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L’evento: “acute sofferenze fisiche” oppure “un verificabile trauma

Il nuovo delitto di tortura prevede due eventi alternativi derivanti dalla condotta penalmente rilevante: “acute sofferenze fisiche” oppure un “verificabile trauma psichico”. In altri termini, il reato si perfeziona solo quando la vittima ha subito sofferenze fisiche che la norma qualifica come acute oppure quando la vittima ha subito un trauma psichico che la norma qualifica come verificabile. In tal senso la previsione esclude dalla fattispecie della tortura patimenti di minor entità che comunque sono idonei a costituire reati meno gravi alla luce delle previsioni del codice penale. Prima di passare all’analisi di ciascun elemento ricordiamo che per la CAT rientrano nell’ambito della punibilità della fattispecie di tortura solo atti particolarmente violenti idonei a cagionare nella vittima “severe pain or suffering,

whether physical or mental”.

Nell’ottica di un’applicazione conforme con l’art. 1 CAT, è assolutamente condivisibile la previsione delle “acute sofferenze fisiche” da parte del legislatore

nazionale. Sta proprio nell’intensità delle sofferenze la differenza tra la tortura e i trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Sarà la “soglia minima di gravità” a delimitare atti volti a configurare il reato di cui all’art. 613 – bis c.p., in quanto idonei a cagionare nella vittima sofferenze tali da ritenersi acute, da maltrattamenti che non raggiungono una determinata soglia di gravità e quindi non costituiranno tortura bensì altri reati di minor gravità come percosse, lesioni o minacce. Spetterà in tal senso al giudice, facendo riferimento al parametro di intensità, il compito di accertare se i maltrattamenti abbiano effettivamente prodotto alla vittima “acute sofferenze fisiche”.

Al contrario il concetto del “verificabile trauma psichico” lascia spazio a notevoli dubbi interpretativi. Se la definizione internazionale di tortura include le sofferenze psichiche, il legislatore nazionale fa riferimento a qualcosa di maggiormente qualificato. A differenza dalle sofferenze psichiche, il trauma psichico è una nozione più ristretta e rinvia a un disagio emotivo di apprezzabile entità, i cui sintomi o effetti (ansia, angoscia, stati depressivi, stress ecc.) necessitano di essere verificati clinicamente ai fini di integrare l’evento del reato di tortura375. Inoltre, quello che colpisce della locuzione è l’uso del termine “verificabile”, che nell’immediato non si capisce se faccia riferimento alla necessità probatoria in sede processuale o se deve essere inteso come un quid pluris rispetto a un mero disagio, disturbo o stato transitorio di shock post-traumatico.

Al fine di meglio inquadrare il verificabile trauma psichico si può fare riferimento ad un reato di minor gravità come quello degli atti persecutori376, nella misura in cui prevede la prova del grave e perdurante stato di ansia o paura. Secondo una recente pronuncia della Corte di Cassazione la prova dello stato di ansia o di paura “deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai sui comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima,

375 Lobba P., Punire la tortura in Italia. Spunti ricostruttivi a cavallo tra diritti umani e diritto penale

internazionale, cit., p. 234.

376 Atti persecutori, Art. 612- bis, comma primo, c.p. “ Salvo che il fatto costituisca più grave reato,

è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e gravo stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita […]”.

considerando tanto la astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata”377. In altri termini, al fine dell’integrazione dello stalking non è

necessario che vi sia un accertamento di uno stato patologico essendo sufficiente l’effetto destabilizzante dell’equilibrio psicologico della vittima da parte dei atti ritenuti persecutori. Orbene questo non si può dire per il delitto di tortura, nel senso che il “verificabile trauma psichico” rimanda a riscontri specialistici circa la sussistenza dello shock e alla dimostrazione del nesso causale con le violenze e minacce gravi.

Così intesa, la previsione si allontana decisamente dalla definizione dell’art. 1 CAT che include tutti i comportamenti idonei a causare nella vittima acute sofferenze mentali indipendentemente dalla loro durata o dal fatto che i disturbi siano scientificamente accertabili378.

La norma interna si presenta ben più restrittiva da un latto, essa trova applicazione solo in caso di disturbi medicalmente accertabili della sfera psichica dall’altro, essa non si applica alle forme più lievi della sofferenza morale, che ancora una volta come nel caso delle sofferenze fisiche non acute saranno idonee a rientrare in altre fattispecie meno gravi. Il verificabile trauma psichico determina però anche l’estromissione delle già citate tecniche di tortura no–touch, idonee a cagionare in capo alla vittima solo disturbi transitori non verificabili con i metodi epistemologici della scienza psichiatrica.

In conclusione, l’inserimento della nozione del “verificabile trauma psichico” quale evento alternativo rilevante del reato, ha come primaria conseguenza quella di limitare ulteriormente l’ambito applicativo della norma determinando una minor tutela avverso le vittime di tortura.

377 Cass. pen., sez. V, sentenza del 02 marzo 2017, n. 17795, cit. par. 3.1.

378 Il fatto viene confermato anche nella prassi del Comitato CAT, il quale non ha mai cercato di

dare una definizione empirica della psycological torture ma ha circoscritto semplicemente i maltrattamenti in un’ampia tipologia di comportamenti oggetto di una continua evoluzione.