• Non ci sono risultati.

La tutela dei marchi dei c.d creatori del gusto e della moda.

Nel documento La contraffazione del marchio nella moda (pagine 35-38)

In applicazione del criterio di valutazione dell‟affinità basata non su criteri generali ed astratti ma su circostanze concrete relative all‟attività svolta dall‟imprenditore, la giurisprudenza aveva cominciato a riconoscere una tutela più ampia ai marchi che godono di rinomanza già prima della riforma della legge marchi del 1992. In particolare venne individuata una categoria di marchi celebri caratterizzati dal fatto che i loro titolari, tutti creatori del gusto e della moda, acquistavano la notorietà in un certo settore merceologico ed estendevano poi la propria attività ad altri settori.

Questi marchi vennero appunto chiamati, in ragione dei loro titolari, marchi dei c.d. creatori del gusto e della moda. Erano tutti marchi che, oltre ad essere celebri, erano utilizzati per prodotti di ambiti merceologici assai diversi, ma, perché legati al settore della moda e del lusso, richiamavano valori di prestigio, eleganza e raffinatezza ed erano quindi relativi a prodotti “connessi con la

soddisfazione di un bisogno estetico o di prestigio”53.

Ciò che accomunava i marchi dei c.d. creatori del gusto e della moda era il carattere di “lusso” ed era questo aspetto che giustificava l'ampliamento del giudizio di affinità, piuttosto che la vera e propria celebrità del marchio54.

Ad essi la giurisprudenza, nonostante le critiche mosse dalla dottrina55, riservava una protezione merceologica particolare, dando vita ad una categoria a sé stante di marchi celebri in cui la figura del titolare, cioè del creatore, nella maggioranza dei

53 Trib. Milano, 30 maggio 1974, in Riv. Dir. Ind., 1983, II, pagg. 223 ss. (caso Biki), in cui si

affermava: “non può negarsi che la notorietà indiscussa del marchio Biki per individuare una

specie di prodotti di moda caratterizzati dall'apporto personale dell'attrice opera come premessa di fatto per ampliare la tutela fino a vietare l'uso dello stesso marchio come segno distintivo del salotto fabbricato dalla convenuta.”. Fu questo uno dei primi casi in tema di marchio celebre, in

cui il Tribunale di Milano affermò che la notorietà del marchio costituiva una premessa di fatto della tutela allargata.

54 SENA, Il nuovo diritto dei marchi. Marchio nazionale e marchio comunitario, Giuffrè, Milano,

1994, pag. 64.

55

FRANCESCHELLI, Sui marchi d'impresa, Giuffrè, Milano, 1988, pagg. 218 ss., in cui l'Autore negava autonomia concettuale ai marchi del gusto e della moda, evidenziando la necessità che marchi dei creatori del gusto e della moda e marchi celebri ricevessero la medesima tutela, fosse essa quella allargata elaborata dalla giurisprudenza o quella derivante da una applicazione rigorosa del principio di specialità.

31

casi stilista di moda, diveniva l'unico parametro dal quale far discendere l'affinità dei prodotti.

Partendo dalla considerazione che, intorno a questi marchi, nel costume e nell'opinione del pubblico, si veniva a creare un particolare ambito imprenditoriale, considerato in modo omogeneo ed unitario, ma comprensivo di prodotti diversi tutti accomunati dalla destinazione al soddisfacimento di un bisogno estetico di eleganza, di raffinatezza e di prestigio, per i quali la firma del creatore assumeva importanza preponderante, la giurisprudenza arrivava a ritenere affini prodotti, sebbene diversi, sui quali il terzo aveva apposto un marchio identico a quello celebre per approfittare di quell'aura di lusso e di prestigio che circondava il marchio usurpato in base al principio della mera appartenenza allo stesso settore del gusto e della moda del marchio originario.

Si riteneva, dunque, che questi marchi dovessero essere maggiormente tutelati dalle reiterate aggressioni dovute ad “usurpazioni” del segno (e del suo valore strumentale e di avviamento), effettuate da imprenditori operanti in altri contesti rispetto a quelli di impiego del marchio celebre.

In tali casi, non sempre assumeva rilievo la confondibilità dei prodotti del titolare del marchio con quelli del contraffattore e, quindi, non sempre ricorreva il rischio che il consumatore potesse ipotizzare l‟identità di provenienza di quei prodotti da un‟unica impresa. Tuttavia, anche nei casi in cui fosse esclusa la possibilità di confusione con il marchio originale, l‟azione dell‟usurpatore del marchio celebre finiva per danneggiare il titolare di quest‟ultimo, nuocendo al valore dell‟impresa ed all‟immagine di essa.

Per questo motivo fu elaborata la categoria dei marchi dei c.d. creatori del gusto e

della moda, con l‟intento di accordare a tale tipologia di segni una tutela estesa

anche a settori di prodotto lontani rispetto a quelli di impiego del marchio.

Così nel caso Vogue56 la tutela del marchio celebre, usato e registrato dal gruppo editoriale Condè Nast, fin dai primi anni del XIX secolo, per contraddistinguere la celebre rivista di moda, fu estesa fino alla produzione e commercializzazione di occhiali da parte della società Luxottica, in quanto, considerato che il consumatore medio del settore era orientato nella propria scelta dall‟apposizione di un marchio

32

evocativo di buon gusto ed eccellenza, il marchio del terzo era apposto su prodotti appartenenti anch'essi ad un settore fortemente dominato dalla moda e dal gusto come quello del marchio originario.

La sentenza fu però riformata in appello57. La Corte di Milano negò la sussistenza della contraffazione tra i due marchi, essendo impensabile che il consumatore della nota rivista di moda, considerato che l'uso del marchio “Vogue” era stato da sempre limitato al settore dell'editoria e la Condè Nast era una società “a

vocazione tipicamente «monoproduttiva»”, associasse psicologicamente il

marchio celebre al settore dell‟ottica.

In particolare, la Corte contestò il ricorso operato dal Tribunale in primo grado alla tesi dei marchi dei creatori del gusto e della moda, rilevando l'incertezza derivante dal richiamo al gusto ed alla gradevolezza delle griffes per determinare i confini del settore merceologico al fine di individuare l'ambito di tutela del marchio celebre.

Furono considerati appartenenti alla categoria dei marchi dei c.d. creatori del

gusto e della moda e, in funzione di tale riconoscimento, furono ritenuti

contraffatti da marchi identici utilizzati da terzi in settori merceologicamente diversi, ad esempio, il marchio “Cartier”58

, celebre per gioielli, al quale fu offerta una protezione estesa anche ai prodotti di abbigliamento; il marchio “Rochas”59, famoso per profumi, che vide ampliare la sua protezione ai capi di abbigliamento; e “Krizia”60

in cui nell'ambito di tutela di questo marchio celebre, utilizzato per confezioni per donna, biancheria per la casa, accessori per l'abbigliamento, profumi, pelletteria, piastrelle in ceramica, furono inclusi anche le tappezzerie ed i prodotti murali, in quanto tutti prodotti accomunati dalla destinazione al soddisfacimento di un medesimo bisogno estetico di raffinatezza, prestigio ed eleganza e, per tale motivo, ritenuti affini.

57 App. Milano, 18 luglio 1995, in GADI, 3432. 58

Trib. Milano, 6 novembre 1978, in Riv. Dir. Ind., 1983, II (caso Cartier).

59

Trib. Roma, 26 febbraio 1982, in GADI, 1528 (caso Rochas).

60 Trib. Milano, 14 aprile 1986, in GADI, 2033 (caso Krizia). Al marchio “Krizia” fu invece

negata tutela in secondo grado: App. Milano, 6 novembre 1990, ivi, 2574 e con nota di CUONZO,

Il caso «Krizia»: revirement della Corte di Appello di Milano sulla tutela dei marchi celebri dei creatori del gusto e della moda, in Riv. Dir. Ind., 1991, II, pagg. 36 ss. La Corte, ritenendo la

nozione di marchi dei creatori del gusto e della moda incerta ai fini della determinazione dell'ambito di tutela del marchio escluse, l'affinità tra mobili d‟arredamento e maniglie per porte e finestre e, conseguentemente, escluse la contraffazione del celebre marchio.

33

5. Il D.lgs. 480 del 1992 e l’introduzione della disciplina del marchio che

Nel documento La contraffazione del marchio nella moda (pagine 35-38)