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La questione più delicata della nuova fattispecie riguardava proprio il soggetto attivo del reato dalla quale dipende la configurazione della tortura come reato comune o proprio del pubblico ufficiale. Come osservato, l’ambito d’applicazione dell’art. 1 CAT è limitato solo ed esclusivamente ad atti perpetrati da e/o con la partecipazione di coloro che agiscono a titolo ufficiale. La configurazione del

345 Colella A., La repressione della tortura, cit. p 31.

346 Vigano F., Sui progetti di introduzione del delitto di tortura in discussione presso la camera dei

deputati: Parere reso nel corso dell’audizione svoltasi presso la Commissione di Giustizia della Camera dei Deputati il 24 settembre 2014, Dir. pen. cont., cit. p. 24: “[…] la collocazione più adeguata sarebbe nel capo I del libro XII del secondo libro del c.p., dedicato ai delitti contro la vita e l’incolumità fisica, posto che questo – assai più e in ogni caso ancor prima della libertà individuale – è il bene immediatamente leso dalla tortura, che è nella sua essenza violazione del corpo della vittima, prima ancora che della sua anima. In quest’ottica, meritevole di consenso appare la scelta della proposta n. 979 di collocare la nuova norma in coda all’art. 593 c.p.; e forse ancora più convincente potrebbe risultare la scelta di anticipare la nuova o le nuove norme subito dopo quelle che disciplinano le lesioni personali, e dunque dopo l’attuale art. 583-quater c.p.”.

nuovo reato passa necessariamente dalla classificazione del secondo comma dell’art. 613 –bis c.p. volto a punire la tortura perpetrata da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio. In poche parole le ipotesi sono due: classificare il secondo comma come circostanza aggravante e pertanto circoscrivere la tortura come reato comune eventualmente aggravato dalla partecipazione del pubblico ufficiale; intravedere nel secondo comma una fattispecie autonoma di reato proprio del pubblico ufficiale e affiancarla al reato “base” di cui al primo comma.

Il primo comma dell’art. 613 –c.p. disciplina una fattispecie di reato comune, punibile con la reclusione da quattro a dieci anni, commettibile da chiunque senza la necessità che l’autore dei maltrattamenti ricopri una particolare qualifica o abbia un determinato rapporto con la vittima. In altre parole, quel “chiunque” rinvia a una platea illimitata di soggetti senza quindi delineare alcuna qualificazione giuridica del reo.

La configurazione della tortura “base” come reato comune potrebbe far propendere a classificare la fattispecie di tortura del secondo comma come un’aggravante speciale correlata alla qualifica soggettiva dell’autore. La formulazione dell’art. 613 –bis(2) c.p. sembra, infatti, in linea con quanto usualmente impiegato per la previsione di circostanze aggravanti che vanno ad aggiungersi alla figura di reato base adattandone il regime sanzionatorio alle nuove circostanze prese in considerazione. Inoltre, il rinvio espresso del comma secondo alla descrizione della condotta delineata dal comma precedente (uno) può rafforzare l’idea dell’aggravante. Il dato pare evincersi altresì dalla formulazione dell’art. 613 –bis c.p., che sembra essere una sorta di compromesso volto a preservare il delicato equilibrio con i rappresentanti delle forze dell’ordine e a dare attuazione all’art. 1 CAT. Un reato comune è stato fortemente evocato dai sindacati di polizia per scongiurare quella che secondo loro poteva essere la stigmatizzazione delle forze dell’ordine347. La classificazione dell’art. 613 –bis(2) c.p., come circostanza

347 Il pensiero del Segretario nazionale SAP è consultabile all’indirizzo: https://www.sap-

aggravante speciale348, correlata alla presenza della qualifica soggettiva, viene

confermata poi anche dal Servizio studi della Camera dei Deputati349.

La seconda ipotesi, invece, va ricercata nel combinato disposto del primo e del secondo comma dell’art. 613 –bis c.p. Il richiamo “ai fatti di cui al primo comma” inducono a pensare che un reato autonomo del pubblico ufficiale non potrebbe prescindere dal nucleo essenziale degli elementi del reato “base”350. A fondamento di un reato autonomo risulta sicuramente il fatto che la criminalizzazione della tortura perpetrata con il coinvolgimento di un pubblico ufficiale era anche la vera lacuna dell’ordinamento interno che doveva essere colmata per dare attuazione all’obbligo sovranazionale sancito dalla CAT. Un ulteriore elemento sembra evincersi dall’analisi complessiva del reato che prevede, infatti, delle vere e proprie aggravanti ai commi quattro e cinque che renderebbero assai irragionevole la scelta di considerarle come aggravanti di un’aggravante351. Ulteriore indicazione verso la conferma di questa tesi, pare essere fornita dalla previsione del terzo comma dell’art. 613 –bis c.p. che dispone la non applicazione del secondo comma nel caso di sofferenze derivanti da sanzioni legittime. La previsione che sembra ispirarsi all’analoga disposizione dell’art. 1 CAT, propende in favore di una fattispecie autonoma di reato fintantoché l’esclusione dell’operatività del secondo comma non potrebbe operare su una circostanza aggravante, poiché la fattispecie “base” di cui al comma primo dovrebbe, comunque sussistere, ipotesi non configurabile in considerazione dell’avverbio “unicamente” dello stesso terzo comma352. L’ipotesi di una autonoma fattispecie di reato potrebbe

348 Marinucci G., Dolcini E., Manuale di diritto penale. Parte Generale, Milano, 2011, p.

468: “Le circostanze a efficacia speciale sono quelle per le quali la legge prevede una cornice di pena diversa da quella prevista per il reato semplice: nel linguaggio della dottrina, circostanze indipendenti”.

349 Servizio studi della Camera dei deputati, XVII Legislatura, Introduzione del delitto di tortura

nell’ordinamento italiano A.C. 2168-B, consultabile all’indirizzo:

http://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/cost285.pdf.

350 Colella A., Il nuovo delitto di tortura, Dir. pen. cont., 2018, p. 7.

351 Vigano F., Sui progetti di introduzione del delitto di tortura in discussione presso la camera dei

deputati: Parere reso nel corso dell’audizione svoltasi presso la Commissione di Giustizia della Camera dei Deputati il 24 settembre 2014, cit., p.5.

352 Cancellaro F., Tortura: nuova condanna dell’Italia a Strasburgo, Dir. pen. cont., 2017, cit. p. 326;

Marchi I., Il delitto di tortura, Dir. pen. cont., cit., p. 6; Tunesi S., Il delitto di tortura, Giur. Pen., cit., p. 12.

essere preferibile anche per una ragione di politica criminale in quanto sempre e comunque debbono considerarsi più gravi i maltrattamenti commessi da un soggetto rivestito di una qualifica di natura pubblicistica.

Infine, un ultimo indizio a favore di una autonoma fattispecie di reato deve essere segnalato. Una specifica aggravante della pena, nel caso in cui la condotta sia perpetrata da un pubblico ufficiale, si presenterebbe comunque più favorevole per gli agenti pubblici rispetto all’ipotesi in cui il legislatore non avesse individuato la specifica aggravante. Infatti, in assenza dell’aggravante specifica dell’art. 613 – bis(2) c.p. avrebbe trovato applicazione l’aggravante comune applicabile a qualsiasi reato di cui l’art. 61(9) c.p., nella misura in cui prevede l’aumento della pena di un terzo “quando il fatto sia stato commesso con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio”. In tal caso, l’incremento applicato sul massimo edittale della pena base del reato di tortura (10 anni), produrrebbe una pena più aspra (anni 13, mesi 3 e giorni 18) rispetto alla pena massima di anni 12 prevista dalla fattispecie aggravata dell’art. 613 – bis(2) c.p.

Sul piano internazionale quello che rende più ripugnante il fenomeno della tortura sono i maltrattamenti perpetrati dalle autorità governative (militari, poliziotti, strutture psichiatriche), che agiscono in veste ufficiale, normalmente su precise istruzioni dei loro capi politici e militari353. È più che utile, come affermato

da diversi disegni legge, “chiarire con nettezza quali sono i limiti dell’esercizio della forza e quali sono i limiti dell’esercizio dei pubblici poteri ad esigenze investigative o di polizia354. Sul punto il Comitato ONU contro la tortura è stato sempre chiaro: la tortura deve essere configurata come un reato proprio del pubblico ufficiale senza se e senza ma355. La stessa Corte EDU, quando si è pronunciata per i tristi fatti del G8 di Genova, ha preso in riferimento proprio la definizione di cui alla CAT. Ciò che differenzia la tortura da più generici maltrattamenti risiede proprio nella qualifica soggettiva dell’autore, da cui deriva un più intenso grado di

353 Cassese A., I diritti umani oggi, 2005, Bari, cit. p. 171.

354 Cit. Ddl. n. C 1206 –XV Legisla. n. C 1272 –XV Legisla.; n. S 954 –XV Legisla.; n. S 256 –XVI

Legisla.; n. S 374 –XVI Legisla.; n. S 1237 –XVI Legisla.; n. C 3094 –XVII Legisla.

355 CAT Committee, Concluding Observations on Italy, 16 luglio 2007, UN Doc. CAT/C/ITA/CO/4,

lesività della condotta, nonché, data la maggiore capacità di intimidazione del funzionario pubblico, una più odiosa violazione dell’autodeterminazione dell’offeso, degradato ad un oggetto, privato di dignità356.

Non va dimenticato anche che oltre alla CAT, un reato proprio del pubblico ufficiale si rinverrebbe anche nella previsione dell’art. 13(4) Cost., come è stato esaminato in precedenza357.

In considerazione di ciò, pare illogico pensare che dopo un lungo e tortuoso camino, durato quasi 30 anni, il legislatore introducendo il reato di tortura non abbia minimamente tenuto conto degli obblighi internazionali dell’Italia. È pertanto condivisibile l’interpretazione data dalla dottrina che intravede nella fattispecie dall’art. 613 –bis c.p. una nozione di tortura a “disvalore progressivo”358 volta a

inglobare nella medesima norma sia il fenomeno della tortura comune, commissibile da chiunque, sia attraverso la fattispecie delittuosa autonoma quello della tortura “ufficiale”.