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Il concetto di “rinomanza”.

Nel documento La contraffazione del marchio nella moda (pagine 61-66)

LA DISCIPLINA A TUTELA DEL MARCHIO NEL SETTORE DELLA MODA

5. Il concetto di “rinomanza”.

Il primo requisito che il marchio deve possedere perché il suo titolare possa invocare la tutela extramerceologica è la “rinomanza”.

Perché si possa avere rinomanza occorre che il marchio sia stato utilizzato, altrimenti non potrebbe essere noto al consumatore.

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presuppone, dunque, una fattispecie complessa composta dai seguenti elementi: registrazione, uso ed acquisto di una certa rinomanza distinta dalla ordinaria fattispecie costitutiva del diritto sul marchio, consistente nella sola registrazione85. Tuttavia né la Direttiva 08/95/CE né le norme nazionali contengono una definizione rispettivamente di “marchio che gode di notorietà” e di “marchio che

gode di rinomanza”, che quindi è stata ricercata altrove.

Subito dopo la riforma del '92, in dottrina, si assistette ad un forte dibattito relativamente a cosa rientrasse nella espressione “marchio che gode di

rinomanza” scelta dal legislatore nazionale (ed ancora prima in quella di “marchio che gode di notorietà” adottata in sede comunitaria).

La principale ragione che indusse il legislatore ad adottare questa particolare espressione, anziché quella di “marchio che gode di notorietà” derivante dalla traduzione italiana del testo della Direttiva, fu quella di evitare confusione con i marchi preusati previsti dall'art. 17 della vecchia legge marchi (oggi art. 12 c.p.i.). Allo stesso tempo l'espressione “marchio celebre” fu evitata dal legislatore italiano per scongiurare interpretazioni troppo rigorose della normativa ai fini della tutela ultramerceologica.

Ma a prescindere dalle ragioni alla base della scelta terminologica operata dal legislatore, ciò di cui si discuteva era sostanzialmente il contenuto di questa espressione. Accanto ad autori che ritenevano che la nozione coincidesse con quella di marchio celebre, dandone dunque una interpretazione restrittiva86, ve ne erano altri che propendevano per un nozione ampia, che andava ad abbracciare sia i marchi celebri sia i marchi semplicemente noti, magari in ambiti limitati territorialmente o specialistici87.

Per questi giuristi risultava difficile asserire che i marchi che godono di rinomanza costituissero una categoria chiusa e dai confini ben stabiliti. Ed ancora più difficile era sostenere che si potesse individuare una soglia percentuale (ad es.: marchio conosciuto dal 70% della popolazione) cui ricollegare la qualifica di

85 SENA, Il nuovo diritto dei marchi. Marchio nazionale e marchio comunitario, 1994, cit., pagg.

65 ss.

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FLORIDIA, La nuova legge marchi, in Corr. Giur., 1993, pagg. 269-270.

87 BASTIAN, Il marchio celebre nel diritto europeo dei marchi e nella giurisprudenza della Corte

di giustizia europea, in AA. VV., Studi in onore di Adriano Vanzetti, cit., Tomo I, pag. 122;

GALLI, Funzione del marchio e ampiezza della tutela, cit., pagg. 211-212; VANZETTI, DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, cit., pag. 262.

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marchio celebre. Al contrario, bisognava qualificare questa come una categoria aperta, i cui confini oscillano tra un massimo ed un minimo di rinomanza.

Al polo estremo dello spettro si trovano quelli che la giurisprudenza in passato definiva come marchi celebri: tali sono quei segni noti a pressoché tutta la popolazione, ivi compresi quei soggetti che mai abbiano consumato o usato il bene contraddistinto da quel segno.

Ma l'indebito vantaggio o pregiudizio si possono verificare anche in relazione a marchi che non abbiano raggiunto lo stesso tasso di notorietà: all'estremo inferiore dello spettro vi possono essere, quindi, marchi largamente accreditati solo presso alcuni segmenti della popolazione.

Dunque, la dottrina favorevole all'interpretazione ampia della espressione “marchio che gode di rinomanza” sosteneva che gli elementi costitutivi della fattispecie, e dunque della tutela ultramerceologica, fossero in realtà l'indebito vantaggio ed il pregiudizio, e che, se ne sussisteva (almeno) uno, il marchio doveva ritenersi rinomato. Questa impostazione non solo consentiva di applicare la tutela allargata anche a marchi semplicemente noti, magari in un ambito specifico, ma faceva venire meno la necessità di graduare di volta in volta la celebrità.

Si osservava che un'interpretazione sistematica delle norme che disciplinano i segni distintivi imponeva che ogni volta che si determinasse un approfittamento o un pregiudizio il marchio doveva ritenersi rinomato, essendo la rinomanza “l'attitudine del segno a comunicare un messaggio al quale sia possibile

agganciarsi anche in difetto di una confusione sull'origine”88.

Questa soluzione è sempre stata quella prevalente in dottrina ed ha trovato riscontro ed accoglimento nella giurisprudenza comunitaria ed in particolare nella notissima sentenza General Motors89, con la quale la Corte di Giustizia ha fornito

88 GALLI, Funzione del marchio e ampiezza della tutela, cit., pag. 212. 89

Corte di Giustizia CE, 14 settembre 1999, C-375/97. La controversia oggetto del giudizio vedeva contrapposta la General Motors Corporation, titolare del marchio “Chevy” per autoveicoli del tipo van, alla società belga Yplon in merito all'uso da parte di quest'ultima di un marchio identico per contraddistinguere detersivi e prodotti di pulizia.

È interessante notare che, prima di arrivare a definire il grado di conoscenza necessario ai fini della tutela nei confronti di prodotti o servizi non simili (punto 26 della decisione), la Corte ha svolto una serie di considerazioni relativamente alla traduzione nelle diverse lingue europee dell'espressione “gode di notorietà”, rilevando come nella versione tedesca, olandese e svedese sia stato utilizzato un termine che indica che il marchio deve essere “conosciuto”, senza precisare

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per la prima volta una definizione di “marchio che gode di notorietà” (rectius di “marchio che gode di rinomanza”).

La Corte di Giustizia, nell'interpretare l'art. 5.2 della Direttiva 89/104/CEE, ha affermato che affinché un marchio possa beneficiare di una tutela estesa a prodotti o servizi non affini “deve essere conosciuto da una parte significativa del

pubblico interessato ai prodotti o servizi da esso contraddistinti”, senza che sia

necessario che il marchio “sia riconosciuto da una percentuale del pubblico così

definito”.

La giurisprudenza nazionale ha generalmente accolto la definizione ampia di marchio che gode di rinomanza data dalla Corte di Giustizia.

Ciò non significa che determinare in concreto quando un marchio sia rinomato secondo la nozione datane dalla Corte europea sia agevole.

Nella decisione sono indicati una serie di parametri che il giudice nazionale deve prendere in considerazione per stabilire se un marchio si possa ritenere conosciuto secondo la definizione offerta dalla stessa Corte, quali, in particolare, “la quota di

mercato coperta dal marchio, l'intensità, l'ambito geografico e la durata del suo uso, nonché gli investimenti realizzati dall'impresa per promuoverlo”.

Come si è detto, la Corte ha chiarito che l'art. 5.2 della Direttiva non richiede che il marchio raggiunga una percentuale predeterminata di conoscenza presso il pubblico di riferimento per essere ritenuto rinomato.

Ciò non significa che non possa essere comunque utile, né la Corte lo esclude, provare quanto un marchio sia noto al pubblico ricorrendo ad indagini statistiche sull‟opinione pubblica, che sono uno strumento utilizzato spesso nella prassi per questi fini.

Si richiama in particolare un caso inedito deciso dal Tribunale di Milano90, nel quale le risultanze di una indagine demoscopica sul marchio “10 Corso Como” furono utilizzate ai fini della decisione della controversia. In questo caso fu esclusa la rinomanza del marchio “10 Corso Como” di titolarità della Carla

l'estensione della conoscenza richiesta, mentre le altre versioni linguistiche hanno utilizzato il termine “notorio” o espressioni che implicano comunque, sul piano quantitativo, un certo grado di conoscenza fra il pubblico.

La Corte ha concluso il ragionamento affermando la necessità “di una soglia di conoscenza che,

nell'ambito di una interpretazione uniforme del diritto comunitario, discende da una comparazione fra tutte le versioni linguistiche della Direttiva”.

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Sozzani Editore S.r.l., utilizzato per contraddistinguere varie tipologie di prodotti (abbigliamento, profumi, cosmetici, scarpe, ecc.) venduti nell'omonimo concept store sito in Milano, in quanto su 1000 soggetti intervistati su tutto il territorio nazionale il predetto marchio risultò essere conosciuto solo da una percentuale compresa tra lo 0,7 e il 2,1% degli italiani. Il Tribunale evidenziò che “celebrità,

rinomanza e notorietà sono connotati che ricorrono in un marchio solo ove questo sia conosciuto da una percentuale altissima di consumatori, tanto da costituire un elemento di richiamo per gli stessi o rappresenti un’attrattiva, o resti fissato nella coscienza sociale attraverso l’uso e la pubblicità tanto da assumere valore simbolico”.

Conseguentemente, le domande di nullità e di contraffazione rivolte nei confronti di due agenti immobiliari, che avevano registrato un identico marchio per contraddistinguere la propria attività di intermediazione immobiliare sita in Como, furono respinte.

Il fatto che la definizione provenga dalla Corte di Giustizia non significa né che non vi siano state decisioni discordanti con questa interpretazione o comunque in contrasto con l'opinione prevalente secondo cui al concetto di marchio che gode di rinomanza sono riconducibili sia i marchi celebri che quelli semplicemente noti, né che non siano state mosse critiche nei suoi confronti da parte della dottrina91. Così il Tribunale di Napoli92 ha rigettato il ricorso presentato dalla società Freddy per contraffazione dell'omonimo marchio utilizzato per contraddistinguere abbigliamento e calzature da danza nei confronti della Giò Style, che aveva lanciato sul mercato un nuovo prodotto da campeggio (un frigorifero portatile) denominato anch'esso “Freddy”, in quanto la società ricorrente non aveva provato che, pur essendo il proprio marchio “di notevole prestigio e di una certa

notorietà” nel settore della moda, lo stesso potesse dirsi altrettanto rinomato anche

nel settore merceologico in cui operava la resistente.

Secondo il Tribunale, infatti, la nozione di rinomanza era applicabile soltanto a

91 CALBOLI, «Marchio che gode di notorietà»: una discutibile pronuncia della Corte di Giustizia

delle Comunità Europee, in Riv. Dir. Ind., II, 2000, pagg. 255 ss.; ID., Marchio che gode di «rinomanza»: brevi osservazioni alla luce della recente giurisprudenza comunitaria e nazionale,

in AA. VV., Segni e forme distintive. La nuova disciplina, Giuffrè, Milano, 2001, pag. 309, ove definisce la sentenza General Motors "deludente" o "farisaica".

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quei marchi che avevano acquisito la notorietà “presso una larga parte dei

consumatori, anche non interessati ai prodotti contrassegnati con il marchio rinomato”.

A differenza dell‟interpretazione restrittiva di marchio celebre accolta nel nostro ordinamento anteriormente alla riforma del „92, la lettura della nozione di rinomanza che dà la Corte è dunque ampia. Comprende sia marchi molto famosi che marchi semplicemente noti anche in un solo settore.

Nel documento La contraffazione del marchio nella moda (pagine 61-66)