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Con l’introduzione dell’art 613 – bis c.p l’Italia ha realmente adempiuto

L’entrata in vigore della legge n. 110/2017, che ha introdotto il reato di tortura all’interno del codice penale, rappresenta sicuramente un risvolto positivo avverso il bisogno di adeguare l’ordinamento italiano agli obblighi previsti dalla CAT. Ciononostante, l’adempimento degli obblighi internazionali passa dalla necessità di ridurre al minimo le divergenze tra la normativa nazionale e le corrispettive norme penali della CAT. Un reato di tortura, che estromette elementi essenziali della definizione internazionale e che fuoriesce dall’art. 1 CAT, si traduce necessariamente in una forma di protezione più carente rispetto alle norme internazionali. Per espressa previsione della stessa Convenzione (art. 4 CAT), non basta che gli atti di tortura siano penalmente sanzionati all’interno dell’ordinamento interno, bensì è necessario che essi siano adeguatamente puniti con pene che ne prendano in considerazione la gravità. In altri termini, si ha adempimento dell’art. 4 solo qualora la punizione della tortura sia fatta con pene idonee e proporzionali. Occorre a questo punto stabilire se la punizione del nuovo delitto introdotto dal legislatore tiene conto della gravità del crimine di tortura così come richiesto della stessa Convenzione CAT.

Appare difficile sostenere che l’art. 613 –bis c.p. inquadri le pene più idonee a sanzionare la tortura. Le sanzioni del nuovo reato, che come abbiamo visto contrariamente da quanto richiesto dal Comitato CAT sono anche oggetto di prescrizione e di istituti premiali come l’indulto, non tengono conto della gravità del crimine di tortura e difficilmente esprimono la ferma volontà del legislatore di perseguire con giusti processi e giuste punizioni i responsabili di tortura.

Prima di passare all’analisi degli elementi che caratterizzano il nuovo delitto ricordiamo che il secondo comma dell’art. 1 CAT, lascia impregiudicata ogni legge nazionale che contiene o può contenere disposizioni di portata più ampia per la punizione della tortura. Orbene, partendo probabilmente da questa considerazione l’intento del legislatore è stato proprio quello di estendere la portata della norma fino a ricoprire i vuoti di tutela presenti nell’ordinamento italiano. Sotto questo profilo, l’analisi che segue ci aiuta a capire se effettivamente la portata del nuovo reato sia più ampia.

Per quanto concerne il soggetto attivo del reato ci si può chiedere a questo punto se sussiste un vero e proprio obbligo di configurare la tortura solo ed esclusivamente come reato proprio del pubblico ufficiale. Nella prassi del Comitato CAT l’obbligo di incriminare la tortura rivolto agli Stati è stato sempre seguito dalla richiesta di provvedere a incorporare un reato proprio del pubblico ufficiale399. Sotto questo profilo, fermo restando che la scelta migliore sarebbe quella di dare attuazione alla definizione dell’art. 1 CAT, si può anche affermare che non sussiste un vero e proprio obbligo giuridico di concepire la tortura esclusivamente come “ufficiale”, fintantoché la condotta del pubblico ufficiale sia specificatamente contemplata e sanzionata400. Nulla vieta infatti che, oltre all’obbligo di punire la tortura perpetrata da parte del pubblico ufficiale, siano punite anche le condotte dei privati cittadini. Considerando che vi sono elementi convincenti per indurre a classificare l’art. 613 –bis(2) c.p. come una fattispecie criminosa autonoma della c.d. “tortura di Stato”, deve considerarsi come un elemento di coerenza con l’art. 1 CAT la punizione della tortura c.d. “ufficiale” perpetrata da soggetti rivestiti di una qualifica di natura pubblicistica.

Alla luce dell’art. 613 –bis c.p. gli atti di tortura sono punibili a titolo di dolo generico. La scelta, pur ragionevole specialmente se si fa riferimento a maltrattamenti perpetrati da privati cittadini, forse non riesce nell’intento di inquadrare chiaramente la gravità degli atti perpetrati da e/o con la partecipazione di pubblici ufficiali. Lo scopo specifico, che ricordiamo rappresenta un elemento cardine della definizione dell’art. 1CAT, sarebbe utile specialmente nel caso della “tortura di Stato” al fine di delimitare maggiormente gli atti idonei a configurare quest’ultima da quelli che nulla hanno a che fare con il crimine (si pensi alle violenze mosse per motivi personali o ad azioni di sadomasochismo atti perpetrati per mera crudeltà) è che saranno sanzionati come reati minori. Detto ciò, la

399 CAT Committee, General Comment n. 2, 24 gennaio 2008, UN DOC CAT/C/GC/2, par. 8-9;

CAT Committee, Concluding observations on Mexico, 2012, UN. Doc. CAT/MEX/CO/5-6, par. 8; CAT Committee, Raport of the Committe against Torture on France, 14 maggio 2010, UN Doc. A/64/44, cit., par. 13C (59); CAT Committee, Conlcuding Observations on Denmark, 4 febbraio 2016, UN DOC. CAT/C/DNK/Q/6-7, par. 10-11.

400 Ruotolo M., Brevi riflessioni su una recente proposta per l’introduzione del delitto di tortura

previsione deve comunque ritenersi congrua a punire anche gli atti perpetrati da pubblici ufficiali fintantoché, il riferimento al dolo generico include la tortura commessa con e senza dolo specifico.

Deve, invece, considerarsi un elemento restrittivo della fattispecie il riferimento “al verificabile trauma psichico” come conditio sine a qua non per la realizzazione di uno degli eventi alternativi del reato. Nulla consente, infatti, di definire in termini di maggiore gravità le intensità la sofferenze provocate al momento dell’inflizione di una tortura di tipo psicologico da quelle che residuano e che come disciplinate dall’art. 613 – bis c.p. si manifestano in un trauma “verificabile” (e dunque diagnosticabile e duraturo).

Un’ulteriore limitazione della fattispecie si ricava dalla necessità che il fatto che integra il reato sia commesso con più condotte ovvero che esso comporti un trattamento inumano e degradante per la dignità della vittima. Alla luce di questa previsione, in astratto, può considerarsi non idoneo a costituire il reato di tortura, e pertanto non punibile secondo l’art. 613 – bis c.p., il singolo atto di violenza perpetrato nei confronti della vittima. La decisione del legislatore deve considerarsi come poco felice, specialmente se si fa riferimento a quello che può essere considerato come l’esempio per eccellenza della tortura di massa avvenuta in Italia, ovvero il G8 di Genova nel 2001401”. Alla luce delle condanne della Corte EDU, è

emerso chiaramente che alcuni dei più gravi maltrattamenti perpetrati durante l’irruzione delle forze dell’ordine all’interno degli ambienti della “scuola Diaz” nonché collegati alla vicenda “Bolzaneto” siano stati commessi mediante un'unica azione.

Da ultimo, la necessità di inquadrare la relazione tra l’autore e la vittima limita la categoria dei soggetti che possono essere sottoposti a atti di tortura a coloro che si trovino privati della libertà personale o affidati alla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza dell’agente, ovvero che si trovino rispetto ad esso in condizioni di minorata difesa. Anche in questo caso, la previsione deve

401 Ricordiamo che la Corte EDU ha, con la sentenza Bartesaghi Gallo e altri c. Italia del 22 giugno

2017, ricorsi nn. 12131/13 e 43390/13, nuovamente condannato l’Italia per gli atti di tortura commessi dalle forze dell’ordine durante l’irruzione nella scuola Diaz, in occasione del G8 di Genova. La nuova condanna si affianca alla ormai nota sentenze Cestaro c. Italia del 7 aprile 2015, ricorso n. 6884/11.

considerarsi più limitativa della definizione di tortura contenuta nella CAT, dove il soggetto passivo viene semplicemente identificato in qualsiasi persona. Di fatto il reato potrà essere contestato solo nelle ipotesi indicate. La fattispecie pare escludere, nuovamente, dal suo ambito di applicazione le vittime dell’irruzione nella scuola Diaz, che di fatto non erano private della libertà personale e non si trovavano necessariamente in una situazione di minorata difesa rispetto agli autori dei maltrattamenti.

Come si può vedere sembra paradossale constatare come l’intento del legislatore di ampliare la nozione di tortura abbia prodotto in realtà una fattispecie di reato più circoscritta di quella prevista dall’art. 1 CAT, lasciando aperte significative lacune di tutela dei diritti umani. In quest’ottica la risposta alla domanda che ci siamo fatti all’inizio di questo lavoro deve essere colta nella conclusione cui sono arrivati i magistrati dei processi sulle violenze del G8 di Genova: “una nuova legge”, leggasi l’art. 613 – bis c.p., volta a colmare un vuoto normativo in una materia disciplinata da convenzioni internazionali, sarebbe in concreto inapplicabile a fatti analoghi a quelli verificatisi a Genova, che sono già stati qualificati come tortura dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, garante della applicazione di quelle convenzioni”402.

D’altronde la consapevolezza dell’inadeguatezza del nuovo reato e del bisogno che questo ha di “nuovi correttivi” per supplire a determinate lacune, si evince anche dalle parole dell’allora Ministro per i rapporti con il parlamento, Anna Finocchiaro, che subito dopo l’approvazione del nuovo reato ha affermato: “Di fronte ad alcune autorevoli critiche emerse anche in questi ultimi giorni, voglio sottolineare l’impegno e la cura con i quali il parlamento ha lavorato, raggiungendo un’ampia intesa sul testo migliore possibile nelle condizioni date. L’applicazione concreta delle nuove norme ci dirà se sarà necessario successivamente introdurre eventuali correttivi403”.

402 Cit., Estratto della lettera indirizzata all’Onorevole Presidente della Camera dei Deputati

Sig.ra Laura Boldrini, consultabile all’indirizzo:

http://www.ristretti.it/commenti/2017/giugno/pdf7/lettera_boldrini.pdf.

403http://www.rapportiparlamento.gov.it/finocchiaro/finocchiaro-la-legge-sulla-tortura-colma-una-

In conclusione, il reato di tortura introdotto dall’art. 613 – bis c.p., pur inglobando elementi di coerenza con la definizione internazionale di tortura, presenta altresì diverse limitazioni tali da assicurare l’impunità nei casi in cui invece la CAT avrebbe prescritto la repressione. Resta allora da capire se i deficit di determinatezza che sono destinati a incidere negativamente sulla capacità selettiva della fattispecie, saranno arginati dall’operato degli organi giudiziari.