ebraica di Damasco. L’istituzione non era propensa a favorire l’abbandono da parte degli ebrei del loro paese natale.

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all’immigrazione ebraica, sempre più urgente a causa delle vicende politiche dell’impero russo.

Julio Argentino Roca, presidente dal 1880 al 1886, adottò un decreto con il quale invitava espressamente gli ebrei russi a stabilirsi in Argentina. Il 6 agosto del 1881 venne nominato José María Bustos “agente honorario en Europa con especial encargo de dirigir hacia la República Argentina la inmigración israelita iniciada en el imperio ruso”2. All’inizio, gli ebrei russi non consideravano l’Argentina un paese adeguato alla migrazione sia per la lontananza geografica, sia per le scarse informazioni sulle condizioni predominanti, sia per il fatto che si trattava di un territorio ancora economicamente sottosviluppato. A tutto ciò si sommava l’avversione verso un paese legato alla Spagna da vincoli linguistici e religiosi. Nella scelta di emigrare in Sudamerica influì l’acuirsi della politica antisemita dello zar russo e l’esistenza di enormi estensioni di terre ancora vergini in Argentina.

Le prospettive rosee che sembrava si fossero aperte nel continente sudamericano furono disattese. L’aumento sproporzionato dei prezzi, la repressione delle agitazione dei lavoratori con il consolidamento delle organizzazioni operaie, il crescente debito pubblico e le manovre speculative che alzarono i prezzi della terra, mostravano un contesto sociale instabile ed economicamente poco incoraggiante. Il governo fu costretto a ridurre drasticamente gli impegni economici profusi nella politica migratoria. Le stesse finalità di tale politica si rivelarono diverse da come erano state concepite: non tanto far arrivare futuri agricoltori, quanto ottenere manodopera a basso costo. Le terre infatti erano concentrate nelle mani dei latifondisti e dei proprietari terrieri.

Coloro che arrivarono con il Weser non poterono disporre delle terre pattuite, a causa della violazione del contratto da parte del proprietario. I nuovi arrivati, dopo aver accettato di trasferirsi con regolare contratto nella provincia di Santa Fe, si ritrovarono a vivere nell’indigenza assoluta. Senza casa e senza mezzi di sostentamento, abbandonati a loro stessi, erano all’elemosina. Tutto ciò dissuase le organizzazioni ebraiche europee a sostenere l’emigrazione verso l’Argentina. Nel contempo, la tenacia di questi coloni e l’impegno del medico ebreo rumeno Wilhelm Loewenthal, che riteneva possibile un progetto di colonizzazione ebraica nelle terre rioplatensi, suscitarono l’interesse del barone de Hirsch, la cui iniziativa mutò profondamente la storia dell’immigrazione ebraica. Tale azione comprendeva le trattative con le autorità russe, l’organizzazione del trasferimento e l’acquisizione di grandi estensioni di terre. Tutto ciò rese possibile la

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costruzione nel 1891 della prima Colonia Mauricio, prima delle colonie della Empresa

Colonizadora Barón de Hirsch3.

2. La creazione e l’impresa della JCA

Nel 1890, mentre l’Argentina era impegnata a contenere le conseguenze della grave crisi economica e politica, nuove leggi discriminatorie e brutali persecuzioni rendevano ancora più precaria la vita degli ebrei in Russia: secondo il barone de Hirsch l’unica soluzione era l’emigrazione in massa.

Il barone Maurice de Hirsch aveva accumulato enormi ricchezza grazie alle concessioni ottenute da Austria, Russia e Turchia per la costruzione di strade ferrate. La sua fortuna gli consentì di dedicarsi attivamente alla fondazione della Jewish Colonization Association (JCA), impresa che si rivelò onerosa e impegnativa. Il suo scopo era l’immigrazione organizzata degli ebrei russi nelle aree rurali dell’Argentina. Questo progetto nacque in seguito alla nuova ondata di pogrom iniziata nel 1881 e che proseguì per i decenni successivi: era evidente che agli ebrei russi era preclusa qualsiasi forma di integrazione, ma anche la loro stessa sopravvivenza era sempre più minacciata.

La JCA, riconosciuta giuridicamente dalla Repubblica Argentina, rappresentò un enorme esperimento di benessere sociale, conseguito attraverso un’iniziativa filantropica lontana dall’idea di semplice beneficenza4. Attraverso l’acquisto di terre, che gli ebrei avrebbero dovuto ripagare mettendole a frutto con il loro lavoro, e grazie al coinvolgimento di altri finanziatori ebrei, oltre alle principali organizzazioni ebraiche europee, l’idea del barone avrebbe dovuto trasformarsi in realtà. Numerosi ostacoli impedirono la realizzazione dell’impresa del barone de Hirsch; altri limitarono l’efficacia di questo esperimento, che aveva come finalità l’insediamento degli ebrei come agricoltori: tra il 1891 e il 1896 arrivarono in Argentina, grazie alla JCA, circa 10000 ebrei. L’organizzazione sistematica delle tappe del processo migratorio, che caratterizzò la strategia della JCA, costituì una novità molto importante. Nel 1896 erano state create cinque grandi colonie nelle province di Buenos Aires, Entre Ríos e Santa Fe.

3 Successivamente JCA, Jewish Colonization Association.

4 E. Zablotsky, Filantropía no asistencialista. El caso del Barón Maurice de Hirsch, “Documento de

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L’opera della JCA, dotata dal barone de Hirsch di un ingente patrimonio finanziario, diventò ancora più significativa nel decennio precedente la Prima guerra mondiale e poté avvalersi di stabile relazioni con le autorità argentine, sia a livello federale sia a livello provinciale, che si rivelarono molto utili soprattutto nel 1910 quando si attribuiva agli immigrati ebrei la responsabilità collettiva di eventi e iniziative che turbavano l’ordine sociale.

Nel 1913 il numero di immigrati ebrei che erano insediati nelle colonie agricole arrivava a 18.900 persone. Nelle colonie iniziò a diffondersi una tendenza verso il cooperativismo, che divenne tratto caratterizzante della colonizzazione ebraica. Dopo il periodo di crisi che la JCA attraversò in seguito alle perdite economiche causate dalla prima guerra mondiale, l’impresa colonizzatrice riprese intorno agli anni Trenta, quando la popolazione nelle colonie agricole arrivò a superare le 20.000 persone, insediate su una superficie di oltre 600.000 ettari.

Nonostante le grandi risorse finanziarie della JCA, che le consentirono di andare avanti dopo le enormi perdite economiche subite in seguito a disastri naturali e altri imprevisti, una parte di coloni fu costretta ad abbandonare l’idea del sogno argentino, in seguito a periodi di crisi: quello degli anni 1895-1897 e 1909-1912.

Il processo di colonizzazione portato avanti dalla JCA si presenta in tutta la sua ambivalenza: i risultati conseguiti dall’impresa colonizzatrice furono, rispetto alle ambizioni del barone de Hirsch, modesti dal punto di vista quantitativo, accompagnati da varie difficoltà e dai conflitti tra amministratori e immigrati, le cui condizioni furono considerate peggiori perfino rispetto a quelle vissute nella terra natale.

Le colonie agricole rappresentarono l’aspetto peculiare dell’immigrazione ebraica in Argentina, ma nel settore agricolo la JCA non riuscì a sfruttare al meglio i possibili sbocchi occupazionali per gli ebrei immigrati5.

Incontestabile restò la portata storica di questo esperimento sociale di immigrazione organizzata, che cercò di evitare l’instabilità che avrebbe creato un flusso spontaneo. L’esperienza della JCA rimase fondamentale sia per la colonizzazione agricola sia per le vicende complessive dell’immigrazione ebraica in Argentina. Come afferma Senkman, fu la JCA a fornire agli immigrati ebrei una carta di identità collettiva: erano i

5 H. Avvni, Argentina y las migraciones judías. De la Inquisicíon al Holocausto y después. Amia

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rappresentanti dell’organizzazione a rappresentare sul piano legale i nuovi arrivati davanti le autorità locali6.

Attraverso la colonizzazione ebraica vennero introdotti diversi cambiamenti nell’organizzazione delle attività agricole: si sviluppo un’economia mista, in cui agricoltura intensiva e allevamento si univa alla lavorazione in loco delle materie prima. Si gettarono le basi per il cooperativismo rurale: grazie ad esso i coloni commercializzavano i loro prodotti, sostenevano in maniera più efficace la concorrenza e creavano le istituzioni di credito agricolo.

Il cooperativismo divenne un aspetto peculiare dell’ebraismo argentino: la cooperazione e l’aiuto reciproco nel lavoro rappresenta una sorta di attualizzazione dell’umanesimo ebraico, i cui valori erano rappresentati da sostegno reciproco e solidarietà.

La colonizzazione diede l’impulso per la costruzione delle vie ferrate. Per far fronte all’isolamento delle località agricole, vennero costruite sinagoghe, biblioteche, teatri e scuole. La maggior parte dei pionieri del mondo intellettuale ebraico-argentino proveniva dalle famiglie aiutate dalla JCA. Avvenne così quella che Feierstein definì una “transculturación inédia en la historia del pueblo judio”7.

La colonizzazione avviata dalla JCA aprì una nuova prospettiva: fondare un focolare ebraico in Argentina, piuttosto che in Palestina. Secondo Theodore Herzl, ebreo nato a Budapest e suddito dell’impero austro-ungarico, l’Argentina rappresentava una valida alternativa alla Palestina come luogo in cui fondare lo stato ebraico. «Due sono i territori da prendere in considerazione: la Palestina e l’Argentina. […] L’Argentina è uno dei paesi più ricchi di risorse naturali della terra, dotata di enormi distese, scarsa popolazione e clima temperato. La repubblica argentina sarebbe molto interessata a cederci una parte del suo territorio.».8

6 L. Senkman, Identidades colectivas de los colonos judíos en el campo y la ciudad enterrianos, in J.

Bokser Liwerant e A. Gojman de Backal (eds.), op. cit., p. 427.

7 R. Feierstein, op. cit.

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3. Le tappe della colonizzazione

Con l’inizio dell’attività della JCA cambiò radicalmente la migrazione degli ebrei in Argentina. L’opera di colonizzazione si consolidò attraverso la creazione di una vasta rete di colonie agricole ebree lungo le coste, nel sud e in altre zone del paese.

Dalla sua fondazione la JCA si caratterizzò per la sua indipendenza finanziaria. In contrasto con altre organizzazione ebraiche create in precedenza, la JCA non venne finanziata attraverso donazioni pubbliche.

Hain Avni distinse tre periodi nella storia della colonizzazione ebraica in Argentina: 1 il periodo dello sviluppo, che si estese fino alla Prima Guerra Mondiale; 2 il periodo di consolidazione, caratterizzato dalla crescita accompagnato da alcuni fallimenti; 3 il periodo di declino9.

L’inizio della migrazione ebraica in Argentina coincise con i successi politici ed economici. La crisi del 1890 incise sul governo di Juaréz Celman e compromise la stabilità finanziaria della nazione.

Nell’aprile dello stesso anno l’ambasciatore spagnolo a Buenos Aires comunicò al suo governo che, a causa della crescente crisi, un gran numero di immigrati italiani e spagnoli, stavano ritornando nei paesi di origine. Nel febbraio del 1891 l’ambasciatore francese avvertì i suoi superiori di fare tutto il possibile per dissuadere i migranti dallo scegliere l’Argentina come meta finale.

Nel 1896, alla morte del barone de Hirsch, la JCA aveva già acquistato migliaia di ettari di terre, principalmente a nord di Santa Fe.

Gli anni ‘20 rappresentarono il momento di maggiore crescita demografica: il 22% della popolazione ebraica in Argentina viveva nelle colonie e la maggior parte della forza lavoro era composta da operai, artigiani e agricoltori. La crisi del 1929 destabilizzò il funzionamento di tutto il sistema delle esportazioni. La società argentina cambiò radicalmente, mettendo in secondo piano il settore agricolo, e le colonie ebraiche furono le prime a risentirne. Inizió così il processo di urbanizzazione selvaggia.

9 Haim Avni, “La agricultura judía en la Argentina;¿éxito o fracaso?”, en Desarrollo Economico,

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4. Immigrazione e società

Nelle prime inchieste pubblicate sugli ebrei in America Latina, l’Argentina apparve come trasformata in un paese euroamericano. Questa trasformazione non venne accompagnata da una politica di industrializzazione o da cambiamenti nell’organizzazione delle terre.

Fin dalle sue origini l’Argentina si presentò come un paese di immigrati. La scarsa popolazione faceva sì che il vasto territorio dovesse popolarsi attraverso i flussi migratori. L’Argentina cercava di popolare il territorio attraverso il reclutamento di braccianti o mezzadri. In alternativa gli immigrati potevano dedicarsi all’artigianato, al commercio o alla piccola industria: nel 1914 la maggioranza delle imprese commerciali erano gestite da stranieri.

In primo luogo l’immigrazione permetteva di mettere a disposizione dei processi produttivi una maggiore quantità di manodopera. Inoltre la maggiore disponibilità di manodopera influenzava favorevolmente i livelli di salario. In secondo luogo, gli immigrati consentivano di popolare le zone marginali del paese. Tale condizione di marginalità non dipendeva dalla qualità della terra, ma dalla posizione geografica delle terre. Senza dubbio, se gli immigrati volevano insediarsi nei territori centrali, vicini ai porti, in modo da facilitare le loro esportazioni, le loro possibilità erano quasi nulle. Per la ricchezza che rappresentava la terra, era quasi impossibile che gli immigrati riuscissero ad accedervi.

Le difficoltà di accesso alla terra furono una delle principali motivazione per cui la maggior parte degli immigrati si insediava nelle città.

Per quanto riguarda gli ebrei, essi si dedicarono all’artigianato e al commercio. Tra i vari mestieri quello più diffuso era il venditore ambulante: a causa della scarsa quantità di denaro disponibile molti consumatori poteva rifornirsi solo acquistando a rate.

I problemi principale sia in campagna sia in città erano disporre di una casa decente e un lavoro stabile: l’assenza di queste condizioni comportava continui spostamenti e trasferimenti.

Haim Avni osservò che in Argentina gli ebrei vivevano concentrati nella capitale, nelle grandi città dell’entroterra e nei nascenti centri urbani vicini alle colonie agricole ebraiche10. Questa concentrazione favorì indubbiamente lo sviluppo di strutture

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comunitarie attraverso cui organizzare le funzioni religiose, offrire assistenza, installare reti scolastiche analoghe a quelle esistenti nelle colonie agricole. Oltre alle associazioni comunitarie, nate nel periodo precedente la prima guerra mondiale e impegnate in diversi ambiti, gli immigrati ebrei fondarono diversi partiti e contribuirono attivamente alla formazione e allo sviluppo dei movimenti sindacali e operai argentini.

Un contributo ebraico venne fornito nella diffusione di ideologie politiche quali il socialismo, l’anarchismo e il sionismo. Nel 1896 venne fondato il primo partito socialista argentino. Nello stesso periodo i sindacati organizzarono i primi scioperi. L’immigrato non venne più visto solo come forza lavoro e fonte di sviluppo, ma anche come causa di agitazioni sociali. Una risposta dalla classe politica fu la Ley de

Resistencia, approvata nel 1902, che consentiva l’espulsione degli stranieri per ragioni

di sicurezza nazionale o di ordine pubblico, e impediva l’ingressi a coloro che erano sospettati di inclinazioni rivoluzionarie11. I processi migratori venivano così controllati dall’esecutivo. Il controllo governativo sui flussi migratori dovette fare i conti con gli interessi economici dell’oligarchia del paese, il cui interesse era di poter disporre di manodopera a basso costo.

In seguito a sanguinosi episodi di violenza che si manifestarono in Russia negli anni 1903-190512, l’immigrazione ebraica di intensificò. Tra i migranti c’erano militanti del

Bund, partito socialista ebraico, e rivoluzionari russi: a partire dal 1905 si crearono

sindacati e organizzazioni politiche i quali, animati da ideali socialisti, sionisti e anarchici, contribuirono ad amplificare le ostilità nei confronti degli ebrei.

In America Latina tuttavia gli ebrei immigrati trovarono un atteggiamento più tollerante rispetto ai loro paesi d’origine, malgrado la persistenza dell’antigiudaismo cattolico ereditato dalla dominazione spagnola: in Argentina accanto ai pregiudizi legati all’impossibilità di integrare gli ebrei, non mancarono apprezzamenti per il loro contributo alla vita nazionale. Avni sottolinea infatti come fino allo scoppio della prima guerra mondiale «contrariamente a otros países, donde la puerta de la inmigración chirriaban ya sobre su goznes, dejando escuchar desde lejos su eco amenazante, las playas argentinas seguín abiertas a la inmigración judía13». Anche in Argentina tuttavia iniziarono a manifestarsi atteggiamenti antisemiti.

11 Alla Ley de Resistencia si aggiunse la Ley de Defensa Social approvata nel 1910 e rimasta in vigore

fino al 1921. Tra le sue disposizioni prevedeva la possibilità di annullare la naturalizzazione degli straniere dichiarati indesiderabili. Vennero così perseguitati diversi esponenti dei sindacati.

12 Nel 1903, durante la Settimana Santa, in Moldavia avvenne il truce massacro degli ebrei. 13 H. Avvni, Argentina y las migraciones judías. De la Inquisicíon al Holocausto y después. Amia

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